Geopolitica
Il Financial Times vuole che Washington imponga nuove sanzioni complete al Venezuela
Un editoriale del 10 dicembre apparso sul Financial Times, quotidiano della City di Londra, esortava Washington a usare la scusa della disputa sul confine tra Venezuela e Guyana, a sua volta indotta dalla geopolitica britannica, per reimporre sanzioni complete al Venezuela e rovesciare il governo Maduro.
L’editoriale afferma che ciò è necessario perché «il Venezuela è un regime autoritario sostenuto da Russia, Cina e Iran», le cui «malefatte» in Sud America devono essere fermate.
È noto, è visibile dagli sforzi del Comando Sud degli Stati Uniti per estendere la NATO in Sud America (la creazione di quella che si chiama «SATO»), che Caracas pende verso accordi di sviluppo economico con la Cina e la sua Belt and Road Initiative.
La Guyana, membro del Commonwealth britannico, riveste quindi un ruolo importante per promuovere obiettivi strategici atlantici nell’emisfero meridionale. «Sostenuta dagli Stati Uniti e dal Regno Unito, la Guyana ha denunciato l’aggressione venezuelana e ha promesso di resistere alla rivendicazione territoriale» scrive FT.
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L’editoriale paragonava poi le azioni del Venezuela a quelle dell’Argentina nel 1982. «La decisione della giunta argentina di invadere le Isole Falkland [le Malvinas, per gli argentini, ndr] scatenò la guerra con la Gran Bretagna e un’umiliante sconfitta, che rovesciò i generali e aprì la strada a un ritorno alla democrazia – sicuramente non il risultato che Caracas ha in mente».
«L’amministrazione Biden dovrebbe rispondere reimponendo rapidamente tutte le sanzioni economiche che ha revocato al Venezuela, inviando a Maduro un chiaro messaggio che il suo comportamento è inaccettabile e segnalando che il futuro allentamento delle sanzioni potrà arrivare solo dopo chiari passi verso elezioni libere ed eque in patria e rispetto per l’integrità territoriale del suo vicino. Fare di meno significherebbe tradire l’opposizione di lunga data del Venezuela e un importante alleato democratico».
Come riportato da Renovatio 21, il Venezuela ha appena tenuto un referendum per l’annessione della regione della Guyana di Esequiba, che misura 159.500 chilometri quadrati (61.600 miglia quadrate), ovvero circa due terzi dell’intero territorio della Guyana ed è ricca di risorse.
La disputa nasce dai disaccordi del 19° secolo su dove dovrebbe trovarsi il confine tra la Guyana, allora colonia britannica, e il Venezuela. Nel 1890, Washington intervenne contro gli interessi di Londra attraverso la Dottrina Monroe, che sosteneva – in teoria – la protezione l’America Latina dalle potenze coloniali europee.
Il Regno Unito accettò un arbitrato statunitense, in cui un collegio composto da due americani, due britannici e un russo produsse una sentenza nel 1899 che favorì ampiamente le rivendicazioni territoriali britanniche. Il Venezuela allora respinse l’esito.
La questione fu rivisitata durante il periodo di decolonizzazione successivo alla Seconda Guerra Mondiale, quando la Guyana stava per ottenere l’indipendenza. L’Accordo di Ginevra del 1966 proponeva una tabella di marcia verso una soluzione finale soddisfacente, nella quale veniva assegnato un ruolo alle Nazioni Unite. Nel 2018, il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha deferito il caso alla corte dell’Aia.
Come riportato da Renovatio 21, probabili pressioni NATO nel 2022 imposero alla UE di rinunciare al petrolio venezuelano, considerato come alternativa a quello russo non più acquistabile a causa delle sanzioni per la guerra ucraina.
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Immagine di pubblico dominio CC0 1.0 Universal Public Domain Dedication via Wikimedia
Geopolitica
Putin: la Russia raggiungerà tutti i suoi obiettivi nel conflitto ucraino
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Geopolitica
Lavrov elogia la comprensione di Trump delle cause del conflitto in Ucraina
Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha dichiarato che il presidente statunitense Donald Trump rappresenta l’unico leader occidentale in grado di cogliere le vere motivazioni alla base del conflitto ucraino.
Parlando mercoledì al Consiglio della Federazione, la camera alta del parlamento russo, Lavrov ha spiegato che, mentre gli Stati Uniti manifestano una «crescente impazienza» verso il percorso diplomatico mirato a cessare le ostilità, Trump è tra i pochissimi esponenti occidentali a comprendere le dinamiche che hanno originato la crisi.
«Il presidente Trump… è l’unico tra tutti i leader occidentali che, subito dopo il suo arrivo alla Casa Bianca nel gennaio di quest’anno, ha iniziato a dimostrare di aver compreso le ragioni per cui la guerra in Ucraina era stata inevitabile», ha dichiarato.
Lavrov ha proseguito sottolineando che Trump possiede una «chiara comprensione» delle dinamiche che hanno forgiato le politiche ostili nei confronti della Russia da parte dell’Occidente e dell’ex presidente statunitense Joe Biden, strategie che, a suo dire, «erano state coltivate per molti anni».
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Il ministro ha indicato che «si sta avvicinando il culmine dell’intera saga» ucraina, affermando che Trump ha sostanzialmente ammesso che «le cause profonde identificate dalla Russia devono essere eliminate».
Il vertice della diplomazia russa ha menzionato in modo specifico le storiche riserve di Mosca sull’aspirazione ucraina all’adesione alla NATO e la persistente violazione dei diritti della popolazione locale.
Lavrov ha poi precisato che Trump resta «l’unico leader occidentale a cui stanno a cuore i diritti umani in questa situazione», contrapposto ai governi dell’UE che, secondo Mosca, evadono il tema. Ha svelato che la roadmap statunitense per un’intesa includeva esplicitamente la tutela dei diritti delle minoranze etniche e delle libertà religiose in Ucraina, «in linea con gli obblighi internazionali».
Tuttavia, sempre secondo Lavrov, tali clausole sono state indebolite nel momento in cui il documento è stato sottoposto all’UE: il testo è stato modificato per indicare che l’Ucraina dovrebbe attenersi agli standard «adottati nell’Unione Europea».
Da tempo Mosca denuncia la soppressione della lingua e della cultura russa da parte di Kiev, oltre ai sforzi per limitare i diritti delle altre minoranze nazionali, e al contempo accusa i leader ucraini di fomentare apertamente il neonazismo nel paese.
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Immagine dell’Ufficio stampa della Duma di Stato della Federazione Russa via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
Geopolitica
Gli europei sotto shock per la strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti per il 2025
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