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Geopolitica

In Europa peggiora la percezione nei confronti della Cina

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L’European Council on Foreign Relations (ECFR.Eu), il primo think tank pan-europeo inaugurato nell’ottobre del 2007, ha recentemente pubblicato i risultati di un sondaggio capace di offrire un quadro davvero poco confortante per la politica internazionale della Cina. 

 

Il think tank sottolinea che «i tentativi della Cina di dividere gli europei durante la crisi e la sua retorica apertamente ostile che ha preso di mira la risposta delle democrazie occidentali all’emergenza sanitaria sono serviti da campanello d’allarme» per tutta l’opinione pubblica. 

«I tentativi della Cina di dividere gli europei durante la crisi e la sua retorica apertamente ostile che ha preso di mira la risposta delle democrazie occidentali all’emergenza sanitaria sono serviti da campanello d’allarme» per tutta l’opinione pubblica

 

Nelle ultime settimane, l’ECFR.Eu ha raccolto dati da diversi sondaggi al quale hanno preso parte cittadini ed esperti, rilevando un critico peggioramento della percezione nei confronti della politica di Pechino. 

 

La domanda cardine che il think tank pone, è: «Il vostro modo di vedere la Cina è cambiato durante questa crisi?».

 

Come si può notare dal grafico sottostante, solamente per il 21% degli italiani la percezione della Cina è migliorata; per il 37% è invece peggiorata e per il 42% non è cambiato nulla o non sa cosa rispondere. 

 

 

Solamente per il 21% degli italiani la percezione della Cina è migliorata; per il 37% è invece peggiorata e per il 42% non è cambiato nulla o non sa cosa rispondere

 

Il peggioramento del giudizio degli italiani è il meno pronunciato tra gli otto Paesi critici

Il peggioramento del giudizio degli italiani è il meno pronunciato tra gli otto Paesi critici

 

La notizia non deve essere piaciuta ad alcuni dei membri italiani dell’EFRC, fra cui Giuliano Amato, Marta Dassù, Piero Fassino e Romano Prodi, che verso la Cina ci hanno portato con gran giubilo. 

 

La situazione tuttavia peggiora se si tiene conto, sempre osservando i dati presenti sul grafico, che il peggioramento del giudizio degli italiani è il meno pronunciato tra gli otto Paesi critici. 

 

La Bulgaria sembra invece l’unico Paese ad aver aumentato il proprio apprezzamento per la Cina.

 

Un altro commento del think tank pensiero pan-europeo osserva che il sondaggio mostra quanto la Cina sia «divisiva la questione nella politica interna italiana e tra i partiti».

Il sondaggio mostra quanto la Cina sia «divisiva la questione nella politica interna italiana e tra i partiti»

 

Intanto, come si apprende, lo scorso martedì l’Unione Europea ha deciso di limitare l’export verso Hong Kong di attrezzature utilizzabili per la sorveglianza e la repressione. 

 

Pechino inizialmente ha cercato di sminuire parlando di «gesto simbolico», ammonendo però gli europei a non varcare una soglia che danneggerebbe «i legami pragmatici» con la Repubblica Popolare.

Il ministero cinese, «aggiunge qualcosa di più rispetto alla controparte italiana sostenendo che Pechino ha chiesto di rimanere “indipendente” davanti a “certi Paesi” che tentano di intromettersi nel loro rapporto (leggasi: Stati Uniti)».

 

In seguito è intervenuto il portavoce del ministero degli Esteri Wang Webin, dichiarando che tale scelta «viola le norme di base delle relazioni internazionali di non interferenza nelle vicende degli affari interni di altri Paesi».

 

«La Cina – ha poi concluso Webin – si oppone con forza e ha già presentato proteste formali contro l’UE».

 

Per quanto riguarda l’Italia siamo certi che ci penserà il Ministro Giggì Di Maio a consolare Pechino dopo i sondaggi critici.

 

Come annunciato ufficialmente anche dalla Farnesina, i ministri degli Esteri Wang Yi e Luigi Di Maio si sono parlati in videoconferenza ieri.

«Inoltre, secondo quanto diffuso da Pechino , il ministro degli Esteri italiano avrebbe ringraziato il governo cinese per l’aiuto contro il coronavirus e detto all’omologo che “l’Italia vorrebbe fare da ponte negli affari internazionali” agevolando il dialogo tra Cina e Unione Europea».

 

Secondo il quotidiano La Verità, «di quella chiacchierata di ieri mattina ci sono due versioni diverse: una della Farnesina e una del ministero degli Esteri cinese».

 

Il ministero cinese, continua La Verità, «aggiunge qualcosa di più rispetto alla controparte italiana sostenendo che Pechino ha chiesto di rimanere “indipendente” davanti a “certi Paesi” che tentano di intromettersi nel loro rapporto (leggasi: Stati Uniti)».

 

«Inoltre, secondo quanto diffuso da Pechino (probabilmente nel tentativo di tirare la giacchetta di Di Maio dopo le sue recenti dichiarazioni di atlantismo), il ministro degli Esteri italiano avrebbe ringraziato il governo cinese per l’aiuto contro il coronavirus e detto all’omologo che “l’Italia vorrebbe fare da ponte negli affari internazionali” agevolando il dialogo tra Cina e Unione Europea».

 

La Via della Seta tanto cara a Di Maio e ai 5 Stelle è, di fatto, la Via per la Cina che il nostro Paese, grazie a trame e boiardi vari, ha già imboccato da tempo

La Via della Seta tanto cara a Di Maio e ai 5 Stelle è, di fatto, la Via per la Cina che il nostro Paese, grazie a trame e boiardi vari, ha già imboccato da tempo.

 

 

Cristiano Lugli 

 

 

 

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Geopolitica

La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco

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Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha dovuto cancellare un viaggio previsto in Cina dopo che Pechino si sarebbe rifiutata di organizzare incontri di alto livello con lui, secondo quanto riportato venerdì da diversi organi di stampa.

 

Il Wadephul sarebbe dovuto partire per Pechino domenica per discutere delle restrizioni cinesi sull’esportazione di terre rare e semiconduttori, oltre che del conflitto in Ucraina.

 

«Il viaggio non può essere effettuato al momento e sarà posticipato a data da destinarsi», ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri tedesco, citato da Politico. Il Wadephullo avrebbe dovuto incontrare il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ma l’agenda prevedeva troppo pochi incontri di rilievo.

 

Secondo il tabloide germanico Bild, i due diplomatici terranno presto una conversazione telefonica.

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Questo intoppo diplomatico si inserisce in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra Cina e Unione Europea. Nell’ultimo anno, Bruxelles e Pechino si sono scontrate sulla presunta sovrapproduzione industriale cinese, mentre la Cina accusa l’UE di protezionismo.

 

All’inizio di questo mese, Pechino ha rafforzato le restrizioni sull’esportazione di minerali strategici con applicazioni militari, una mossa che potrebbe aggravare le difficoltà del settore automobilistico europeo.

 

La Germania è stata particolarmente colpita dal deterioramento del clima commerciale.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Volkswagen sospenderà la produzione in alcuni stabilimenti chiave la prossima settimana a causa della carenza di semiconduttori, dovuta al sequestro da parte dei Paesi Bassi del produttore cinese di chip Nexperia, motivato da rischi per la sicurezza tecnologica dell’UE. In risposta, Pechino ha bloccato le esportazioni di chip Nexperia dalla Cina, causando una riduzione delle scorte che potrebbe portare a ulteriori chiusure temporanee di stabilimenti Volkswagen e colpire altre case automobilistiche, secondo il quotidiano.

 

Venerdì, il ministro dell’economia Katherina Reiche ha annunciato che Berlino presenterà una protesta diplomatica contro Pechino per il blocco delle spedizioni di semiconduttori, sottolineando la forte dipendenza della Germania dai componenti cinesi.

 

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Immagine di UK Government via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic

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Geopolitica

Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset

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La proposta di applicare la sovranità israeliana sulla Cisgiordania occupata, considerata da molti come un’equivalente all’annessione totale del territorio palestinese, ha suscitato una forte condanna internazionale, incluso un netto dissenso da parte degli Stati Uniti.   Il disegno di legge ha superato di stretta misura la sua lettura preliminare martedì, con 25 voti a favore e 24 contrari nella Knesset, composta da 120 membri. La proposta passerà ora alla Commissione Affari Esteri e Difesa per ulteriori discussioni.   Una dichiarazione parlamentare afferma che l’obiettivo del provvedimento è «estendere la sovranità dello Stato di Israele ai territori di Giudea e Samaria (Cisgiordania)».   Il momento del voto è stato significativo e provocatorio, poiché è coinciso con la visita in Israele del vicepresidente J.D. Vance, impegnato in discussioni sul cessate il fuoco a Gaza e sul centro di coordinamento gestito dalle truppe statunitensi e dai loro alleati, incaricato di supervisionare la transizione di Gaza dal controllo di Hamas. Vance ha percepito la tempistica del voto come un gesto intenzionale, accogliendolo con disappunto.

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Anche il Segretario di Stato Marco Rubio, in visita in Israele questa settimana, ha espresso critiche prima di lasciare il Paese mercoledì, dichiarando che il disegno di legge sull’annessione «non è qualcosa che appoggeremmo».   «Riteniamo che possa rappresentare una minaccia per l’accordo di pace», ha detto Rubio, in linea con la promozione della pace in Medio Oriente sostenuta ripetutamente da Trump. «Potrebbe rivelarsi controproducente». Vance ha ribadito che «la Cisgiordania non sarà annessa da Israele» e che l’amministrazione Trump «non ne è stata affatto soddisfatta», sottolineando la posizione ufficiale.   Vance, considerato il favorito per la prossima candidatura presidenziale repubblicana dopo Trump, probabilmente ricorderà questo episodio come un momento frustrante e forse irrispettoso, specialmente in un contesto in cui la destra americana appare sempre più divisa sulla politica verso Israele.   Si dice che il primo ministro Netanyahu non sia favorevole a spingere per un programma di sovranità, guidato principalmente da politici oltranzisti legati ai coloni. In una recente dichiarazione, il Likud ha definito il voto «un’ulteriore provocazione dell’opposizione volta a compromettere i nostri rapporti con gli Stati Uniti».   «La vera sovranità non si ottiene con una legge appariscente, ma con un lavoro concreto sul campo», ha sostenuto il partito.   Tuttavia, è stata la reazione di Vance a risultare la più veemente, definendo il voto una «stupida trovata politica» e un «insulto», aggiungendo che, pur essendo una mossa «solo simbolica», è stata «strana», specialmente perché avvenuta durante la sua presenza in Israele.   Come riportato da Renovatio 21, Trump ha minacciato di togliere tutti i fondi ad Israele in caso di annessione da parte dello Stato Giudaico della West Bank, che gli israeliani chiamano «Giudea e Samaria».  

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Geopolitica

Trump minaccia di togliere i fondi a Israele se annette la Cisgiordania

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Israele «perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti» in caso di annessione della Giudea e della Samaria, nome con cui lo Stato Ebraico chiama la Cisgiordania, ha detto il presidente USA Donald Trump.

 

Trump ha replicato a un disegno di legge controverso presentato da esponenti dell’opposizione di destra alla Knesset, il parlamento israeliano, che prevede l’annessione del territorio conteso come reazione al terrorismo palestinese.

 

Il primo ministro Benjamin Netanyahu, sostenitore degli insediamenti ebraici in quell’area, si oppone al provvedimento, poiché rischierebbe di allontanare gli Stati arabi e musulmani aderenti agli Accordi di Abramo e al cessate il fuoco di Gaza.

 

Netanyahu ha criticato aspramente il disegno di legge, accusando i promotori di opposizione di una «provocazione» deliberata in concomitanza con la visita del vicepresidente statunitense J.D. Vance. (Lo stesso Vance ha qualificato il disegno di legge come un «insulto» personale)

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«I commenti pubblicati giovedì dalla rivista TIME sono stati espressi da Trump durante un’intervista del 15 ottobre, prima dell’approvazione preliminare alla Knesset di mercoledì – contro il volere del primo ministro – di un disegno di legge che estenderebbe la sovranità israeliana a tutti gli insediamenti della Cisgiordania» ha scritto il quotidiano israeliano Times of Israel.

 

Evidenziando l’impazienza dell’amministrazione verso tali iniziative, il vicepresidente di Trump, J.D. Vance, ha dichiarato giovedì, lasciando Israele, che il voto del giorno precedente lo aveva «offeso» ed era stato «molto stupido».

 

«Non accadrà. Non accadrà», ha affermato Trump a TIME, in riferimento all’annessione. «Non accadrà perché ho dato la mia parola ai Paesi arabi. E non potete farlo ora. Abbiamo avuto un grande sostegno arabo. Non accadrà perché ho dato la mia parola ai paesi arabi. Non accadrà. Israele perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti se ciò accadesse».

 

Vance ha precisato che gli era stato descritto come una «trovata politica» e «puramente simbolica», ma ha aggiunto: «Si tratta di una trovata politica molto stupida, e personalmente la considero un insulto».

 

Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno guidato i Paesi arabi e musulmani negli Accordi di Abramo, si oppongono da tempo all’annessione della Cisgiordania, sostenendo che renderebbe vani i futuri negoziati di pace nella regione.

 

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