Spirito
«Infanticidio»: il cardinale Müller chiede che i vescovi americani scomunichino Biden
L’ex prefetto del massimo ufficio dottrinale del Vaticano, il cardinale Gerhard Müller, ha condannato il sostegno del presidente americano Joe Biden all’aborto, affermando che si tratta di «infanticidio» e che coloro che promuovono l’aborto «dovrebbero essere scomunicati». Lo riporta LifeSiteNews.
«La parola “aborto” è una parola troppo morbida. La realtà è l’omicidio, l’omicidio di una persona vivente», ha affermato il cardinale Gerhard Müller. «Non esiste il diritto di uccidere un’altra persona. È assolutamente contro il Quinto Comandamento».
Il cardinale ha espresso la sua condanna al presidente Joe Biden nel corso di un’ampia intervista concessa a LifeSiteNews a Roma. La critica alla posizione pubblica di Biden a favore dell’aborto è arrivata poco dopo che il presidente aveva utilizzato il suo discorso sullo stato dell’Unione del 2024 per promettere di «ripristinare Roe v. Wade come la legge del Paese».
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Roe v. Wade è la sentenza della Corte Suprema USA che ha istituito 50 anni fa un «diritto federale all’aborto», di fatto iniziando l’era del libero feticidio negli USA. La sentenza come noto è stata rovesciata dalla Corte Suprema due anni fa ad opera della maggioranza conservatrice, tra cui alcuni giudici supremi nominati dal presidente Donald J. Trump.
Il cardinale Müller ha paragonato l’uccisione dei nascituri e degli anziani ai tempi «nazisti», affermando che «è assolutamente inaccettabile che tu possa dirti cattolico e promuovere e giustificare l’uccisione di persone umane, esseri umani fin dall’inizio del grembo materno, fino all’ultima respirazione con l’eutanasia… Uccidere i malati, come ai tempi del nazismo, è eutanasia».
Biden è molto pubblico riguardo alla sua fede cattolica autoproclamata, ma il cardinale Müller ha suggerito che mentre Biden è «nominalmente un cattolico, in realtà è un nichilista. È cinismo e cinismo assoluto».
Il presule tedesco ha contrapposto Biden ai cattolici e agli altri cristiani di tutta l’America che «sanno e accettano come anche tutti, i non credenti, con la loro semplice ragione, possono capire che non è possibile che un essere umano abbia il diritto di ucciderne un altro».
Prendendo l’esempio di sant’Ambrogio di Milano e della sua scomunica dell’imperatore Teodosio, il cardinale Müller ha commentato come «in altri tempi persone così sarebbero state scomunicate. In passato i papi e i vescovi non avevano timore di scomunicare, come sant’Ambrogio di Milano».
«Lui si è alzato e anche noi dovremmo alzarci e, senza pensare alle conseguenze per noi, dobbiamo alzarci e aprire la bocca per le persone innocenti e per proteggere la loro vita» ha dichiarato il cardinale. «San Giovanni Battista disse a Erode: “Non ti è permesso prendere la moglie di tuo fratello per essere tua moglie”. Non vi è permesso uccidere persone o giustificare [questo], aprire la legislazione come se fosse legale o legittima. Uccidere le persone non è una forma di regolamentazione delle nascite e così via, ma è assolutamente immorale uccidere altre persone».
«E oggi tutto il mondo occidentale, i leader occidentali, la grande maggioranza dei leader occidentali anche in Germania e Francia, quando si sono arrogati il diritto di uccidere il proprio popolo, hanno perso credibilità. Da un lato non possono protestare contro l’uccisione di persone innocenti in Ucraina e dall’altro permettere l’uccisione dei propri figli».
Ribadendo la verità che Dio è «creatore di ogni corpo e noi esseri umani siamo solo gli amministratori della buona volontà di Dio», il cardinale Müller ha osservato che l’umanità è chiamata a prendersi cura dei prossimi, poiché «non possiamo distinguere o separare l’amore di Dio per noi e il nostro amore per Dio, dall’amore nostro verso il prossimo e dall’amore del prossimo verso noi».
In seguito al discorso di Biden sullo stato dell’Unione, il sito LifeSitenews ha lanciato un appello pubblico ai vescovi statunitensi per scomunicare il presidente pro-aborto. Interrogato direttamente da questo giornalista sull’impresa, il cardinale Müller ha affermato che «il primo passo deve essere che noi dobbiamo avere la conferenza episcopale unanime degli Stati Uniti, probabilmente insieme ad altri religiosi cristiani, altri leader religiosi, a dare un’assoluta, chiara, forte affermazione che questo aborto è contro tutti gli standard e i principi dell’umanità».
«Che dichiarino in modo assolutamente chiaro che tutti coloro che hanno responsabilità pubblica e che, come cattolici, stanno promuovendo questo infanticidio, sono scomunicati».
Espandendo il tema di un politico pro-aborto, il cardinale Müller ha inoltre osservato nell’intervista con LifeSite che anche se non esiste un processo formale di scomunica, una persona non può essere esentata dalla gravità delle sue azioni a sostegno dell’aborto.
«Quindi anche nel caso in cui uno non sia formalmente scomunicato, se queste persone ricevono la Santa Comunione, non ricevono la Santa Comunione solo con la bocca, poiché non ricevono la grazia. Lo ricevono, secondo le parole di San Paolo, per la propria condanna, e Biden e tutte queste persone, devono sapere che nel giudizio finale, quando compariranno dopo la loro morte davanti al tribunale di Dio, che si tratta di un mortale peccato, cosa stanno facendo. Anche se non lo fanno personalmente, ma sono cooperatori, collaboratori diretti degli omicidi di persone innocenti».
«Biden dice che ha frequentato le scuole cattoliche, ma voglio chiederti cosa ha imparato lì? Perché cos’è questa religione?»
«Non è solo un certo sentimento di appartenenza, o un po’ di sentimentalismo, o un po’ di spiritualità, di buon sentire interiore, leggere qualche poesia o qualche libro, e così ti senti bene, guardando la natura e le mele… tutto bello. Non è religione. La religione è una confessione chiara di tutta la tua persona, di tutto il tuo essere, per donarti in sacrificio a Dio e per gli altri. Questa è la nostra religione cristiana».
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Oltre ai suoi commenti sulla natura intrinsecamente malvagia dell’aborto, il cardinale Müller ha inoltre sottolineato nella sua conversazione con il giornalista Michael Haynes che le «idee ristrette» del movimento pro-aborto che stanno portando alla distruzione dell’umanità.
La mentalità pro-aborto, ha detto, sostiene che «solo la mia felicità è importante, che è il criterio ultimo di definizione di felicità e piacere, del senso della mia vita».
Al contrario, il cardinale Müller ha osservato che «noi, come singoli esseri umani, dobbiamo comprendere noi stessi nel contesto della nostra famiglia, del nostro gruppo di amici, dei nostri compagni di classe, della nostra cultura, della nostra nazione e dell’umanità».
Sottolineando la natura intergenerazionale dell’insegnamento della fede cattolica, il cardinale tedesco ha sottolineato che la mentalità pro-aborto della felicità individuale è fondamentalmente contraria alla religione.
In chiusura, il cardinale Müller ha elogiato e sostenuto la novena di nove mesi recentemente lanciata dal cardinale Raymond Burke, che è diretta a Nostra Signora di Guadalupe, Patrona delle Americhe e dei non ancora nati.
Il cardinale Müller ha affermato che un simile sforzo servirebbe anche a rafforzare una «coscienza e un movimento mondiale» cattolico, poiché gli oppositori della Chiesa «hanno tutto il potere dei media» e «dietro di loro ci sono le organizzazioni internazionali», come Big Tech e il mondo finanziario.
Come riportato da Renovatio 21, il cardinale due mesi fa aveva parlato di «eresie materiali» di Bergoglio. Settimane prima aveva attaccato le benedizioni omosessuali introdotte con il documento Fiducia Supplicans come «impossibili» e «blasfeme».
Monsignor Müller negli scorsi mesi si era scagliato anche contro l’immigrazione di massa usata per distruggere le identità nazionali. In passato aveva dichiarato che il COVID è stato utilizzato per stabilire uno «Stato di sorveglianza» globale.
L’anno scorso il cardinale aveva accusato il Sinodo di voler distruggere la Chiesa.
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Immagine di Jolanta Dyr via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
Pensiero
Miseria dell’ora legale, contro Dio e la legge naturale
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Spirito
Cristo Re, il cosmo divino contro il caos infernale. Omelia di Mons. Viganò
Renovatio 21 pubblica l’omelia nella festa di Cristo Re dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò.

Israël es tu Rex
Omelia nella festa di Cristo Re
Israël es tu Rex,
davidis et inclyta proles;
nomine qui in Domini,
Rex benedicte, venis.
D’Israele Tu sei il Re,
di David la nobile prole;
Tu che vieni, Re benedetto,
nel Nome del Signore.
Teodolfo di Orléans,
Inno Gloria laus et honor.
Gloria, laus et honor tibi sit, Rex Christe Redemptor. Al canto di questo inno antichissimo, intonato nella Domenica delle Palme dinanzi alle porte serrate della chiesa, la processione del clero e dei fedeli entra solennemente nella nuova Gerusalemme, spalancandone i robusti battenti con il triplice colpo della Croce astile.
La suggestiva cerimonia della seconda Domenica di Passione rievoca l’ingresso trionfale di Nostro Signore nella Città santa, di cui era figura l’ingresso di Salomone (1Re 1, 32-40). Essa ha dunque un’indole eminentemente regale, perché con questa presa di possesso del Tempio, Egli è riconosciuto e osannato come Dio, come Messia e come Re dei Giudei: il Cristo, Χριστός, l’Unto del Signore. La Sua divina Regalità era già stata testimoniata e onorata dai Magi, nella grotta di Betlemme: con l’oro al Re dei Re, l’incenso al Dio Vivo e Vero, la mirra al Sacerdote e Vittima.
Poco meno di cent’anni fa, l’11 Dicembre 1925, il grande Pontefice lombardo Pio XI promulgò l’immortale Enciclica Quas primas, nella quale è definita la dottrina della universale Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo: Egli è Re in quanto Dio, in quanto discendente della stirpe regale della tribù di Davide e per diritto di conquista mediante la Redenzione.
L’istituzione di questa festa non ha in verità introdotto nulla di nuovo. Essa è stata voluta da Pio XI per contrastare e combattere la peste del liberalismo laicista, il massonico Libera Chiesa in libero Stato e la folle presunzione di estromettere Gesù Cristo dalla società civile. Pio XI non fu il solo a ribadire solennemente la dottrina cattolica: prima di lui Clemente XII, Benedetto XIV, Clemente XIII, Pio VI, Pio VII, Leone XII, Pio VIII, Gregorio XIV, Pio IX, Leone XIII e San Pio X avevano severamente condannato le logge segrete, la carboneria, la Massoneria e tutti gli errori che i nemici di Cristo avevano sparso e alimentato nel corso degli ultimi due secoli.
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Dopo la grande frattura del Protestantesimo nel Cinquecento, i tre secoli successivi hanno visto affrontarsi in una serie di terribili battaglie la Chiesa Cattolica e l’Antichiesa, cioè la Massoneria: da una parte, il Principe della Pace e le Sue schiere angeliche e terrene; dall’altra, la scelesta turba, la folla sciagurata, aizzata dai mercanti asserviti a Lucifero.
Il mito del «popolo sovrano» ha sepolto sotto le rovine della Rivoluzione secoli di civiltà cristiana, mostrando sino a quali aberrazioni l’uomo potesse giungere. I Martiri di questi secoli di violenze inaudite e di eccidi ancora impuniti ci guardano dai loro scranni in cielo, chiedendo giustizia per il sangue che essi hanno versato, e con il loro silenzio – quasi di notte oscura per la Chiesa, alla vigilia della sua passione – essi osservano increduli i papi di questi ultimi decenni deporre le armi spirituali e cooperare con i nemici di Cristo.
Da quegli scranni ci guardano anche i Pontefici guerrieri che – anche a costo della propria vita, come Pio VI, imprigionato da Napoleone e morto di stenti in carcere – seppero affrontare a testa alta i più feroci attacchi contro Dio, contro il Papato, contro la Gerarchia Cattolica, contro i fedeli. Se la Storia non fosse stata falsificata dai momentanei vincitori di questa guerra – come avviene ancora oggi – nelle scuole i nostri figli studierebbero non la presa della Bastiglia, non le menzogne dell’epopea del Risorgimento, non le gesta di mercenari cospiratori o di ministri corrotti, ma le fasi del genocidio contro i Cattolici delle Nazioni un tempo cristiane.
Quando venne istituita la festa di Cristo Re, la Chiesa Cattolica non poteva più avvalersi della cooperazione dei Sovrani cattolici, che nelle leggi civili e penali avevano fatto osservare i principi del Vangelo e della Legge naturale. La prima autorità dell’ancien régime a cadere fu infatti la Monarchia di diritto divino, che attinge alla Regalità di Cristo la potestà vicaria nelle cose temporali.
La seconda autorità cadde pochi decenni dopo, e fu quella dei pontefici asserviti alla Rivoluzione. Con la deposizione della tiara papale, Paolo VI suggellò l’abdicazione della potestà di Cristo nelle cose spirituali e la resa alle ideologie anticristiche e anticattoliche della Sinagoga di Satana. «Anche noi, più di ogni altro abbiamo il culto dell’uomo», disse Montini alla chiusura del Vaticano II (1). E sotto le volte della Basilica Vaticana echeggiarono queste parole: «La Chiesa si è quasi dichiarata l’ancella dell’umanità», parole che solo pochi anni prima avrebbero scandalizzato qualsiasi Cattolico.
Paolo VI – e con lui il predecessore Giovanni XXIII – furono gli iniziatori del processo di liquidazione della Chiesa di Cristo e su di essi incombe la responsabilità di aver disarmato la Cittadella e averne spalancate le porte per meglio farvi entrare il nemico, salvo poi ipocritamente denunciare che «da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio» (2). E nulla si salvò da quell’operazione di disarmo: né la dottrina, né la morale, né la liturgia, né la disciplina.
Così venne sfigurata anche la festa di Cristo Re, la cui data fu spostata alla fine dell’anno liturgico, assumendo una valenza escatologica: Cristo Re del mondo a venire, non delle società terrene. Perché la Signoria del Verbo Incarnato non doveva rappresentare un ostacolo al dialogo con «l’uomo contemporaneo» e con l’idolo della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
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I fautori di questo smantellamento suicida ebbero a rallegrarsi che finalmente si fosse posto fine al trionfalismo postridentino di una Chiesa che voleva convertire il mondo a Cristo, e non adattare la divina Rivelazione all’antievangelo dell’Antichiesa; di una Chiesa che onorava il proprio Signore come Re universale e a Lui voleva condurre tutte le anime, perché nel regnum Christi esse potessero vivere nella pax Christi.
Scelesta turba clamitat: regnare Christum nolumus (3) – cantiamo nel magnifico inno della festa odierna – La folla scellerata schiamazza: Non vogliamo che Cristo regni! Questa bestemmia è il grido di battaglia delle orde di Lucifero, dei figli delle tenebre; lo stesso grido che risuonò quando lo spirito ribelle e orgoglioso di Satana vomitò il suo Non serviam. Un grido che sovverte il κόσμος divino, fondato in Nostro Signore Gesù Cristo, nel Dio incarnato per obbedienza all’Eterno Padre, e per obbedienza morto sulla Croce propter nos homines et propter nostram salutem.
Alla fine dei tempi, ormai prossima, l’Anticristo contenderà a Cristo proprio la Sua universale Signoria, cercando di sedurre i popoli con prodigi e falsi miracoli, addirittura simulando la propria resurrezione. Affascinante, seducente, simulatore, orgoglioso, pieno di sé, l’Anticristo combatterà la Santa Chiesa senza esclusione di colpi, ne perseguiterà i Ministri e i fedeli, ne adultererà la dottrina, ne corromperà i chierici facendone dei propri servi.
Quello che vediamo accadere nella sfera civile e religiosa da almeno da due secoli, in un continuo crescendo, è la preparazione di questo piano infernale, volto a spodestare Nostro Signore, a rifiutarLo come Dio, come Re e come Sommo Sacerdote, a calpestare empiamente l’Incarnazione e l’opera della Redenzione.
Con la festa di Cristo Re noi cooperiamo al ripristino dell’ordine, del κόσμος divino contro il χαός infernale. Restituiamo a Cristo la corona che già Gli appartiene, lo scettro che Gli ha strappato la Rivoluzione. Non perché stia a noi rendere possibile la restaurazione dell’ordine, di cui sarà artefice unico Nostro Signore, ma perché non è possibile prendere parte a questa restaurazione senza che noi vi contribuiamo.
Ai tempi della prima Venuta del Salvatore, il regno di Israele e il tempio non avevano né un Re legittimo, né legittimi Sommi Sacerdoti: l’autorità civile e religiosa era ricoperta da personaggi di nomina imperiale. Nella seconda Venuta alla fine del mondo questa vacanza dell’autorità sarà ancora più evidente, perché Nostro Signore ricomporrà in Sé tutte le cose – Instaurare omnia in Christo (Ef 1, 10) – in un momento storico in cui sarà il Male a dominare in tutti gli ambiti della vita quotidiana, in tutte le istituzioni, in tutte le società.
E sarà una vittoria trionfale, schiacciante, totale, inesorabile, su tutte le menzogne e i crimini dell’Anticristo e della Sinagoga di Satana.
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Facciamo nostra la preghiera dell’inno Te sæculorum Principem:
O Christe, Princeps Pacifer,
Mentes rebelles subjice:
Tuoque amore devios,
Ovile in unum congrega.
O Cristo, Principe che porti la vera Pace: sottometti le menti ribelli e riunisci in un solo ovile quanti si sono allontanati dal Tuo amore. E così sia.
+ Carlo Maria Viganò
Arcivescovo
26 Ottobre MMXXV
D.N.J.C. Regis
Dominica XX post Pent., ultima Octobris
NOTE
1) Cfr. Discorso di Paolo VI alla IX Sessione Pubblica del Concilio Vaticano II, 7 Dicembre 1965.
2) Paolo VI, Omelia nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, 29 giugno 1972.
3) Inno Te sæculorum Principem nella festa di Cristo Re.
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Immagine di Dominikosaurus via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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