Politica
In Europa vincono i partiti che si oppongono a immigrati e scontro con la Russia

Le prime proiezioni dopo la chiusura delle urne delle elezioni per il Parlamento Europeo tenutesi nei 27 stati membri UE hanno segnalato sconfitta i due dei principali leader della «locomotiva europea» franco-tedesca: il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz. I loro partiti sono finiti ampiamente sotto quelli dei rivali che si oppongono alla scellerata agenda di morte e distruzione portata avanti dalle sinistre europee, oramai formazioni sintetiche che fanno il gioco del complesso militare occidentale e del grande capitale finanziario transnazionale – agendo, nel profondo, programmi ancora più oscuri.
Il trauma della sconfitta ha portato il Macron – con il suo partito di fatto disintegrato da quello della Le Pen – a sciogliere l’Assemblea nazionale del paese e a indire elezioni Parlamentari anticipate.
«La Francia ha bisogno di una maggioranza chiara per operare con calma e concordia», ha detto Macron in un messaggio su X. «Ho capito il vostro messaggio, le vostre preoccupazioni e non li lascerò senza una risposta».
J’ai dissous ce soir l’Assemblée nationale. Une décision grave, lourde, mais avant tout un acte de confiance en vous, mes chers compatriotes. pic.twitter.com/EFeVCDzrlb
— Emmanuel Macron (@EmmanuelMacron) June 9, 2024
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Spiegando la sua decisione, il presidente ha detto che non poteva agire come se «non fosse successo nulla», ammettendo che il risultato elettorale previsto non era di buon auspicio per il suo governo. Macron ha anche messo in guardia sull’apparente ascesa delle forze nazionaliste, definendolo un pericolo sia per la Francia che per l’UE nel suo insieme.
«Si tratta di una decisione seria e difficile, ma soprattutto è un atto di fiducia», ha affermato Macron, aggiungendo di confidare che «il popolo francese farà la scelta migliore per se stesso e per le generazioni future».
Il Rassemblement National (RN) ha ottenuto più del 30% dei voti, più del doppio della quota del partito Renaissance di Macron, con l’ex leader del partito, Marine Le Pen, che ha dichiarato di essere «pronta a prendere il potere».
«Assegnandoci più del 30% dei loro voti, i francesi hanno espresso il loro verdetto e hanno sottolineato la determinazione del nostro Paese a cambiare la direzione dell’UE», ha detto l’attuale leader del RN Jordan Bardella in un discorso di vittoria dal quartier generale della sua campagna elettorale, descrivendo il risultato previsto come «solo l’inizio».
Marine Le Pen, ha accolto con favore la decisione di Macron di indire elezioni anticipate. Ha anche espresso la disponibilità a diventare Primo Ministro francese nel caso in cui il partito emergesse vittorioso nelle prossime elezioni nazionali.
Raphael Glucksmann, il favorito dell’alleanza socialista francese, che dovrebbe arrivare al terzo posto nei sondaggi europei, ha criticato la mossa di Macron di andare alle elezioni come la realizzazione di un ordine del Bardella.
Il personaggio è figlio del controverso filosofo engagé di origine ebraiche André Glucksmann, nel 2009 è stato consigliere ufficiale del presidente georgiano Mikheil Saak’ashvili, che pochi mesi prima aveva scatenato una guerra contro Mosca per l’Abcasia e l’Ossetia del Sud. Il Glucksmanno jr. è stato sposato con il viceministro dell’Interno georgiano Eka Zgouladze, la quale, dopo aver ricevuto la cittadinanza ucraina, è divenuta pure viceministro dell’Interno dell’Ucraina dopo il golpe di Maidan nel 2014.
Come noto, Macron è ora il fattore più attivo nella possibile guerra europea a Mosca. Sebbene la Le Pen avesse sostenuto l’invio di «armi difensive» in Ucraina, si è opposta al loro utilizzo per colpire il territorio russo e ha sostenuto che le sanzioni contro Mosca sono inefficaci e danneggiano principalmente gli europei.
Il Partito Socialdemocratico (SPD) al governo a Berlino ha ottenuto risultati deludenti, rimanendo indietro rispetto ad Alternativa per la Germania (AfD), che si è ripetutamente opposto alle sanzioni occidentali sulla Russia e si è opposto agli aiuti militari all’Ucraina, chiedendo inoltre al Bundestag indagini sulla distruzione del gasdotto Nord Stream 2.
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Il sostegno all’SPD si è attestato intorno al 14%, in calo rispetto al 15,8% del 2019 e segnando il peggior risultato degli ultimi decenni, secondo le prime previsioni delle televisioni ZDF e ARD, basate su exit poll e conteggi parziali.
Anche altri membri della «coalizione a semaforo» di Scholz hanno subito perdite. I liberaldemocratici dell’FDP hanno registrato un moderato calo dei consensi, dal 5,4% al 5% stimato. Tuttavia, la popolarità dei Verdi è scesa drasticamente a circa il 12%, rispetto al 2019, quando il partito ottenne il miglior risultato di sempre conquistando il 20,5% dei voti e 21 seggi al Parlamento europeo.
Nel frattempo, la sinistra Sahra Wagenknecht Alliance (BSW), un partito formato da Wagenknecht ed ex politici del Partito della Sinistra meno di un anno fa, è riuscita a ottenere circa il 6% dei voti. Il BSW si è appoggiato a sinistra sulla politica economica, ma, analogamente ad alcuni conservatori, ha esercitato pressioni contro l’immigrazione incontrollata. Nel periodo che precede le elezioni europee, la Wagenknecht ha messo in guardia contro un’ulteriore escalation del conflitto ucraino e sul consentire a Kiev l’uso di armi occidentali negli attacchi transfrontalieri, esortando l’Occidente a «smettere di giocare con il fuoco».
Germany (European Parliament election), Infratest dimap 11:04 PM projection:
CDU-EPP: 23.8%
AfD-NI: 15.9%
SPD-S&D: 13.9%
GRÜNE-G/EFA: 11.9%
CSU-EPP: 6.4%
BSW→NI: 6%
FDP-RE: 5.1%
LINKE-LEFT: 2.7%
FW-RE: 2.7%
Volt-G/EFA: 2.5%
…Special election page: https://t.co/1An2baUbxh… pic.twitter.com/p0RgM24cN8
— Europe Elects (@EuropeElects) June 9, 2024
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Al primo posto si prevede che l’Unione cristiano-democratica (CDU) e l’Unione cristiano-sociale (CSU), principale opposizione di centrodestra, occuperanno il primo posto con circa il 30%.
Al secondo posto si colloca il gruppo di destra Alternativa per la Germania (AfD) con circa il 16%. Il partito euroscettico ultraconservatore ha esercitato pressioni per il taglio delle consegne di armamenti all’Ucraina e per la fine delle sanzioni contro la Russia, chiedendo colloqui di pace. Nonostante i numerosi scandali nel periodo precedente alle elezioni, il loro sostegno è cresciuto di quasi il 5% negli ultimi cinque anni. AfD propone il rimpatrio di milioni di immigrati e un referendum per uscire dalla UE.
«Dopo tutte le profezie di sventura, dopo lo sbarramento delle ultime settimane, siamo la seconda forza più forte», ha detto la leader dell’AfD Alice Weidel, celebrando il successo. AfD, ricordiamo, è perseguitato in ogni modo, con la sorveglianza da parte dei servizi di sicurezza interni (BfV), attacchi fisici continui ai suoi membri, debancarizzazioni e allucinanti sentenze giudiziarie che impediscono di citare gli stessi dati del governo sull’immigrazione.
Il Partito conservatore olandese per la Libertà (PVV), guidato dal celebre Geert Wilders, è arrivato secondo con il 17% dei voti, ed era destinato a passare da uno a sette seggi al Parlamento europeo. Wilders in precedenza si era espresso contro l’invio di aiuti militari all’Ucraina, sostenendo che il sostegno agli sforzi bellici di Kiev lascerebbe l’esercito olandese incapace di difendere il Paese.
Il primo ministro belga Alexander De Croo ha annunciato le dimissioni dopo che il suo partito Open VLD ha subito una disastrosa sconfitta, ottenendo solo il 5,8% dei voti, mentre i partiti di destra Vlaams Belang e i nazionalisti fiamminghi N-VA hanno ottenuto rispettivamente oltre il 14,8 e il 14,2% dei voti.
«Sono stato il protagonista di questa campagna. Questo non è il risultato che speravo e quindi me ne assumo la responsabilità, non doveva essere», ha detto domenica il de Croo ai giornalisti. «Da domani mi dimetterò da primo ministro e mi concentrerò completamente sull’attualità».
In Italia FdI, secondo gli exit poll, avrebbe vinto con il 28% dei voti, assicurandosi 28 seggi – un guadagno significativo rispetto alle elezioni del 2019 quando il suo partito aveva solo 5 seggi. La Meloni è attualmente presidente del gruppo di destra dei Conservatori e Riformisti europei. Il governo italiano aveva recentemente attaccato Macron per le sue dichiarazioni sulla possibilità di inviare truppe in Ucraina e si è espresso contro l’escalation delle tensioni tra NATO e Mosca.
Negli scorsi giorni il leader della Lega Nord Matteo Salvini aveva tuonato contro Macron e la sua spinta verso la guerra europea.
«Se qualcuno in Italia di centrodestra preferisce la sinistra al centrodestra, e preferisce il bombarolo e guerrafondaio, il pericoloso Macron, perché Macron è pericoloso e lo vedo instabile» aveva dichiarato Salvini, probabilmente riferendosi al vertice di Forza Italia Antonio Tajani.
«Non voglio che il mio destino sia nelle mani di un tizio instabile. Se si preferisce Macron alla Le Pen, la guerra alla pace, il centrodestra disunito a favore del centrosinistra è un problema» aveva spiegato il tribuno lombardo durante un evento del partito a Milano. «Macron, vuoi la guerra? Mettiti l’elmetto, vai a combattere e non rompere le palle».
«Non parlo di Crosetto, ma le parole di Macron e del segretario generale della Nato sono assolutamente chiare: quando uno ipotizza di bombardare e uccidere in Russia, è un criminale perché ci avvicina alla Terza Guerra Mondiale. Sono contento se l’intero governo italiano la pensa come me. Quindi nessun proiettile italiano per colpire in Russia e nessun militare italiano a combattere in Ucraina, se siamo d’accordo bene».
«Chi divide il centrodestra, chi preferisce Macron alla Le Pen, chi preferisce uno che parla di guerra a una che parla di pace non fa un dispetto a Salvini, fa un dispetto all’Italia» ha tuonato il Salvini.
La Lega si sarebbe tuttavia fermata tra l’8% e il 10%, dietro non solo a FdI e PD, ma anche a partiti non freschissimi come M5S e Forza Italia.
Nonostante la significativa svolta a destra dell’UE e le battute d’arresto nell’establishment a livello nazionale, i partiti di centrosinistra e centrodestra hanno mantenuto la maggioranza al Parlamento Europeo, con il gruppo del Partito Popolare Europeo della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen che dovrebbe ottenere 181 seggi.
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Trump dice che risolvere Gaza potrebbe non bastare per andare in paradiso

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Essere euroscettici oggi. Renovatio 21 intervista l’onorevole Antonio Maria Rinaldi

Che fine ha fatto l’euroscetticismo? Renovatio 21 ha intervistato l’economista post-keynesiano Antonio Maria Rinaldi, già fondatore di Alternativa per l’Italia e oggi deputato della Lega a Roma, dopo l’esperienza dal 2019 al 2024 come europarlamentare a Bruxelles.
Partirei dalla sua esperienza al Parlamento europeo. Molti dei suoi interventi sono stati spesso di critica verso l’establishment europeista. Quanta libertà di movimento e di parola ha un parlamentare europeo e quanto incide, di fatto, un voto al parlamento europeo?
Bisogna fare una distinzione. La prima distinzione è il movimento che ha un parlamentare europeo nell’ambito del proprio partito politico, ed è una cosa. Per quanto riguarda invece la sua funzione come parlamentare per poter modificare qualcosa nella struttura europea, è un’altra. Per la prima cosa, per quanto uno può essere indipendente, posso dire quello che mi riguarda.
Come ho detto più volte pubblicamente, io nella Lega ho avuto la massima e assoluta libertà. Non sono mai stato censurato, ma anzi sono sempre stato caldeggiato ad andare avanti e quindi non posso altro che ringraziare, perché a dire la verità, non avendo mai svolto nessuna funzione politica prima della mia elezione a parlamentare europeo, avevo paura che entrando sarei stato condizionato. Invece no. La mia esperienza mi dice anche che altri partiti nei confronti dei propri esponenti sono diversi, ossia che sono estremamente condizionati e devono seguire di più quelle che dice il partito, diciamo così. Io ho avuto la fortuna di non avere questo condizionamento.
Per quanto riguarda l’azione in generale di un parlamentare europeo nell’ambito delle proprie funzioni all’interno dell’emiciclo, a dire la verità sono pochissime. Anzi scarsissime. Viene quasi l’idea che il Parlamento europeo sia un’istituzione fatta apposta per far credere ai cittadini europei di contare qualche cosa, ma quando in effetti contano poco. Perché la sola parola Parlamento rimanda ai parlamenti nazionali. Non è assolutamente così.
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La battaglia dell’euro appare un po’ sopita in questo momento, ma in futuro c’è qualche speranza che questa moneta unica possa cambiare rispetto all’assetto che ha in questo momento?
Sarò lapidario. Non ho la palla di vetro, però una cosa la posso dire senza problemi: fintanto che l’euro creava problemi ai Paesi PIGS, Italia compresa, nessuno ha sentito l’esigenza di cambiare qualcosa. In questo momento in cui l’Italia fortunatamente è in una situazione di forza per una stabilità politica e ha dimostrato più di tutti di riuscire a rimettere in ordine i propri conti, ci troviamo in una situazione in cui i cosiddetti «padroni del vapore», Francia e Germania, si trovano invece per la prima volta in serissimi problemi.
Non credo di essere un falso profeta, ma cambieranno le regole per loro. Regole che loro stessi hanno dettato quando è stata scritta Maastricht. Se non lo faranno molto probabilmente tutta la costituzione europea avrà vita breve, perché non ci sono i presupposti per cui possa andare avanti.
Cosa accade con l’euro digitale?
La questione è stata esaminata quando negli anni passati ho fatto parte della commissione ECON e chiaramente del dibattito. Posso dire una cosa: l’Europa ha un vizio in generale e cioè è regolamenta all’interno senza tener conto di quello che succede nel resto del mondo. O ci si mette d’accordo tutti, altrimenti non ha senso per quanto riguarda la valuta digitale se noi non cerchiamo di fare un qualche cosa di comune accordo con tutti gli altri attori mondiali. Rischiamo di fare un buco nell’acqua, anche perché la globalizzazione dei mercati, volente o nolente, fa sì che noi possiamo regolamentare quello che ci pare, ma poi chiaramente il mondo è fatto in maniera tale per il quale con la globalizzazione ci sfugge tutto subito.
I contratti farmaceutici Pfizer hanno mostrato un serio problema di trasparenza e lei in sede di Parlamento europeo ha vissuto la vicenda ed ha anche visionato parte di quella documentazione.
Stai parlando con colui il quale ha fatto, insieme ad altri colleghi, la famosa interrogazione alla commissione per conoscere i contenuti dei celeberrimi messaggini intercorsi fra la signora Ursula von der Leyen e l’amministratore delegato di Pfizer Albert Bourla. Ci hanno risposto in maniera estremamente evasiva, come era ovvio, però ho visto che ultimamente la procura belga si sta muovendo, quindi chissà.
Abbiamo fatto bene ad andare avanti, anche perché siamo convinti che contratti di quel genere non è che si possano decidere sul telefonino. Con il telefonino possiamo decidere dove andare a mangiare la pizza, ma non contratti di quel genere che hanno avuto un peso specifico importante, perché ce lo ricordiamo tutti quel periodo. Quantomeno avere un minimo di trasparenza e di protocollo. Evidentemente queste persone non hanno mai lavorato nell’economia reale, perché in genere si protocolla tutto con tanto di numero, sia in entrata che in uscita, con delle mail. Perché non lo hanno fatto anche loro, ma lo hanno fatto tramite messaggino di WhatsApp come fanno i liceali? Eh no, mi dispiace, così non si fa.
L’Europa post pandemica ha imposto delle politiche green che al momento sta ampiamente ritrattando. Vi è invece una corsa al riarmo. Dove sta puntando l’obiettivo dell’economia dell’Unione europea?
L’economia green così come è stata concepita e realizzata – e non ho difficoltà a sostenerlo perché l’ho detto in aula diverse volte nel peggiore dei modi possibili – ha affidato solo all’elettrico la transizione, quando invece era possibile, col principio della neutralità, poter usufruire anche di altre tecnologie. C’è sempre un motivo e ricordiamo che la precedente legislatura, l’XI, quella dal 2019 al 2014, la signora Ursula von der Leyen si reggeva con una maggioranza dove naturalmente c’era il PPE, il partito popolare europeo, dove la faceva da padrone la compagine tedesca, e quel governo era supportato anche dai verdi e quindi doveva per forza riflettere certi dogmi per non modificare gli equilibri di casa anche in Europa.
Abbiamo visto le conseguenze. Oggi non ci sono più certe forze al governo della nuova coalizione e vedo che per la von der Leyen è cambiato il vento, perché osserviamo che le aziende tedesche stanno chiudendo, la Volkswagen sta chiudendo degli stabilimenti, come tantissime altre case automobilistiche che stanno riducendo drasticamente il proprio personale, e stanno rivedendo le cose. Vediamo cosa faranno. Vediamo se ammettono di aver fatto degli errori così macroscopici.
Di errori ne hanno fatti tanti e continuano, purtroppo, a farne ancora tanti.
Le posso fare una domanda personale?
Prego.
Lei ha un figlio con una disabilità e ho visto che non ne ha parlato in moltissime sue interviste. Immagino tutte le vostre difficoltà emotive, ma anche di carattere pratico. Ecco, la politica attiva come si pone in concreto dinnanzi a queste problematiche che molte famiglie devono affrontare?
Io facevo parte a Bruxelles anche di un intergruppo sulla disabilità per ovvi motivi. Una volta feci un bell’intervento in aula, molto forte, in cui dissi: «In questo momento vi parlo come padre di un ragazzo disabile, perché l’Europa ha totalmente disatteso le aspettative e le giuste istanze di questo mondo. Adesso invece parlo da membro di questo parlamento e voi non ve ne state assolutamente all’interno occupando. Siete molto sensibili a tantissime cose, ma io credo» – e questa è la frase che ho detto forte – «che la civiltà di un popolo si misuri con l’attenzione che rivolge nei confronti delle persone disabili e qui purtroppo l’Europa non è civile».
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Lei insegna all’università. C’è una vera libertà di insegnamento all’interno degli atenei italiani?
No. L’università dovrebbe essere il tempio del confronto. Chiunque può esprimersi in maniera democratica e civile e non certo in maniera manesca, ma questo vedo che non avviene né in Italia, né nel resto del mondo. D’altronde noi abbiamo delle università in cui è stato negato di poter parlare a un papa. Adesso sto vedendo che si stanno chiudendo i portoni a professori di religione ebraica, il che mi sembra veramente vergognoso. Mi ritornano in mente le evocazioni di quello che è avvenuto prima della guerra. Si vede che la storia non ha insegnato assolutamente nulla.
Chiunque, ripeto chiunque, di qualsiasi colore politico, in maniera democratica e civile dovrebbe potersi esprimersi in qualsiasi università. È alla base del concetto stesso dell’università, altrimenti non è un’università.
Torneremo a un’Europa di Stati veramente sovrani?
Qui c’è una specie di cortocircuito. Noi siamo chiamati i cosiddetti «sovranisti», perché ribadiamo che la sovranità appartiene esclusivamente al popolo. L’unione europea che combatte questi sovranismi di fatto è il primo sovranista, perché vuole evocare a sé questa sovranità per toglierla ai vari Paesi membri che l’hanno ottenuta con il suffragio universale sancito nelle costituzioni.
Cioè, tu mi vuoi togliere la sovranità per prendertela te, però tu da chi sei investito? Io, come paese, sono investito dal popolo, tu no! Solo da burocrati che non si sa chi è che ce li ha messi e a chi rispondono – magari qualche domanda ce la facciamo e qualche risposta la vediamo – e quindi si tratta di un trasferimento di sovranità da un soggetto che è titolato ad averla, che è lo Stato per mezzo del suffragio universale, a un’entità che esercita una sovranità senza averne titolo di validità. Questo è il vero problema.
Prof. Rinaldi, grazie.
Grazie a lei.
Francesco Rondolini
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Zelens’kyj priva della cittadinanza i suoi oppositori

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