Geopolitica
Il Cremlino: «stiamo affrontando l’intera NATO in Ucraina»
Mosca non è in guerra con Kiev, ma invece lo scontro è un tentativo dell’Occidente di usare gli ucraini nella sua situazione di stallo con la Russia.
Il segretario del Consiglio di sicurezza russo Nikolaj Patrushev ha rilasciato dichiarazioni profonde e provocatorie affermando che non è fondamentalmente l’Ucraina con cui la Russia è in guerra, ma che l’esercito russo sta affrontando tutta la NATO all’interno dell’Ucraina.
«Gli eventi in Ucraina non sono uno scontro tra Mosca e Kiev. È uno scontro militare della NATO, in primis Stati Uniti e Gran Bretagna, con la Russia. Temendo un impegno diretto, gli istruttori della NATO spingono gli uomini ucraini a morte certa», ha affermato Patrushev in una nuova intervista al quotidiano statale Aif.ru.
Patrushev ha continuato descrivendo l’esercito russo come orientato a cercare di «liberare le sue regioni dall’occupazione e deve porre fine al sanguinoso esperimento dell’Occidente per distruggere il popolo fraterno dell’Ucraina».
Come riporta TASS, il segretario del Consiglio di sicurezza ha dichiarato che «non siamo in guerra con l’Ucraina perché non possiamo avere odio per gli ucraini comuni per impostazione predefinita», per poi definire la tradizione russa e ucraina come strettamente legate.
«Capitelo: la lingua ucraina è una delle lingue ufficiali in Crimea. Centri culturali ucraini, gruppi di canti e balli popolari ucraini continuano ad esistere in molte città. Un numero considerevole di persone nel sud dell’Estremo Oriente considera la cultura ucraina come la loro propria cultura, data una grande percentuale di migranti dai tempi di Stolypin», ha detto Patrushev riferendosi a Petr Stolypin, un primo ministro dell’Impero russo all’inizio del 1900, che ha supervisionato una politica di reinsediamento.
«Prima il popolo ucraino si renderà conto che l’Occidente lo sta usando per condurre una guerra contro la Russia, più vite saranno salvate (…) Molti lo hanno capito molto tempo fa, ma hanno paura di dirlo pubblicamente per paura di rappresaglie. Non fa parte dei piani dell’Occidente salvare la vita di qualcuno a scapito del suo arricchimento e di altre ambizioni. Anche così, gli americani, gli inglesi e gli altri europei spesso creano l’illusione di proteggere la civiltà dai barbari».
Il Patrushev ha poi fatto riferimento ai continui tentativi sostenuti dall’Occidente di Kiev di rendere illegale la lingua e la cultura russa, che ha un impatto diretto su milioni di persone nella regione: «tutta questa storia con l’Ucraina è stata progettata da Washington per provare le tecnologie per dividere un popolo che è uno seminando discordia».
«A milioni di persone è proibito parlare russo, la loro lingua madre, e sono costretti a impegnarsi nell’oblio delle proprie origini. L’Occidente, per servire le sue ambizioni, sta praticamente decimando il popolo ucraino, costringendo la vigorosa generazione a morire sul campo di battaglia e portando il resto della gente alla povertà».
Come sottolineato da Renovatio 21, è che anche su un piano non-militare, l’attuale situazione Ucraina è di fatto uno scontro tra Mosca e l’Occidente nelle sue forme, come pienamente visibile nel braccio di ferro – o meglio, nel chicken game – riguarda all’energia e alla finanza: fino a che punto l’Europa potrà permettersi di tenere chiuso il rubinetto del gas russo? Fino a che punto accetteremo crisi economica, docce fredde, appartamenti invivibili per la temperatura? Fino a che punto tollereremo la chiusura delle nostre aziende? Fino a che punto gli europei non si ribelleranno dinanzi alle bollette mostruose?
Questo è uno dei giochi in corso con Mosca. E l’esito può essere colossale, storico. Se una Germania, un’Italia, o un altro Paese uscissero dall’allineamento anti-Mosca, perché provate dalla follia ucraina e dalle sue conseguenze, potrebbe avviarsi il processo di dissoluzione della NATO e financo della UE.
Questo, secondo Renovatio 21, è il motivo per cui Putin sta facendo durare così a lungo una guerra che era iniziata con 65 chilometri di carrarmati arrivati praticamente nella capitale Kiev, per poi fare retro marsch.
Qualcuno che si è chiesto il perché?
Qualcuno che si renda conto che l’obbiettivo, oltre che il regime di Kiev, siamo indirettamente proprio noi?
Geopolitica
Turchia, effigie di Netanyahu appesa a una gru: «pena di morte»
Un’effigie raffigurante il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è stata avvistata appesa a una gru edile nel Nord-Est della Turchia, suscitando forte indignazione in Israele.
Secondo la stampa turca, l’episodio si è verificato sabato in un cantiere nella città di Trebisonda, sul Mar Nero. L’iniziativa sarebbe stata organizzata da Kemal Saglam, docente di comunicazione visiva presso un’università locale. Saglam ha dichiarato ai media turchi che il gesto aveva un intento simbolico, volto a denunciare le violazioni dei diritti umani a Gaza.
Le immagini, diffuse viralmente e riportate anche dal quotidiano turco Yeni Safak, mostrano la figura sospesa alla gru, accompagnata da uno striscione con la scritta: «Pena di morte per Netanyahu».
Il ministero degli Esteri israeliano, tramite un post su X, ha condiviso un video dell’incidente, accusando un accademico turco di aver creato l’effigie «con il fiero sostegno di un’azienda statale». Il ministero ha condannato l’atto, sottolineando che «le autorità turche non hanno denunciato questo comportamento scandaloso».
Turkish academic creates model of hanged 🇮🇱PM Netanyahu, with a “Death Penalty” sign. Proudly aided by a state company.
Turkish authorities have not disavowed this disgraceful behavior.
In Erdoğan’s Turkey, hatred & antisemitism isn’t condemned. It’s celebrated. pic.twitter.com/19MALpzEEW
— Israel Foreign Ministry (@IsraelMFA) October 26, 2025
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Le autorità turche non hanno ancora fornito una risposta ufficiale.
I rapporti diplomatici tra Israele e Turchia sono tesi da anni e si sono ulteriormente deteriorati dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha accusato Netanyahu di aver commesso un «genocidio» a Gaza.
La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.
Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.
Come riportato da Renovatio 21, i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.
Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.
La Turchia ha avuto un ruolo attivo nei recenti negoziati per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi, con diversi rapporti che indicano come l’influenza di Ankara su Hamas abbia facilitato il rilascio degli ostaggi nell’ambito del piano in 20 punti del presidente statunitense Donald Trump.
Venerdì, Erdogan ha dichiarato alla stampa che gli Stati Uniti dovrebbero intensificare le pressioni su Israele, anche attraverso sanzioni e divieti sulla vendita di armi, per garantire il rispetto degli impegni presi nel piano di Trump.
Domenica, Netanyahu ha annunciato che Israele deciderà quali forze straniere potranno partecipare alla missione internazionale proposta per Gaza, prevista dal piano di Trump per garantire il cessate il fuoco. La settimana precedente, aveva lasciato intendere che si sarebbe opposto a qualsiasi coinvolgimento delle forze di sicurezza turche a Gaza.
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Immagine screenshot da Twitter; modificata
Droga
Trump punta ad attaccare le «strutture della cocaina» in Venezuela
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Geopolitica
Thailandia e Cambogia firmano alla Casa Bianca un accordo di cessate il fuoco
Cambogia e Thailandia hanno siglato un accordo di cessate il fuoco ampliato per porre fine a un violento conflitto di confine scoppiato a inizio anno. La cerimonia di firma, tenutasi domenica, è stata presieduta dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che aveva mediato la tregua iniziale.
Le tensioni storiche tra i due Paesi del Sud-est asiatico, originate da dispute territoriali di epoca coloniale, sono esplose a luglio con cinque giorni di scontri armati, che hanno spinto centinaia di migliaia di persone a fuggire dalla zona di confine. Un incontro ospitato dalla Malesia aveva portato a una prima tregua, segnando l’inizio della de-escalation.
Trump ha dichiarato di aver sfruttato i negoziati commerciali con entrambi i paesi per favorire una riduzione delle tensioni.
HISTORIC PEACE BETWEEN THAILAND & CAMBODIA.
President Trump and Malaysia’s Prime Minister Anwar Ibrahim hosted the Prime Ministers of Thailand and Cambodia for the signing of the ‘Kuala Lumpur Peace Accords’—a historic peace declaration. pic.twitter.com/BZRJ2b2KLY
— The White House (@WhiteHouse) October 26, 2025
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Durante il 47° vertice dell’ASEAN in Malesia, il primo ministro cambogiano Hun Manet e il primo ministro thailandese Anutin Charnvirakul hanno firmato l’accordo, che amplia la tregua di luglio.
Il documento stabilisce un piano per ridurre le tensioni e assicurare una pace stabile al confine, prevedendo il rilascio di 18 soldati cambogiani prigionieri da parte della Thailandia, il ritiro delle armi pesanti, l’avvio di operazioni di sminamento e il contrasto alle attività illegali transfrontaliere.
Dopo la firma, il primo ministro thailandese ha annunciato l’immediato ritiro delle armi dal confine e il rilascio dei prigionieri di guerra cambogiani, insieme a un’intesa commerciale congiunta. Il primo ministro cambogiano ha lodato l’accordo, impegnandosi a rispettarlo e ringraziando Trump per il suo ruolo, proponendolo come candidato al Premio Nobel per la Pace del prossimo anno.
Trump ha definito l’accordo «monumentale» e «storico», sottolineando il suo contributo e descrivendo la mediazione di pace come «quasi un hobby». Dopo la cerimonia, ha firmato un accordo commerciale con la Cambogia e un importante patto minerario con la Thailandia.
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