Sorveglianza
Il governo USA ordina a Google di identificare chi ha guardato determinati video di YouTube
Le forze dell’ordine e i tribunali federali degli Stati Uniti hanno fatto un ulteriore passo avanti negli sforzi estremi che stanno compiendo per sorvegliare le attività delle persone online, anche sulle vaste piattaforme di Google. L’ultima di queste azioni di sorveglianza vedrebbe il gigante della tecnologia riceve l’ordine di identificare tutte le persone che guardano determinati video o live streaming su YouTube. Lo riporta Reclaim The Net.
Dopo aver censurato direttamente creatori e canali, fornendo dati di geolocalizzazione dei suoi utenti alle autorità in risposta ai controversi obblighi di geofencing (perimetro virtuale associato ad un’area geografica del mondo reale), ora si va direttamente a rilevare la consumazione di uno specifico contenuto come dato di rilevanza pubblica.
Smascherare chiunque abbia guardato un particolare video è simile al geofencing in quanto rende tutti sospettati – e questo, secondo alcuni esperti americani e gruppi per i diritti umani, è incostituzionale, cioè viola il Quarto Emendamento della Costituzione statunitense, quello che protegge da perquisizioni irragionevoli.
Forbes scrive di aver avuto accesso a diversi ordini che nominano alcuni video di YouTube, citando un caso non sigillato originario del Kentucky e che ha a che fare con persone che visualizzano contenuti pubblicati da un utente sospettato dalle forze dell’ordine di riciclaggio di denaro per aver venduto Bitcoin in contanti.
Gli agenti sotto copertura avevano contattato l’utente, inviando link a tutorial di mappatura via drone e tutorial di realtà aumentata, per poi rivolgersi a Google, chiedendo di sapere chi guardava i video.
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I video hanno avuto più di 30.000 visualizzazioni e un tribunale ha ordinato che qualsiasi utente che lo avesse fatto, tra il 1 e l’8 gennaio 2003, dovesse essere completamente smascherato.
L’ordine richiedeva nomi, indirizzi, numeri di telefono e attività dell’account di ciascun utente Google e indirizzi IP di tutti coloro che guardavano i video senza un account.
«È giusto aspettarsi che le forze dell’ordine non abbiano accesso a tali informazioni (personali sensibili) senza una ragione plausibile», ha commentato John Davisson dell’Electronic Privacy Information Center. «Questo ordine capovolge questa ipotesi».
Quando la polizia ha chiesto l’emissione dell’ordine, ha dichiarato: «c’è motivo di credere che questi documenti sarebbero rilevanti e materiali per un’indagine penale in corso».
Anche se Google ha rispettato la richiesta di tacere su tutto ciò fino a quando i documenti non sono stati aperti la scorsa settimana, secondo Forbes, «non mostrano se Google abbia fornito o meno i dati nel caso».
Un caso separato nel New Hampshire riguardava una minaccia di bomba in un luogo pubblico e persone che guardavano un live streaming della polizia che perquisiva la zona. Il livestream è stato possibile grazie a una telecamera situata nei locali commerciali vicini.
Successivamente, la polizia ha voluto sapere esattamente chi lo ha guardato, anche su un canale YouTube appartenente a Boston and Maine Live, che conta 130.000 iscritti.
Anche qui, non è dato sapere se Google abbia consegnato o meno i dati.
Come riportato da Renovatio 21, quattro anni fa era emerso che YouTube avrebbe rimosso commenti critici alla Repubblica Popolare Cinese.
Come sa il lettore, YouTube sta continuando a censurare video del canale di Renovatio 21, anche vecchi di quattro anni, anche privati.
In uno sviluppo interessante, YouTube aveva censurato l’omelia di Pasqua di Monsignor Carlo Maria Viganò pubblicata sul canale di Renovatio 21. In canali di altre sedicenti realtà della «controinformazione», tuttavia, notavamo che il video non era stato rimosso…
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Immagine di Focal Foto via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial 2.0 Generic
Sorveglianza
La nuova legge di Berlino consente alla polizia di installare spyware nelle case
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Sorveglianza
Perquisita la casa di un professore tedesco per un tweet che criticava l’ideologia woke
La polizia tedesca ha effettuato un’irruzione nell’abitazione di un docente universitario conservatore a seguito di un tweet critico verso l’ideologia woke.
L’operazione si è svolta giovedì mattina a Berlino, nella casa di Norbert Bolz, noto pubblicista e studioso di media, ex professore di studi sui media presso l’Università Tecnica di Berlino fino al 2018.
L’irruzione rientra in un’indagine sull’uso di simboli di organizzazioni incostituzionali, come previsto dall’articolo 86a del codice penale tedesco.
Il 20 gennaio 2024, Bolz ha pubblicato un post su X, scrivendo: «Ottima traduzione di “woke“: Germania, svegliati! [in tedesco: “Deutschland erwache“]», citando un articolo del quotidiano di sinistra Taz, che aveva usato la stessa espressione nel titolo: «Divieto dell’AfD e petizione Höcke: la Germania si risveglia [in tedesco: “Deutschland erwacht“]».
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La frase «Deutschland erwache» (La Germania si risveglia) era un verso dello «Sturmlied», inno del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori. Sebbene Bolz l’abbia utilizzata in modo sarcastico e citando il giornale di sinistra, la Procura ha deciso di emettere un mandato di perquisizione per la sua abitazione, indagandolo per l’uso di un’espressione legata a un’organizzazione vietata, il Partito Nazista.
Bolz, noto commentatore politico con oltre 91.000 follower su X e frequente ospite di talk show, è stato difeso dal suo avvocato, Joachim Steinhöfel, esperto di diritto dei media. In una dichiarazione ad Apollo News, Steinhöfel ha criticato l’irruzione: «Siamo di fronte a una preoccupante perdita di controllo del sistema giudiziario penale, che sembra aver coinvolto anche l’Ufficio federale di polizia criminale. Quando un rinomato studioso come il professor Bolz subisce una perquisizione domiciliare per un tweet chiaramente ironico, c’è qualcosa di profondamente sbagliato nel nostro Stato di diritto».
«Non è accettabile che le autorità non riescano più a distinguere tra propaganda criminale ed espressione legittima di opinioni», ha aggiunto.
Bolz ha espresso il suo turbamento in una dichiarazione al sito Nius: «Di solito scrivo e parlo di questo mondo. È spaventoso quando questa realtà bussa improvvisamente alla tua porta. Non sono scioccato, perché me lo aspettavo. Ma constatare che la situazione è esattamente come descritta dalle analisi critiche è inquietante sotto ogni punto di vista».
Le autorità tedesche sono note per effettuare perquisizioni domiciliari a causa di post online, soprattutto se in contrasto con l’ortodossia della sinistra dominante.
Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso, la polizia ha fatto irruzione nella casa di un anziano per aver condiviso un meme che definiva «idiota» l’allora vice-cancelliere dei Verdi tedeschi.
Quattro mesi fa si sono avuto raid della polizia alle sei del mattino in tutta la Germania per prendere di mira centinaia di individui sospettati di aver insultato i politici o di aver diffuso «odio e incitamento» online. L’azione massiva, condotta dall’Ufficio federale di polizia criminale (BKA), utilizzava il nuovo articolo 188 del Codice penale per colpire gli individui accusati di razzismo e incitamento all’odio.
«Quando la polizia è alla porta, ogni colpevole si rende conto che i crimini d’odio hanno delle conseguenze», ha scritto su X il ministro degli Interni Nancy Faeser, vantandosi delle retate. La Faeser nota per la sua volontà di introdurre programmi contro l’«estremismo di destra» fra i bambini dell’asilo.
Mesi fa un tribunale distrettuale tedesco ha condannato il caporedattore della rivista conservatrice Deutschland-Kurier a sette mesi di carcere per aver diffamato l’allora ministro degli Interni Faeser – proprio quella dei corsi contro l’estremismo di destra per i bambini di tre anni nei kindergarten – con quello che era chiaramente un meme satirico.
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La repressione più dura si abbatte in Germania da anni, prendendo di mira soprattutto AfD, perseguitata dagli stessi servizi di sicurezza della Budesrepubblica. Infatti, i servizi di sicurezza interna tedeschi BfV hanno messo sotto sorveglianza il loro stesso ex capo, Hans-Georg Maaßen.
L’ondata di perquisizioni segue il divieto di Compact Magazine, una testata sovranista dove erano pure apparsi saggi del segretario di Stato USA Marco Rubio sui limiti dell’ordine mondiale del dopoguerra, e la sua cancellazione da internet. Questa settimana, un tribunale federale di primo grado ha stabilito che il divieto non era costituzionale e costituiva una violazione della libertà di stampa, infliggendo un duro colpo al Ministero dell’Interno federale.
Come riportato da Renovatio 21, la Germania è il Paese dove mesi fa un cittadino è stato multato per aver criticato giudice che ha solo multato un immigrato per lo stupro di una 15enne: al cittadino tedesco è stata comminata una multa doppia rispetto a quella dell’immigrato stupratore.
Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso un tribunale di Amburgo ha condannato un uomo a tre anni di galera per aver giustificato l’«aggressione russa» all’Ucraina su Telegram.
Come riportato da Renovatio 21, il caso più avanzato di repressione di libertà di parola pare essere la Gran Bretagna, dove almeno 12 mila persone all’anno sono messe in galere per frasi sui social. In Albione si è arrivati a condannare persino chi prega con la mente.
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Sorveglianza
Il nuovo presidente della Bolivia vuole la blockchain per combattere la corruzione
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