Oligarcato
Il Reset attraverso la barbarie: il jihadismo ucronazista nel nostro futuro

Una ventina di anni fa vidi ad una cena affollata il mio amico Bepi. Aveva la faccia gonfia, piena di ematomi. Lo avevo visto ad un altro incontro qualche sera prima, e non aveva niente: quelle che stavo vedendo erano quindi ferite fresche. Lui era fatto così: nonostante fosse ancora ferito, era uscito lo stesso, perché – buono come il pane – era uno a cui piaceva stare in compagnia, e usciva tutte le sere con la sua inseparabile morosa.
Infatti eccola lì: piena di lividi anche lei.
Cos’era successo? Bepi iniziò a raccontarmi. Con altri amici (diciamo che erano una mezza dozzina o più) si erano fermati nottetempo ad un baracchino sulla provinciale per mangiare il classico panino del nottambulo. Nessuno degli elementi del gruppo era tanto diverso da lui: gente pacifica, quelli di cui dici volentieri che «non farebbero male a una mosca». Non te li vedi che provocano o giudicano, o che si mettono in mostra. Ragazzi tranquilli privi di malizia, che mai nella mia vita avevo visto creare problemi.
Mentre aspettavano il panino, un tizio enorme si era avvicinato ad una ragazza del gruppo – conosco anche lei, non è appariscente, né in alcun modo scortese. Di lì non si è capito cosa sia successo (la fila? Una spinta? Un commento personale?), ma Bepi mi dice che il tipo gigantesco comincia a picchiarla. Alla fine, mi ha detto, alla ragazzina avrebbero detto che aveva un distacco della retina.
I maschi del gruppo, a quel punto sono scattati in difesa della ragazza. Da dietro le auto sono spuntati altri omoni massicci e hanno cominciato a picchiare senza preavviso, senza pietà tutti: maschi e femmine. Bepi mi disse di ricordare che parlavano in una lingua slava, e che avevano qualche tatuaggio sulle braccia. Erano tre, quattro, non si sa: ma fecero un macello. Alla fine, i poveri ragazzi italiani, tutti universitari, tutti ex compagni di liceo, tutti di splendide famiglie piccolo-borghesi per bene, erano stati sistemati per le feste. Sopraffatti. Feriti. Incapaci di rispondere minimamente alla velocità e alla ferocia con cui erano stati attaccati.
Finirono quindi la nottata con le forze dell’ordine. I quali, mi raccontò l’amico, potevano avere idea di chi potesse essere. Veterani della guerra di Bosnia. Violentissimi. Irrintracciabili. Incontenibili. Spavaldi, non avevano la minima paura di poliziotti o carabinieri italiani. Anzi, mi fece capire Toni, sembra quasi che siano le forze dell’ordine italiane ad avere paura di loro.
Quindi, un bel salto al Pronto Soccorso per tutti.
Cerco di ricordare questo episodio, di cui oggi non posso verificare nulla. Sono tuttavia abbastanza sicuro che non trovarono i responsabili. Così, quell’esplosione di violenza impunita sfuma nella memoria fino a diventare una storiella, un raccontino senza peso, senza conseguenze. Forse è così. È solo un piccolo incubo svanito, una fantasia letteraria.
Non era difficile credere a questo racconto una venti anni fa. Perché nella decade precedente era cominciata quella sequela infinita di «rapine in villa», per le quali i giornali locali e nazionali scomodavano il capolavoro di Kubrick Arancia meccanica. Forse non ricordate, ma il copione era sempre lo stesso: gruppo di personaggi con accento dell’Est entrava nelle case isolate e faceva razzia, presente la famiglia, che veniva legata, molestata, picchiata a sangue.
Si diceva che fosse un effetto collaterale della ritrovata «pace» nei Balcani: gli ex combattenti, tutti imbevuti degli orrori indicibili della guerra di decomposizione della ex-Yugoslavia, invece che tornare ad integrarsi nelle loro società prima si facevano un giretto in Italia, ad accumulare un po’, continuando l’assetto esistenziale del razziatore
Si diceva che fosse un effetto collaterale della ritrovata «pace» nei Balcani: gli ex combattenti, tutti imbevuti degli orrori indicibili della guerra di decomposizione della ex-Yugoslavia, invece che tornare ad integrarsi nelle loro società prima si facevano un giretto in Italia, ad accumulare un po’, continuando l’assetto esistenziale del razziatore, portando in una società «virginale» come quella della placida Italia degli anni Novanta la violenza, di cui erano oramai maestri. Qualcosa che li rendeva, tra i teneri italiani, legibus soluti.
Il fenomeno, nel tempo, si ridimensionò fino a scomparire. La comunità balcanica immigrata si integrò in Italia stupendamente. Gli albanesi, per esempio: partito scontando pregiudizi e sospetti italiani, si riscattarono in modo esemplare. Dei serbi si può dire forse ancora meglio. Dei bosniaci, non sappiamo: del resto sappiamo che in Bosnia in quegli anni operava Bin Laden, e che pochi anni fa emerse come il Paese che in percentuale sulla popolazione totale esportava verso l’ISIS il maggior numero di foreign fighters è il Kosovo. Qui, dietro casa.
La guerra è una cosa orrenda. La guerra è una cosa orrenda perché talvolta resta dentro agli uomini. Soprattutto la guerra moderna: quella che non finisce davvero, quella che non risolve, non assegna veramente il ruolo dello sconfitto e del vincitore, perché tutto cade in una nebbiolina di eufemismo orwelliano. Non è guerra, è «intervento umanitario». Le bombe sono «intelligenti». I separatisti sono «terroristi», anzi lo sono gli irredentisti. Non è invasione e conquista, è «esportazione della democrazia». Non è massacro, è «regime-change», «nation-building», etc.
C’è stato un tempo quando i soldati, prima di tornare a Roma, dove li aspettavano feste ed onori, si fermavano giorni fuori dalla città. Per lavarsi: ed erano lavacri che andavano ben oltre la pulizia corporale. Essi sapevano che ciò che avevano visto e fatto, non doveva seguirli con loro nella società della pace. La violenza doveva essere espunta dal loro essere, strofinata via. Perché il senso di tutto questo era propria tenere la violenza lontana dalla propria comunità: questo è, alla fine, il significato della guerra.
Tutto ciò non avviene più. Non c’è una decompressione tra l’aberrazione sanguinaria del teatro della battaglia e la propria famiglia. Potete vedere chiaramente questo problema nel film di Clint Eastwood American Sniper, quando il protagonista, tornato in patria, non riesce ad andare subito dalla famiglia, nell’incomprensione totale della moglie. Qualcuno ha perfino proposto l’idea che la quantità di veterani finiti male dopo il Vietnam fosse dovuta proprio a questa mancanza rituale: nessuna parata li ha accolti quando sono tornati a casa, anzi: c’era un’ammasso di hippy drogati che voleva sputare loro addosso.
Così, molti uomini continuano a portare la guerra dentro di loro; anzi, desiderano che essa continui, e sono disposti a portarla dovunque essi vanno, perché il disastro pulsionale che li abita chiede di essere estrovertito. Il loro paesaggio interiore deve diventare lo scenario esteriore
Così, molti uomini continuano a portare la guerra dentro di loro; anzi, desiderano che essa continui, e sono disposti a portarla dovunque essi vanno, perché il disastro pulsionale che li abita chiede di essere estrovertito. Il loro paesaggio interiore deve diventare lo scenario esteriore.
Qualcuno sostiene che questo sia un grande fattore nel massacro, ora dimenticato, che sconvolse l’Algeria sempre negli anni Novanta. A perpetrare la catena giornaliera di eccidi di crudeltà parossistica erano, tra gli altri, gli afghansi, ossia quei guerrieri che da tutto il mondo islamico si erano recati in Afghanistan a combattere, finanziati dai sauditi e coordinati dalla CIA, i russi.
La cosiddetta Guerra Civile Algerina, fece probabilmente 150 mila morti. Come la guerra afghano-sovietica, anche quella algerina spanse il suo veleno. La vigilia di Natale 1994 un gruppo di terroristi del GIA (una delle sigle islamiste algerine) si impadronì di un volo commerciale dell’Air France, uccise tre passeggeri, e programmò di farlo schiantare sulla Tour Eiffel (ricorda qualcosa?), prima di essere eliminato da un blitz dei gendarmi francesi. Nel 1995, gli islamisti algerini misero bombe nei sistemi di traporto pubblico delle prime due città francesi, Parigi e Lione, uccidendo 8 persone e ferendone 190.
No, se non è fermata, la guerra nel cuore degli uomini non finisce: si trasforma, diventa ulteriore brama di sangue, diventa terrore, che è solo il richiamo purpureo di altra guerra.
Avrete capito dove voglio arrivare.
Se la guerra in Ucraina finirà, cosa succederà ai battaglioni neonazisti – quelli ora leccati dai telegiornali, quelli le cui lustrine runiche sono acquistabili su Amazon – che in questo momento stanno combattendo contro i russi?
È lecito pensare che alcuni di essi scapperanno qui in Italia, visto che il nostro è il Paese europeo con il maggior numero di persone della diaspora ucraina?
No, se non è fermata, la guerra nel cuore degli uomini non finisce: si trasforma, diventa terrore, che è solo il richiamo purpureo di altra guerra
Oppure, è lecito pensare che saremo visitati, come negli anni Novanta, da bande di ex militari tatuati, come i balcanici degli assalti in villa?
A differenza dei bosniaci, essi sono molto più determinati, abitati da una fede granitica, che è quella che mostrano con bandiere e fiaccolate, quella visibile in otto anni di guerra in Donbass.
Com’è stato possibile nazificare una parte così larga della gioventù ucraina?
Mi riesco a dare solo una spiegazione: mentre gli oligarchi si ingrassavano con i miliardi di aiuti internazionali (ricordiamolo: l’Ucraina, nel 1992, era partita con zero debito pubblico, ora deve al mondo 57 miliardi di dollari), la popolazione comune viveva schiacciata in una semipovertà forse peggiore di quella sovietica.
A quel punto, qualcuno ha pensato bene di dare qualcosa a cui le nuove generazioni potessero attaccarsi (invece che rivoltarsi contro l’oligarcato). Un’ideologia nazionalista totalizzante, fatta di odio e di richiami ancestrali – più, ovviamente il calcio, perché anche qui, come accadeva nei Balcani, in vari casi c’è continuità tra la curva ultras e gli squadroni più efferati.
Hanno radicalizzato la gioventù ucraina, non diversamente da come negli anni passati hanno fatto i wahabiti con la gioventù musulmana
In pratica, hanno radicalizzato la gioventù ucraina, non diversamente da come negli anni passati hanno fatto i wahabiti con la gioventù musulmana. Invece che rivoltarsi contro i miliardari del petrolio per reclamare la prosperità minima di una distribuzione della ricchezza, eccoteli a sognare la jihad globale, e seminare morte all’esterno del loro Paese.
Chiunque avesse interesse a nuocere alla Russia – o meglio: a separarla dall’Ucraina de-europeizzandola, come da manuale geopolitico americano – non poteva che godere della radicalizzazione ucraina. Qualche oligarca, lo sappiamo, ci ha messo qualche soldo. Tuttavia, sarebbe da capire se lo ha fatto anche qualche entità straniera.
Il jihadismo ucronazista, creato artificialmente per colpire la Russia, potrebbe infine colpire anche noi. La storia recente ce lo indica chiaramente.
E non sembra che qualcuno dei nostri governanti lo stia capendo: perché, anzi, stiamo mandando laggiù carichi di armi. Le quali non sono esattamente, come i sacchetti di plastica ora obbligatori al supermercato e i partiti politici, biodegradabili. Quelle armi che stiamo spedendo laggiù, secondo voi, a chi andranno? E cosa ne sarà nel dopoguerra, qualunque esso sia?
Quando la violenza non è fermata dal sacrificio, essa continua. Contamina, si espande, divampa
Un’idea ce la possiamo fare. Quando la violenza non è fermata dal sacrificio, essa continua. Contamina, si espande, divampa. Possiamo solo pregare che non arrivi anche qui, ma la mole che stiamo vedendo è tale che la prospettiva dell’Europa di non esserne colpita è altamente improbabile.
Forse è parte anche questo del piano: useranno il caos sanguinario per resettarci. Ci estenueranno, ci sfibreranno, tra sofferenza e instabilità (ucraina, africana, finanziaria, pandemica) fino a che non saremo noi a chiedere di rebootare tutto, accettando qualsiasi cosa. L’abdicazione ad ogni nostro diritto, la rinuncia alla proprietà, i razionamenti perenni, la sterilizzazione, la sottomissione biologica ed elettronica.
È il Reset attraverso la barbarie.
Ci siamo già dentro.
Roberto Dal Bosco
Oligarcato
«Surreale» cena alla Casa Bianca con Trump, Zuckerberg, Bill Gates

Il presidente Donald Trump ha organizzato una cena di alto profilo alla Casa Bianca, invitando i leader più influenti della Silicon Valley a discutere di intelligenza artificiale e investimenti negli Stati Uniti.
Tra i presenti figuravano Mark Zuckerberg, CEO di Meta Facebook, Tim Cook, CEO di Apple, Sam Altman, CEO di OpenAI, e Bill Gates, il fondatore di Microsoft con ampie attività filantrocapitaliste in corso. Molti di costoro in passato avevano pubblicamente criticato Trump. Elon Musk, tecnicamente il più ricco e di successo tra gli imprenditori tecnologici, un tempo stretto alleato di Trump, era assente, ufficialmente a causa di conflitti di agenda ma più probabilmente della rottura pubblica tra i due, non ancora sanata nonostante il ramoscello d’olivo mostrato da Trump negli scorsi giorni.
Il cosiddetto zar dell’Intelligenza Artificiale e delle criptovalute della Casa Bianca David Sacks (già tra i fondatori di PayPal, poi divenuto investitore di Venture Capital e sostenitore MAGA) era presente alla cena con l’amico e compagno di podcast Chamath Palihapitiya, già dirigente di Facebook a cui è seguito un grande successo come investitore. I due hanno offerto un resoconto privilegiato dell’evento sul loro podcast «All-In».
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«Tutto è iniziato con un gruppo organizzato da Chamath nella Silicon Valley. Erano il nucleo centrale, e poi sempre più persone hanno voluto unirsi», ha detto Sacks. «Ben presto, il presidente ha invitato i massimi leader del settore tecnologico, e la sala si è trasformata nella sala che vedete. È davvero sorprendente la capacità del presidente Trump di convocare tutte queste persone. Direi che forse metà dell’industria tecnologica era presente in termini di capitalizzazione di mercato».
Il Palihapitiya, sposato con la stupenda ereditiera farmaceutica italiana Nathalie Dompè, nel video concorda col Sacks, spiegando che trovarsi in quella stanza «sembrava surreale».
«Vedi i leader delle aziende più importanti del mondo, tutti seduti insieme, con questo senso di allineamento e cooperazione. È stato davvero fantastico», ha detto il Palihapitiya. «Queste persone non devono presentarsi da nessuna parte, ma il fatto che il presidente abbia potuto convocarle la dice lunga su di lui e sul suo programma».
Palihapitiya ha affermato che i partecipanti hanno sostenuto «incredibilmente» le politiche di Trump, che ha contrapposto alle «difficoltà sotto Biden», osservando che «anche i liberali più convinti come Tim Cook e Bill Gates hanno ormai pienamente abbracciato il presidente Trump».
«Questo è una testimonianza del suo programma», ha affermato. Il Palihapitiya ha poi offerto un resoconto dettagliato di Trump che ospita i leader della tecnologia nella Roosevelt Room. «Vedevamo le persone più potenti che hanno costruito queste incredibili aziende: circa 30 persone, ma il tavolo ne può ospitare solo 15. Quindi c’erano Tim Cook, Sam Altman e Satya Nadella seduti su un divano, con Dylan Field e Alan Wag lì vicino, che si rilassavano», ha raccontato Palihapitiya. «Nel loro mondo, sono dei re, ma alla Casa Bianca sono cittadini americani lì per incontrare il presidente. L’ego di tutti è stato messo a dura prova».
«Poi ci hanno fatto mettere in fila indiana – Sundar [Pichai, CEO di Google, ndr], Satya [Nadella, CEO di Microsoft, ndr], Bill Gates – come se fossimo nel backstage di un concerto degli Zeppelin», ha aggiunto il finanziere cingalo-canadese, raccontando che il momento si è arricchito di un visita allo Studio Ovale, con partecipanti come Safra Catz di Oracle e suo marito che si sono intrattenuti per le foto al Resolute Desk.
Si è trattato momento improvvisato si è verificato quando il marito di Catz ha chiesto una penna, spingendo Trump a distribuire monete e penne. Sergey Brin di Google ha innescato una discussione politica che si è protratta fino alla cena, mentre la richiesta di un partecipante di avere la playlist di Trump ha portato alla musica dei Fleetwood Mac nel giardino delle rose della Casa Bianca, immortalata da Lisa Su del produttore di microchippi AMD.
«Il cameratismo, tuttavia, non è riuscito a mascherare la tensione di fondo: questi leader, un tempo critici accesi, ora sembravano dare priorità all’accesso e all’influenza rispetto ai loro principi passati, mettendo in dubbio se la loro precedente opposizione fosse autentica o semplicemente una posa per ottenere il favore del pubblico», scrive Zerohedge.
L’evento ha sollevato interrogativi sulle motivazioni dei leader del settore tecnologico che un tempo si opponevano a Trump. Zuckerberg, che aveva bandito Trump dalle piattaforme di Meta nel 2021 dopo la rivolta al Campidoglio del 6 gennaio, aveva giustificato la mossa come una presa di posizione contro l’incitamento, attirandosi accuse di censura da parte dei sostenitori di Trump.
Nel 2016, Zuckerberg aveva criticato la retorica di Trump sull’immigrazione definendola divisiva durante la conferenza F8 di Meta. Cook, un acceso sostenitore della giustizia sociale, si era opposto al divieto di viaggio imposto da Trump nel 2017, definendolo «un approccio non corretto», mentre Altman aveva paragonato Trump a demagoghi «odiosi».
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Lo Zuckerbergo è stato filmato durante la serata mentre, interrogato dal presidente Trump sulla quantità di investimenti negli USA dei prossimi anni fa parte di Facebook, dice di volere impegnare circa 600 miliardi al 2028. Alcuni in rete accusano lo Zuck di essersi inventato al momento una cifra a caso che potesse compiacere il Trump, che, come noto, l’anno scorso in un libro fotografico aveva minacciato di dare l’ergastolo allo Zuckerbergo qualora fosse intervenuto come nel 2020 nelle elezioni 2024.
Mark Zuckerberg gets caught on a hot mic admitting he is totally making up Meta’s U.S. investment numbers based on whatever Trump wants to hear:
— Spencer Hakimian (@SpencerHakimian) September 5, 2025
Molti hanno reagito malamente alle immagini di Bill Gates che pontifica a fianco di un’occhiuta Melania, paventando un cedimento del presidente.
Il Gates ha ostentato con vanto la sua carriera di filantrocapitalista riguardo alla sanità globale, che significa, ovviamente, vaccini.
It’s infuriating to see Bill Gates at the White House in a position of honor. I want a future where we stop giving power to evil people like Gates. He’s a globalist who hates the America First ideology. His God complex deserves nothing but contempt. pic.twitter.com/IpfuXbRekI
— Robby Starbuck (@robbystarbuck) September 5, 2025
Tuttavia, a poche ore dalla cena, Trump ha pubblicato su Truth Social un segmento di un vecchio documentario sui vaccini che mostra la loro assoluta pericolosità.
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Immagine screenshot da YouTube
Misteri
Il Congresso USA pubblica il filmato mancante della prigione di Epstein

The missing minute from Jeffrey Epstein’s surveillance footage has finally been released.
The original tape jumped from 11:58 p.m. straight to midnight—but the recovered clip reveals guards walking toward Epstein’s cell at 11:59:39, just seconds before midnight. pic.twitter.com/fi4yXML24X — Shadow of Ezra (@ShadowofEzra) September 2, 2025
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Intelligence
Il Congresso USA pubblica la prima serie di file su Epstein

La Commissione per la vigilanza e la riforma del governo della Camera USA ha pubblicato più di 33.000 pagine di documenti relativi al finanziere caduto in disgrazia e condannato per reati sessuali Jeffrey Epstein.
Martedì sera la commissione del Congresso degli Stati Uniti ha pubblicato sul suo sito web un link alle 33.295 pagine.
Il presidente James Comer ha citato in giudizio il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti il mese scorso, dopo che un’indagine del Dipartimento di Giustizia e dell’FBI aveva concluso che Epstein non aveva tenuto alcuna «lista dei clienti». La rivelazione ha spinto i Democratici e alcuni Repubblicani ad accusare il Presidente Donald Trump di insabbiamento.
Parlando ai giornalisti martedì, Comer ha promesso la massima trasparenza e si è impegnato a pubblicare il resto dei documenti il prima possibile. «Continueremo a seguire i fatti e a chiedere giustizia per questi sopravvissuti», ha dichiarato il Comitato di Vigilanza.
There must be maximum transparency about the horrific crimes committed by Epstein and Maxwell.
We will continue to follow the facts and seek justice for these survivors. pic.twitter.com/qNYXYMgl3p
— Oversight Committee (@GOPoversight) September 2, 2025
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Il giornalista Nick Sortor, tuttavia, ha sottolineato che ogni file è formattato come un’immagine individuale, il che rende «molto difficile la consultazione da parte del pubblico». La scelta potrebbe essere dettata o da incompetenza o dalla volontà di rendere difficile la ricerca.
Come riportato da Renovatio 21, l’amministrazione Trump sembra aver tentato di sviare l’attenzione dal caso, con il presidente a dire che «solo gli stupidi si interessano dei file di Epstein». Il presidente aveva pure detto che l’amministrazione mai pubblicherà i video. In seguito alla rivolta dei suoi sostenitori, Trump, che nega l’insabbiamento, aveva ordinato la pubblicazione delle trascrizioni riguardante Epstein.
Si tratta di una grande giravolta – un tradimento – rispetto a quanto promesso in campagna elettorale. Si ritiene che, nel frattempo, sia successo qualcosa: forse qualcuno ha disegnato un particolare al presidente.
Secondo Tucker Carlson l’Intelligence starebbe proteggendo, più che Trump, il network di potere attorno a Epstein. Alcuni speculano sul fatto che la verità sul caso del magnate pedofilo potrebbe in realtà compromettere per sempre i rapporti con lo Stato di Israele, di cui Epstein è accusato di essere una spia.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia; modificata
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