Connettiti con Renovato 21

Economia

Il Cremlino dice che gli USA tentano di bloccare le esportazioni di gas russo verso l’UE

Pubblicato

il

L’ultimo giro di sanzioni statunitensi contro le istituzioni finanziarie russe, che prendono di mira specificatamente Gazprombank, è un tentativo di bloccare le forniture di gas della Russia all’UE, ha dichiarato venerdì il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov. Il prestatore è la banca principale della Russia per le transazioni legate all’energia.

 

Peskov ha avvertito che Mosca risponderà alle restrizioni con delle contromisure, senza però specificare in cosa consisteranno.

 

Le osservazioni del portavoce del Cremlino seguono un annuncio dell’Office of Foreign Assets Control (OFAC) degli Stati Uniti di giovedì, che ha affermato che Gazprombank e sei delle sue sussidiarie internazionali erano state aggiunte alla sua lista nera delle sanzioni. Gazprombank era già stata sanzionata dal Regno Unito e dal Canada poco dopo l’escalation del conflitto in Ucraina nel 2022. Tuttavia, gli Stati Uniti avevano precedentemente evitato di imporre restrizioni al prestatore poiché era utilizzato dagli stati dell’UE per pagare il gas russo.

Iscriviti al canale Telegram

Alla domanda se il Cremlino vedesse le sanzioni a Gazprombank come un tentativo di mettere a repentaglio le forniture di gas russo all’Europa e se Mosca pianificasse una risposta, Peskov ha risposto: «La risposta è “Sì” a entrambe le domande».

 

Il portavoce ha sottolineato che le autorità russe stanno già lavorando per trovare soluzioni volte ad alleviare i problemi che le nuove restrizioni potrebbero causare alla Russia e ai suoi acquirenti di gas stranieri.

 

«Certo, troveremo delle opzioni. È impossibile introdurre misure di blocco complete contro un paese come la Russia. Potrebbe volerci del tempo, ma una soluzione verrà comunque trovata», ha detto il Peskov.

 

Le nuove misure significano che Gazprombank non può più effettuare transazioni che coinvolgono il sistema finanziario basato sul dollaro. Gazprombank ha affermato in precedenza che le sanzioni non avrebbero influenzato le sue operazioni in Russia, ma ha avvertito che le sue carte UnionPay potrebbero smettere di funzionare al di fuori del Paese.

 

Oltre a Gazprombank, le nuove restrizioni statunitensi hanno preso di mira anche più di 50 piccoli e medi istituti di credito russi, circa 40 conservatori del registro dei titoli e 15 funzionari finanziari.

 

Dopo l’escalation del conflitto in Ucraina nel 2022, l’UE ha dichiarato che l’eliminazione della sua dipendenza dall’energia russa sarebbe stata la sua massima priorità. Molti stati membri, tra cui Polonia, Bulgaria, Finlandia, Paesi Bassi e Danimarca, hanno volontariamente interrotto le loro importazioni.

 

Tuttavia, diverse nazioni dell’UE, tra cui Austria, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca e Italia, continuano a fare affidamento sul gas russo per soddisfare il loro fabbisogno energetico e non hanno smesso di acquistare la materia prima nonostante le pressioni dei pari all’interno del blocco – vi sarebbe anche vari casi in cui la quantità di gas russo importato è, invece che diminuita, aumentata, con panico di personaggi come certi deputati neerlandesi.

 

Il Regno di Spagna rimane uno dei principali importatori di gas russo. Secondo il vice priministro russo Aleksandr Novak, la Russia triplicherà le esportazioni di gas entro il 2030.

Acquista la t-shirt DONALD KRAKEN

Come riportato da Renovatio 21, il Regno del Belgio ha chiesto che la UE vieti del tutto l’idrocarburo di Mosca.

 

Mosca ha criticato le sanzioni occidentali come illegali e ha notato che continuano a ritorcersi contro i paesi che le impongono. La Russia si è anche gradualmente allontanata dal dollaro negli scambi commerciali, passando a transazioni che utilizzano valute nazionali con la maggior parte dei suoi partner internazionali e partecipando di fatto dalla de-dollarizzazione in corso nel pianeta.

 

Come riportato da Renovatio 21, è emerso che un investitore americano ha domandato di rilevare il gasdotto russo-tedesco Nord Stream 2 distrutto mesi fa.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine di Boevaya mashina via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

Continua a leggere

Economia

Orban: i burocrati di Bruxelles corrono in giro come polli in preda al panico

Pubblicato

il

Da

Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha aspramente criticato Bruxelles, accusando la leadership dell’UE di una gestione fallimentare in settori cruciali come l’economia, l’immigrazione e la sicurezza.   In un discorso tenuto presso i Digital Civic Circles, una rete di gruppi digitali che promuovono valori conservatori in Ungheria, ha dichiarato che il blocco UE è sull’orlo del collasso a causa delle carenze dei suoi attuali leader.   Sabato, il primo ministro ha descritto un quadro drammatico, parlando di «montagne di debiti, folle di migranti, violenza di strada, l’ombra sempre più oscura della guerra, licenziamenti di massa, costi dei servizi pubblici alle stelle, famiglie impoverite e burocrati di Bruxelles che corrono in giro come polli in preda al panico», elencando i problemi dell’UE.   Secondo Orban, l’UE non è riuscita a imporsi come una potenza globale credibile. Invece di affrontare queste sfide, l’Unione è diventata un simbolo di debolezza, indecisione e caos interno, ha sostenuto.   Il premier magiaro criticato quello che ha definito il «tragico» accordo commerciale con gli Stati Uniti firmato dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, aggiungendo che le politiche verdi dell’UE stanno «uccidendo l’industria europea». I prezzi dell’energia, ha osservato Orban, sono «da tre a quattro volte più alti» rispetto agli Stati Uniti, mentre Paesi come la Francia si avvicinano a livelli di debito insostenibili.   «L’Europa, come l’abbiamo conosciuta e amata, è finita», ha avvertito Orban. «Se lo neghiamo, perdiamo tempo. Se lo diciamo ad alta voce, guadagniamo tempo».

Sostieni Renovatio 21

Il politico ha contrapposto l’approccio di Budapest a quello di Bruxelles, evidenziando controlli più rigidi sull’immigrazione, una politica familiare legata all’occupazione e un sistema fiscale che, a suo dire, sostiene chi cerca lavoro.   Le critiche dell’Orbano, pur espresse in modo incisivo, si inseriscono in preoccupazioni più ampie condivise da economisti e analisti. Esperti del Fondo Monetario Internazionale e di altre istituzioni hanno avvertito che l’UE rischia una stagnazione a lungo termine.   Il FMI prevede una crescita dell’area dell’euro di appena lo 0,8% nel 2025 e dell’1,2% nel 2026, mentre il debito pubblico rimane vicino al 90% del PIL e i deficit superano il 3%, ben oltre i livelli pre-pandemia.   Come riportato da Renovatio 21, Orban aveva parlato di un possibile «collasso» dell’Unione Europea ancora due settimane fa, descrivendo una fase di «disintegrazione caotica e costosa» e avvertendo che il bilancio UE 2028-2035 «potrebbe essere l’ultimo se non cambia nulla».   «L’UE è attualmente sull’orlo del collasso ed è entrata in uno stato di frammentazione. E se continua così… passerà alla storia come il deprimente risultato finale di un esperimento un tempo nobile», ha dichiarato Orban ad un picnic civico annuale a Kotcse, proponendo di trasformare l’UE – definita sempre da lui due mesi fa come «debole e ridicola» – in «cerchi concentrici».   Ancora la scorsa estate fa Orban aveva denunciato come il bilancio di Brusselle potrebbe distruggere l’intero euroblocco, notando pure, in un’altra occasione, l’esistenza di un piano «progressista» per l’Europa di «sostituire il cristianesimo e la nazione».   Il premier di Budapest aveva altresì chiesto, con un tweet ironico, la defenestrazione del presidente della Comissione UE Ursula Von der Leyen all’altezza del voto di sfiducia dello scorso luglio.  

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine di © European Union, 1998 – 2025 via Wikimedia ripubblicata secondo indicazioni.
Continua a leggere

Economia

L’UE ha speso 8,7 miliardi di euro in importazioni dalla Russia in tre mesi

Pubblicato

il

Da

Nei primi tre mesi del 2025, gli Stati membri dell’UE hanno importato merci russe per 8,7 miliardi di euro (10,2 miliardi di dollari), secondo i dati dell’Istituto economico tedesco riportati dalla testata germanica Bild.

 

Nel primo trimestre, la bilancia commerciale UE-Russia ha favorito leggermente Mosca, con l’Unione che ha acquistato più di quanto ha venduto. Le principali importazioni, indicate dalla Bild, includono gas naturale per 4,4 miliardi di euro e petrolio greggio per 1,4 miliardi di euro.

 

Dopo l’escalation del conflitto in Ucraina nel febbraio 2022, l’UE ha annunciato l’intenzione di tagliare i legami economici con Mosca. Sebbene le importazioni di gas e petrolio russi siano diminuite, diversi Paesi UE continuano a dipendere dalla Russia per l’energia.

 

Alcuni Stati membri hanno visto le loro industrie perdere competitività globale passando a fonti energetiche più costose. Secondo la Bild, tra i principali prodotti importati nel 2025 ci sono anche fertilizzanti russi, ferro, acciaio e nichel.

Sostieni Renovatio 21

A inizio anno, la Commissione europea ha proposto la RePowerEU Roadmap, che prevede l’eliminazione graduale delle importazioni energetiche russe entro il 2027.

 

Ungheria e Slovacchia, fortemente dipendenti dall’energia russa, si sono opposte al piano, sostenendo che metterebbe a rischio la loro sicurezza energetica. A inizio settembre, il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto ha accusato alcuni Stati membri di «ipocrisia», affermando che acquistano «petrolio russo di nascosto» tramite intermediari asiatici.

 

Ad agosto, il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha ammesso che la Germania «non sta solo affrontando un periodo di debolezza economica, ma una crisi strutturale», citando il calo dei profitti delle case automobilistiche tedesche.

 

Ad aprile, la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha commentato le difficoltà economiche dell’UE, definendole «il vero costo dell’agenda anti-russa dell’UE». «La russofobia è un’ossessione costosa», ha dichiarato la diplomatica moscovita.

 

Come riportato da Renovatio 21, sette mesi fa era emerso che, ancora una volta, le importazioni UE di gas russo aumentano grandemente.

 

Il Cremlino ha lamentato a fine 2024 che gli USA avrebbero tentato di bloccare le esportazioni di gas russo verso la UE, che non ha mai in verità fermato gli acquisti. Diverse nazioni dell’UE, tra cui Austria, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca e Italia, continuano a fare affidamento sul gas russo per soddisfare il loro fabbisogno energetico e non hanno smesso di acquistare la materia prima nonostante le pressioni dei pari all’interno del blocco – vi sarebbe anche vari casi in cui la quantità di gas russo importato è, invece che diminuita, aumentata, con panico di personaggi come certi deputati neerlandesi.

 

Il Regno di Spagna rimane uno dei principali importatori di gas russo. Secondo il vice ministro russo Aleksandr Novak, la Russia triplicherà le esportazioni di gas entro il 2030.

Aiuta Renovatio 21

Come riportato da Renovatio 21, il Regno del Belgio ha chiesto che la UE vieti del tutto l’idrocarburo di Mosca. L’Austria ha invece richiesto una revisione del divieto europeo del gas russo; alcuni politici tedeschi pure.

 

La settimana scorsa è giunto l’ultimatum del presidente americano Donald Trump che ha intimato agli alleati NATO di non più comprare petrolio dalla Federazione russa.

 

Come riportato da Renovatio 21, due anni fa è emerso che gli USA acquistavano petrolio russo nonostante il divieto di importazione.

 

Due settimane fa il presidente ucraino Zelens’kyj ha dichiarato che non consentirà il transito verso la Slovacchia di petrolio e gas nella tratta ucraina degli oleodotti qualora essi fossero di origine russa.

 

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine © European Union, 2025 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International

 

Continua a leggere

Economia

Peggiora la bolla dell’economia USA

Pubblicato

il

Da

L’ultimo rapporto del Bureau of Labor Statistics del Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti, caduto in disgrazia, sull’inflazione dei prezzi al consumo ad agosto, pubblicato il 10 settembre, ha completato il quadro dell’economia americana in stagflazione; il dollaro è in calo del 10% rispetto alle principali valute nel 2025; e con non una, ma diverse grandi bolle del debito che crescono rapidamente verso quella che sembra una vera grande esplosione, che nel gergo finanziario usa chiamano bust, in opposizione a boom.   La questione che si pongono alcuni è che se la Casa Bianca di Trump voglia davvero questa discesa verso la recessione, per costringere la Federal Reserve ad abbassare i tassi di interesse. Il momento è delicato: le principali nazioni dei BRICS e della SCO stanno sfidando le pressioni economiche di Washington e stanno iniziando a costruire un sistema alternativo di commercio, credito e sviluppo   L’inflazione dei prezzi al consumo ha continuato la sua lenta ma costante crescita nel 2025: l’aumento complessivo dello 0,4% di agosto è stato il più grande di tutti i mesi dell’anno, così come l’inflazione su base annua, al 2,9% fino ad agosto.   Il contesto è caratterizzato da una crescita occupazionale media di sole 30.000 unità al mese nel secondo e terzo trimestre, dal continuo calo dell’occupazione nel settore manifatturiero e da un’improvvisa impennata delle richieste di disoccupazione di 40.000 unità, a 263.000 ad agosto.

Sostieni Renovatio 21

Per quanto riguarda l’inflazione, questa è sembrata in parte correlata ai dazi, con i prezzi di abbigliamento, generi alimentari e automobili che ad agosto sono aumentati dello 0,5-0,6%.   Tra gli altri fattori principali figurano le bollette elettriche, che sono aumentate improvvisamente a un tasso annuo del 5-6% nel 2025; e il settore immobiliare, in crescita dello 0,5% ad agosto. È scoppiata una bolla azionaria tecnologica, che ora sta crescendo in modo maniacale in previsione di importanti tagli dei tassi di interesse.   I cosiddetti Magnifici 7 giganti della tecnologia – Apple, Microsoft, Amazon, Alphabet, Meta, Nvidia, and Tesla – hanno registrato un aumento del 45% della capitalizzazione azionaria nel secondo e terzo trimestre dell’anno; l’indice complessivo dei titoli tecnologici è salito del 12%, raggiungendo i 25.000 miliardi di dollari, la metà dell’intero S&P 500; mentre il resto dei titoli dell’S&P 500 è salito solo dell’1% nel secondo e terzo trimestre.   Questa bolla tecnologica sta eguagliando il tasso di crescita della bolla del debito federale da 37,5 trilioni di dollari e della bolla dei prezzi immobiliari da 22 trilioni di dollari.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
   
Continua a leggere

Più popolari