Geopolitica
Iran e Azerbaigian in rotta di collisione
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Gli iraniani appoggiano gli armeni nel conflitto contro gli azeri per il Nagorno-Karabakh. L’Azerbaigian sogna un allargamento con l’inclusione della provincia a maggioranza azera in Iran. Al contrario, la Repubblica islamica vuole più influenza nel Caucaso meridionale.
I rapporti tra Azerbaigian e Iran non sono mai stati semplici, e negli ultimi 30 anni hanno attraversato diverse fasi. La forte pressione azera a sud dopo la guerra dei 44 giorni del 2020 suscita negli iraniani reazioni sempre più cariche di tensione. L’Iran è un Paese con un sistema molto rigido, che conosce bene i suoi scopi e come ottenerli, e quando è necessario rischiare, sempre mantenendo la memoria del suo antico passato imperiale.
Zerkalo.az sottolinea i riflessi del conflitto azero-armeno per il Nagorno-Karabakh sulla politica dell’Iran, Paese non coinvolto direttamente nel conflitto, ma molto interessato alle sue conseguenze.
Lo Scià di Persia aveva trasformato Teheran nell’attore-guida di tutto il Medio Oriente, con un forte esercito e un attivo servizio di sicurezza, il Savak, creato grazie all’aiuto del Mossad e della CIA, e con l’aspirazione ad avere reattori nucleari. Negli anni ’70 del secolo scorso l’Iran era decisamente superiore a tutti gli altri Stati della regione, Turchia compresa.
Le ambizioni iraniane non sono scomparse neanche con il regime degli ayatollah, ripartendo dai programmi atomici e dall’ulteriore sviluppo dell’esercito, questa volta con il sostegno dell’URSS e poi della Russia, e oggi anche della Cina. Dovesse cambiare il regime di nuovo, sotto la pressione delle contestazioni recenti, i piani geopolitici dell’Iran non cambierebbero di molto, neppure con un governo liberale.
Cambierebbero forse le strategie, ma gli azeri sono convinti che non migliorerebbe il rapporto con il loro Paese. Lo stesso avveniva ai tempi dello Scià, pur figlio e marito di due donne azere, quando si veniva puniti anche solo per poche parole in lingua azera pronunciate per strada.
Molti azeri hanno riempito sempre le fila dell’esercito iraniano, anche se non nei posti di comando. Uno dei motivi della diffidenza verso i «provinciali» azeri era anche religioso: l’Iran si è sempre considerato leader dell’islam tradizionalista, mentre considerava l’Azerbaigian un covo di estremisti radicali.
Gli azeri hanno poi avuto un ruolo importante nel rovesciamento del regime laico dello Scià, insieme ai comunisti locali e agli ayatollah più intransigenti. Ancora oggi, buona parte del clero islamico iraniano è costituito da azeri, presenti anche nel partito di potere e nell’esercito; lo stesso ayatollah Khamenei ha ammesso apertamente più volte di essere di origine azera.
Gli azeri d’Iran sono una componente turcofona del popolo persiano da sempre, e hanno vissuto fasi di alterne fortune, rimanendo emarginati del tutto solo durante la dinastia Pahlavi. Per difendersi meglio hanno sempre contrastato ogni forma di nazionalismo azero all’interno dell’Iran, rimanendo quindi assai separati dai loro fratelli della zona caucasica.
Nel Caucaso post-sovietico questi precari equilibri antichi sono stati rimessi in discussione, e il conflitto del Karabakh, che pure contrappone gli azeri agli armeni, ha sullo sfondo proprio la storica competizione con l’Iran. A Teheran si guarda con crescente preoccupazione alla crescita dei turanici in tutta la regione, fino all’Asia centrale, anche se non ne parlano apertamente, e sospettano che dietro ad essi vi siano perfino le manovre degli israeliani.
Per questi motivi l’Iran sostiene l’Armenia, che nel conflitto è risultata però la parte perdente. Nelle continue tensioni tra Erevan e Baku, Teheran continua comunque a puntare sulla carta armena. La contrapposizione con gli azeri sottolinea anche l’aspetto religioso del conflitto tra sciiti e sunniti, che gli azeri fomentano in Iran contro il regime.
Gli azeri guardano oltre il Karabakh, sognando di allargarsi a un più vasto «Azerbaigian meridionale» da creare nella zona più popolata dagli azeri iraniani, molto radicati anche nel mondo economico e politico locale. L’Iran cerca invece di recuperare un ruolo dominante anche nel Caucaso meridionale, e si spera che il confronto non degeneri in un conflitto devastante, vista l’instabilità attuale di tutta la regione.
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Immagine di Official website of Ali Khamenei via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Geopolitica
La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco
Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha dovuto cancellare un viaggio previsto in Cina dopo che Pechino si sarebbe rifiutata di organizzare incontri di alto livello con lui, secondo quanto riportato venerdì da diversi organi di stampa.
Il Wadephul sarebbe dovuto partire per Pechino domenica per discutere delle restrizioni cinesi sull’esportazione di terre rare e semiconduttori, oltre che del conflitto in Ucraina.
«Il viaggio non può essere effettuato al momento e sarà posticipato a data da destinarsi», ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri tedesco, citato da Politico. Il Wadephullo avrebbe dovuto incontrare il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ma l’agenda prevedeva troppo pochi incontri di rilievo.
Secondo il tabloide germanico Bild, i due diplomatici terranno presto una conversazione telefonica.
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Questo intoppo diplomatico si inserisce in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra Cina e Unione Europea. Nell’ultimo anno, Bruxelles e Pechino si sono scontrate sulla presunta sovrapproduzione industriale cinese, mentre la Cina accusa l’UE di protezionismo.
All’inizio di questo mese, Pechino ha rafforzato le restrizioni sull’esportazione di minerali strategici con applicazioni militari, una mossa che potrebbe aggravare le difficoltà del settore automobilistico europeo.
La Germania è stata particolarmente colpita dal deterioramento del clima commerciale.
Come riportato da Renovatio 21, la Volkswagen sospenderà la produzione in alcuni stabilimenti chiave la prossima settimana a causa della carenza di semiconduttori, dovuta al sequestro da parte dei Paesi Bassi del produttore cinese di chip Nexperia, motivato da rischi per la sicurezza tecnologica dell’UE. In risposta, Pechino ha bloccato le esportazioni di chip Nexperia dalla Cina, causando una riduzione delle scorte che potrebbe portare a ulteriori chiusure temporanee di stabilimenti Volkswagen e colpire altre case automobilistiche, secondo il quotidiano.
Venerdì, il ministro dell’economia Katherina Reiche ha annunciato che Berlino presenterà una protesta diplomatica contro Pechino per il blocco delle spedizioni di semiconduttori, sottolineando la forte dipendenza della Germania dai componenti cinesi.
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Immagine di UK Government via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Geopolitica
Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset
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Geopolitica
Trump minaccia di togliere i fondi a Israele se annette la Cisgiordania
Israele «perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti» in caso di annessione della Giudea e della Samaria, nome con cui lo Stato Ebraico chiama la Cisgiordania, ha detto il presidente USA Donald Trump.
Trump ha replicato a un disegno di legge controverso presentato da esponenti dell’opposizione di destra alla Knesset, il parlamento israeliano, che prevede l’annessione del territorio conteso come reazione al terrorismo palestinese.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu, sostenitore degli insediamenti ebraici in quell’area, si oppone al provvedimento, poiché rischierebbe di allontanare gli Stati arabi e musulmani aderenti agli Accordi di Abramo e al cessate il fuoco di Gaza.
Netanyahu ha criticato aspramente il disegno di legge, accusando i promotori di opposizione di una «provocazione» deliberata in concomitanza con la visita del vicepresidente statunitense J.D. Vance. (Lo stesso Vance ha qualificato il disegno di legge come un «insulto» personale)
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«I commenti pubblicati giovedì dalla rivista TIME sono stati espressi da Trump durante un’intervista del 15 ottobre, prima dell’approvazione preliminare alla Knesset di mercoledì – contro il volere del primo ministro – di un disegno di legge che estenderebbe la sovranità israeliana a tutti gli insediamenti della Cisgiordania» ha scritto il quotidiano israeliano Times of Israel.
Evidenziando l’impazienza dell’amministrazione verso tali iniziative, il vicepresidente di Trump, J.D. Vance, ha dichiarato giovedì, lasciando Israele, che il voto del giorno precedente lo aveva «offeso» ed era stato «molto stupido».
«Non accadrà. Non accadrà», ha affermato Trump a TIME, in riferimento all’annessione. «Non accadrà perché ho dato la mia parola ai Paesi arabi. E non potete farlo ora. Abbiamo avuto un grande sostegno arabo. Non accadrà perché ho dato la mia parola ai paesi arabi. Non accadrà. Israele perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti se ciò accadesse».
Vance ha precisato che gli era stato descritto come una «trovata politica» e «puramente simbolica», ma ha aggiunto: «Si tratta di una trovata politica molto stupida, e personalmente la considero un insulto».
Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno guidato i Paesi arabi e musulmani negli Accordi di Abramo, si oppongono da tempo all’annessione della Cisgiordania, sostenendo che renderebbe vani i futuri negoziati di pace nella regione.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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