Internet
Il sistema operativo Linux esposto ad un malware per anni senza che nessuno se ne accorgesse
Shock nel mondo del software: scoperta una falla attiva da anni nel sistema operativo considerato solitamente più sicuro – specie rispetto a Windows.
Per oltre tre anni, un software dannoso ha infettato gli utenti di Linux che avevano effettuato il download di programmi da un sito web. Questo programma dannoso ha operato nell’ombra, rubando password e altre informazioni riservate degli utenti, quali dettagli di sistema, cronologia di navigazione, portafogli di criptovalute e credenziali di servizi cloud.
A scoprire la minaccia informatica e a renderla pubblico è stato il team di Kaspersky, società russa che distribuisce il principale software antivirus utilizzato al mondo.
«Questo ladro raccoglie dati come informazioni di sistema, cronologia di navigazione, password salvate, file del portafoglio di criptovaluta, nonché credenziali per i servizi cloud (AWS, Google Cloud, Oracle Cloud Infrastructure, Azure)», hanno scritto i ricercatori della società di sicurezza informatica russa in un rapporto pubblicato sul loro sito Securelist. «Dopo aver raccolto informazioni dalla macchina infetta, il ladro scarica un file binario di upload dal server C2, salvandolo in /var/tmp/atd. Quindi utilizza questo codice binario per caricare i risultati dell’esecuzione dello stealer nell’infrastruttura degli aggressori».
Come riporta il sito americano Ars Technica, il problema sarebbe sorto con l’uso del popolare sito di download software, Free Download Manager, che nel 2020 avrebbe iniziato a distribuire malware. Dopo essere stato installato con successo, il software aveva la capacità di sottrarre password e altre informazioni delicate. Per raggiungere questo obiettivo, il software effettuava il download di due file eseguibili e configurava in modo da eseguire periodicamente il file ogni 10 minuti. Questa strategia portava alla completa inattività dei dispositivi che avevano precedentemente installato la versione fraudolenta di Free Download Manager.
In questo modo, veniva aperta una «backdoor».
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Dopo aver acceduto a un indirizzo IP associato al dominio dannoso, la backdoor attivava una «reverse shell», permettendo agli aggressori di assumere il controllo del dispositivo infetto da remoto.
I ricercatori di Kaspersky, che hanno individuato il malware, hanno successivamente condotto un’analisi della backdoor su un dispositivo di test al fine di studiare il suo comportamento. Attualmente, non si dispone di informazioni sul motivo per cui il sito di download avrebbe fornito la versione sicura del software a alcuni visitatori e ha reindirizzato gli altri a un dominio dannoso. Tuttavia, i reindirizzamenti fraudolenti hanno cessato di verificarsi nel 2022, anche se le ragioni di questa interruzione rimangono ancora sconosciute.
La backdoor individuata è in realtà una versione avanzata del malware precedentemente noto con il nome di Bew, il quale fu scoperto nel 2014. Nel 2017, Bew fu uno dei componenti utilizzati in un attacco ai sistemi Linux. La backdoor conosciuta come «thief» era stata installata come parte di una campagna hacker nel 2019, dopo aver sfruttato inizialmente una vulnerabilità nel server di posta Exim.
«Anche se la campagna è attualmente inattiva», hanno scritto i ricercatori, riferendosi al recente incidente, questo caso di Free Download Manager «dimostra che può essere piuttosto difficile rilevare a occhio nudo gli attacchi informatici in corso contro le macchine Linux».
«Il malware osservato in questa campagna è noto dal 2013. Inoltre, gli impianti si sono rivelati piuttosto rumorosi, come dimostrato da numerosi post sui social network. Secondo la nostra telemetria, le vittime di questa campagna si trovano in tutto il mondo, tra cui Brasile, Cina, Arabia Saudita e Russia. Alla luce di questi fatti, può sembrare paradossale che il pacchetto dannoso Free Download Manager sia rimasto inosservato per più di tre anni» scrive il rapporto Kaspersky.
A differenza di Windows, il malware Linux viene osservato molto più raramente, e questo porta ad un forse eccessivo senso di sicurezza degli utenti del sistema operativo indipendente.
Gli hackeraggi dei sistemi operativi Linux assumono nel presente contesto geopolitico un’importanza specifica.
Come riportato da Renovatio 21, la Federazione russa sta legiferando in modo da disaccoppiare sempre più nettamente il contesto informatico russo dall’uso del sistema operativo americano Windows, dirigendosi quindi verso Linux.
Geopolitica
Elon Musk chiede l’abolizione dell’UE «Quarto Reich»
;The tyrannical, unelected bureaucracy oppressing the people of Europe are in the second picture https://t.co/j6CFFbajJa
— Elon Musk (@elonmusk) December 7, 2025
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In precedenza, Musk aveva bollato l’UE come un «mostro burocratico», accusandone la dirigenza di «soffocare lentamente l’Europa fino alla morte». Il miliardario, che ha spesso denunciato l’iper-regolamentazione bruxellese, ha invocato lo smantellamento completo dell’Unione. «L’UE dovrebbe essere abolita e la sovranità restituita ai singoli paesi, in modo che i governi possano rappresentare meglio i loro cittadini», ha scritto. Anche l’ambasciatore statunitense presso l’UE Andrew Puzder ha condannato l’iniziativa europea, precisando che Washington «si oppone alla censura e contesterà le gravose normative che prendono di mira le aziende statunitensi all’estero». Ciononostante, l’UE difende la decisione: la vicepresidente esecutiva della Commissione per la sovranità tecnologica, la sicurezza e la democrazia, Henna Virkkunen, ha puntualizzato che la responsabilità ricade unicamente sulla piattaforma di Musk e che «ingannare gli utenti con segni di spunta blu, oscurare informazioni sulle pubblicità ed escludere i ricercatori non è consentito online nell’UE». Come riportato da Renovatio 21 il tema delle euromulte contro Musk è risalente. Brusselle aveva valutato l’ipotesi di multe contro X da quando l’ex commissario alla tecnologia UE, Thierry Breton, aveva accusato la piattaforma di non aver controllato adeguatamente i contenuti illegali e di aver violato il Digital Services Act (DSA) dell’UE del 2022. La decisione se penalizzare X spetta ora alla commissaria UE per la concorrenza, Margrethe Vestager. Come noto al lettore di Renovatio 21, Elone per qualche ragione è assai inviso all’oligarchia europea e a tanta politica continentale, come hanno dimostrato i discorsi del presidente italiano Sergio Mattarella, che pareva attaccare proprio Musk e le sue ambizioni sui social e nello spazio.Pretty much https://t.co/0hspV4roFj
— Elon Musk (@elonmusk) December 7, 2025
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Internet
L’UE attacca le piattaforme che si rifiutano di censurare la libertà di parola: il fondatore di Telegram
L’Unione Europea sta ingiustamente prendendo di mira le piattaforme social che tollerano discorsi dissidenti o critici, ha dichiarato Pavel Durov, fondatore di Telegram.
La sua affermazione è arrivata in risposta a un post del 2024 di Elon Musk, proprietario di X, che accusava la Commissione Europea di aver proposto alla piattaforma un patto segreto per eludere sanzioni in cambio della censura di certi contenuti. Il giorno precedente, l’UE aveva inflitto a X una multa da 120 milioni di euro (circa 140 milioni di dollari).
Durov ha spiegato che Bruxelles sta applicando alle società tech norme severe e impraticabili proprio per colpire quelle che rifiutano di praticare una moderazione occulta dei contenuti.
«L’UE impone regole impossibili per poter punire le aziende tecnologiche che si oppongono a una censura silenziosa della libertà di espressione», ha postato Durov sabato su X.
Il Pavel ha inoltre richiamato la sua detenzione in Francia dell’anno scorso, che ha descritto come motivata da ragioni politiche. Secondo lui, in quel frangente il capo dei servizi segreti francesi gli avrebbe chiesto di «bannare le voci conservatrici in Romania» in vista delle elezioni – un’ipotesi smentita dalle autorità transalpine. Durov ha aggiunto che gli agenti di Intelligence gli avrebbero offerto assistenza in cambio della rimozione discreta dei canali legati alle elezioni in Romania.
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Queste stesse accuse sono state ribadite nel suo intervento recente, in cui ha qualificato l’inchiesta come «un’indagine penale priva di fondamento», seguita da tentativi di pressione per limitare la libertà di parola in Romania e Moldavia.
Più tardi, sempre sabato, Durov ha aggiunto: «L’UE prende di mira esclusivamente le piattaforme che ospitano discorsi scomodi o dissenzienti (Telegram, X, TikTok…). Le piattaforme che, tramite algoritmi, mettono a tacere le persone rimangono sostanzialmente intatte, nonostante problemi ben più gravi di contenuti illegali».
L’anno scorso, Elon Musk aveva rivelato che la Commissione Europea aveva proposto a X «un accordo segreto illegale» per censurare i contenuti in modo discreto. «Se avessimo censurato silenziosamente i contenuti senza dirlo a nessuno, non ci avrebbero multato. Le altre piattaforme hanno accettato quell’accordo. X no», aveva scritto.
Venerdì, il portavoce della Commissione Europea Tom Rainier ha precisato che la sanzione a X ammontava a 120 milioni di euro per violazioni del Digital Services Act, sottolineando che non aveva legami con la censura e che si trattava della prima applicazione concreta della normativa. Il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha aspramente criticato la decisione, definendola «un attacco a tutte le piattaforme tech americane e al popolo statunitense da parte di governi stranieri».
Tanto Durov quanto Musk hanno subito pressioni da parte dei regolatori UE in base al DSA, in vigore dal 2023. Questa legge obbliga le piattaforme a eliminare celermente i contenuti illegali, sebbene i detrattori sostengano che possa essere impiegata per reprimere opinioni legittime.
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Immagine screenshot da YouTube
Internet
L’UE multa X di Musk per 120 milioni di euro. Gli USA: «attacco al popolo americano»
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