Geopolitica
Il Nord Africa investe nella desalinizzazione dell’acqua di mare

La scarsità d’acqua è un dato di fatto per molti che vivono in Nord Africa. In Tunisia il razionamento dell’acqua è in vigore da mesi.
Tuttavia si prevede che maggiori investimenti negli impianti di desalinizzazione forniscano una fonte affidabile di acqua per uso domestico e persino agricolo, riferisce l’agenzia AFP.
La Banca Mondiale prevede che entro il 2030, la regione che chiama Medio Oriente e Nord Africa (MENA) sarà al di sotto anche del livello assoluto annuo di scarsità d’acqua di 500 metri cubi pro capite.
La Tunisia, che ha costruito i suoi primi impianti di desalinizzazione negli anni Settanta per trattare fonti di acque sotterranee salmastre, ha costruito il suo primo impianto di desalinizzazione dell’acqua di mare nel 2018.
Attualmente, i 16 impianti della Nazione forniscono il 6% della sua acqua potabile. La maggior parte del resto proviene da 37 dighe, sebbene i serbatoi siano in genere pieni solo per un terzo, riferisce AFP.
Tunisi sta costruendo tre impianti sono in costruzione. Si prevede che la desalinizzazione fornirà il 30% dell’acqua della nazione entro il 2030.
In Marocco, il 25% del suo fabbisogno idrico agricolo è soddisfatto dai 12 impianti di dissalazione attuali, una cifra che aumenterà man mano che i 7 impianti in costruzione entreranno in funzione.
L’Algeria, che dispone di ampie riserve di idrocarburi con cui alimentare la desalinizzazione affamata di energia, prevede di portare gli attuali 23 impianti a 37 entro il 2030, per fornire il 60% della sua acqua.
Le acque reflue trattate possono essere utilizzate anche per alcuni scopi agricoli. Gli investimenti in migliori impianti di trattamento delle acque reflue possono quindi fornire un’ulteriore fonte di acqua economicamente utile.
Come riportato da Renovatio 21, l’area del MENA è segnata anche dalle tensioni tra Egitto e Etiopia per una grande diga che Nairobi ha progettato sul Nilo.
Nel frattempo, crisi idriche, colpiscono il primo mondo, come nel caso della California di questi ultimi anni.
La tecnologia di desalinizzazione è in realtà un antidoto a tutti i discorsi sulle future guerre idriche («l’acqua, oro blu», «l’acqua, petrolio del XX secolo», etc.) che si sentono da anni. Certo, l’alimentazione energetica di grandi progetti di desalinizzazione – sappiamo, tuttavia, che è proprio il settore energetico che sono andati ora a toccare, come evidente anche da prima della guerra ucraina.
Come ha ricordato di recente Elon Musk in un’intervista a Bill Maher, l’acqua è estremamente abbondante sul pianeta – e la cosa triste è che a ricordarlo ai media deve essere l’uomo più ricco del mondo – come se guardare un mappamondo, con tutte quelle chiazze blu, non fosse abbastanza.
Immagine di pubblico dominio CC0 via Pixabay
Geopolitica
Maduro ha offerto ampie concessioni economiche agli Stati Uniti

Il Venezuela ha proposto agli Stati Uniti significative concessioni economiche, inclusa la possibilità per le aziende americane di acquisire una quota rilevante nel settore petrolifero, durante negoziati segreti durati mesi. Lo riporta il New York Times, citando fonti anonime.
Tuttavia, Washington avrebbe rifiutato l’offerta, con il futuro politico del presidente Nicolas Maduro come principale ostacolo.
Nelle ultime settimane, gli Stati Uniti hanno condotto attacchi al largo delle coste venezuelane contro quelle che hanno definito «imbarcazioni della droga», causando oltre venti morti e rafforzando la propria presenza militare nella regione. Funzionari americani hanno accusato Maduro di legami con reti di narcotraffico, accusa che il presidente venezuelano ha respinto.
Caracas ha accusato Washington di perseguire un cambio di regime, un’intenzione smentita dai funzionari statunitensi.
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Secondo fonti anonime di funzionari americani e venezuelani riportate dal NYT, dietro le tensioni pubbliche, Caracas avrebbe presentato un’ampia proposta diplomatica. Questa includeva l’apertura di tutti i progetti petroliferi e auriferi, attuali e futuri, alle aziende americane, l’offerta di contratti preferenziali per le imprese statunitensi, il reindirizzamento delle esportazioni di petrolio dalla Cina agli Stati Uniti e la riduzione degli accordi energetici e minerari con aziende cinesi, iraniane e russe.
I colloqui, condotti per mesi tra i principali collaboratori di Maduro e l’inviato statunitense Richard Grenell, miravano a ridurre le tensioni, secondo l’articolo. Sebbene siano stati fatti progressi in ambito economico, le due parti non sono riuscite a trovare un accordo sul futuro politico di Maduro, si legge nel rapporto.
Secondo il NYT, il Segretario di Stato americano Marco Rubio sarebbe stato il principale sostenitore della linea dura dell’amministrazione Trump per rimuovere Maduro. Si dice che Rubio sia scettico sull’approccio diplomatico di Grenell e abbia spinto per una posizione più rigida contro Caracas.
Un precedente articolo del quotidiano neoeboraceno riportava che Trump avesse ordinato l’interruzione dei colloqui con il Venezuela, «frustrato» dal rifiuto di Maduro di cedere volontariamente il potere. Il giornale suggeriva anche che gli Stati Uniti stessero pianificando una possibile escalation militare.
Nel frattempo, Maduro ha avvertito che il Venezuela entrerebbe in uno stato di «lotta armata» in caso di attacco, aumentando la prontezza militare in tutto il Paese.
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Immagine di Confidencial via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported
Geopolitica
Haaretz: Israele sarà indifendibile se violeremo questo piano di pace

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Geopolitica
Il Cremlino dice di essere pronto per un accordo sull’Ucraina

Mosca rimane aperta a una risoluzione pacifica del conflitto in Ucraina, ma le ostilità proseguiranno finché Kiev continuerà a ostacolare i negoziati, ha dichiarato il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov.
Rispondendo al presidente francese Emmanuel Macron, che di recente ha scritto in un post su X che la Russia «dovrà pagare il prezzo» se si rifiutasse di dimostrare disponibilità a negoziare, Peskov, parlando ai giornalisti lunedì, ha sottolineato che Mosca ha sempre favorito una soluzione diplomatica alla crisi. Tuttavia, ha notato che Kiev, sostenuta dai suoi alleati occidentali, continua a respingere tutte le proposte russe.
«La Russia è pronta per una soluzione pacifica», ha affermato Peskov, evidenziando che la campagna militare di Mosca continua «a causa della mancanza di alternative». Ha aggiunto che la Russia raggiungerà infine i suoi obiettivi dichiarati, salvaguardando i propri interessi di sicurezza nazionale.
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Le sue dichiarazioni arrivano in vista dell’incontro previsto per venerdì a Washington tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj.
Peskov ha espresso apprezzamento per gli sforzi diplomatici di Trump volti a risolvere pacificamente il conflitto, auspicando che «l’influenza degli Stati Uniti e le capacità diplomatiche degli inviati del presidente Trump contribuiscano a incoraggiare la parte ucraina a essere più proattiva e preparata al processo di pace».
La Russia ha ripetutamente ribadito la propria disponibilità a colloqui di pace con l’Ucraina. Le due parti erano vicine a un accordo a Istanbul all’inizio del 2022, ma, secondo Mosca, Kiev si è ritirata dopo che i suoi sostenitori occidentali l’hanno spinta a continuare il conflitto.
Da allora, i funzionari russi hanno sostenuto che né Kiev né i suoi alleati europei sono genuinamente interessati a porre fine alle ostilità, accusandoli di ostacolare i negoziati con condizioni mutevoli e ignorando le proposte russe.
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Immagine di A.Savin via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported, 2.5 Generic, 2.0 Generic e 1.0 Generic
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