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Immigrazione

Inglesi in rivolta danno fuoco all’hotel degli immigrati

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I dimostranti di destra nella cittadina inglese di Rotherham hanno incendiato un hotel che ospitava richiedenti asilo, mentre le dimostrazioni contro l’immigrazione e l’Islam continuano in tutto il paese. Il primo ministro Keir Starmer ha giurato che i rivoltosi «affronteranno tutta la forza della legge».

 

Centinaia di persone si sono radunate domenica pomeriggio fuori dall’Holiday Inn Express di Rotherham, lanciando legna e bottiglie contro gli agenti di polizia e gridando «Fateli uscire», riferendosi ai 130 richiedenti asilo ospitati nell’hotel dal 2022.

 

La polizia del South Yorkshire ha dichiarato che almeno dieci agenti sono rimasti feriti negli scontri con i rivoltosi, che hanno rotto le finestre e dato fuoco ai cassonetti all’esterno dell’edificio, prima di appiccare un incendio al piano terra dell’hotel.

 

Centinaia di dimostranti hanno circondato domenica un Holiday Inn a Rotherham, che ospita migranti, e si sono scontrati con la polizia di guardia alla struttura.

 

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Gli abitanti del posto hanno spiegato che le manifestazioni sono state scatenate dalle politiche migratorie aperte del governo, dalle bande di musulmani nomadi e dalla minaccia che queste rappresentano per la sicurezza pubblica.

 

 

Secondo quanto riportato, sarebbero stati effettuati numerosi arresti e l’incendio sarebbe stato domato poco dopo.

 

 

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Come riportato da Renovatio 21, diecine di città e paesi britannici sono stati scossi da proteste e rivolte di destra da lunedì, quando un adolescente britannico di origine ruandese ha accoltellato a morte tre bambine e ferendo altre dieci persone nella città di Southport, vicino a Liverpool. Sebbene inizialmente scatenate da una falsa voce secondo cui l’uomo responsabile delle coltellate fosse musulmano, le dimostrazioni si sono poi trasformate in una reazione più ampia contro l’Islam, l’immigrazione di massa e la percezione che i leader politici siano più interessati a reprimere il dissenso di destra che a contrastare la criminalità degli immigrati.

 

Oltre 150 persone sono state arrestate dopo le rivolte di Liverpool, Manchester, Stoke, Leeds e altre città di sabato. Rivolte simili hanno avuto luogo in località tra cui Middlesbrough, Blackburn e Tamworth domenica. In alcune città, tra cui Bolton e Stoke, sono state viste folle di manifestanti musulmani, alcuni armati di coltelli e machete.

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I disordini a Rotherham non capitano a caso: la cittadina è tristemente nota per la sua «gang di adescatori» musulmani, un gruppo di uomini prevalentemente anglo-pakistani che hanno abusato sessualmente di circa 1.400 ragazze tra la fine degli anni ’80 e il 2013. Tre diversi rapporti pubblicati nel 2013, 2014 e 2015 hanno scoperto che i politici e la polizia locali hanno insabbiato i crimini della gang, in parte per paura che l’identificare e il punire i colpevoli sarebbe stato visto come un atto «razzista».

 

Anche in altre zone del Regno Unito, come Belfast, in Irlanda, gli hotel per migranti sono stati presi di mira.

 

 

Segnalate tensioni fuori dagli hotel che ospitano migranti anche a Manchester.

 

Stessa situazione a Tamworth,nello Staffordshire.

 

A Rochdale la folla ha circondato l’albergo degli immigrati inneggiando a Tommy Robinson, l’attivista anti-immigrazione considerato ora come il nemico numero uno del governo inglese, con il premier Starmer che ne ha velatamente promesso l’arresto.

 

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La polizia inglese in tenuta antisommossa è stata filmata mentre difende un luogo di residenza dei migranti a Aldershot, nell’Hampshire.

 

 

In un discorso di domenica, Starmer ha avvertito che ci sarebbero stati altri arresti. «Coloro che hanno preso parte a questa violenza affronteranno tutta la forza della legge», ha dichiarato, avvertendo che i responsabili «si pentiranno di aver preso parte a questo disordine».

 

Nel discorso di domenica e in un discorso simile all’inizio di questa settimana, lo Starmer non ha discusso nessuna delle cause profonde dei disordini. Invece ha attribuito tutta la colpa della violenza all’«odio di estrema destra» e alla «disinformazione» online.

 

La Gran Bretagna sembra sull’orlo di una guerra civile di matrice etnica. Tuttavia, non è chiaro se sia proprio questo il desiderio delle élite, fedeli al pensiero «Divide et Impera» caro all’Impero Britannico e al contempo desiderose di implementare regole di sorveglianza biototalitaria.

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Immagine screenshot da Twitter

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Immigrazione

Orban promette di sfidare le «scandalose» quote di migranti dell’UE

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Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha annunciato che il suo paese non adempirà agli obblighi europei sull’accoglienza dei migranti a partire dal prossimo anno, accusando Bruxelles di aver sferrato «un attacco assurdo e ingiusto» contro l’Ungheria.   Il Patto UE sulla migrazione e l’asilo, approvato lunedì e previsto in vigore da luglio 2026, stabilisce che ciascun Stato membro partecipi in proporzione alla popolazione e al PIL. Lo scopo è ridurre il carico sui paesi più esposti – Cipro, Grecia, Italia e Spagna –, come ha precisato la Commissione Europea.   I governi dovranno ospitare un numero prefissato di migranti provenienti dagli hotspot o versare 20.000 euro per ciascun rifiuto.   «Finché l’Ungheria avrà un governo nazionale, non metteremo in atto questa decisione scandalosa», ha postato martedì su X Orban, da sempre oppositore delle politiche migratorie di Bruxelles.

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La Commissione ha inoltre classificato Austria, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia e Polonia tra i paesi esposti a una «significativa pressione migratoria». L’Ungheria, però, non figura in questa lista.   Orbsn ha contestato l’idea che il suo paese sia immune dalla crisi migratoria, definendola «completamente slegata dalla realtà». Ha ricordato che ogni anno decine di migliaia di individui tentano ingressi illegali, intercettati dalle guardie di frontiera e dal sistema di barriere ungheresi.   Nel giugno 2024, la Corte di giustizia dell’UE ha condannato l’Ungheria a una multa forfettaria di 200 milioni di euro, più 1 milione di euro al giorno, per il mancato rispetto delle norme comunitarie sull’asilo.   Il mese scorso Orban aveva ribadito che preferirebbe versare la sanzione giornaliera di 1 milione di euro piuttosto che aprire le porte ai migranti irregolari, asserendo che pagare è «meglio che vivere nella paura» e garantendo ai cittadini un’estate di vacanze in sicurezza. I mercatini natalizi sono stati bersaglio di attacchi jihadisti in vari episodi di rilievo negli ultimi anni.   L’UE affronta da oltre vent’anni un’intensa pressione migratoria. L’impegno dei Paesi NATO europei nel collasso di Libia e Siria, unito al loro appoggio all’Ucraina nel confronto con la Russia, ha indotto milioni di individui a dirigersi verso l’Unione.  

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Immagine di Belgian Presidency of the Council of the EU 2024 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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Immigrazione

Trump: persone «deboli» guidano un’Europa «in decadenza»

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha bollato l’Europa occidentale come un insieme di Stati «in decadenza» diretti da capi di governo «deboli», rimproverando i loro esecutivi per la gestione fallimentare dei flussi migratori e per l’incapacità di contribuire alla risoluzione della crisi ucraina.

 

In un colloquio concesso a Politico e reso pubblico martedì, Trump ha dipinto l’élite politica del Vecchio Continente come inadeguata e intrappolata in un eccesso di «correttezza politica».

 

«Penso che siano deboli», ha sentenziato riguardo ai vertici della zona, proseguendo: «L’Europa non sa cosa fare».

 

Sollecitato sul contributo dell’Europa occidentale ai negoziati per la pace in Ucraina, il tycoon ha replicato che i suoi dirigenti «parlano troppo», lasciando intendere che, se persistono nel credere a una vittoria di Kiev, possono proseguire nel finanziamento illimitato.

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Il presidente statunitense negato di nutrire autentici avversari nel continente, vantando legami cordiali con la maggioranza dei suoi leader, ma ha asserito di saper distinguere «i buoni leader», «i cattivi leader», «quelli intelligenti» e «quelli stupidi».

 

«Anche se ve ne sono di davvero stupidi», ha chiosato Trump.

 

L’imprenditore ha argomentato che le strategie sull’immigrazione stanno trascinando vari Paesi verso il tracollo. «Se continua così, secondo me l’Europa non esisterà più, molti di quei paesi non saranno più sostenibili», ha pronosticato. «La loro politica sull’immigrazione è un disastro. Quello che stanno facendo con l’immigrazione è un disastro».

 

Trump accusato numerosi governi europei di autorizzare ingressi «senza controlli e senza essere controllati» e di ostinarsi a non espellere gli immigrati irregolari.

 

«Vogliono essere politicamente corretti… e non vogliono rimandarli da dove sono venuti», ha spiegato Trump, che ha lodato l’approccio di Ungheria e Polonia alla difesa dei confini, contrapponendole ad altre nazioni europee – in special modo Germania e Svezia –, che a suo avviso hanno smarrito il dominio sui movimenti migratori.

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Immigrazione

Trump definisce gli immigrati somali «spazzatura»

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Il presidente statunitense Donald Trump ha espresso contrarietà all’accoglienza di immigrati somali negli Usa, invitandoli a rimpatriare nella loro terra d’origine – l’Africa orientale, «a stento una nazione» – e a «mettere ordine laggiù».   Le sue parole si inseriscono in un più ampio affondo contro la comunità somalo-americana, in particolare nel Minnesota, sede della più numerosa diaspora somala negli Stati Uniti. L’uscita segue la determinazione di Washington di sospendere le procedure di asilo, in replica alla sparatoria di due militari della Guardia Nazionale nei pressi della Casa Bianca la settimana scorsa.   Nel corso di una sessione governativa martedì, Trump ha bacchettato gli immigrati somali, tra cui la deputata democratica Ilhan Omar, accusandoli di «non recare alcun beneficio» alla società americana.   «Se proseguiamo a importare rifiuti nella nostra Patria, imboccheremo la strada del declino. Ilhan Omar è immondizia, è immondizia. I suoi amici sono immondizia», ha tuonato, aggiungendo che la Somalia «è un fallimento per un valido motivo».  

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«Queste non sono persone che lavorano. Non sono persone che dicono: “Andiamo, forza. Rendiamo questo posto fantastico”. Queste sono persone che non fanno altro che lamentarsi» ha tuonato il presidente USA. «Quando vengono dall’inferno e si lamentano e non fanno altro che lagnarsi non li vogliamo nel nostro Paese. Lasciamo che tornino da dove sono venuti e risolvano la situazione».   Omar, nata in Somalia e naturalizzata statunitense, è la prima donna di origini africane a sedere al Congresso, eletta nel quinto distretto del Minnesota e membro della «squad» progressista democratica, spesso in rotta di collisione con i repubblicani.   Come riportato da Renovatio 21, Trump l’aveva già bollata come «feccia» a settembre, dopo che era scampata per un soffio a una mozione di censura alla Camera per commenti sprezzanti sull’attivista conservatore Charlie Kirk, assassinato. Aveva pure rilanciato illazioni su un presunto matrimonio con il fratello per ottenere «illecitamente» la cittadinanza americana.   In un messaggio su X diramato martedì, Omar ha tacciato di «inquietante» l’«ossessione» del presidente \nei suoi confronti. «Spero ottenga l’assistenza di cui abbisogna urgentemente», ha commentato.  

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La Somalia versa in una cronica instabilità e minaccia terroristica da decenni, alimentata dal gruppo qaidista Al-Shabaab e da altre frange estremiste. Molti somali approdarono negli USA negli anni Novanta, in piena guerra civile. Altri ancora arrivarono con Obama. La scorsa settimana, Trump ha annunciato l’intenzione di estromettere i somali dal programma di Temporary Protected Status (TPS), che autorizza immigrati da nazioni in crisi a soggiornare e lavorare negli USA, denunziando «brigate» di rifugiati somali che «hanno invaso» il Minnesota, «un tempo uno Stato magnifico», seminando terrore e facendo evaporare miliardi di dollari.   Il governatore del Minnesota Tim Walz – da Trump etichettato come un capo «ritardato» per non aver «mosso un dito» contro il fenomeno – ha stigmatizzato la revoca del TPS come «discriminatoria e lesiva».   La comunità somala negli Stati Uniti, stimata tra 150.000 e 200.000 persone, è una delle più grandi diaspore somale al mondo. Lo Stato del Minnesota ospita la popolazione più numerosa, con circa 86.000 Somali, concentrati a Minneapolis, soprannominata «Little Mogadishu», o Piccola Mogadiscio. Altre comunità significative si trovano a Columbus (Ohio), Seattle (Washington) e San Diego (California). La migrazione, iniziata negli anni Novanta per la guerra civile in Somalia, è stata guidata da opportunità lavorative e supporto di agenzie di reinsediamento.

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Immagine di pubblico dominio Cc0 via Flickr
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