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Geopolitica

Il ministro della Difesa tedesco afferma che le truppe sono pronte a uccidere i russi. Il Cremlino: Germania «di nuovo pericolosa»

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Le truppe tedesche sono pronte a uccidere i soldati russi se Mosca attaccasse un membro della NATO, ha ipotizzato il ministro della Difesa Boris Pistorius. Lo riporta il Financial Times.

 

In una densa intervista al FT pubblicata domenica, Pistorius ha sottolineato che le forze tedesche, alcune delle quali sono state recentemente ridistribuite in Lituania, non esiterebbero a ricorrere a misure letali se necessario.

 

«Se la deterrenza non funziona e la Russia attacca, cosa succederà? Sì», ha detto Pistorius. «Ma vi consiglio semplicemente di andare a Vilnius e parlare con i rappresentanti della brigata tedesca lì. Sanno esattamente qual è il loro compito».

 

Secondo Pistorius, qualsiasi discussione sulla pace e sulla distensione potrebbe essere possibile solo «a parità di condizioni» e «da una posizione di forza».

 

«Non per intimidire nessuno, ma per chiarire che sappiamo cosa possiamo fare: vogliamo vivere in pace con voi, ma non pensate che siamo deboli o che non ci difenderemo», ha aggiunto.

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Mosca ha ripetutamente liquidato le speculazioni secondo cui la Russia intende attaccare la NATO come «sciocchezze», sostenendo di non avere alcun interesse a farlo. Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha anche criticato quelli che ha descritto come tentativi di allarmismo da parte dei leader occidentali, affermando: «hanno trasformato la Russia in un mostro per giustificare la decisione di aumentare la spesa per la difesa della NATO al 5% del PIL».

 

Peskov ha anche definito il cancelliere tedesco Friedrich Merz «un feroce sostenitore dello scontro con la Russia», accusandolo di «mobilitare aggressivamente l’Europa». I funzionari tedeschi hanno anche discusso di un possibile ritorno a una qualche forma di coscrizione militare per rinforzare l’esercito nel caso in cui non ci fossero abbastanza volontari per riempire i ranghi.

 

Come riportato da Renovatio 21 il ritorno della leva obbligatoria in Germania è stato ipotizzato apertis verbis dal presidente della Repubblica Federale Walter Steinmeier.

 

Il ministro Pistorius si è impegnato a concludere «rapidamente e silenziosamente» un accordo per fornire all’Ucraina ulteriori sistemi di difesa missilistica Patriot di fabbricazione americana, dopo i colloqui con il segretario alla Difesa statunitense Pete Hegseth a Washington.

 

Pistorius e Hegseth si sono incontrati al Pentagono lunedì, poche ore dopo che il presidente Donald Trump aveva promesso più armi statunitensi a Kiev – finanziate dagli stati europei della NATO – e aveva minacciato Mosca di «dazi severi» se non si fosse raggiunto un accordo di pace entro 50 giorni.

 

«Abbiamo concordato di discutere [i dettagli] molto, molto rapidamente, in modo discreto e rapido, a livello operativo», ha detto Pistorius ai giornalisti dopo l’incontro, sottolineando che le questioni tecniche, logistiche e finanziarie restavano aperte, ma sembravano risolvibili.

 

Secondo Pistorius, la decisione di trasferire almeno due batterie Patriot all’Ucraina potrebbe essere finalizzata «entro pochi giorni o settimane», anche se la consegna effettiva potrebbe richiedere mesi.

 

Sebbene Berlino abbia indicato la propria disponibilità a coprire il costo dei sistemi – stimato in circa 1 miliardo di dollari ciascuno – non è ancora chiaro da dove arriveranno i lanciatori. Pistorius aveva precedentemente dichiarato al Financial Times che la Germania ha solo sei sistemi Patriot rimanenti, avendo già fornito a Kiev tre batterie dall’escalation del conflitto nel 2022.

 

Trump ha dichiarato che «diverse nazioni» sono pronte a fornire sistemi missilistici dai loro arsenali, tra cui un paese, il cui nome non è stato specificato, che presumibilmente «ha 17 Patriot pronti per la spedizione». Non è chiaro se si riferisse a singoli lanciatori o a batterie Patriot complete, che includono diversi veicoli, sistemi radar e componenti di comando e controllo.

 

 

Mosca ha sottolineato che nessun aiuto militare occidentale all’Ucraina può cambiare il corso del conflitto, ma serve solo a prolungare lo spargimento di sangue e a inasprire le ostilità. L’esercito russo afferma di aver distrutto alcuni sistemi missilistici forniti dall’Occidente nel corso del conflitto.

 

Il nuovo piano per armare Kiev è stato annunciato ufficialmente lunedì, mentre Trump ospitava il Segretario Generale della NATO Mark Rutte alla Casa Bianca. «L’Unione Europea li sta pagando. Noi non paghiamo nulla… Questo sarà un affare per noi», ha sottolineato Trump, senza chiarire quali altri armamenti saranno forniti.

 

La Germania ha a disposizione solo sei sistemi di difesa aerea Patriot di fabbricazione statunitense, ha detto a FT Pistorius. Il funzionario ha aggiunto che Berlino non può più esaurire le proprie scorte per armare Kiev.

 

Sebbene l’Ucraina abbia ricevuto numerose unità Patriot da quando il suo conflitto con la Russia si è intensificato nel febbraio 2022, di recente il presidente Volodymyr Zelens’kyj ha esortato sempre più i suoi sostenitori occidentali a fornirne altre.

 

In un’intervista al FT pubblicata domenica, Pistorius ha affermato che «ne sono rimasti solo sei in Germania», rivelando che due unità Patriot del paese erano state prestate alla Polonia, mentre un’altra non era disponibile per manutenzione o addestramento.

 

«È davvero troppo poco, soprattutto considerando gli obiettivi di capacità NATO che dobbiamo raggiungere. Non possiamo assolutamente dare di più», ha sottolineato il ministro della Difesa tedesco.

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Parlando ai giornalisti domenica sera, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha manifestato la sua disponibilità a fornire diversi Patriot all’Ucraina. Tuttavia, non ha specificato se si riferisse a sistemi di difesa aerea completi o solo ai missili necessari.

 

«Ma l’Unione Europea sta pagando per loro. Noi non stiamo pagando nulla per loro… Questo sarà un affare per noi», ha sottolineato Trump. Il commento è arrivato poco dopo che il Pentagono aveva revocato la decisione di tagliare parte degli aiuti militari a Kiev.

 

Di recente il presidente degli Stati Uniti ha inasprito la sua retorica nei confronti del suo omologo russo, Vladimir Putin, accusandolo di non essere disposto a porre fine alle ostilità.

 

Commentando il sistema Patriot, il cui valore si aggira intorno a 1 miliardo di dollari a batteria, Trump ha affermato all’inizio di questo mese che «è un peccato dover spendere così tanti soldi» per sostenere l’Ucraina. L’esercito russo sostiene di aver distrutto alcuni sistemi di difesa aerea Patriot forniti dall’Occidente nel corso del conflitto.

 

La Germania ha quindi chiesto agli Stati Uniti di acquistare i lanciamissili a medio raggio Typhon a causa delle tensioni con la Russia sull’Ucraina, ha dichiarato il Pistorius. L’impiego dei Typhon sarebbe stato vietato ai sensi dell’ormai defunto Trattato sulle Forze Nucleari a Medio Raggio (INF) del 1987.

 

 

Pistorius ha confermato lunedì che Berlino ha inviato a Washington una richiesta formale per l’acquisto del sistema Typhon, in grado di lanciare missili da crociera Tomahawk e missili multiruolo SM-6. Il Typhon ha una gittata operativa di circa 2.000 km e, se lanciato dal territorio tedesco, potrebbe raggiungere obiettivi ben oltre Mosca.

 

Il sistema colmerebbe un vuoto di capacità finché i paesi europei non produrranno i propri missili a lungo raggio, un’operazione che potrebbe richiedere dai sette ai dieci anni, ha affermato Pistorius.

 

Tuttavia, ha ammesso l’incertezza sul fatto che gli Stati Uniti mantengano l’impegno a schierare missili a lungo raggio in Germania a partire dal 2026, nell’ambito di un piano annunciato per la prima volta nel 2024 dall’amministrazione dell’ex presidente Joe Biden. «Sono molto fiducioso che l’accordo dello scorso anno sia ancora valido, ma siamo ancora in attesa di una decisione definitiva», ha affermato il ministro.

 

L’annuncio dello schieramento di missili a lungo raggio ha suscitato una dura critica da parte di Mosca, che ha avvertito che si sarebbe considerata «libera» da una moratoria unilaterale sullo schieramento di missili simili.

 

Il potenziale dispiegamento di lanciatori Typhon e di altri assetti a lungo raggio presenta alcuni parallelismi con la controversa decisione della NATO di schierare missili Pershing II a capacità nucleare con una gittata di oltre 2.000 km nella Germania Occidentale negli anni ’80. La mossa scatenò massicce proteste in tutta Europa e una nuova spirale di tensioni tra Unione Sovietica e Stati Uniti, che portò infine a una distensione e alla firma del Trattato INF.

 

L’impiego dei lanciatori Typhon sarebbe stato vietato dal Trattato INF, con il quale l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti avevano concordato di eliminare tutti i missili con base a terra con gittata compresa tra 500 e 5.500 km.

 

Il patto è crollato nel 2019, quando Washington si è ritirata, citando le violazioni russe. La Russia ha negato le accuse, accusando gli Stati Uniti di aver sviluppato i missili vietati. Il presidente Vladimir Putin ha avvertito che il crollo dell’INF eroderà significativamente il quadro di sicurezza globale.

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Nel frattempo giungono le reazioni del Cremlino

 

La Germania sta diventando «di nuovo pericolosa», ha dichiarato lunedì il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov, rispondendo alle dichiarazioni del Pistorius, il quale ha insinuato che le truppe tedesche siano pronte a distruggere quelle russe.

 

In un’intervista al quotidiano economico RBK, Peskov ha affermato che è difficile credere che Pistorius abbia effettivamente rilasciato quelle dichiarazioni: «ma, purtroppo, è così».

 

«La Germania sta diventando di nuovo pericolosa», ha aggiunto.

 

Il mese scorso Peskov aveva ipotizzato che il blocco abbia bisogno di un «mostro» per giustificare la propria esistenza e i crescenti costi della difesa. «Hanno trasformato la Russia in un mostro per giustificare la decisione di aumentare la spesa per la difesa della NATO al 5% del PIL», ha dichiarato il portavoce del Cremlino.

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Geopolitica

Gli USA hanno tentato di reclutare il pilota di Maduro per un rapimento

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Un agente federale statunitense ha cercato di reclutare in segreto il pilota personale del presidente venezuelano Nicolás Maduro per un piano volto a catturare il leader e consegnarlo alle autorità americane con l’accusa di narcotraffico. Lo riporta l’agenzia Associated Press.   Citanto tre funzionari statunitensi in servizio ed ex, oltre a un oppositore di Maduro, l’agenzia ha indicato che l’agente della Sicurezza Nazionale Edwin Lopez ha incontrato il pilota di Maduro, il generale Bitner Villegas, nella Repubblica Dominicana nel 2024. Lopez avrebbe proposto al pilota denaro e protezione in cambio del dirottamento dell’aereo presidenziale verso un luogo dove le autorità USA potessero arrestarlo. Il pilota non ha dato una risposta immediata, ma ha proseguito a messaggiare con l’agente per oltre un anno, anche dopo il pensionamento di Lopez nel luglio 2025.   L’agente avrebbe menzionato l’annuncio del Dipartimento di Giustizia che portava a 50 milioni di dollari la taglia per la cattura di Maduro, incitando Villegas a «diventare l’eroe del Venezuela». Il pilota ha infine declinato, definendo Lopez un «codardo» e interrompendo i contatti.   Le rivelazioni emergono mentre gli Stati Uniti intensificano la pressione militare e di intelligence su Caracas. Il presidente Donald Trump ha autorizzato la CIA a condurre operazioni clandestine in Venezuela e ha schierato navi da guerra, aerei e migliaia di truppe nei Caraibi per quella che Washington presenta come una campagna antidroga. Negli ultimi mesi, raid statunitensi contro imbarcazioni al largo di Venezuela e Colombia avrebbero causato decine di morti.   Trump sostiene che le azioni mirano ai narcotrafficanti, mentre funzionari USA accusano il governo Maduro di gestire uno «narcostato».

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Il presidente venezuelano ha respinto le accuse come pretesto per un cambio di regime. Ha definito l’ammissione di Trump su attività segrete della CIA in Venezuela come senza precedenti e «disperata». Maduro ha posto l’esercito in massima allerta e ha ricordato che il Paese dispone di un ampio arsenale di sistemi antiaerei Igla-S di epoca sovietica.   Mosca, alleata di Caracas, ha condannato la campagna USA. All’inizio del mese, l’ambasciatore russo all’ONU, Vassily Nebenzia, ha accusato Washington di orchestrare un colpo di Stato in Venezuela sotto la copertura di un’operazione antidroga, definendola «una palese violazione del diritto internazionale e dei diritti umani».   La Casa Bianca accusa da tempo Maduro di guidare una rete di narcotrafficanti nota come «Cartel de los Soles», sebbene non vi siano prove schiaccianti o prove concrete che lo dimostrino, tuttavia lo scorso anno gli USA sono arrivati a sequestrare un aereo presumibilmente utilizzato dal presidente di Carcas. È stato anche accusato di aver trasformato l’immigrazione in un’arma, sebbene Maduro si sia mostrato pronto a dialogare con le delegazioni diplomatiche americane sulla questione.   Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno Maduro aveva dichiarato che Washington ha aperto il suo libretto degli assegni a una schiera di truffatori e bugiardi per destabilizzare il Venezuela, quando gli Stati Uniti si sono rifiutati di riconoscere le elezioni del 2024 in Venezuela.   Secondo Maduro, almeno 125 militanti provenienti da 25 Paesi sono stati arrestati dalle autorità venezuelane. Aveva poi accusato Elone Musk di aver speso un miliardo di dollari per un golpe in Venezuela. Negli stessi mesi si parlò di un piano di assassinio CIA di Maduro sventato.   Nelle scorse settimane perfino l’account YouTube di Maduro è stato rimosso da YouTube.   Secondo notizie emerse nelle ultime ore Trump punterebbe ad attaccare le «strutture della cocaina» in Venezuela.  

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Economia

USA e Giappone firmano un accordo sui minerali essenziali

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Martedì, Stati Uniti e Giappone hanno siglato un accordo di cooperazione per la produzione e la fornitura di minerali essenziali e terre rare. La mossa arriva dopo la decisione della Cina di rafforzare i controlli sulle esportazioni di terre rare e attrezzature per la produzione di chip, in risposta ai dazi imposti dal presidente statunitense Donald Trump.

 

L’intesa è stata conclusa durante la visita di Trump a Tokyo, dove ha incontrato per la prima volta il nuovo primo ministro giapponese, Sanae Takaichi.

 

Secondo la Casa Bianca, le due nazioni hanno convenuto di promuovere iniziative congiunte «necessarie a sostenere le industrie nazionali, incluse le tecnologie avanzate e le rispettive basi industriali», e di impiegare «strumenti di politica economica e investimenti coordinati per accelerare lo sviluppo di mercati diversificati, liquidi ed equi per minerali essenziali e terre rare».

 

I leader hanno inoltre sottoscritto un documento che impegna i rispettivi governi a «intraprendere ulteriori passi verso una nuova era d’oro per l’alleanza in continua crescita tra Stati Uniti e Giappone».

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Trump ha definito il Giappone un «alleato al livello più alto», elogiando Takaichi, insediatosi la settimana scorsa, come «uno dei più grandi primi ministri». Takaichi, dal canto suo, ha promesso di rafforzare i legami bilaterali, che ha descritto come «la più grande alleanza al mondo».

 

Trump ha da tempo manifestato interesse a garantire l’accesso ai minerali di terre rare in diverse regioni del mondo, perseguendo sia opportunità economiche vantaggiose sia una maggiore influenza geopolitica.

 

All’inizio di quest’anno, gli Stati Uniti hanno firmato un accordo sui minerali con l’Ucraina, considerato da diplomatici e politici americani una forma di garanzia di sicurezza per Kiev. Trump ha inoltre concluso un’intesa di investimento con l’Australia all’inizio di questo mese, mirata a contrastare il dominio cinese nel mercato delle terre rare e dei minerali essenziali.

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Economia

I mercati argentini salgono dopo la vittoria elettorale di Milei, che ringrazia il presidente Trump

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Il presidente argentino Javier Milei ha conquistato una vittoria schiacciante alle elezioni di medio termine del suo Paese, considerate un importante banco di prova per il sostegno alle sue riforme radicali di «terapia d’urto» e alla sua politica economica «a motosega».   Il partito di Milei, La Libertad Avanza, ha ottenuto il 40,8% dei voti a livello nazionale per la camera bassa del Congresso e ha prevalso in sei delle otto province che hanno eletto un terzo del Senato.   L’opposizione di sinistra, rappresentata dai peronisti, ha raccolto il 31,7% dei voti. Sebbene Milei non abbia conquistato la maggioranza assoluta in Congresso, questo risultato complicherà notevolmente gli sforzi dei suoi oppositori per ostacolare il suo programma.   Milei ha implementato un ambizioso piano libertario, caratterizzato da tagli significativi a normative, spesa pubblica, politiche statali e dipartimenti governativi, con l’obiettivo di risollevare l’Argentina da decenni di stagnazione economica.   Il suo approccio ha ricevuto il sostegno del presidente statunitense Donald Trump, che ha offerto supporto finanziario per garantire l’avanzamento delle riforme, soprattutto dopo il recente crollo drammatico del peso argentino.   Durante un incontro alla Casa Bianca con Milei la settimana scorsa, Trump ha promesso un pacchetto di aiuti da 20 miliardi di dollari, con la possibilità di raddoppiarlo in caso di successo alle elezioni di medio termine.   «Se non vince, siamo fuori», ha dichiarato Trump. «Se perde, non saremo generosi con l’Argentina».

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All’inizio di questo mese, il segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent ha stipulato uno swap valutario da 20 miliardi di dollari con la banca centrale argentina per stabilizzare il mercato obbligazionario del Paese in vista delle elezioni. Bessent ha chiarito che il pacchetto di aiuti non va considerato un «salvataggio», ma piuttosto una «Dottrina Monroe economica», richiamando la politica del XIX secolo volta ad affermare la supremazia degli Stati Uniti nell’emisfero occidentale.   Il segretario del Tesoro USA ha sottolineato che il successo dell’Argentina è nell’interesse degli Stati Uniti, non solo per stabilizzare il Paese, ma anche per renderlo un «faro» per altre nazioni della regione. «Non vogliamo un altro Stato fallito o sotto l’influenza cinese in America Latina», ha affermato Bessent.   Le obbligazioni, la valuta e le azioni argentine hanno registrato un’impennata lunedì mattina, dopo che il partito del presidente Javier Milei ha ottenuto una decisiva vittoria alle elezioni di medio termine. Il risultato è fondamentale per preservare il radicale rilancio economico di Milei in un Paese devastato da decenni di mala gestione socialista che ha distrutto la nazione.   Le riforme del libero mercato e l’aggressivo programma di austerità di Milei hanno già iniziato a raffreddare l’inflazione e a stabilizzare le condizioni finanziarie, segnalando agli investitori che il percorso di ristrutturazione resta intatto.   Milei ha poi ringraziato Trump su X:     «Grazie, Presidente Trump, per la fiducia accordata al popolo argentino. Lei è un grande amico della Repubblica Argentina. Le nostre nazioni non avrebbero mai dovuto smettere di essere alleate. I nostri popoli vogliono vivere in libertà. Contate su di me per lottare per la civiltà occidentale, che è riuscita a far uscire dalla povertà oltre il 90% della popolazione mondiale».

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