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Economia

Il Distributismo di Belloc, un antidoto alla crisi contemporanea

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Sono felice di annunziare che la casa editrice Fede&Cultura ha recentemente pubblicato la traduzione di un breve ma significativo libro, inedito nella nostra lingua, del distributista Hilaire Belloc (1870-1953), scritto nel 1938, originalmente denominato The Way Out ed intitolato nella versione italiana Distributismo. La Via d’Uscita dallo Stato Servile. La pubblicazione è nata da un’iniziativa degli amici del Movimento Distributismo Italiano, di cui mi onoro di essere presidente.

 

Che ci azzecca un libro scritto 83 anni fa, nell’Inghilterra di Chamberlain e Churchill, con l’Italia di Draghi, Salvini e Letta? Nulla, potrebbe pensare qualcuno! Ad uno sguardo più attento però ci si può facilmente accorgere che le cose non stanno così. The Way Out fu infatti elaborato da Hillaire Belloc in un frangente della storia molto simile a quello attuale.

 

La grande crisi del 1929, soprattutto nelle nazioni permeate dal liberal-capitalismo, aveva aperto ferite sociali ed economiche che erano ben lungi dall’essere state rimarginate, proprio come succede oggi dopo la crisi sistemica del 2007. Nei Paesi in cui la finanza internazionale svolgeva un ruolo centrale nella gestione degli affari e della politica, le diseguaglianze sociali si erano allargate e la ricchezza confluiva inesorabilmente nelle mani di un gruppo sempre più ristretto di persone, proprio come avviene ora. La maggioranza della popolazione, soggetta a gravi privazioni economico-sociali, ad una costante instabilità lavorativa, ai continui scandali del sistema partitocratico, aveva ormai perso ogni reale fiducia nel sistema di rappresentanza politica allora dominante, proprio come oggi è universalmente diffuso il malcontento verso le principali istituzioni che regolano la nostra esistenza.

L’opposizione capitalismo-socialcomunismo è una falsa opposizione in quanto si tratta di due diverse modalità di manifestazione di una stessa realtà, due facce di una stessa medaglia che, dopo un periodo di falsa alternanza durata per decenni, sono destinate ad avviarsi verso una fase finale di sostanziale alleanza, costituendo lo Stato Servile

 

 

Senza scomodare le teorie stoiche e poi nietzschiane dell’eterno ritorno, è indubbio che la situazione in cui lo storico, giornalista, scrittore e politico cattolico Hilaire Belloc scriveva, presentava certamente elementi di analogia con quella attuale ma la ragione che rende il suo libro quanto mai attuale non sta solo in questo ma anche e soprattutto nello sguardo, nella prospettiva che Belloc suggerì circa un secolo fa, una prospettiva che, cogliendo alcune dimensioni atemporali, o meglio sovra-temporali, del vivere civile,  è in grado di offrire paradigmi interpretativi utilissimi a comprendere quanto sta succedendo oggi e soprattutto di indicare una possibile via di uscita -da cui il titolo- all’impasse della crisi generalizzata in cui ci troviamo.

 

Le pagine di Belloc non rappresentano infatti tanto un’analisi specifica e omnicomprensiva del quadro sociale di allora, sforzo che avrebbe richiesto una mole di dati ben superiore a quelli contenuti in questo volume, ma un’agile e ben organizzata mappa in grado di orientare il viaggiatore/lettore nel territorio delle problematiche di quei tempi che, guarda caso, sono gli stessi di oggi. La mappa non è uno strumento che in sé può esaurire tutta la complessità e il dinamismo della realtà/ territorio ma è in grado invece di offrire un orientamento, di chiarire quali siano i punti cardinali in base a cui muoversi, la direzione da intraprendere alla luce dei principali elementi presenti.

 

Senza mappa si rischia di girare a vuoto, di prendere strade sbagliate che non portano a nulla, di non raggiungere la meta voluta. Così, sembra suggerire Belloc, senza una visione chiara ed unitaria di quello che è il senso e la direzione di marcia dei vari avvenimenti economici, politici e sociali si rischia di essere sommersi e sopraffatti dal mero resoconto dei fatti e da un eccesso di informazioni, senza più la capacità di coglierne il significato profondo.

 

Fortemente radicato nella tradizione del pensiero realista aristotelico-tomista e grande estimatore delle encicliche sociali Rerum Novarum (1891) e Quadragesimo Anno (1931) e del pensiero sociale cattolico in generale, Belloc, insieme a tutti gli autori distributisti suoi contemporanei, aveva infatti cercato di andare oltre le apparenze della fenomenologia del vivere sociale per coglierne invece le essenze che ne orientano gli scopi e le direzioni.

 

Nelle circa centossessanta pagine del suo libro, Belloc, con un linguaggio molto semplice ed immediato, ci dice che l’essenza del capitalismo e del social-comunismo, contrariamente alle apparenze, di fatto è la stessa e che essa coincide con la tendenza a concentrare potere politico e proprietà produttiva nelle mani di pochi, siano questi pochi gli esponenti di un’oligarchia economico-finanziaria, nel caso del capitalismo, o di una burocrazia statalista e partitocratica, nel caso del social-comunismo.

Belloc fu in grado di prevedere, quasi un secolo fa, quello che sta succedendo oggi davanti  ai nostri occhi, cioè la convergenza tra grande capitale e grande Stato in un sistema in cui il cittadino medio viene sempre più spossessato di ogni potere politico reale e di ogni proprietà produttiva, per finire col tornare ad essere quel servo e quello schiavo che era stato durante i lunghi secoli del mondo pagano.

 

L’opposizione capitalismo-socialcomunismo è quindi una falsa opposizione in quanto si tratta di due diverse modalità di manifestazione di una stessa realtà, due facce di una stessa medaglia che, dopo un periodo di falsa alternanza durata per decenni, sono destinate ad avviarsi verso una fase finale di sostanziale alleanza, costituendo lo Stato Servile.

 

Belloc fu cioè in grado di prevedere, quasi un secolo fa, quello che sta succedendo oggi davanti  ai nostri occhi, cioè la convergenza tra grande capitale e grande Stato in un sistema in cui il cittadino medio viene sempre più spossessato di ogni potere politico reale e di ogni proprietà produttiva, per finire col tornare ad essere quel servo e quello schiavo che era stato durante i lunghi secoli del mondo pagano.

 

Rimanendo in Italia, si chiariscono così eventi apparentemente inspiegabili quali la vicinanza del partito erede del PCI al mondo della finanza nazionale ed internazionale, il fatto che esponenti di spicco del PD – quali Prodi ed Enrico Letta –  partecipino a gruppi elitari come il Gruppo Bilderberg e collaborino con banche speculative internazionali quali Goldman Sachs, mentre sembra abbiano completamente abbandonato i progetti di riscatto del mondo del lavoro rispetto a quello del capitale, accettando come un bene supremo ed intangibile la prevalente separazione tra capitale e lavoro, tra lavoratori e proprietari.

 

Nel suo libro Belloc descrive già allora le figure del piccolo agricoltore, dell’artigiano, del piccolo imprenditore e del piccolo negoziante come vere e proprie specie in via d’estinzione, da tutelare e difendere in nome della libertà economica e della prosperità generale, contro le tendenze monopoliste del grande capitale e del grande Stato.

 

Descrive le gilde o corporazioni di arti e mestieri come l’unica soluzione plausibile e realistica alla gestione del potere da parte di istituzioni fortemente ideologizzate e lontane dalla gente, quali i partiti, nella maggior parte dei casi legate a doppio filo con gli interessi dell’oligarchia economica.

 

Descrive una moneta libero da debito ed interesse quale sensata alternativa al denaro-debito imposto dalla speculazione delle grandi banche, che con il loro potere di emissione e di credito di fatto controllano e gestiscono la maggioranza delle attività umane, politica, informazione ed educazione comprese.

Si chiariscono così eventi apparentemente inspiegabili quali la vicinanza del partito erede del PCI al mondo della finanza nazionale ed internazionale, il fatto che esponenti di spicco del PD – quali Prodi ed Enrico Letta –  partecipino a gruppi elitari come il Gruppo Bilderberg e collaborino con banche speculative internazionali quali Goldman Sachs, mentre sembra abbiano completamente abbandonato i progetti di riscatto del mondo del lavoro rispetto a quello del capitale, accettando come un bene supremo ed intangibile la prevalente separazione tra capitale e lavoro, tra lavoratori e proprietari

 

Come non pensare a quanto sta avvenendo oggi, al grido disperato dei ristoratori e delle partite IVA, dei piccoli commercianti, dei liberi professionisti ed in generale dei lavoratori autonomi, che si sentono abbandonati dai partiti nelle mani di un mercato gestito dai pochi monopolisti delle grandi multinazionali, che risultano sempre e comunque tutelati e supportati dall’apparato legislativo statale.

 

Si vuol far credere che l’estinzione della piccola proprietà sia il prodotto di una sorta di selezione naturale basata sulle ferree leggi naturali del mercato mentre in realtà si tratta del fatto che un’intera classe politica, cedendo alle pressioni dei signori del denaro, ha di fatto abbandonato ogni seria ed autentica progettualità, per ripetere pappagallescamente i mantra loro imposti dalle varie centrali di potere saldamente nelle mani dell’oligarchia finanziaria. Così, parità di genere, svolta digitale e rivoluzione verde sono assurti a priorità incontestabili, prendendo il posto di principi basilari quali giustizia ed equità.

 

Quegli esponenti di partito che sporadicamente si battono per tutelare i residui interessi dei piccoli proprietari ingaggiano in realtà una battaglia già persa in partenza, all’insegna per lo più della conquista del consenso elettorale a breve termine ma priva di una chiara visione politica d’insieme in grado di condurre un’opposizione serrata, coerente e ferma all’avanzata dello Stato Servile.

 

Così i partiti scendono in piazza insieme ai ristoratori ma poi non fanno nulla per ridare dignità politica ai ristoratori stessi, organizzandoli in gilde o corporazioni e consentendogli di recuperare la capacità e la libertà di gestire e regolare al massimo grado, attraverso un’ampia partecipazione dal basso basata anche sulle competenze, il loro ambito socio-lavorativo.

 

Politicanti di vario colore si schierano accanto ai piccoli agricoltori della piana di Vittoria ma poi rimangono indifferenti di fronte alla legislazione nazionale ed europea che favorisce la grande distribuzione e le grandi multinazionali alimentari contro gli interessi delle aziende a conduzione famigliare. Mentre si cerca di tutelare il posto dei lavoratori delle grandi industrie, non si fa nulla per salvaguardarli strutturalmente dall’arbitrio del capitale speculativo, favorendone il passaggio da lavoratori a lavoratori-proprietari, ma si osanna inesorabilmente come salvatore della patria il grande capitale, estero o italiano che sia, in una sterile coazione a ripetere che non ha alcuna realistica via d’uscita. Gli esempi di questo tipo potrebbero essere infiniti.

 

Nel suo libro Belloc descrive già allora le figure del piccolo agricoltore, dell’artigiano, del piccolo imprenditore e del piccolo negoziante come vere e proprie specie in via d’estinzione, da tutelare e difendere in nome della libertà economica e della prosperità generale, contro le tendenze monopoliste del grande capitale e del grande Stato

Come non pensare all’attualità del concetto di capitalismo assistenziale, che per Belloc costituisce una delle forme più evolute, perfide e sotterranee di Stato Servile, quando si assiste un po’ da tutti i podi dei vari partiti al richiamo insistente e ripetuto alla necessità dell’intervento massiccio statale in tutte le sfere della vita sociale, famiglia inclusa.

 

Quello che Belloc contesta non è certo l’attuazione del principio di solidarietà ma la tendenza a trasformare ogni attore sociale, in un modo o nell’altro, in un dipendente statale, dove la parola «dipendente» dice già tutto sulla perdita di quello che per Belloc stesso rimane uno dei massimi valori: la libertà, una libertà intesa non gnosticamente come liberazione da tutti i vincoli ma come pieno compimento della propria verità di uomini e donne.

 

Al capitalismo assistenziale, che lascia inalterato lo squilibrio dei rapporti di forza tra capitale e lavoro e poi concede un’elemosina di sopravvivenza alla maggior parte della popolazione, Belloc oppone così la solidarietà concreta delle gilde o corporazioni di arti e mestieri, vicine ai territori e gestite dalla gente, in grado di venire incontro capillarmente ai bisogni reali dei singoli individui.

 

Belloc dipinge poi nel suo libro una serie di pennellate che ci avvicinano alla concretezza della vita socio-lavorativo, pennellate che richiamano ad una prospettiva basata su pochi ed elementari principi, i principi distributisti di equità e giustizia sociale.

 

Tali principi non rimangono sterili rimandi ad un mondo astratto di valori – secondo una certa logica che purtroppo ha permeato numerosi ambienti cattolici – ma si incarnano concretamente intorno a pochi paradigmi in grado di orientare fattivamente l’azione, quali appunto l’unità tra capitale e lavoro e la massima possibile diffusione della proprietà produttiva, la restituzione di poteri politici reali ai lavoratori attraverso le gilde o corporazioni di arti e mestieri, l’abolizione del denaro-debito bancario e l’introduzione di una moneta libera da debito ed interesse.

 

Si vuol far credere che l’estinzione della piccola proprietà sia il prodotto di una sorta di selezione naturale basata sulle ferree leggi naturali del mercato mentre in realtà si tratta del fatto che un’intera classe politica, cedendo alle pressioni dei signori del denaro, ha di fatto abbandonato ogni seria ed autentica progettualità, per ripetere pappagallescamente i mantra loro imposti dalle varie centrali di potere saldamente nelle mani dell’oligarchia finanziaria

La proposta di Belloc in fondo è semplicemente quella di prendere sul serio la realtà che ci circonda e cogliere in profondità l’ordine intrinseco e finalistico che da essa traspare, riscoprendo così, grazie alla retta ragione, che il mondo in cui viviamo può tornare ad essere un kosmos, un tutto ordinato intorno a sani principi, piuttosto che quella giungla della selezione naturale così ben descritta da Darwin.

 

Quest’ultimo infatti, nella metà del XIX secolo, uscito dagli ambienti visceralmente anticattolici della Royal Society londinese, traspose più o meno consapevolmente in chiave naturalistica quella filosofia della legge del più forte che si era già imposta da secoli sul piano socio-economico e politico con il capitalismo e che mancava ancora di ogni forma di riconosciuta autorevolezza.

 

Non è un caso quindi che il fondatore del distributismo e grande amico di Belloc, G.K.Chesterton, fu definito, in alternativa a questa deviazione della ragione, il profeta del senso comune.

 

Il Distributismo. La Via di Uscita dallo Stato Servile rappresenta quindi un antidoto quanto mai necessario ai mali del mondo moderno, in grado di risvegliare le coscienze sopite dei nostri contemporanei a quei valori di sempre che da molto tempo sembrano eclissati ma che non aspettano altro che di essere riscoperti per riplasmare ancora la vita delle nostre comunità.

 

 

Mattteo Mazzariol

 

 

Articolo previamente apparso su Ricognizioni

 

 

 

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Economia

Stablecoin e derivati cripto minacciano l’equilibrio economico e funzionario

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Il 6 ottobre, l’Institute for New Economic Thinking, un think tank no-profit con sede a New York fondato nel 2009 dopo la crisi finanziaria del 2007-2008, ha pubblicato un lungo articolo accademico di Arthur E. Wilmarth, professore emerito di diritto alla George Washington University e autore del libro del 2020 Taming the Megabanks: Why We Need a New Glass-Steagall Act.

 

L’articolo, che merita una lettura completa, conferma molte delle analisi sulla pericolosità delle stablecoin e sul GENIUS Act (Guiding and Establishing National Innovation for U.S. Stablecoins Act), una legge federale degli Stati Uniti che mira a creare un quadro normativo completo per le stablecoin.

 

«Il GENIUS Act autorizza le società non bancarie a emettere stablecoin non assicurate al pubblico, senza le garanzie essenziali fornite dall’assicurazione federale sui depositi e dalle normative prudenziali che disciplinano le banche assicurate dalla FDIC. Inoltre, il GENIUS Act conferisce alle autorità di regolamentazione federali e statali ampia autorità per consentire agli emittenti di stablecoin non bancarie di vendere al pubblico derivati ​​crittografici ad alta leva finanziaria e altri investimenti speculativi in ​​criptovalute» scrive lo Wilmarth.

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«Le stablecoin sono utilizzate principalmente come strumenti di pagamento per speculare su criptovalute con valori fluttuanti, con circa il 90% dei pagamenti in stablecoin collegati a transazioni in criptovalute. Le stablecoin sono anche ampiamente utilizzate per condurre transazioni illecite. Nel 2023, le stablecoin sono state utilizzate come strumenti di pagamento per il 60% delle transazioni illegali in criptovaluta (tra cui truffe, ransomware, evasione dei controlli sui capitali, riciclaggio di denaro ed evasione fiscale) e per l’80% di tutte le transazioni in criptovaluta condotte da regimi sanzionati e gruppi terroristici».

 

«Più di 20 stablecoin sono crollate tra il 2016 e il 2022» dichiaro lo studioso nell’articolo.

 

«Quando un gran numero di investitori si trova improvvisamente costretto a liquidare le proprie stablecoin, deve fare affidamento sulla capacità degli emittenti e degli exchange di stablecoin di riscattare rapidamente le stablecoin al valore “ancorato” di 1 dollaro per moneta. Il GENIUS Act consente agli emittenti di stablecoin non bancari di detenere tutte o la maggior parte delle loro riserve in strumenti finanziari non assicurati, come depositi bancari non assicurati, fondi del mercato monetario (MMF) e accordi di riacquisto (repos).

 

«Il GENIUS Act consente inoltre agli emittenti di stablecoin non bancari di vendere al pubblico una gamma potenzialmente illimitata di derivati ​​crypto e altri investimenti in criptovalute approvati dalle autorità di regolamentazione federali e statali come “accessori” alle attività dei fornitori di servizi di criptovalute. I derivati ​​crittografici, inclusi futures, opzioni e swap, rappresentano circa tre quarti di tutta l’attività di trading di criptovalute e la maggior parte delle negoziazioni di derivati ​​crittografici avviene su borse estere non regolamentate. I contratti futures crittografici perpetui consentono agli investitori di effettuare scommesse a lungo termine con elevata leva finanziaria sui movimenti dei prezzi delle criptovalute senza possedere le criptovalute sottostanti».

 

«L’esplosione di derivati ​​crittografici ad alto rischio e di altri investimenti crittografici rischiosi è gonfiare una bolla crypto “Subprime 2.0” generando molteplici scommesse ad alto rischio su cripto-asset estremamente volatili, privi di asset tangibili sottostanti o flussi di cassa indipendenti» avverte lo Wilmarth. «Ciò causerà quasi certamente un crollo simile, con potenziali effetti devastanti sul nostro sistema finanziario e sulla nostra economia. Le agenzie federali saranno molto messe alle strette per contenere un simile crollo con salvataggi paragonabili a quelli del 2008-09 e del 2020-21».

 

«Dato l’enorme debito del governo federale, l’attuazione di tali salvataggi innescherà probabilmente una crisi nel mercato dei titoli del Tesoro e un significativo deprezzamento del dollaro statunitense» conclude lo studioso.

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Economia

Importatori indiani pagano petrolio russo in yuan

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Le compagnie indiane importatrici di petrolio hanno iniziato a utilizzare lo yuan per pagare direttamente le forniture di greggio russo. Lo riporta The Cradle.   Secondo quanto riportato anche dall’agenzia Reuters, vi sono stati recenti pagamenti in yuan da parte dell’Indian Oil Corporation per «due o tre carichi di petrolio russo». In precedenza, i commercianti dovevano convertire i pagamenti in dirham (Emirati Arabi Uniti) o dollari in yuan, poiché questi ultimi possono essere convertiti direttamente in rubli per pagare i produttori russi.   Ora, secondo «fonti informate» citate da Reuters, si cerca di eliminare questo passaggio costoso. I pagamenti in yuan aumenteranno la disponibilità di petrolio russo per le raffinerie statali indiane, poiché alcuni commercianti russi rifiutavano altre valute.   I commercianti russi e la banca centrale russa si erano opposti all’accumulo di grandi saldi in rupie indiane, derivanti dagli elevati acquisti di petrolio, dato che le esportazioni indiane verso la Russia, pur in crescita in settori come ingegneria e farmaceutica, non bilanciavano le importazioni di greggio.   Questo passaggio ai pagamenti in yuan, di cui non è chiaro il periodo di attuazione, risulta vantaggioso sia per l’India che per la Russia, che necessita di yuan per il commercio con la Cina.   Dato il notevole deficit commerciale dell’India con Russia e Cina, è probabile che la sua Banca Centrale ottenga yuan attraverso una linea di swap con la Banca Popolare Cinese.

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Cina

La Cina impone controlli sulle esportazioni di tecnologie legate alle terre rare

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Il ministero del Commercio cinese, ha annunciato il 9 ottobre che imporrà controlli sulle esportazioni di tecnologie legate alle terre rare per proteggere la sicurezza e gli interessi nazionali. Lo riporta il quotidiano del Partito Comunista Cinese in lingua inglese Global Times.

 

Questi controlli riguardano «l’estrazione, la fusione e la separazione delle terre rare, la produzione di materiali magnetici e il riciclaggio delle risorse secondarie delle terre rare». Le aziende potranno richiedere esenzioni per casi specifici. In assenza di esenzioni, il ministero della Repubblica Popolare obbligherà gli esportatori a ottenere licenze per prodotti a duplice uso non inclusi in queste categorie, qualora sappiano che i loro prodotti saranno utilizzati in attività connesse alle categorie elencate.

 

Il precedente tentativo del presidente statunitense Donald Trump di avviare una guerra tariffaria con la Cina si è rivelato un fallimento, principalmente a causa del dominio preponderante della Cina nell’estrazione e nella lavorazione dei minerali delle terre rare. Delle 390.000 tonnellate di ossidi di terre rare estratti nel 2024, la Cina ne ha prodotte circa 270.000, rispetto alle 45.000 tonnellate degli Stati Uniti, e detiene circa l’85% della capacità di raffinazione globale.

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La decisione odierna della Cina avrà certamente un impatto a Washington, soprattutto in vista dell’incontro tra i presidenti Donald Trump e Xi Jinping previsto per fine mese. Oggi si è registrata una corsa all’acquisto delle azioni di MP Materials, il principale concorrente statunitense della Cina nella produzione di terre rare.

 

All’inizio dell’anno, il dipartimento della Difesa statunitense aveva investito in MP Materials, dopo che Trump aveva evidenziato il divario tra Stati Uniti e Cina. Tuttavia, tale investimento è stato considerato insufficiente e tardivo.

 

Come riportato da Renovatio 21, nel 2024 i dati mostravano che i profitti sulla vendita delle terre rare cinesi erano calati. È noto che Pechino sostiene l’estrazione anche illegale delle sostanze anche in Birmania.

 

Secondo alcune testate, tre anni fa vi erano sospetti sul fatto che il Partito Comunista Cinese stesse utilizzando attacchi informatici contro società di terre rare per mantenere la sua influenza nel settore.

 

Le terre rare, considerabili come sempre più necessarie nella corsa all’Intelligenza Artificiale, sono la centro anche del turbolento accordo tra l’amministrazione Trump e il regime di Kiev.

 

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