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Il Cremlino commenta la storia del sosia di Putin
Il presidente russo Vladimir Putin non ha alcuna controfigura, contrariamente a quanto riportato da alcuni media occidentali, ha detto il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov, che anche respinto le sempiterne voci secondo cui il presidente sarebbe gravemente malato.
Ieri, parlando ai media russi, Peskov ha insistito: «no. Non ci sono sosia… Questo appartiene alla categoria delle assurde sciocchezze informative, di cui si discute con invidiabile tenacia da un certo numero di media». Tali affermazioni, dice «non regalano altro che un sorriso».
Il portavoce ha quindi liquidato come false le notizie apparse recentemente sui media occidentali, secondo le quali il capo di stato russo avrebbe problemi cardiaci.
«Sta assolutamente bene», ha assicurato Peskov ai giornalisti.
Martedì, il quotidiano britannico Mirror ha pubblicato un articolo, citando un canale Telegram russo anonimo chiamato General SVR, in cui si sosteneva che il presidente Putin aveva subito un arresto cardiaco e domenica sarebbe stato rianimato. Il giornale ha anche ripetuto l’affermazione secondo cui il Cremlino utilizza controfigure per alcune apparizioni pubbliche di Putin, comprese le visite all’estero.
Il Mirror ha notato, tuttavia, che il canale Telegram citato «non pubblica mai alcuna prova concreta a sostegno di tali affermazioni».
Il giornale ha poi citato un recente servizio televisivo giapponese, secondo il quale il presidente russo avrebbe dei sosia, avendo analizzato il suo volto, la sua camminata e la sua voce in molteplici apparizioni con l’aiuto dell’Intelligenza Artificiale. Il capo dei servizi segreti militari ucraini, Kirilo Budanov, ha fatto affermazioni simili negli ultimi mesi.
Diversi altri media occidentali hanno ripetutamente riferito che il capo di Stato russo è gravemente malato, o addirittura terminale, affetto da qualche forma di cancro.
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Lo scorso novembre, Associated Press e una serie di altri media occidentali hanno affermato che il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov era stato ricoverato in ospedale dopo il suo arrivo al vertice del G20 sull’isola indonesiana di Bali.
La portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova si è affrettata a condividere un video in cui si trovava con il ministro, che sembrava essere in buona salute, specificando che «semplicemente non potevamo credere ai nostri occhi» dopo aver visto le notizie false sui media.
Quella della malattia di Putin è una fake news ciclica che viene propalata, sempre con diversi personaggi e diverse patologie, dalla stampa internazionale, in particolare da quella britannica. Il ruolino di marcia in genere prevede uno «scoop» ottenuto dai tabloid grazie alle «rivelazioni» di qualche fuoriuscito dalla Russia.
La volontà di etichettare come patologico la condizione del presidente russo ha portato l’anno scorso all’indecenza giornalistica della «rabbia di Roid»: i giornali londinesi avevano scritto che Putin soffriva di «roid rage», fenomeno aneddotico che riguarderebbe il comportamento talvolta iroso di chi assume steroidi (abbreviati in inglese nella parola «roid»). I giornalisti italiani riportarono invece di una inaudita «rabbia di Roid», come se «roid» fosse un eminente scienziato che ha dato il nome alla sindrome, come Down, Alzheimer, Cushing, etc.
Quanto ai sosia, ricordiamo come si dicesse che anche Saddam e Gheddafi ne facessero uso, ma non vi è prova certa. L’idea che i capi di Stato possano servirsi di persone identiche è stata propinata da un’avvincente commedia americana degli anni Novanta, Dave presidente per un giorno, in cui un sosia del presidente viene indotto a prenderne temporaneamente il posto quando questi ha un ictus mentre stava con un’amante.
Vista oggi, la pellicola, non lontana dallo spirito del cinema di Frank Capra, sembra in realtà una piena accusa populista contro il Deep State e la «Permanent Washington» – lo Stato, dice il film, può essere governata meglio da un uomo qualunque, privo di esperienza politica, che da membri della casta di potere. Tale idea, fallita clamorosamente in Italia con la storia dei 5 stelle, si è realizzata stupendamente con la parabola, non ancora terminata, di Donald J. Trump.
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L’enigma dell’italofonia delle bici giapponesi
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Corrispondente di Renovatio 21 da Tokyo
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Arte
Bibita col DNA di Ozzy Osbourne disponibile con pagamento a rate
Una nuova partnership kitsch tra John «Ozzy» Osbourne e Liquid Death, il marchio di acqua in lattina, ha lanciato sul mercato una serie limitata di lattine di tè freddo infuso con il DNA del «reverendo rock».
Ovviamente il prodotto è andato subito a ruba ed è esaurito. Le lattine sono state tutte tracannate e schiacciate da Osbourne in persona, lasciando «tracce di DNA della sua saliva che ora potete possedere», secondo il sito web di Liquid Death.
Ma diciamoci la verità, non si compra lo scarto salivare di una rockstar per dissetarsi: lo si compra per fare necro-collezionismo probabilmente. Le leggende attorno al personaggio sono molteplici: si diceva che Ozzy fosse un mutante genetico, capace di resistere a secchiate di droga, alla rabbia per aver morso un pipistrello vivo e a un incidente quasi mortale in quad.
«Ozzy Osbourne è 1 su 1», recita il testo pubblicitario del sito, «ma stiamo vendendo il suo vero DNA così potrete riciclarlo per sempre».
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Ogni lattina viene consegnata in un «barattolo per campioni sigillato in laboratorio», etichettato con il nome del donatore, il numero del campione (su dieci) e la data del prelievo. Ozzy ha persino firmato il contenitore, apparentemente dando un assegno in bianco per qualsiasi futura clonazione.
«Ora, quando la tecnologia e la legge federale lo consentiranno, potrete replicare Ozzy Osbourne e godervi la sua musica per centinaia di anni nel futuro», si legge sul sito web. I pezzi disponibili sono solo 10 e sono stati venduti a 450 dollari ciascuno, anche in comode rate.
Vista la rarità del prodotto, il «bagarinaggio online» non poteva mancare: su eBay ce ne sono state due in vendita, ciascuna a migliaia di dollari.
Sui social media, i fan erano entusiasti della partnership di Ozzy con il suo brand, anche se il prezzo ha fatto storcere il naso a qualcuno. «Accidenti, avrei dovuto salvare il tuo DNA quando mi hai sputato addosso nell’84 durante un concerto alla LB Arena», ha scritto un fan su X.
Ozzy Osbourne, che da giovane sul palco aveva pure mangiato un pipistrello, è perito quattro mesi fa. Il fatto che fosse stato iniettato col vaccino COVID, che ci dicono venire da un chirottero di Wuhano, lo rende in qualche modo un personaggio simbolico della pandemica, e non solo di quella: alcuni hanno ipotizzato che la morte, avvenuta dopo una «lunga battaglia» (in genere dicono per qualche ragione così) contro il morbo di Parkinson, potrebbe costituire un caso di eutanasia.
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