Vaccini
Il vaccino mRNA contro l’influenza aviaria è in fase di sviluppo. Esperimenti fatti con l’enzima Luciferasi
Il centro medico accademico Penn Medicine News ha emesso giovedì un comunicato stampa in cui informa che i ricercatori hanno pubblicato uno studio che documenta il loro lavoro nella creazione di un vaccino basato sulla tecnologia mRNA per quella che giornali ed establishment sembrano indicare come una imminente pandemia di influenza aviaria.
Sebbene da quanto riportato non sia chiaro se gli esseri umani o gli animali saranno i destinatari delle nuove iniezioni esotiche, nella ricerca vengono discussi sia gli esseri umani che gli animali e le pandemie umane come l’influenza suina del 2009 e la pandemia di coronavirus 2020 vengono citate come ragioni della nuova tecnologia dell’mRNA, indicando che il di vaccino potrebbe essere somministrato sia agli esseri umani che agli animali da allevamento che consumano.
«I virus dell’influenza aviaria altamente patogeni del clade H5 2.3.4.4b circolano a livelli senza precedenti negli uccelli selvatici e domestici e hanno il potenziale per adattarsi agli esseri umani. Qui, generiamo un vaccino mRNA con nanoparticelle lipidiche (LNP) che codifica la glicoproteina emoagglutinina (HA) da un isolato H5 del clade 2.3.4.4b», afferma lo studio nella sezione dell’Abstract.
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Il fatto che i ricercatori affermino che l’influenza aviaria infetta diversi tipi di animali e si trasmette anche agli esseri umani indica che questo vaccino potrebbe essere iniettato in qualsiasi cosa si muova.
«Si sono verificate anche occasionali infezioni umane e un aumento dell’incidenza della diffusione del virus H5 del clade 2.3.4.4b in mammiferi come mucche, volpi rosse, foche e visoni 14, 15, 16, 17», afferma lo studio nella sezione introduttiva.
«I vaccini mRNA con nanoparticelle lipidiche (LNP) sarebbero utili durante una pandemia di virus influenzale poiché possono essere prodotti rapidamente e non richiedono la generazione di stock di semi di vaccino adattati alle uova», afferma lo studio.
I ricercatori hanno iniettato la tecnologia esotica dell’mRNA in topi, furetti, fagiani e volpi. La sostanza ha stimolato una risposta immunitaria negli animali, facendo sì che i ricercatori ritenessero che il vaccino fosse un successo.
Per condurre l’esperimento, ad alcuni animali è stato iniettato un liquido mRNA codificato per l’influenza aviaria (H5), ad alcuni è stato iniettato un tradizionale vaccino virale inattivato H5 e ad altri è stato iniettato un liquido mRNA codificato per la famigerata sostanza detta Luciferasi.
Con Luciferasi si chiama una serie di enzimi coinvolti in processi di bioluminescenza; è nota ad esempio la Luciferasi di lucciola, che conferisce la luce all’insetto visibile nei mesi estivi. Essendo la bioluminescenza facilmente rilevabile, il gene della luciferasi di lucciola è spesso usato come indicatore negli esperimenti di trascrizione e traduzione genetica negli Eucarioti per mostrare l’effettiva acquisizione di frammenti genici.
«Gli animali sono stati trattati con 60 μg di vaccino mRNA-LNP che codifica H5 o una proteina irrilevante (Luciferasi) e poi potenziati 28 giorni dopo con lo stesso vaccino», afferma lo studio nella sezione che riporta i risultati.
Differentemente da altri esperimenti compiuti in precedenza, «tutti gli animali vaccinati nel nostro studio sono sopravvissuti, mentre tutti gli animali non vaccinati sono morti in seguito al virus H5N1», afferma lo studio.
Un professore citato nel comunicato stampa ha discusso di come i vaccini mRNA possano essere creati in poche ore per le nuove pandemie man mano che si presentano.
«La tecnologia dell’mRNA ci consente di essere molto più agili nello sviluppo di vaccini; possiamo iniziare a creare un vaccino mRNA entro poche ore dal sequenziamento di un nuovo ceppo virale con potenziale pandemico», ha affermato Scott Hensley, PhD, professore di microbiologia presso la Perelman School of Medicine. «Durante le precedenti pandemie influenzali, come la pandemia H1N1 del 2009, i vaccini erano difficili da produrre e non sono diventati disponibili fino a quando le ondate pandemiche iniziali non si sono calmate».
Come riportato da Renovatio 21, uno dei più grandi investitori nella tecnologia mRNA è Bill Gates, che propone di produrre sieri genici per ogni malattia possa comparire sulla scena, vantando che tali «vaccini» (in realtà, ripetiamolo, sono farmaci di terapia genica sperimentale) sono facili da produrre e possono arrivare a costare solo due dollari cadauno. Il Gates è grande manovratore dello spostamento della medicina verso la genetica – cioè, verso un modello informatico applicato alla biologia umana, una trasformazione sostenuta dai miliardi dell’oligarca Microsoft distribuiti ad ogni istituzione o azienda del pianeta possa essere d’aiuto al piano.
Un anno fa Moderna, controversa azienda pioniera nella produzione di vaccini mRNA (il cui CEO Stephan Bancel lavorava, coincidenza, all’azienda francese che costruì fisicamente il laboratorio di Wuhano…) ha lanciato un hub per la tecnologia mRNA a Città del Capo in Sud Africa. Una «fabbrica» mRNA è stata invece avviata a Melbourne, città–martire dell’obbligo vaccinale globale nell’incubo biototalitario australiano del biennio pandemico.
Come ripetuto da Renovatio 21, lo sforzo evidente è quello di arrivare a trattare tutte le malattie – e nemmeno solo quelle – con la somministrazione di RNA messaggero sintetico. Le grandi farmaceutiche stanno già espandendo la tecnologia mRNA per curare l’influenza. Moderna già tre anni fa aveva iniziato la sperimentazione umana di un vaccino mRNA per l’AIDS. Con Merck Moderna aveva avviato la fase 3 delle sperimentazioni su un vaccino mRNA per il cancro alla pelle.
In un momento davanti al quale molti si sono stropicciati gli occhi, viste le reazioni avverse come miocarditi e pericarditi, Moderna l’anno passato ha annunziato che stava preparando anche un vaccino contro gli infarti. L’azienda, nel frattempo, aveva preparato uno spot pubblicitario mistico intitolato, piuttosto chiaramente, «Benvenuti nell’era dell’mRNA».
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Secondo dati 2023, i vaccini mRNA stavano viaggiano verso un business da 132 miliardi di dollari. E siamo solo all’inizio.
La tecnologia mRNA è contestata alla radice da alcuni esperti.
Lo scienziato Drew Weissman, che ha vinto il Premio Nobel per la medicina nel 2023 per il suo ruolo nello sviluppo della tecnologia dell’mRNA, ha avvertito in un articolo del 2018 che non solo gli studi clinici sui vaccini a mRNA hanno prodotto risultati «più modesti negli esseri umani di quanto previsto sulla base dei modelli animali», ma che «gli effetti collaterali non erano banali».
«Non possiamo forzare il corpo umano ad accettare un codice genetico estraneo e produrre una proteina estranea» ha dichiarato il cardiologo texano Peter McCullough lo scorso settembre. «L’RNA messaggero per i vaccini è un concetto completamente fallito. È un concetto pericoloso e il governo degli Stati Uniti non è stato onesto. Avrebbero dovuto essere onesti. Trump avrebbe dovuto uscire allo scoperto e dire: “Ascoltate, è sul nostro sito web; i nostri militari lavorano su questo dal 2012″».
Durante una testimonianza al Parlamento Europe, il dottor McCullough ha affermato che «non esiste un solo studio che dimostri che l’RNA messaggero venga scomposto» nel corpo umano una volta iniettato. «Non esiste uno studio che dimostri che lasci il corpo». I vaccini che sono «prodotti sinteticamente, non possono essere scomposti».
Anni fa, prima della pandemia e dei vaccini (che, a quanto sembra, avrebbero danneggiato lui e sui cugino), in un incontro pubblico, Elon Musk suggerì che con l’RNA «puoi in sostanza fare qualsiasi cosa – continua il Musk – Se vuoi, puoi trasformare qualcuno in una farfalla avendo la giusta sequenza di DNA… i bruchi lo fanno…».
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Tali parole del Musk vendicano le dichiarazioni che nel 2021 fece l’allora presidente brasiliano Javier Messias Bolsonaro, che, parlando del contratto del suo Paese con la Pfizer, si chiese pubblicamente: «e se il vaccino ti trasforma in un caimano jacaré? Il problema è tuo».
Gli jacaré sono una razza di loricati presenti in Sud America. Al momento.
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Intelligence
Il Congresso USA potrebbe costringere le agenzie di spionaggio a declassificare le prove sulle origini del COVID
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Arrivare a vedere le prove
A sei anni dai primi casi di Wuhan, le origini del COVID-19 restano incerte. Sebbene all’inizio di quest’anno l’amministrazione Trump abbia creato una pagina web accattivante sul sito della Casa Bianca intitolata Lab Leak: The True Origins of COVID-19, non ha pubblicato alcuna nuova prova sostanziale che dimostri che il virus sia emerso da un laboratorio e la posizione ufficiale della comunità dell’Intelligence rimane quella secondo cui l’origine del COVID-19 è incerta e controversa. Alcune agenzie propendono ancora per una ricaduta naturale, altre per un incidente di laboratorio, e molte si collocano a metà strada, esprimendo scarsa fiducia nelle proprie valutazioni. Ma la questione non è più solo quale ipotesi vincerà. È se il pubblico avrà mai accesso alle prove e ai dibattiti che hanno plasmato quei giudizi interni. Tali informazioni potrebbero essere utili per elaborare nuove politiche in grado di prevenire la prossima pandemia, affermano alcuni esperti. Delle oltre 200 richieste di accesso ai documenti pubblici presentate negli ultimi sei anni dall’organizzazione statunitense US Right to Know su questo argomento, decine sono ancora aperte presso le agenzie di intelligence statunitensi. Diverse richieste hanno dato luogo a cause legali contro l’FBI, la CIA, la DIA, l’ODNI e il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti. Anche quando i giudici ordinano a queste agenzie di consegnare i documenti, molti di questi arrivano sepolti sotto censura. Fino alla scorsa settimana, sette mesi dopo aver richiesto alla DIA la «valutazione più recente» sulle origini del COVID-19, l’agenzia ha prodotto solo 12 pagine. Inizialmente aveva affermato che non esistevano tali documenti. Solo dopo una causa legale ha restituito quelle 12 pagine, 11 delle quali sono così pesantemente censurate che non si riesce quasi a leggere nulla di sostanziale. Lewis Kamb Pubblicato originariamente da US Right to Know. Lewis Kamb è un giornalista investigativo specializzato nell’uso delle leggi sulla libertà di informazione e dei registri pubblici per scoprire illeciti e chiamare i potenti a risponderne.Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Vaccini
Il comitato consultivo del CDC vota per porre fine alla raccomandazione di vaccinare i neonati contro l’epatite B
Il Comitato consultivo sulle pratiche di immunizzazione (ACIP) ha deliberato per revocare la raccomandazione storica che imponeva la vaccinazione contro l’epatite B a tutti i neonati subito dopo la nascita. Questa decisione rappresenta un trionfo significativo per la campagna «Make America Healthy Again» promossa dal segretario alla Salute Robert F. Kennedy Jr., mirata a una revisione del calendario vaccinale pediatrico, in un’epoca di crescenti interrogativi sull’impennata dei casi di autismo tra i bambini.
Con 8 voti a favore e 3 contrari, l’ACIP ha indicato che le madri risultate negative al test per l’epatite B possano concordare con il proprio pediatra «quando o se» somministrare il vaccino ai loro neonati. Le direttive per i piccoli nati da madri positive o con status ignoto al virus restano immutate.
Si prevedono ulteriori revisioni alla politica vaccinale nei mesi a venire, mentre il panel valuta l’intero protocollo di immunizzazioni infantili. Diversi oratori intervenuti all’assemblea, e almeno parte degli esperti consultati, sono noti per le loro riserve sul tema dei vaccini.
Kennedy si definisce «pro-sicurezza», non «anti-vaccini», ma i media mainstream – pesantemente influenzati dai contributi pubblicitari delle multinazionali farmaceutiche – hanno ritratto il titolare dell’HHS come un «anti-vaccinista». Tale immagine è lontana dalla realtà, come ha ribadito di recente lo stesso Kennedy: «Credo che i vaccini abbiano salvato milioni di vite e svolgano un ruolo fondamentale nell’assistenza sanitaria».
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Il Ssegretario sta esaminando un potenziale nesso tra il vaccino e l’aumento dei disturbi autistici, evidenziando come il piano vaccinale per l’infanzia sia passato da poche somministrazioni a un ventaglio di decine di dosi.
Il vaccino contro l’epatite B ha provocato danni così estesi nella popolazione americana che nel 1999 ABC News gli dedicò un’inchiesta e il Congresso indisse un’audizione. Eppure, gli specialisti allineati alla narrazione ufficiale hanno negato l’esistenza di legami provati. È sufficiente rammentare che le contestazioni più accese alla riforma vaccinale di RFK Jr. proverranno dai media corporate e dai parlamentari, che dipendono in misura preponderante dai finanziamenti dell’industria farmaceutica.
L’Italia è stata il primo Paese europeo a rendere obbligatoria la vaccinazione per i nuovi nati e per gli adolescenti di 12 anni con la legge 27 maggio 1991, n. 165, entrata in vigore dal 1992.
I giornali riportano che la decisione fu presa dal ministero dove direttore generale e ministro della Sanità stesso ricevettero una tangente di 600 milioni di lire da GlaxoSmihKline, produttrice del vaccino Engerix B contro l’epatite B per i neonati.
In Italia l’obbligo è rimasto per i nati dal 1992 in poi (coorti 1981-2000 anche per la dose adolescenti) fino al 2017, quando la legge Lorenzin (119/2017) lo ha confermato estendendolo a 10 vaccinazioni. Oggi resta obbligatorio 0-15 anni.
Va ricordato che l’epatite B si trasmette per via sessuale o scambio di siringhe tra tossicodipendenti: perché, quindi, vaccinare un neonato per tale morbo?
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Vaccini
Uno studio minimizza il rischio di miocardite nei bambini a causa del vaccino COVID
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Il riassunto dell’articolo ometteva prove del rischio del vaccino
Il disegno dello studio è profondamente compromesso perché i 22 autori hanno costruito un modello complicato per evitare di effettuare un confronto diretto (solo vaccino contro solo malattia). E anche dopo aver falsificato i conti, anche dopo aver preso i dati di quasi 14 milioni di bambini e adolescenti sotto i 18 anni in Inghilterra, hanno ottenuto un risultato che è appena statisticamente significativo, con barre di errore sovrapposte per il rischio da COVID-19 e il rischio da vaccinazione. La situazione peggiora. I risultati, che favorivano marginalmente la vaccinazione, furono annunciati in un riassunto in cima al documento e annunciati alla stampa. Ma nascosta nell’appendice, pubblicata separatamente online, c’è una tabella che mostra una versione più pertinente del confronto. La versione riportata nel riassunto si riferisce a un periodo iniziale in cui il vaccino non era disponibile. L’appendice mostra dati comparabili per il periodo in cui il vaccino era disponibile, limitatamente alle fasce d’età per le quali il vaccino era offerto. Nell’appendice, il rischio di miocardite dovuto alla malattia è la metà di quello associato al vaccino. Ciò contraddice palesemente il riassunto e i titoli dell’articolo – e questa era una risposta alla versione ingannevole della domanda, non a quella più diretta a cui i ricercatori hanno scelto di non rispondere.Sostieni Renovatio 21
Gli autori dello studio hanno posto la domanda sbagliata
La domanda più pertinente è semplice: i bambini vaccinati hanno avuto un’incidenza di miocardite più alta rispetto ai bambini non vaccinati? È una domanda a cui è facile rispondere, dati i dati a cui questi autori (ma non il pubblico) avevano accesso. In pochi minuti, avrebbero potuto calcolare il tasso di miocardite tra i bambini vaccinati e non vaccinati. Tuttavia, se hanno fatto il calcolo, non ne hanno riportato i risultati. Immagino che abbiano fatto il calcolo, ma non gli sia piaciuto quello che hanno visto, quindi non l’abbiano incluso nell’articolo pubblicato. Come ho affermato sopra, credo che gli autori dello studio abbiano «posto la domanda sbagliata». Ciò che intendo dire è che l’articolo confronta il rischio di miocardite da COVID con il rischio derivante dalla vaccinazione. Ma questa non è la domanda più rilevante. Perché? Poiché molte persone si sono vaccinate e poi hanno comunque contratto il COVID, sono state inutilmente esposte a entrambi i rischi. Al contrario, molti bambini che non hanno ricevuto il vaccino non hanno contratto il COVID. Oppure, la loro forma è così lieve che non se ne accorgono nemmeno. Questi bambini hanno evitato entrambi i rischi. Ecco perché confrontare il rischio di miocardite da COVID con il rischio derivante dal vaccino COVID non è la questione pertinente. Non è una questione di «o l’uno o l’altro».Iscriviti al canale Telegram ![]()
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- Gli autori hanno posto una domanda complicata quando una semplice era più pertinente.
- Data questa domanda errata, non hanno effettuato l’analisi più diretta per rispondere.
- Ciononostante, hanno scoperto che il vaccino presentava un rischio di miocardite quasi doppio rispetto alla malattia. Questo risultato era riportato solo nella Tabella S16 dell’Appendice Supplementare, ma non era menzionato da nessuna parte nel corpo dell’articolo, né tantomeno nel riassunto in cima.
- E nonostante ciò hanno fatto annunci importanti al pubblico, sostenendo che il loro studio conferma che i bambini stanno meglio con il vaccino che senza.
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