Geopolitica
Il principe saudita diserta il G7 della Meloni
Il principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohammed bin Salman (MbS), sovrano de facto del Regno islamico, ha rifiutato l’invito al vertice del G7 in Italia ufficialmente a causa della stagione dei pellegrinaggi Hajj nel suo Paese, che inizierà venerdì, ha riferito l’agenzia di stampa saudita.
Bin Salman era tra un gruppo di leader mediorientali invitati alla riunione del Gruppo dei Sette, mentre il primo ministro italiano Giorgia Meloni lavora per promuovere le relazioni di Roma con gli Stati del Golfo, secondo quanto riportato dai media.
Mercoledì una dichiarazione del governo saudita afferma che il principe ereditario ha inviato delle scuse alla Meloni e ha rifiutato l’invito a partecipare all’incontro previsto per il 13 giugno in Puglia a causa di «impegni relativi alla supervisione del pellegrinaggio». L’Hajj inizierà il 14 giugno e attirerà circa 1,5 milioni di visitatori, che effettueranno il pellegrinaggio alla Mecca dell’Arabia Saudita.
Il principe ha sottolineato la forza delle relazioni tra i due Paesi e ha augurato alle autorità italiane il successo nell’ospitare il vertice.
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I media sauditi avevano precedentemente riferito che bin Salman era stato invitato, e Reuters aveva riferito la scorsa settimana che avrebbe partecipato per la prima volta a una riunione del G7.
L’Italia ha invitato più di una dozzina di Paesi ed entità, compresi i leader dei paesi del Medio Oriente e del Nord Africa, a partecipare all’incontro di quest’anno. Il presidente degli Emirati Arabi Uniti Sheikh Mohammed bin Zayed, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, il re giordano Abdullah II e il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune sono tra i leader attesi al vertice, secondo il sito web dell’evento.
All’inizio di questo mese, l’Arabia Saudita ha dichiarato che non avrebbe preso parte al cosiddetto «vertice di pace in Ucraina» che si terrà il 15 e 16 giugno al Burgenstock Resort in Svizzera. Riyadh ha respinto l’evento, citando l’assenza della Russia come motivo principale.
L’incontro è stato pubblicizzato da Kiev e dai suoi sostenitori occidentali come il modo più realistico per risolvere il conflitto con la Russia. Mosca, che è stata deliberatamente esclusa dall’evento, ha liquidato i colloqui come privi di significato senza la sua partecipazione.
Il controverso MbS, che ha in Matteo Renzi un forte e discusso contatto in Italia, è stato al centro delle cronache mondiali quando anni fa il giornalista saudita operante in USA Jamal Khashoggi fu torturato e ucciso nel 2018 una volta attirato – forse con il contributo di software di sorveglianza israeliani – nel consolato del Regno a Istanbul. Un documentario avanza pure l’illazione che lo scrittore sia stato ammazzato in una sala dotata di un apparecchio per le teleconferenze in alta definizione.
Jeff Bezos, patron di Amazon e uomo tra i più ricchi al mondo, ha fatto sapere che il suo telefonino sarebbe stato hackerato dai sauditi. Bezos è il proprietario del Washington Post, per cui lavorava Khashoggi – che era a sua volta nipote di Adnan Khashoggi, trafficante di armi di immense ricchezze sospettato di condurre un’operazione a base di fanciulle e potenti à la Epstein.
Secondo il team di sicurezza di Bezos l’hack è avvenuto con un file video inviato su Whatsapp da MbS al magnate di Seattle. I sauditi negano tutto.
Negli ultimi mesi MbS pare essersi avvicinato alla Russia, arrivando a snobbare impegni con i britannici a favore dell’incontro con Putin. Tale riavvicinamento vale anche per il mentore principe dell’Emirato di Abu Dhabi Mohammen bin Zayed (MbZ), suo mentore e confidente, che è uomo considerato assai potente nell’area e molto ammirato internazionalmente.
Il principe ha dichiarato l’anno passato che l’Arabia Saudita si doterà di armi atomiche se lo farà l’Iran.
I sauditi hanno dichiarato che non inizieranno nessuna normalizzazione con Israele senza uno Stato palestinese. Tuttavia, è stato detto che droni iraniani diretti nello Stato Ebraico durante l’attacco di poche settimane fa siano stati intercettati da Ryadh, che sulla carta ha sospeso i piani con un accordo di pace con Israele sulla falsariga degli Accordi di Abramo voluti da Trump.
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Immagine di MEAphotogallery via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
Geopolitica
Turchia, effigie di Netanyahu appesa a una gru: «pena di morte»
Turkish academic creates model of hanged 🇮🇱PM Netanyahu, with a “Death Penalty” sign. Proudly aided by a state company.
Turkish authorities have not disavowed this disgraceful behavior. In Erdoğan’s Turkey, hatred & antisemitism isn’t condemned. It’s celebrated. pic.twitter.com/19MALpzEEW — Israel Foreign Ministry (@IsraelMFA) October 26, 2025
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Droga
Trump punta ad attaccare le «strutture della cocaina» in Venezuela
Il presidente statunitense Donald Trump sta esaminando proposte per operazioni militari americane contro presunte «strutture per la produzione di cocaina» e altri bersagli legati al narcotraffico all’interno del Venezuela. Lo riporta la CNN, che cita fonti anonime.
Due funzionari non identificati hanno dichiarato alla rete che Trump non ha scartato l’ipotesi di un negoziato diplomatico con Nicolás Maduro, nonostante recenti indicazioni secondo cui gli Stati Uniti avrebbero interrotto del tutto i colloqui con Caracas, mentre valutano una possibile campagna per destituire il leader venezuelano.
Tuttavia, una fonte della CNN ha precisato che «ci sono piani sul tavolo che il presidente sta esaminando» per azioni mirate all’interno del Venezuela. Un terzo funzionario ha indicato che l’amministrazione Trump sta considerando varie opzioni, ma al momento si concentra sulla «lotta alla droga in Venezuela».
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A giudizio di alcuni esponenti dell’amministrazione statunitense, una campagna antidroga nel Paese sudamericano potrebbe accrescere la pressione per un cambio di regime a Caracas. Trump ha pubblicamente smentito l’intenzione di rimuovere Maduro dal potere.
Nelle scorse settimane, le forze armate americane hanno condotto vari raid contro imbarcazioni sospettate di narcotraffico e, secondo Washington, collegate al Venezuela, causando decine di vittime.
Giovedì, Trump – che aveva già confermato l’autorizzazione di operazioni della CIA in Venezuela – ha dichiarato che gli Stati Uniti potrebbero estendere la loro campagna antidroga dal mare alla terraferma, senza entrare in dettagli. Inoltre, la portaerei USS Gerald R. Ford è stata inviata nei Caraibi per sostenere l’operazione antidroga.
Maduro ha respinto ogni legame del suo governo con il traffico di stupefacenti, insinuando che gli Stati Uniti stiano usando le accuse come copertura per un cambio di regime. Dopo le notizie sul dispiegamento della portaerei, il presidente venezuelano ha accusato Washington di perseguire «una nuova guerra eterna».
Secondo un reportaggio del New York Times, Maduro stesso avrebbe proposto agli Stati Uniti significative concessioni economiche, inclusa la possibilità per le aziende americane di acquisire una quota rilevante nel settore petrolifero, durante negoziati segreti durati mesi. Tuttavia, Washington avrebbe rifiutato l’offerta, con il futuro politico del presidente Nicolas Maduro come principale ostacolo.
Un precedente articolo del quotidiano neoeboraceno riportava che Trump avesse ordinato l’interruzione dei colloqui con il Venezuela, «frustrato» dal rifiuto di Maduro di cedere volontariamente il potere. Il giornale suggeriva anche che gli Stati Uniti stessero pianificando una possibile escalation militare.
Nel frattempo, Maduro ha avvertito che il Venezuela entrerebbe in uno stato di «lotta armata» in caso di attacco, aumentando la prontezza militare in tutto il Paese.
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Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso, gli Stati Uniti hanno inviato almeno otto navi della Marina, un sottomarino d’attacco e circa 4.000 soldati vicino alla costa venezuelana, dichiarando che la missione mirava a contrastare i cartelli della droga. Washington ha sostenuto che l’armata ha affondato tre imbarcazioni venezuelane, senza però fornire prove che le persone a bordo fossero criminali.
La Casa Bianca accusa da tempo Maduro di guidare una rete di narcotrafficanti nota come «Cartel de los Soles», sebbene non vi siano prove schiaccianti o prove concrete che lo dimostrino, tuttavia lo scorso anno gli USA sono arrivati a sequestrare un aereo presumibilmente utilizzato dal presidente di Carcas. È stato anche accusato di aver trasformato l’immigrazione in un’arma, sebbene Maduro si sia mostrato pronto a dialogare con le delegazioni diplomatiche americane sulla questione.
Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno Maduro aveva dichiarato che Washington ha aperto il suo libretto degli assegni a una schiera di truffatori e bugiardi per destabilizzare il Venezuela, quando gli Stati Uniti si sono rifiutati di riconoscere le elezioni del 2024 in Venezuela.
Secondo Maduro, almeno 125 militanti provenienti da 25 Paesi sono stati arrestati dalle autorità venezuelane. Aveva poi accusato Elone Musk di aver speso un miliardo di dollari per un golpe in Venezuela. Negli stessi mesi si parlò di un piano di assassinio CIA di Maduro sventato.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Geopolitica
Thailandia e Cambogia firmano alla Casa Bianca un accordo di cessate il fuoco
HISTORIC PEACE BETWEEN THAILAND & CAMBODIA. President Trump and Malaysia’s Prime Minister Anwar Ibrahim hosted the Prime Ministers of Thailand and Cambodia for the signing of the ‘Kuala Lumpur Peace Accords’—a historic peace declaration. pic.twitter.com/BZRJ2b2KLY
— The White House (@WhiteHouse) October 26, 2025
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