Economia
Il Ghana si rivolge all’oro per stabilizzare la sua valuta. La de-dollarizzazione avanza

Il vicepresidente del Ghana Mahamudu Bawumia ha annunciato il 24 novembre tramite Facebook che il suo governo sta sviluppando una nuova politica con la quale possono pagare le importazioni di petrolio con l’oro, piuttosto che con il dollaro USA, nel tentativo di fermare la diminuzione delle loro riserve di valuta estera, e per prevenire un’ulteriore svalutazione della loro valuta, i cedi. Lo riporta la testata qatarina Al Jazeera.
«Le riserve internazionali lorde del Ghana ammontavano a circa 6,6 miliardi di dollari alla fine di settembre 2022, pari a meno di tre mesi di copertura delle importazioni. Questo è in calo rispetto ai circa 9,7 miliardi di dollari alla fine dello scorso anno, secondo il governo», scrive Al Jazeera.
Nei primi nove mesi del 2022, il cedi ghanese ha perso il 40% del suo valore rispetto al dollaro, facendo salire alle stelle i costi di carburante, cibo e altre necessità.
Il Ghana è attualmente in trattative con il FMI per un pacchetto di aiuti. Il governo prevede di attuare questa politica nel primo trimestre del 2023, con l’intento di «cambiare radicalmente la nostra bilancia dei pagamenti e ridurre in modo significativo il persistente deprezzamento della nostra valuta», ha affermato il presidente Bawumia, che ha quindi spiegato che l’uso dell’oro impedirebbe al tasso di cambio di influire direttamente sui prezzi del carburante o delle utenze poiché i venditori nazionali non avrebbero più bisogno di valuta estera per importare prodotti petroliferi.
«Il baratto dell’oro per il petrolio rappresenta un importante cambiamento strutturale», dice il presidente dello Stato africano.
Tuttavia è il caso di ricoradare che il Ghana è un Paese produttore di petrolio: si tratta del secondo più grande produttore di oro in Africa, con ricche risorse minerarie come manganese, calcare, bauxite e minerale di ferro, quindi perché ha bisogno di importare petrolio?
La Repubblica del Ghana, con una popolazione di 31 milioni di persone, ha una raffineria di petrolio, che è stata danneggiata da un’esplosione nel 2017, e non è mai stata ricostruita. Al contrario, lo Stato del Texas ha una popolazione di poco più di 29 milioni e dispone di 31 raffinerie di petrolio.
Con la crisi attuale, siamo dinanzi a contraddizioni ebeti ed insondabili.
Tuttavia su una cosa c’è certezza: la de-dollarizzazione avanza, non solo in Cina, in Arabia Saudita, nelle Banche Centrali di Paesi come il Brasile e perfino Israele, ma pure negli angoli più remoti della terra.
Economia
Il debito francese è un pericolo per tutta l’Eurozona

Il crescente debito sovrano della Francia, unito alle lotte politiche interne, potrebbe minacciare la stabilità fiscale dell’Eurozona. Lo riporta l’emittente pubblica tedesca Deutsche Welle, citando un esperto.
La Francia ha uno dei debiti nazionali più elevati dell’UE, attualmente pari a 3,35 trilioni di euro (3,9 trilioni di dollari), pari a circa il 113% del PIL. Si prevede che il rapporto salirà al 125% entro il 2030. Il deficit di bilancio è previsto al 5,4-5,8% quest’anno, ben al di sopra del limite del 3% previsto dall’Unione.
Friedrich Heinemann del Centro Leibniz per la Ricerca Economica Europea ZEW di Mannheim, in Germania, ha dichiarato alla testata in un articolo pubblicato sabato: «dovremmo essere preoccupati. L’eurozona non è stabile in questo momento».
Un drastico piano di austerità proposto dal primo ministro francese François Bayrou, membro del governo di minoranza, ha innescato un voto di sfiducia, che ha perso lunedì sera, portando al collasso il governo francese.
Il piano del Bayrou prevedeva tagli ai posti di lavoro nel settore pubblico, una riduzione della spesa sociale e la soppressione di due festività. Il Rassemblement National di Marina Le Pen, i Socialisti e il partito di sinistra La France Insoumise si sono opposti con veemenza alla proposta.
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Anche un sondaggio Elabe condotto prima del voto ha mostrato che la maggior parte degli intervistati era contraria alle misure.
Lo Heinemann ha dichiarato a DW di dubitare che la Francia troverà presto una via d’uscita, visti gli aspri scontri politici.
A luglio, Bloomberg, citando gli esperti di ING Groep NV, ha affermato in modo analogo che il crescente debito della Francia potrebbe rappresentare una «bomba a orologeria» per la stabilità finanziaria dell’UE.
Nonostante il considerevole deficit di bilancio, la Francia prevede di aumentare la spesa militare a 64 miliardi di euro nel 2027, il doppio di quanto speso nel 2017.
Il presidente Emmanuel Macron ha ripetutamente citato una presunta minaccia russa. Il Cremlino ha costantemente liquidato le accuse come «assurdità», accusando l’UE di una rapida militarizzazione.
A maggio, gli Stati membri hanno approvato un programma di debito da 150 miliardi di euro per l’approvvigionamento di armi.
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Immagine di Philippe Druesne via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
Economia
Trump porge il ramoscello d’ulivo a Musk. Cui Tesla prepara un possibile pagamento da un trilione

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Economia
La Turchia interrompe totalmente gli scambi commerciali con Israele

La Turchia ha interrotto tutti i legami commerciali ed economici con Israele, chiudendo il suo spazio aereo ad alcuni voli israeliani, ha annunciato il Ministro degli Esteri Hakan Fidan. I due Paesi sono in conflitto da mesi a causa della campagna militare israeliana a Gaza, con la Turchia che accusa il Paese di aver commesso un genocidio.
In un discorso al parlamento nazionale di venerdì, il Fidan ha affermato che la Turchia ha «completamente interrotto i nostri scambi commerciali con Israele» e «chiuso i nostri porti alle navi israeliane».
«Non permettiamo alle navi portacontainers che trasportano armi e munizioni verso Israele di entrare nei nostri porti e agli aerei di entrare nel nostro spazio aereo», ha aggiunto il ministro di Ankara, affermando che alle navi battenti bandiera turca è vietato fare scalo nei porti israeliani e che alle imbarcazioni israeliane è vietato entrare nei porti turchi.
Come riportato da Renovatio 21, la guerra commerciale con Israele era partita un anno fa con la sospensione degli scambi.
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Una fonte diplomatica turca ha dichiarato all’agenzia Reuters che le restrizioni ai voli riguardano solo i voli ufficiali israeliani e gli aerei con armi o munizioni, non il transito di routine dei vettori commerciali.
L’agenzia ha inoltre riferito che le autorità portuali turche stanno ora richiedendo informalmente agli agenti marittimi di attestare che le navi non sono collegate a Israele e non trasportano carichi militari o pericolosi diretti nel Paese.
Tuttavia, un funzionario israeliano ha dichiarato al Jerusalem Post che la Turchia aveva «già annunciato in passato la rottura delle relazioni economiche con Israele, e che tali relazioni sono continuate», riferendosi apparentemente alla sospensione delle importazioni ed esportazioni da parte di Ankara a maggio.
I commenti del ministro sono l’ultimo segnale del deterioramento delle relazioni tra Turchia e Israele, rese ancora più tese dalla guerra a Gaza. La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.
Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.
Come riportato da Renovatio 21, in settimana i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.
Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.
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Immagine di Rob Schleiffert via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC 4.0
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