Pensiero
Il papato di Cthulhu
Il problema è che tutti si sono concentrati sulla questione del dogma climatico, sorvolando su dettagli più inquietanti.
Punto 11 dell’esortazione apostolica Laudate Deum: «L’origine umana – “antropica” – del cambiamento climatico non può più essere messa in dubbio». Il papa è infastidito riguardo al fatto che riguardo al cambiamento climatico ci sia anche solo discussione. Non c’è nulla da discutere: è dogma. Roma locuta, causa finita.
Il nuovo peccato originale, l’impronta carbonica, è pronto per essere lanciato dal Sacro Palazzo, in sostituzione di quello dell’Eden. A partire da quello, l’intera religione cattolica sta per essere riscritta, fin dalle sue linee di codice fondamentali.
«Francesco dogmatizza il clima e relativizza i dogmi della fede» si sente dire in giro. Pare proprio così, in effetti.
Un sacerdote con fine mente teologica mi dice che, in realtà, Laudate Deum non contiene grosse novità rispetto a Laudato sii. Mi spiega che elementi di vero cambiamento della religione erano presenti lì: i semi del panteismo, cioè del ritorno di un paganesimo che divinizza la natura, era gettati con evidenza nell’Enciclica del 2015 che Laudate Deum dovrebbe aggiornare. Chi non comprende quello che stiamo dicendo, pensi alla Pachamama, l’idolo pagano della Terra portato in Vaticano.
Quindi: nihil novum sub solis. Non ci sono grandi innovazioni rispetto all’eco-enciclica otto anni fa.
C’è tuttavia un particolare che mi ha fatto sobbalzare, aprendomi la mente verso scenari mostruosi – letteralmente, programmaticamente mostruosi.
Al punto 66 il linguaggio del documento si mostra sempre cervellotico ed un po’ oscuro: «Dio ci ha uniti a tutte le sue creature. Eppure, il paradigma tecnocratico può isolarci da ciò che ci circonda e ci inganna facendoci dimenticare che il mondo intero è una “zona di contatto”».
Cosa significa che Dio ci ha «uniti» alle altre creature? Come può il papa che ha spinto l’intera popolazione dei fedeli verso l’alterazione via tecnologia genica mRNA parlare di rifiuto della «tecnocrazia»? Cosa significa «zona di contatto»?
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La nota al termine del periodo spiega tutto. E ci fa saltare dalla sedia. Il papa cita direttamente un libro Donna Haraway.
Pochi sanno di chi si tratta. Qualcuno che seguiva le cose filosofico-editoriali degli anni Novanta può averne un vago ricordo, anche se si tratta di un personaggio che credevamo dimenticato.
La Haraway è considerata capofila di un pensiero che – cercate di non ridere – si definiva «ciberfemminista», «ecofemminista» o perfino «femminismo post-umano», «post-genderismo». Non è sbagliato ritenere che la cifra del suo lavoro – un attacco feroce all’antropocentrismo – è estendere la teoria del gender alle questioni tecnologiche (come la modificazione del corpo umano) e oltre, fino al regno animale.
Zoologa e filosofa, ha perfezionato gli studi a Yale (la prestigiosa università della loggia Skull and Bones con i suoi membri eletti presidenti USA), da cui è stata pure premiata come grande ex-studentessa. Va ricordato che è cresciuta con una madre cattolica e la scuola delle suore del Colorado: un particolare che permette di comprendere alcune cose delle pazzesche teorie che ha promosso durante la sua fortunata carriera accademica. Citiamo anche il fatto che prese una borsa di studio Fulbright – secondo alcuni, un sistema di cooptazione di individui promettenti da tutto il mondo per mandare avanti l’agenda dell’establishment angloamericano – per andare a Parigi a studiare filosofia dell’evoluzione alla Fondazione Teilhard de Chardin.
La popolarità della pensatrice statunitense cominciò nel 1985, quando pubblico sulla rivista Socialist Review il suo «Manifesto per i cyborg: scienza, tecnologia e femminismo socialista negli anni ’80», divenuto poi semplicemente Manifesto Cyborg pubblicato in Italia da Feltrinelli nel 1995. Si tratta di un saggio considerato una pietra miliare nel nuovo femminismo, che di fatto negando in ultima analisi anche l’identità della donna, si pone in contrapposizione al vecchio femminismo.
La Haraway predica un superamento dei dualismi sociali e biologici: critica la struttura binaria della cultura occidentale che ha generato divisioni tra categorie come uomo/donna e naturale/artificiale. Questi dualismi, afferma la Haraway, «sono stati tutti sistematici nelle logiche e nelle pratiche di dominio delle donne, delle persone di colore, della natura, dei lavoratori, degli animali… tutti costituiti come altri».
Viene quindi introdotto, come sintesi liberatoria, il concetto del cyborg, un’entità che rappresenta una fusione tra organico e tecnologico, oltrepassando le tradizionali distinzioni di genere e natura. Il cyborg sfida l’idea della natura umana immutabile, poiché sempre più persone utilizzano tecnologie per estendere le proprie capacità: protesi, by-pass, apparecchi acustici, persino le dentiere possono indicare che l’uomo-macchina è già realtà.
Il concetto di cyborg rappresenta un rifiuto dei confini rigidi, in particolare quelli che separano «umano» da «animale» e «umano» da «macchina».
«Il cyborg non sogna una comunità sul modello della famiglia organica, questa volta senza il progetto edipico. Il cyborg non riconoscerebbe il Giardino dell’Eden; non è fatto di fango e non può sognare di ritornare polvere» scrive il manifesto della Haraway.
Il cyborg evidenzia la fluidità e la complessità delle identità umane, mettendo in discussione le concezioni binarie e aprendo la strada a una visione proteiforme dell’umanità: uomo e macchina, maschio e femmina, umano ed animale… l’identità stessa dell’essere umano va messa in discussione.
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Come può capire il lettore, siamo davanti ad una delle teoriche principali del transumanismo, che passa per il femminismo, il transessualismo e perfino l’animalismo.
La questione degli animali esce fuori con decisione nel libro del 1990 Primate Visions: Gender, Race, and Nature in the World of Modern Science («Visioni dei primati: genere, razza e natura nel mondo della scienza moderna») dove si parla – anche qui, tratteniamo le risatine – di «primatologia femminista», e si attacca lo studio «maschilista» delle scimmie, che ha una tendenza a mascolinizzare le storie sulla «competizione riproduttiva e sul sesso tra maschi aggressivi e femmine ricettive [che] facilitano alcune e precludono altri tipi di conclusioni».
Scimmie e cyborg si ritrovano anche nell’altro suo libro seminale, Simians, Cyborgs and Women: The Reinvention of Nature («Scimmie, cyborg e donne: la reinvenzione della natura») dove la Haraway torna ad usare la metafora del cyborg per spiegare come le contraddizioni fondamentali nella teoria e nell’identità femminista dovrebbero essere congiunte, piuttosto che risolte, in modo simile alla fusione tra macchina e organismo nei cyborg. Nel testo la Haraway cristica il capitalismo rivelando come gli uomini abbiano sfruttato il «lavoro riproduttivo» delle donne, di modo che esse non raggiungessero la piena uguaglianza nel mercato del lavoro.
Mettere al mondo un figlio, quindi, è una grande minaccia per la tua vita di donna carriera: studi sulle scimmie e teorie cyborg alla fine portano alla semplice conclusione a cui sono portate quasi tutte le femmine del pianeta, e l’aborto di massa è l’effetto di questo pensiero qualunquista.
La filosofa ha premuto su questo punto su un testo più recente chiamato Making kin. Fare parentele, non popolazioni, scaturito da un gruppo di lavoro con altre cinque pensatrici femministe. Il succo del discorso è che non bisogna fare bambini (un atto inquinante, che genera anche altri problemi), ma riorganizzare in senso «famigliare» le persone che già esistono: un qualcosa che sta tra la ritribalizzazione della società, viene da pensare, e il tentativo di creare surrogati della famiglia, come avviene per quelli che invece dei figli hanno cani e gatti o perfino bambole iperrealistiche.
«Fare bambini è diverso che regalare ai bambini una buona infanzia» scrive il libro, forse una vetta dell’antinatalismo più spudorato e disperato in circolazione. Il tema ambientale, tanto caro a Bergoglio, è presente, visto che è ripetuta la storia dei problemi tra l’incremento della popolazione e le conseguenze sull’ambiente, cioè l’origine «antropica» della crisi climatica di cui parla il papa.
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Anche qui, ci stupiamo poco o niente. L’agenda di riduzione della popolazione e delle nascite – un tempo argomento di attacco perenne dell’universo ONU contro la Santa Sede – è stata abbracciata dal Vaticano al punto da resuscitare personaggi che pensavano dimenticati se non morti. È il caso di Paul Ehrlich, un altro biologo (un entomologo, per l’esattezza) che si rese famoso per la teoria della «bomba demografica», con previsioni catastrofiche di fame e guerra causate dall’aumento della popolazione che, come vi è evidente, non si sono avverate. Ehrlich, come sappiamo, viene ora invitato nel Sacro Palazzo a seguire lavori delle Pontificie Accademie.
Il ripescaggio di Donna Haraway non è differente: un personaggio antitetico totalmente alla dottrina cattolica, che predica un transumanismo sessualoide apocalittico, con inclusa negazione della specificità umana, finisce in bocca al papa. Un personaggio che pensavamo oramai consegnato all’oblio: chi scrive ricorda come a metà degli anni Novanta il Manifesto Cyborg faceva la gioia di giovani lesbiche e femministe del ceto medio riflessivo; era chiaro, forse persino all’ora, che si trattava di un capitolo corposo dell’OPA che la teoria del gender stava lanciando su tutta la società, con pubblicazione presso editori mainstream e con articoloni su giornali mainstream.
Guardando indietro, mi sembra chiaro ora che la questione è più grande del gender. In quegli anni, appena crollato il muro, si avvertiva come una pulsione sempre più chiara delle arti verso il male. Lo chiamavano «post-umano»: c’era un’«artista» francese che si faceva impiantare dai chirurghi gobbe sulla fronte (corna, tipo) e altre cose deformanti; un altro, che si faceva appendere dai grattacieli con ganci sotto la pelle, si era creato un terzo arto robotico – farlocchissimo, ma il messaggio era chiaro. Altri ancora facevano cose sempre più disgustose: chi scrive ricorda il conato di vomito vero che ebbe quando ad una conferenza di una «storica dell’arte» venne mostrato il VHS di una famosa compagnia teatrale spagnola, dove mi era parso di vedere una scena che indicava la bestialità – eccolo, un altro confine umano da abbattere, verso la distruzione totale dell’identità degli esseri, verso la Necrocultura realizzata.
L’arte moderna, con la sua attitudine riconosciuta e socialmente accettata della popolazione, era il vettore ideale per far entrare nella società il nuovo messaggio del padrone del vapore, che dopo il muro non aveva più bisogno della religione, anzi la vedeva di intralcio. Anche lì, l’influenza della Haraway è riconosciuta: nel 2017 ArtReview ha nominato Haraway la terza persona più influente nel mondo dell’arte contemporanea, affermando che il suo lavoro «è diventato parte del DNA del mondo dell’arte».
Ma non ci sono solo le gallerie d’arte e le loro speculazioni. L’ondata del male era percepibile ovunque. È in quegli anni che il BDSM, cioè il sadomasochismo organizzato, cominciava a mostrarsi pubblicamente: ecco le persone con la tuta di lattice, le fruste, i bavagli fatti con la pallina in bocca. Nelle discoteche cominciavano ad apparire personaggi così conciati, così come pure qualche travestito – allora soggetti rarissimi, invisibili – assunto come «vocalist» della serata (ripetevano, dalla console che martellava la techno, frasi senza senso: «voglio fare il maestro di sci… voglio fare il maestro di sci…»). Il ragazzo di campagna che ballava con gli amici si ritrovava davanti questi segni pensando che si trattasse di orpelli della serata dionisiaca. Non era così.
Nei film, se rammentate, negli anni Novanta vi fu una fiammata improvvisa di storie di serial killer. Questi però non erano più dei mostri assassini, ma degli esseri dalla psicologia complessa (Il silenzio degli Innocenti) capaci perfino di prodursi in una densa critica della società (Seven). Di lì a poco gli assassini psicopatici sarebbero divenuti protagonisti, come ora accade tranquillamente in varie serie televisive.
Scristianizzata la società, il Male poteva essere pensato e distribuito in tranquillità, senza timori di censure o altro – pensate alla differenza con Ultimo Tango a Parigi, per la cui famosa scena del burro vi furono processi (Marlon Brando condannato in Italia) e roghi della pellicola indetti da qualche sacerdote.
Quando vediamo il nome di Donna Haraway, pensiamo a tutto questo. Vedere il suo nome in un’esortazione apostolica ci riempie di sgomento. Davvero, cosa legge il papa? O meglio: a quale cultura si riferiscono quelli che scrivono per il papa? Perché non fanno più nemmeno la fatica di nasconderlo?
La risposta forse va cercata sempre fra i libri della Haraway amati dai neocattolici. In Italia ne è apparso uno con un titolo eccezionale: Cthulucene.
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Per chi non lo sapesse, Cthulu è una sorta di enorme divinità terrifica della fantasia letteraria dello scrittore H.P.Lovecraft. Si tratta di un essere gigantesco e mostruoso, con la pelle verde, le ali di pipistrello e la testa di polpo che emana tentacoli, che vive in fondo al mare, in attesa di essere risvegliato ad una determinata congiunzione astrale, pronto per distruggere e sottomettere l’umanità.
Nei romanzi e racconti di Lovecraft si sostiene che esiste un libro che lo descrive, il Necronomicom, e che un culto segreto di Cthulu esista ancora in diverse parti della Terra, pronto a celebrare il ritorno di tale bestia che vien dal mare (massì, usiamo pure questa espressione della Rivelazione) e la catastrofe che porterà con sé. Uomini che pregano per la fine dell’umanità: dove l’abbiamo già sentita questa?
La Haraway scrive di un’era, lo Chtulucene, che bisognerà attraversare una fase per salvarsi dal disastro dell’antropocene (cioè, letteralmente, «l’era degli uomini»), segnato dalla sovrappopolazione.
«Cosa succede quando il genere umano, dopo aver irrimediabilmente alterato gli equilibri del pianeta Terra, smette di essere il centro del mondo? E nel pieno della crisi ecologica, che relazioni è possibile recuperare non solo tra individui umani, ma tra tutte le specie che il pianeta lo abitano?» si chiede il libro. La risposta, dice la Haraway, è attuare in questo pianeta infetto un pensiero «tentacolare», un cambio di paradigma dove, come spiegato sopra, invece di generare figli si creano «parentele» con «decisioni intime e personali per creare vite fiorenti e generose senza mettere al mondo bambini».
Se tutto questo vi sembra mostruoso è perché lo è, e vuole esserlo, vuole pure sembrarlo.
La chiesa ha abbracciato la Necrocultura fino nelle sue manifestazioni può orripilanti e grottesche, dove si slatentizzano le fantasie dei grandi mostri – i titani, come Gaia – che distruggono la civiltà e sterminano gli esseri umani. È una chiesa teriomorfa, una chiesa pantoclastica, godzillista, post-umana, post-zoica, chtulucenica. È il papato di Cthulu.
Pensavate si sarebbero fermati alla Pachamama e alla messa Maya, eccovi invece Cthulu il Grande, Cthulu il Terrificante. Era inevitabile.
Bergoglio ha già cambiato il Padre Nostro, e come sapete lavora alacremente per distruggere ciò che rimane della Messa in latino. Non è impensabile che le prossime preghiere che promuoverà saranno in un’altra lingua antica, l’aklo, l’idioma segreto dei culti del Male di Lovecraft.
«Ph’nglui mglw’nafh Cthulhu R’lyeh wgah’nagl fhtagn». Cioè: «Nella sua dimora a R’lyeh il morto Cthulhu attende sognando».
Ripetete: «Cthulhu fhtagn».
«Cthulhu fhtagn».
Roberto Dal Bosco
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Pensiero
Di tabarri e boomerri. Pochissimi i tabarri
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Pensiero
Trump e la potenza del tacchino espiatorio
Il presidente americano ha ancora una volta dimostrato la sua capacità di creare scherzi che tuttavia celano significati concreti – e talvolta enormi.
L’ultima trovata è stata la cerimonia della «grazia al tacchino», un frusto rito della Casa Bianca introdotto nel 1989 ai tempi in cui vi risiedeva Bush senior. Il tacchino, come noto, è l’alimento principe del giorno del Ringraziamento, probabilmente la più sentita ricorrenza civile degli americani, che celebra il momento in cui i Padri Pellegrini, utopisti protestanti, furono salvati dai pellerossa che indicarono ai migranti luterani come a quelli latitudini fosse meglio coltivare il granturco ed allevare i tacchini. Al ringraziamento degli indiani indigeni seguì poco dopo il massacro, però questa è un’altra storia.
Fatto sta che il tacchino, creatura visivamente ripugnante per i suoi modi sgraziati e le sue incomprensibili protuberanze carnose, diventa un simbolo nazionale americano, forse persino più importante dell’aquila della testa bianca, perché il rapace non raccoglie tutte le famiglie a cena in una magica notte d’inverno, il tacchino sì. Tant’è che ai due fortunati uccelli di quest’anno, Gobble e Waddle (nomi scelti online dal popolo statunitense, è stata fatta trascorrere una notte nel lussuosissimo albergo di Washington Willard InterContinental.
🦃 America’s annual tradition of the Presidential Turkey Pardon is ALMOST HERE!
THROWBACK to some of the most legendary presidential turkeys in POTUS & @FLOTUS history before the big moment this year. 🎬🔥 pic.twitter.com/QT2Oal12ax
— The White House (@WhiteHouse) November 24, 2025
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Da più di un quarto di secolo, quindi, eccoti che qualcuno vicino alla stanza dei bottoni si inventa che il commander in chief appaia nel giardino delle rose antistante la residenza e, a favore di fotografi, impartista una grazia al tacchino, salvandolo teoricamente dal finire sulla tavola – in realtà ci finisce comunque suo fratello, o lui stesso, ma tanto basta. Non sono mancati i momenti grotteschi, come quando il bipede piumato, dinanzi a schiere di alti funzionari dello stato e giornalisti, ha scagazzato ex abrupto e ad abundantiam lasciando puteolenti strisce bianche alla Casa Bianca.
Non si capisce cosa esattamente questo rituale rappresenti, se non la ridicolizzazione del potere del presidente di comminare grazie per i reati federali, tema, come sappiamo quanto mai importante in quest’ultimo anno alla Casa Bianca, visti le inedite «grazie preventive» date al figlio corrotto di Biden Hunter, al plenipotenziario pandemico Anthony Fauci, al generale (da alcuni ritenuto golpista de facto) Mark Milley. Sull’autenticità delle firme presidenziali bideniane non solo c’è dibattito, ma l’ipostatizzazione del problema nella galleria dei ritratti dei presidenti americani, dove la foto di Biden, considerato in istato di amenza da anni, è sostituita da un’immagine dell’auto-pen, uno strumento per automatizzare le firme forse a insaputa dello stesso presidente demente.
Ecco che Donaldo approffitta della cerimonia del pardon al tacchino per lanciare un messaggio preciso: appartentemente per ischerzo, ma con drammatico valore neanche tanto recondito.
Trump si mette a parlare di un’indagine approfondita condotta da Bondi e da una serie di dipartimenti su di « una situazione terribile causata da un uomo di nome Sleepy Joe Biden. L’anno scorso ha usato un’autopsia per concedere la grazia al tacchino».
«Ho il dovere ufficiale di stabilire, e ho stabilito, che le grazie ai tacchini dell’anno scorso sono totalmente invalide» ha proclamato il presidente. «I tacchini conosciuti come Peach and Blossom l’anno scorso sono stati localizzati e stavano per essere macellati, in altre parole, macellati. Ma ho interrotto quel viaggio e li ho ufficialmente graziati, e non saranno serviti per la cena del Ringraziamento. Li abbiamo salvati al momento giusto».
La gente ha iniziato a ridere. Testato il meccanismo, Trump ha continuato quindi ad usare i tacchini come veicoli di attacco politico.
«Quando ho visto le loro foto per la prima volta, ho pensato che avremmo dovuto mandargliele – beh, non dovrei dirlo – volevo chiamarli Chuck e Nancy», ha detto il presidente riguardo ai tacchini, facendo riferimento ai politici democratici Chuck Schumer e Nancy Pelosi. «Ma poi ho capito che non li avrei perdonati, non avrei mai perdonato quelle due persone. Non li avrei perdonati. Non mi importerebbe cosa mi dicesse Melania: ‘Tesoro, penso che sarebbe una cosa carina da fare’. Non lo farò, tesoro».
Dopo che il presidente ha annunciato che si tratta del primo tacchino MAHA (con tanto di certificazione del segretario alla Salute Robert Kennedy jr.), l’uso politico del pennuto è andato molto oltre, nell’ambito dell’immigrazione e del terrorismo: «invece di dar loro la grazia, alcuni dei miei collaboratori più entusiasti stavano già preparando le carte per spedire Gobble e Waddle direttamente al centro di detenzione per terroristi in El Salvador. E persino quegli uccelli non vogliono stare lì. Sapete cosa intendo».
Tutto bellissimo, come sempre con Trump. Il quale certamente non sa che l’uso del tacchino espiatorio non solo non è nuovo, ma ha persino una sua festa, in Alta Italia.
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Parliamo dell’antica Giostra del Pitu (vocabolo piementose per il pennuto) presso Tonco, in provincia di Asti. La ricorrenza deriverebbe da usanze apotropaiche contadine, dove, per assicurarsi il favore celeste al raccolto, il popolo scaricava tutte le colpe dei mali che affligevano la società su un tacchino, che rappresentava tacitamente il feudatario locale. Secondo la leggenda, questi era perfettamente a conoscenza della neanche tanto segreta identificazione del tacchino con il potere, e lasciava fare, consapevole dello strumento catartico che andava caricandosi.
Tale mirabile festa piemontese va vanti ancora oggi, anticipata da un corteo storico che riproduce la visita dei nobili a Gerardo da Tonco, figura reale del luogo e fondatore dell’Ordine ospedaliero di San Giovanni in Gerusalemme, poi divenuto Sovrano Militare Ordine di Malta.
Subito dopo il gruppo che accompagna Gerardo avanza il carro su cui troneggia il tacchino vivo, autentico protagonista della celebrazione. Seguono quindi i giudici e i carri delle varie contrade del paese, che mettono in scena, con grande realismo, momenti di vita contadina tradizionale. Il passaggio del tacchino è tra ali di folla che non esitano ad insultare duramente il pennuto sacrificale.
Il clou dell’evento è il cosiddetto processo al Pitu, arricchito da un vivace botta-e-risposta in dialetto piemontese tra l’accusa pubblica e lo stesso Pitu, il quale tenta inutilmente di difendersi. Dopo la inevitabile condanna, il Pitu chiede come ultima volontà di fare testamento in pubblico, dando vita a un nuovo momento di ilarità.
Durante la lettura del testamento, infatti, egli si vendica della sentenza rivelando, sempre in stretto dialetto, vizi grandi e piccoli dei notabili e dei personaggi più in vista della comunità. Fino al 2009, al termine del testamento, un secondo tacchino (già macellato e acquistato regolarmente in macelleria, quindi comunque destinato alla tavola) veniva appeso a testa in giù al centro della piazza. Dal 2015, purtroppo, il tacchino è stato sostituito da un pupazzo di stoffa, così gli animalisti sono felici, ma il tacchino in zona probabilmente lo si mangia lo stesso.
Ci sarebbe qui da lanciarsi in riflessioni abissali sulla meccanica del capro espiatorio di Réné Girard, ma con evidenza siamo già oltre, siamo appunto al tacchino espiatorio.
Il tacchino espiatorio diviene il dispositivo con cui è possibile, se non purificare, esorcizzare, quantomeno dire dei mali del mondo.
Ci risulta a questo punto impossibile resistere. Renovatio 21, sperando in una qualche abreazione collettiva, procede ad accusare l’infame, idegno, malefico tacchino, che gravemente nuoce a noi, al nostro corpo, alla nostra anima, al futuro dei nostri figli.
Noi accusiamo il tacchino di rapire, o lasciare che si rapiscano, i bambini che stanno felici nelle loro famiglie.
Noi accusiamo il tacchino di aver messo il popolo a rischio di una guerra termonucleare globale.
Noi accusiamo il tacchino di praticare una fiscalità che pura rapina, che costituisce uno sfruttamento, dicevano una volta i papi, grida vendetta al cielo.
Noi accusiamo il tacchino di essere incompetente e corrotto, di favorire i potenti e schiacciare i deboli. Noi accusiamo il tacchino di essere mediocre, e per questo di non meritare alcun potere.
Noi accusiamo il tacchino di aver accettato, se non programmato, l’invasione sistematica della Nazione da parte di masse barbare e criminali, fatte entrare con il chiaro risultato della dissoluzione del tessuto sociale.
Noi accusiamo il tacchino di favorire gli invasori e perseguitare gli onesti cittadini contribuenti.
Noi accusiamo il tacchino di aver degradato la religione divina, di aver permesso la bestemmia, la dissoluzione della fede. Noi accusiamo il tacchino di essere, che esso lo sappia o meno, alleato di Satana.
Noi accusiamo il tacchino di operare per la rovina dei costumi.
Noi accusiamo il tacchino per la distruzione dell’arte e della bellezza, e la sua sostituzione con bruttezza e degrado, con la disperazione estetica come via per la disperazione interiore.
Noi accusiamo il tacchino di essere un effetto superficiale, ed inevitabilmente tossico, di un plurisecolare progetto massonico di dominio dell’umanità.
Noi accusiamo per la strage dei bambini nel grembo materno, la strage dei vecchi da eutanatizzare, la strage di chi ha avuto un incidente e si ritrova squartato vivo dal sistema dei predatori di organi.
Noi accusiamo il tacchino del programa di produzione di umanoidi in provetta, con l’eugenetica neohitlerista annessa.
Noi accusiamo il tacchino di voler alterare la biologia umana per via della siringa obbligatoria.
Noi accusiamo il tacchino di spacciare psicodroghe nelle farmacie, che non solo non colmano il vuoto creato dallo stesso tacchino nelle persone, ma pure le rendono violente e financo assassine.
Noi accusiamo il tacchino per l’introduzione della pornografia nelle scuole dei nostri bambini piccoli. Noi accusiamo il tacchino per la diffusione della pornografia tout court.
Noi accusiamo il tacchino per l’omotransessualizzazione, culto gnostico oramai annegato nello Stato, con i suoi riti mostruosi di mutilazione, castrazione, con le sue droghe steroidee sintetiche, con le sue follie onomastiche e istituzionali.
Noi accusiamo il tacchino di voler istituire un regime di biosorveglianza assoluta, rafforzato dalla follia totalitaria dell’euro digitale.
Noi accusiamo il tacchino, agente inarrestabile della Necrocultura, della devastazione inflitta al mondo che stiamo consegnando ai nostri figli.
Tacchino maledetto, i tuoi giorni sono contati. Sappi che ogni giorno della nostra vita è passato a costruire il momento in cui, tu, tacchino immondo, verrai punito.
Roberto Dal Bosco
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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