Economia
Il MES inflitto all’Italia serve alla BCE per la più violenta stretta monetaria della sua storia
Il 15 giugno la Banca Centrale Europea ha alzato i tassi di interesse di 25 punti base.
«Di conseguenza, il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principale e i tassi di interesse sulla linea di rifinanziamento marginale e sulla linea di deposito saranno aumentati rispettivamente al 4,00%, 4,25% e 3,50% a partire dal 21 giugno 2023», ha annunciato un comunicato dell’Eurotower di Francoforte
La BCE ha così attuato la stretta monetaria più violenta della sua storia, di 400 punti base in 11 mesi.
Quindi, i tassi dei mutui sono aumentati del 65%, il credito all’economia è diminuito, il debito pubblico è in aumento ma la BCE è ovviamente pronta a salvare le banche in bancarotta con denaro extra.
È per questo fine che l’UE sta aumentando la pressione affinché l’Italia ratifichi il trattato di riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità, di fatto che trasforma il MES, concepito come un fondo di salvataggio statale, in un sostegno per i salvataggi delle banche.
L’Italia è l’unico membro dell’UE che non ha ratificato il trattato di riforma. Il premier Meloni ponendo la sua firma darebbe un’ulteriore spinta alla liquidazione di ogni residua sovranità italiana.
Lo scenario, tuttavia, potrebbe essere perfino peggiore: un grande crash sistemico finanziario, che colpisca – come la pandemia – magari prima l’Italia ma poi tutto il continente – è l’ideale per portare mezzo miliardo di europei ad accettare un reset economico di immane portata, dal quale emergerà, come ripete Renovatio 21, il tanto annunciato euro digitale, la CBDC di Bruxelles.
Ricordiamo a questo punto le ammissioni della presidente BCE Lagarde, scappatele durante una conversazione telefonica con un falso Zelens’kyj, per cui l’euro digitale sarà utilizzato per la sorveglianza dei cittadini.
Il reset economico in realtà serve quindi solo ad un reset politico – alla reingegnerizzazione della politica, con il ribaltamento del rapporto tra cittadino e Stato, cittadino e diritto. Lo Stato diventa piattaforma, il cittadino utente, i diritti divengono «accessi», il denaro si digitalizza e di fatto si instaura una nuova forma di controllo totalitario della società che rappresenta senza ombra di dubbio la nuova schiavitù che vogliono infliggere sull’uomo del XXI secolo.
Immagine di Kiefer via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0); immagine modificata
Cina
La Cina supera il trilione di dollari di surplus commerciale
Per la prima volta, il surplus commerciale della Cina ha superato i mille miliardi di dollari nei primi 11 mesi del 2025. Mentre le esportazioni verso gli Stati Uniti sono diminuite di circa un terzo a causa dei dazi, le esportazioni verso Europa, Australia e Sud-est asiatico sono aumentate.
Gran parte di questa impennata è stata trainata dalla forte crescita dei beni high-tech, che ha superato del 5,4% l’aumento delle esportazioni complessive. Le esportazioni di automobili hanno registrato un boom, sostituendo Giappone e Germania in termini di quota di mercato. Le esportazioni di semiconduttori sono aumentate del 24,7% nello stesso periodo e le esportazioni di cantieristica navale sono aumentate del 26,8%.
Il canale all-news cinese CGTN ha pubblicato un articolo che attacca le narrative occidentali di «sovracapacità» o «dumping» come spiegazioni del boom delle esportazioni cinesi.
«Per i politici e i leader dell’industria occidentali, la questione non è come presentare la Cina come un rivale, ma come riconoscere le realtà strutturali che rappresenta. Comprendendo il surplus come parte del panorama economico globale, si apre l’opportunità di adattare le strategie, esplorare le complementarietà, promuovere la collaborazione e ricercare miglioramenti dell’efficienza che vadano a vantaggio di entrambe le parti».
Vari allarmi sulla tenuta dell’economia cinese erano stati lanciati negli ultimi anni.
Come riportato da Renovatio 21, la Cina, dopo la guerra dei dazi di Trump, è ancora impegnata in un conflitto con gli USA e i satelliti occidentali per i chip.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Economia
Hollywood al capolinea: Netflix vuole comprare Warner Bros
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Economia
L’ex proprietario di Pornhub vuole acquistare le attività del gigante petrolifero russo
Bernd Bergmair, l’ex proprietario di Pornhub, starebbe valutando l’acquisto delle attività internazionali del gigante petrolifero russo sanzionato Lukoil. Lo riporta l’agenzia Reuters, citando fonti riservate.
A ottobre, gli Stati Uniti hanno colpito Lukoil con sanzioni che hanno costretto la compagnia a dismettere le proprie partecipazioni estere, stimate in circa 22 miliardi di dollari. Lukoil aveva inizialmente accettato un’offerta del trader energetico Gunvor per l’intera controllata estera, ma l’operazione è saltata dopo che il Tesoro americano ha accusato Gunvor di legami con il Cremlino.
Secondo Reuters, Bergmair avrebbe già sondato il dipartimento del Tesoro statunitense per una possibile acquisizione. Interpellato tramite un legale, ha né confermato né smentito, limitandosi a dichiarare: «Lukoil International GmbH rappresenterebbe ovviamente un investimento eccellente; chiunque sarebbe fortunato a possedere asset del genere», senza precisare quali porzioni gli interessino o se abbia già contattato l’azienda. Un portavoce del Tesoro ha declinato ogni commento.
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Il finanziere austriaco è l’ex azionista di maggioranza di MindGeek, la casa madre di Pornhub, la cui identità è emersa solo nel 2021 dopo anni di strutture offshore. Il Bergmair ha ceduto la propria partecipazione nel 2023, quando la società è stata rilevata da un fondo canadese di private equity chiamato «Ethic Capital», nella cui compagine spicca un rabbino. Il patrimonio dell’uomo è stimato intorno a 1,4 miliardi di euro, investiti principalmente in immobili, terreni agricoli e altre operazioni private.
Il mese scorso, il Tesoro statunitense ha autorizzato le parti interessate a intavolare negoziati per gli asset esteri di Lukoil; l’approvazione è indispensabile poiché, senza licenza, ogni transazione resterebbe congelata. La finestra concessa scade il 13 dicembre.
Fonti giornalistiche indicano che diversi player, tra cui Exxon Mobil e Chevron, avrebbero manifestato interesse, ma Lukoil preferirebbe cedere il pacchetto in blocco, complicando le trattative per chi punta su singoli asset. L’azienda ha reso noto di essere in contatto con più potenziali acquirenti.
Mosca continua a condannare le sanzioni occidentali come «politiche e illegittime», avvertendo che finiranno per danneggiare chi le ha imposte». Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha definito il caso Lukoil la prova che le «restrizioni commerciali illegali» americane sono «inaccettabili e ledono il commercio globale».
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Immagine di Marco Verch via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
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