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Necrocultura

Il cardinale, la DC e lo sterminio degli italiani

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Tendo a dimenticarmi, talvolta, che il cardinale Ruini è ancora qui.

 

Lui, tuttavia, ha ciclicamente modo di ricordarcelo, spuntando fuori sui grandi media. Il prelato emiliano ha poc’anzi dato un’intervista al Corriere della Sera che ha destato scalpore.

 

Della conversazione dell’ex presidente CEI con il quotidiano «laico» la politica ha recepito soprattutto una piccola rivelazione (in realtà, una conferma di quanto già scritto nel libro Il colle d’Italia) di carattere storico. In pratica, subito dopo l’estate 1994 il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, aveva invitato a pranzo Ruini, il cardinale Angelo Sodano e monsignor Jean-Louis Tauran per chiedere di «aiutarlo a far cadere il governo Berlusconi».

 

«Effettivamente andò così. La nostra decisione di opporci a quella che ci appariva come una manovra — al di là della indubbia buona fede di Scalfaro — fu unanime». Notare la bontà del cardinale verso il democristiano Scalfaro. «E pensare che Scalfaro era stato per me un grande amico».

 

L’ammissione dà un senso nuovo anche alle parole di Giovanni Agnelli, che anche lui confessò in tranquillità di aver ricevuto una telefonata dallo Scalfaro mentre a Natale 1994 era in crociera nei Caraibi. Secondo Repubblica, lo Scalfaro avrebbe «chiesto invano all’Avvocato di formare il nuovo governo, in nome dell’amor di patria».

 

«Dopo di me dovrebbero chiamare un cardinale o un generale» disse l’Agnelli, che immaginiamo pronunziare queste parole con il solito ghigno e l’inevitabile erre moscia. La realtà, prendiamo atto: è che l’erede dell’impero industriale para-statale fu ascoltato anche quella volta: chiamarono un cardinale, mentre per il generale, nel caso sia stata fatta anche quella telefonata, non sappiamo di chi si possa essere trattato, e neanche lo vogliamo sapere – perché parlare di generali e politica in Italia nella Prima Repubblica faceva suonare sirene d’allarme, mentre oggi… Vannacci.

 

Insomma, un piccolo colpo di palazzo, al cui racconto ora in Forza Italia stanno reagendo in molti. Erano tuttavia cose note.

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Come noto è il fatto che il vero golpe fu fatto, pochi anni prima, con Tangentopoli. Un’operazione certamente diretta dall’estero, pensano in tanti. Caduto il muro, il potere profondo americano – ciò che rende l’Italia un Paese a «sovranità limitata», espressione anticostituzionale che si usava e si usa con sempre minor pudore – doveva cambiare i cavalli. Craxi e il PSI gli avevano fatto qualche scherzetto: baciano Arafat, mandano i carabinieri a circondare i soldati americani a Sigonella. E la DC…

 

La DC è il vero tema dell’intervista, che giunge guarda caso proprio mentre si stanno per stappare le bottiglie per gli 80 anni dalla sua fondazione. È il macabro compleanno di una cosa morta, ma in verità, lo sappiamo, la DC non è mai davvero morta. E tenerla in vita, sotto forma di spezzatino frankensteiniano disseminata ovunque, è stato il lavoro di Ruini per decenni.

 

«Ed è stato un brutto modo di cadere» dice il cardinale nell’intervista, parlando della DC. «Quando accadde ci interrogammo, perché anche per noi si poneva un problema. Dissi subito: “Un altro partito dei cattolici è impossibile”. Percepii che, storicamente, non c’era più lo spazio».

 

«In quel periodo di passaggio da un partito all’altro ero molto ricercato da uomini politici della DC e di altre forze che volevano consultarmi. Da Mino Martinazzoli a Giovanni Spadolini».

 

Qui anche l’intervistatore di Via Solferino salta sulla sedia: ma cosa c’entra Giovanni Spadolini? Il capo del Partito Repubblicano, che del laicismo (che, in molti casi, è parola che sta a significare altro) ha fatto la sua bandiera esistenziale? Spadolini, e tutte le chiacchiere che si portava dietro?

 

«Spadolini venne da me per opporsi al cambio di nome della DC. Mi chiese di fare qualcosa per impedirlo». Insomma, Spadolini consulente del branding politico per i cattolici italici. «Ricordo le sue parole: “Da storico le dico che il nome Democrazia cristiana è il nome della vittoria dei cattolici. Partito popolare è invece il nome della sconfitta”. Gli risposi: “Presidente, sono d’accordo con lei, ma non decido io”».

 

C’è da ricordare, a questo punto, che il «laico» Spadolini nel 1981 divenne il primo presidente del Consiglio dei ministri non democristiano dal 1945. Quindi, vi erano commistioni, tra vescovi e «laici», sulle quali forse avevamo sorvolato, ma che sono effetto di un patto più profondo che lega la chiesa italiana – cioè la chiesa cattolica dopo il Concilio – ai poteri non-cristiani che hanno dato forma al disastro italiano pienamente visibile nell’ora presente.

 

La dottrina Ruini fu quella di aprire a Berlusconi, che invece aveva ricevuto tanta antipatia dai democristiani sopravvissuti ai giudici (Mino Martinazzoli, Rosa Russo Jervolino, Rosy Bindi), che infatti passarono in scioltezza agli ex-comunisti del PDS (poi DS poi PD: loro il brand hanno dovuto aggiornarlo).

 

Di più: Ruini immaginò che la diaspora della DC poteva essere una strategia in sé: ficcare in ogni partito una pattuglia di uomini vescovili, di modo da concorrere sempre comunque agli sterzi della politica.

 

«Nel 1995, nel suo discorso conclusivo al convegno ecclesiale di Palermo, Giovanni Paolo II dichiarò che la Chiesa non avrebbe dovuto coinvolgersi con alcuna scelta di schieramento politico o di partito» dice Ruini. «Ma – aggiunse – ciò non implica in alcun modo una diaspora culturale dei cattolici.

 

Secondo il cardinale, Woytila «voleva dire che non si può ritenere compatibile con la fede l’adesione a forze politiche che si oppongono o non prestano attenzione ai principi della dottrina sociale della Chiesa: sulla persona, sul rispetto della vita umana, sulla famiglia, sulla libertà scolastica, la solidarietà, la promozione della giustizia e della pace. Fu una linea saggia e producente».

 

Ci chiediamo: «saggia e producente», esattamente, in cosa? Nell’intervista Ruini dà immediatamente risposta.

 

«Allungando un po’ lo sguardo, i momenti salienti furono il referendum sulla procreazione assistita: puntando sull’astensione ottenemmo il 74%», rivendica il porporato.

 

Ricordiamo al lettore brevemente di cosa si tratta: la riproduzione artificiale fu normata in Italia da una legge concepita da democristiani, la famosa legge 40/2004. In molti osservano che legge sembra scritta in modo tale da poter essere smontata in un secondo tempo dall’intervento di giudici di vario grado. La legge permette la produzione di esseri umani in laboratorio, ma in un certo numero. Quanto poi è scritto rispetto allo scarto degli embrioni cozza, ovviamente, con l’intoccabile legge 194/1978, che oltre agli embrioni consente di uccidere anche feti e bambini.

 

Soprattutto: la legge sui bambini sintetici voluta dai democristiani e difesa boicottando il referendum 2005 è, ad oggi, la causa della distruzione di centinaia di migliaia di embrioni l’anno, più esseri di quanti non se ne uccidano annualmente con l’aborto di Stato. Ricordiamo pure che, grazie al ministro Lorenzin – un’altra transitata dal NCD – la creazione di bambini in provetta è ora nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), cioè il massacro è pagato, esattamente come il feticidio 194, direttamente dallo Stato, dalle tasse del contribuente.

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E poi, quali altri ricordi, cardinale? «Più tardi l’opposizione alla legge del governo di Romano Prodi sui DICO, che apriva le porte al riconoscimento delle unioni tra omosessuali. Non ero più presidente della CEI, ma guidai ancora io quel passaggio».

 

«Grazie alla manifestazione del Family day quel provvedimento si fermò. Ecco, sia il referendum sia il Family Day furono esempi del modo in cui la Chiesa si posizionò in proprio, esprimendo direttamente la sua posizione».

 

Eccoci: il Family Day, quella serie di grandi eventi dove per un giorno i cattolici vanno in piazza a Roma e sembrano tantissimi (in genere, grazie alle parrocchie neocatecumenali della periferia della capitale, dove giocoforza ci sono tante famiglie numerose), una vera forza politica. Poi il giorno dopo sparisce tutto, e la Necrocultura politica segue il suo corso. Il cardinale gioisce per aver fermato i DICO di Prodi, ma pochi anni dopo ecco che ci ritroviamo con le Unioni Civili, cioè il matrimonio omosessuato. Non un gran lavoro.

 

Tuttavia, i Family Day sono importanti: perché consentono di gestire, e lanciare, figure politiche che poi rimangono persistenti nel tempo. È il caso di Eugenia Roccella, ex radicale abortista presentatrice del primo Family Day. Ce la ritroviamo eletta con Berlusconi, poi parte del dimenticato partito scissionista di Angelino Alfano NCD (nel quale, disse qualche cronaca, i vescovi pure potrebbero averci messo lo zampino), poi, dopo una pausa perché non eletta, d’un bleu rispunta in lista con FdI nel 2022 e viene immediatamente fatta sedere nello scranno del ministero della famiglia.

 

Le posizione della Roccella sono note: la 194 non si tocca («mi occupo del contrario»; «L’aborto? Non è roba mia, chiedetelo al ministro della Salute»), apertura ai bambini delle coppie gay con una bella sanatoria («la strada corretta è la stepchild adoption»).

 

È quindi utile chiedersi, per il lettore sbadato, chi fosse sul palco del secondo Family Day. Renovatio 21 ha cercato di descrivere il quadro in un articolo dell’ottobre 2022, quando era fresca la vittoria dei Meloni alle urne. Parlavamo di un «network democristiano» dietro a Giorgia, le cui posizioni su aborto etc. sono, casualmente, proprio quelle dei personaggi di Ruini, che con evidenza è riuscito ad infiltrarsi anche qui.

 

Perché, in fondo, si tratta della posizione del cardinale stesso: Ruini nel 2008 chiese di «non rivoltarsi» contro la 194. «L’ex presidente della CEI ha evitato, “parlando a titolo personale”, di utilizzare la parola “omicidio” per l’aborto» scriveva La Stampa, descrivendo un’intervista TV del cardinale con Giuliano Ferrara.

 

L’intervista termina con una strana dichiarazione di affetto del cardinale ad un’altra figura laica di alto livello Carlo Azeglio Ciampi e alla moglie 102enne. Su Ciampi, e sul suo ruolo nell’attacco che nel 1992 George Soros portò alla lira, abbiamo scritto altre volte.

 

Insomma, arrivati in fondo, non si scorge nel discorso del prelato non diciamo l’amarezza, ma anche la semplice constatazione di cosa davvero sia successo in Italia mentre lui stava nella stanza dei bottoni, con o senza DC.

 

La legge per l’aborto di Stato 194/1978 – una legge prodotta e votata da un governo democristiano, quello papale papale di Giulio Andreotti – ha prodotto, si dice, sei milioni di cittadini in meno. Un calcolo, come abbiamo visto altre volte, che è possibile considerare con l’unità di misura inventata per i danni delle bombe atomica, il megadeath, «megamorte». Ogni megadeath vale un milione di vittime.

 

L’Italia starebbe, in teoria, a 6 megamorti. Praticamente, è come se avessero nuclearizzato una grande regione, o anche due: considerate che a Hiroshima vi furono sul momento 66 mila morti, pari a 0,06 megadeath. All’Italia pare essere andata peggio. E ai megadeath della 194 aggiungiamo quelli degli embrioni distrutti dalla 40: per ogni bambino artificiale in braccio se ne uccidono quantità, forse 150 mila l’anno, forse di più.

 

In verità, c’è una considerazione aritmetica ulteriore, che non ho sentito fare in Italia. Associato all’aborto, vi è un ghost number, una cifra nascosta di persone che vengono a mancare.

 

Considerate che una bambina abortita nel 1978, nel 1980, nel 1982, potrebbe aver avuto già nei primi anni 2000 una figlia. E costei, se avesse partorito alla medesima età della madre, potrebbe aver avuto a sua volta una figlia in questi stessi anni che stiamo vivendo.

 

Proprio così: gli aborti della legge democristiano potrebbero essere, oggi, nonni.

 

Quindi, lo sterminio degli italiani, del quale il cardinale non sembra avere alcuna contezza, è di proporzioni molto, molto superiori a quanto si possa immaginare. È un massacro infinito, dai contorni metafisici – ricordate il detto ebraico, «chi salva un uomo salva l’umanità»? Ecco, realizziamo qui che uccidere un bambino significa distruggere, per sempre, la sua discendenza.

 

Una bomba atomica sganciata sull’Italia, sul suo futuro. Un’intera nazione – parole che deriva dall’etimo nascere – devastata nell’unica cosa che conta davvero: la vita dei suoi cittadini.

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Ma, di questa Nazione Non Nata, a chi importa? Gli italiani non nati votano? Pagano le tasse? Offrono l’8 per mille? No. Forse per questo, meritano di essere eliminati a piacimento, anche tutti. La parola per descrivere tale fenomeno è tornata recentemente di moda: genocidio.

 

Di tale abisso, che è stato creato da democristiani assieme ai vescovi, che dimostra l’esito anticristiano dello Stato moderno – il dominio violento ed assassino del più forte sul più debole – non c’è traccia nella riflessione di nessuno. Né cardinali, né intellettuali, al riparo nei loro pranzetti e nei loro stipendioni, paiono anche solo volersi avvicinare al pensiero.

 

Pensiamo all’articolo di Marcello Veneziani – uno che aveva già dimostrato la sua posizione sulla questione ai tempi della sentenza della Corte Suprema USA che de-federalizzò l’aborto – comparso oggi su La Verità a celebrare un convegno per gli 80 anni della Democrazia Cristiana, la quale, è scritto, «aderiva così profondamente alle fibre del nostro Paese da essere considerata un elemento naturale della nostra vita pubblica e privata».

 

La DC non è il partito che ha legalizzato lo sterminio di milioni di italiani e cancellazione della loro discendenza, ma è «quasi l’autobiografia degli italiani, come si disse pure del fascismo: il fascismo-Stato pretende di essere la versione paterna mentre la DC-Stato fu la versione materna».

 

Forse è così: una madre moderna, però, una madre che abortisce i propri figli in tranquillità, per edonismo (deve andare ad Ibiza, per far carriera, o difendere il clima) e per sciocchezza ed immoralità, senza nemmeno le motivazioni psicotiche di Medea. Perché la psicosi, per una società che uccide la propria prole, non può che essere è la norma.

 

E quindi, tornando al cardinale, vogliamo dirgli – noi sopravvissuti alla strage, noi che siamo chiamati a vivere i suoi postumi apocalittici – che la sua voce non vorremo interviste al Corriere, ma per ben altro: la realizzazione del fatto che le forze sedicenti cattoliche nel Paese hanno costruito una macchina di morte massiva che grida vendetta al cielo, e che ha preparato di fatto ad una società ancora più folle, tra obblighi di vaccini prodotti (guarda caso) con feti abortiti, islamizzazione (cioè: anarco-tirannia su base migratoria), biototalitarismo molecolare, crollo delle nascite, violenza e follia, alimentate magari da psicodroghe legali, in ogni dove – e non è ancora finita, perché l’obbligo di fare i bambini in provetta, con sicuro imprimatur papale, è dietro l’angolo – e le leggi, statene sicuri, saranno preparate dai democristiani e digerite dal Vaticano.

 

Bel lavoro, non c’è che dire.

 

E se, invece di parlare ai giornaloni, i responsabili stessero in silenzio, magari in un convento, a pregare e a meditare su quanto accaduto – e quanto sta venendo inflitto ai nostri figli, ai sopravvissuti di questo infinito massacro?

 

Il pentimento non era una cosa cattolica?

 

Forse. Ma di cattolico, caro cardinale Ruini, chi – cosa – è rimasto in Italia?

 

Roberto Dal Bosco

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Immagine di Grzegorz Artur Górski via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported; immagine modificata

Bioetica

JD Vance paragona l’aborto al sacrificio dei bambini. C’è molto più da dire e fare contro la Necrocultura

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Lo scorso mercoledì, per un’ora, il vicepresidente JD Vance ha risposto alle domande degli studenti dell’Università del Mississippi durante un evento di Turning Point USA, prendendo il posto di Charlie Kirk, l’attivista assassinato che era amico anche del Vance. Lo riporta LifeSite.   Il vicepresidente americano risposto a domande sul cristianesimo, sulla sua fede personale e sull’aborto, definendo l’aborto un «sacrificio di bambini» che porta al maltrattamento delle donne.   «Non mi scuso per credere che il cristianesimo sia una via verso Dio», ha detto Vance a uno studente preoccupato per la preghiera nelle scuole pubbliche. «Non mi scuso per pensare che i valori cristiani siano un fondamento importante di questo Paese, ma non vi costringerò a credere in nulla, perché non è ciò che Dio vuole, e non è ciò che voglio io».

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Come noto, JD Vance, che ha avuto una vita difficile in una famiglia disfunzionale del proletariato bianco dei monti dell’Appalachia (gli Hillbilly) si è convertito al cattolicesimo anni fa.   La domanda sull’aborto all’evento di TP USA è stata posta da una giovane donna che ricopre la carica di presidente di Ole Miss Rebels for Life, il gruppo pro-life del campus; il nome ha suscitato un caloroso applauso tra la folla riunita e un sorriso da parte del vicepresidente.   «In passato, hai dichiarato di essere al 100% pro-life», ha detto. «Ma da quando sei entrato nella campagna presidenziale come vicepresidente, hai cambiato idea sull’aborto, quindi mi chiedevo qual è la tua posizione attuale, e se ritieni che il diritto alla ‘libertà’ di qualcun altro prevalga sul diritto alla vita di qualcun altro?»   «Hai posto la domanda: penso che la libertà di qualcun altro prevalga sul diritto alla vita di qualcun altro?», ha risposto Vance. «No, non lo credo. In effetti, non ci credo. Ora, vorrei contestare qualcosa che hai detto, solo la premessa della domanda, ovvero che ho vacillato sulla questione pro-life. Credo davvero che il presidente sia stato il presidente più pro-life nella storia degli Stati Uniti d’America».   Lo slogan fa riferimento al fatto che, durante la sua prima amministrazione, Donald Trump ha selezionato i giudici della Corte Suprema che alla fine hanno portato all’annullamento della sentenza Roe v. Wade. Durante la campagna presidenziale del 2024, tuttavia, Trump ha ribadito che l’aborto è ora una questione di competenza degli stati e si è impegnato personalmente per rimuovere il principio pro-life dal programma del Partito Repubblicano per la prima volta in decenni.   «Ci sono due cose che dobbiamo tenere a mente qui», ha continuato Vance. «Una è la questione molto difficile: quando parliamo della nostra politica sull’aborto, ci sono alcuni casi limite molto, molto complessi. Ci sono casi in cui una bambina di 11 anni è stata violentata e sarebbe pericoloso per lei portare a termine la gravidanza. Ci sono situazioni in cui portare a termine la gravidanza causerebbe gravi danni fisici, forse la morte per la madre».   «È uno dei motivi per cui noi crediamo nell’eccezione in questi casi – ripeto, sono casi limite, sono rari, la comunità pro-aborto vorrebbe farvi credere che rappresentino il 90% degli aborti e questo non è vero – ma dobbiamo essere onesti sul fatto che ci sono alcuni casi limite».   Renovatio 21 segnala che parlare dei «casi limite» significa solo voler conformare il resto dei casi ad una politica precisa, spostando la Finestra di Overton e riprogrammando la legge. La posizione anfibola di Vance era già nota a tutti, come detto, in campagna elettorale.   «La seconda cosa che vorrei dire a questo proposito è che dobbiamo essere prudenti e pratici in ciò che possiamo realizzare», ha proseguito Vance. «Potrebbero esserci disaccordi su cosa esattamente significhi, ma se si considerano le vittorie pro-life che il presidente degli Stati Uniti è riuscito a ottenere, ci è riuscito perché ha lavorato all’interno del sistema che abbiamo».   Vance ha continuato dicendo che perseguire «l’opzione pro-life più aggressiva», anche se ciò significa perdere tutte le elezioni contro i democratici, che implementeranno l’aborto su richiesta fino al momento della nascita.

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«Qualcuno prima mi ha chiesto dei miei valori cristiani», ha detto Vance. «Uno dei punti che ho sollevato è che quando i coloni arrivarono nel Nuovo Mondo, trovarono il sacrificio di bambini molto diffuso. Immagino che ci siano persone che non sono d’accordo con la mia opinione sulla questione pro-life. Vorrei solo fare un’osservazione. Se si visitano siti archeologici storici dove c’erano bordelli – e le due professioni più antiche del mondo sono il gioco d’azzardo e la prostituzione, quindi c’erano bordelli anche in civiltà molto antiche».   «Se si torna agli antichi bordelli e si dissotterrano le ossa delle donne che lavoravano in quei luoghi, si trovano molto spesso molti bambini sepolti con loro… Ogni volta che una società decide di scartare bambini innocenti, non tratta molto bene nemmeno le proprie donne. E ogni volta che una società maltratta le proprie donne, molto spesso sono i bambini a nascere subito dopo. C’è una ragione per cui la civiltà cristiana ha posto fine alla pratica del sacrificio di bambini in tutto il mondo, ed è una delle grandi conquiste della civiltà cristiana».   «Credo che dovremmo cercare di proteggere ogni vita non ancora nata», ha concluso Vance. «C’è una questione su come esattamente lo facciamo, ma non direi mai che il diritto alla vita di qualcuno debba essere sacrificato».   Come riportato da Renovatio 21, la realizzazione del fatto che l’aborto è un sacrificio umano, domandato ad una civiltà decristianizzata quindi ripaganizzata, ridemonizzata, è oramai più diffusa che mai, in ispecie tra l’opinione pubblica della destra americana, non solo cattolica.   Per qualche ragione, la visione dell’aborto come sacrificio umano non ha mai attecchito davvero nel mondo pro-vita italiano, forse perché troppo stupido, forse perché troppo compromesso con la politica e con la chiesa italiana. Ecco quindi che invece che parlarti di Moloch, il ridicolo pro-vita italiota ti parla di «protezione della maternità» e finanche di «diritti della donna», completamente trasbordato nella lingua, quindi nel campo, dell’avversario – e con la convinzione, chiara ma non sussurrata al popolo che fa loro donazioni – che la legge autogenocida 194 non si deve toccare.   Il fatto è considerare l’aborto come l’unico sacrificio umano della società attuale, con spinta della macchina infallibile dello Stato moderno, è davvero errato: l’aborto è solo una piccola parte del sistema della morte che ci è inflitto, anzi, forse è il fanalino di coda, lo specchietto per le allodole sciocche condotte così in una battaglia di retroguardia, mentre il manovratore prosegue la distruzione umana in tanti altri settori.   È sacrificio umano l’eutanasia, sì. È sacrificio umano la predazione degli organi, sì. È sacrificio umano, di tipo pure difficile da definire vista la natura umanoide della faccenda, la provetta, che oramai da anni distrugge più embrioni dell’aborto, nell’evidente silenzio degli ebeti pro-vita italici, inutili se non venduti.   C’è ancora tanta strada da fare, se vogliamo combattere davvero la NecroculturaRenovatio 21, in realtà, è qua per questo. Voi, se mi state leggendo, con grande probabilità, pure.   Roberto Dal Bosco  

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Necrocultura

La generazione perduta nel suo egoismo

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La notizia era circolata la scorsa estate. Il titolo diceva già tutto: americana di 77 anni vende tutto per imbarcarsi in una «crociera infinita».

 

La signora Sharon L., 77 anni, ha venduto tutti i suoi beni e ha acquistato un biglietto per la nave di lusso Villa Vie Odyssey per una «crociera infinita». Spera di trascorrere i prossimi dieci anni a bordo, godendosi un giro del mondo. Il costo del viaggio è stato di circa 129.000 dollari per una cabina di 15 anni, più spese mensili che vanno dai 2.000 ai 3.000 dollari, inclusi pasti, assistenza medica, pulizie e internet illimitato.

 

La signora con evidenza sta realizzando un sogno, che a molti può repellere: lustri in una baracca galleggiante, un alveare di sconosciuti gozzoviglianti, tra overdose di cibo e spettacolini che servono alla narcosi funzionale del casinò, un incubo vero, ma ci rendiamo conto che è una prospettiva generazionale, la ripulsione quindi è tutta nostra. La signora, invece, sta coronando finalmente una prospettiva di vita ideale.

 

Non è tuttavia riguardo ai gusti nautici che vogliamo soffermarci: ci sono tante altre questioni che questa insignificante storia, a nostro avviso, nasconde.

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La signora, ci chiediamo, ha famiglia? I figli, i nipoti, i fratelli e le sorelle, i cugini e le cugine… come faranno a vederla? Come tipico, una volta, dell’esistenza per mare, la cesura con le proprie radici diviene netta, inevitabile. Ma lei, con probabilità, sta praticando un calcolo utilitaristico: c’è più piacere in un’esistenza a bordo piscina, con i camerieri in livrea, o nella via in casa con pranzi familiari e cene le domeniche e le feste comandate? La risposta pare se la sia data.

 

Ma andiamo ancora più sotto, nel greto materialismo sociale: i soldi ottenuti dalla vendità di beni e proprietà per la sua crociera verso la morte (questo, alla fin fine, pare che il progetto sia) sono percepiti – come vuole la legge, certo – come una sua disponibilità assoluta, individuale. Può farne ciò che vuole: così dice lo Stato, così vuole anche il senso comune moderno.

 

Qui si innesta un discorso spinoso: e se la signora ha dei figli, dei nipoti? Magari sono sistemati stupendamente, guadagnano cifre da capogiro, hanno già casa di proprietà, magari più di una, come riusciva alla generazione precedente. E poi, le mogli a casa: un altro trick che oggi sembra nemmeno solo numericamente impensabile, ma moralmente blasfemo.

 

Oppure, i figli dell’anziana boomerra come è più probabile nell’ora presente, sono parte di una società che li sottopaga, che li stritola con le tasse e i costi della vita impazziti (inflazioni, carestie artificiali come il COVID e la guerra in Ucraina, bollette pazze) che non consente loro il benessere, il risparmio, l’agio personale e famigliare che è stato invece magnificamente garantito alla generazione nata tra il 1946 e il 1964, i cosiddetti boomer.

 

I boomer hanno avuto tutto, e in cambio hanno lasciato meno di niente: hanno consegnato alla generazione successiva, e a quella dopo della loro, un mondo devastato, quasi irrecuperabile – e per questo capolavoro collettivo, ora sono anche pagati, con le pensioni d’oro che gli arrivano grazie al lavoro dei loro figli, che la pensione invece (tutti lo sappiamo) non la vedranno mai.

 

I boomer – il nome stesso lo vuole sottolineare – hanno goduto di un’era di espansione economica senza precedenti nella Storia. Impossibile, per loro, evitare il benessere, decenni di benessere, dove per stare male bisognava impegnarsi. Non parliamo solo degli imprenditori, dei bottegai, di tutti quelli che in più di mezzo secolo hanno preso e forse messo via danaro a palate: nell’era dei boomer anche la classe lavoratrice riusciva a comprarsi la casa, a volte persino due. L’operaio si comperava l’auto, magari pure senza leasing e maxirata usuraia finale, e poi andava pure a sciare – tutte cose che ho fatto in tempo di vedere con questi miei occhi.

 

Tale cuccagna, ora lo possiamo dire, ha avuto effetti distruttori sulla società umana. Il consumismo ha eroso lo spazio del sacro, come sa chiunque sia mai andato ad un grande concerto (modello Woodstock: alla fin fine, nient’altro che un ritrovo massivo di consumatori di dischi) o chi noti il culto che esiste attorno a certi marchi (Apple, per esempio, con gli adesivi della mela dietro a tante utilitarie e non solo). E senza il sacro, e senza il santo, cosa può diventera la realtà se non il contenitore del Male?

 

La generazione boomer, che ora rivendica di doversi godersi al massimo gli anni della pensione «perché abbiamo lavorato» (con lauti risparmi custoditi gollumescamente in banche che a volte poi li fregano), ha prodotto il mondo in rovina che abbiamo qui dinanzi a noi. È una generazione a cui è stata fatta trovare la pappa pronta – per questo, forse non è mai davvero cresciuta, con il fenomeno incontrovertibile dei vecchi che, tra capricci ed egomanie disperanti, si comportano come bambini.

 

E quindi eccoteli con la macchina nuova di zecca, usata per fare qualche migliaio di chilometri l’anno, eccoteli a Sharm-el Sheik, in Nepal, a Lanzarote, nella casa in montagna, eccoteli che bisbocciano ai tornei di burraco, eccoteli che intasano le stazioni termali – mentre chi è venuto dopo di loro lavora e fatica a sopravvivere, tra salassi energetici e fiscali, e una congiuntura economica che, lo sappiamo, è in realtà un aperto programma di sterminio della classe media e dell’umanità in generale.

 

I boomer hanno vissuto decenni e decenni di crescita economica, senza praticamente mai avere dovuto affrontare un vero conflitto – con l’eccezione di qualche boomer americano che è andato in Vietnam, per poi tornare e trasformare la questione in una lagna dalla quale non è possibile imparare nulla, e infatti eccoti l’Iraq e l’Afghanistan inflitti alla generazione successiva. In realtà è peggio di così: boomer italiani non hanno avuto il Vietnam, per cui si sono dovuti inventare una guerra loro, gli anni di piombo, definiti giustamente da alcuni come una «guerra civile a bassa intensità».

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La lista dei danni cosmici prodotti dai boomer non è breve.

 

I boomer hanno subito adottato, con gran voluttà, la rivoluzione sessuale – anzi, ci hanno sguazzato dentro, oscenamente. «L’amore libero» che hanno cantato e praticato da ragazzi ci ha dato divorzi di massa, omosessualità (cose che sono, come sappiamo, correlate), epidemie globali di malattie veneree (correlazione, sempre), pornografia e adulterio e disperazione, via via ramificando in milioni vite spezzate, e milioni di bambini con la psiche segnata, pronti a ripetere ciclicamente i cortocircuiti una volta divenuti genitori.

 

I boomer hanno fatto l’occhiolino alla droga libera, che si è trasformata in qualcosa di ancora peggiore: la droga farmaceutica, la droga psichiatrica, e degli otto milioni di italiani sotto psicofarmaci – e quindi, riteniamo, a rischio di violenza contro di sé e contro i famigliari e il prossimo – siano della generazione narcisa e perduta.

 

I boomer hanno accettato, senza batter ciglio, Israele e le sue guerre: solo ora, con Gaza (ma Sabra e Shatila, qualcuno ricorda? Cosa dissero all’epoca?), l’ultimo dei massacri, la gente si sta svegliando, ma sono le nuove generazioni: è questo il pensiero che sta facendo il potere ebraico, comprando ora TikTok e testate Millenial, perché sa che una volta estintisi i boomer, indottrinati e indottrinabili bovinamente con la TV, il sostegno dell’opinione pubblica per lo Stato Giudaico sarà finito.

 

I boomer hanno permesso il dominio della NATO sull’Europa, con il risultato che nell’ora in cui l’Alleanza Atlantica, quella sì, dovrebbe essere andata in pensione, essa ci porta una crisi economica infinita (senza gas russo, crediamo che vivere costerà meno?) e il rischio pantoclastico di apocalisse nucleare mai tanto vicino alle nostre esistenze.

 

I boomer hanno permesso, in scioltezza, che i loro Paesi fossero invasi da milioni di forestieri con intenzioni platealmente criminali, e non hanno alzato un dito contro questo abominio. Anzi: privati della morale cristiana, eccoteli a fare i caritatevoli verso le orde di invasori, con la pietà pelosa verso i distruggitori della civiltà come unico motto spirituale rimasto, quello che poi giustifica la continua delizia della vita comoda ed abbondante.

 

I boomer hanno approvato, felici felici, il figlicidio: anzi hanno votato in massa per legalizzarlo. L’idea, vediamo oggi, rientra perfettamente nel disegno: tanti si stanno «godendo la pensione» perché anni fa hanno ucciso i loro figli prima ancora che nascessero. Sacrifici umani per andare al mare, che sia in vacanza o in pensione – la menta egoriferita di questa generazione è arrivata a questo abisso indicibile, e certo ha contagiato anche la successiva. Di qui la degradazione morale che ha intaccato i più giovani, giù sino al nichilismo assassino che riempie le cronache nere al di fuori degli ambulatori frulla-feti.

 

I boomer hanno accolto, in grande serenità, il Concilio Vaticano II. E ci crediamo: azzerare il cristianesimo significa togliere ogni responsabilità personale, rendere il paese della Cuccagna pinocchiesca, della goduria e del consumo ad infinitum una condizione legittima, lo stato di default della società in cui credono di vivere. Il risultato è che molti non sanno nemmeno di cosa sto parlando, e di quale immane conseguenza il Concilio ha avuto sull’umanità, di fatto alterando profondamente il codice del suo sistema operativo, liberando il diavolo e l’inferno dicendo che essi non esistono.

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Desacralizzando il mondo, essi hanno desacralizzato la loro stessa vita: ed eccoci alla fine vera della crociera, che diventa anche quella programmabile con l’aiuto dello Stato moderno – ecco l’eutanasia, il suicidio assistito, il MAiD canadese che uccide ormai una persona ogni 25 e oltre. È l’egoismo arrivato al suo apice satanico: sono padrone di qualsiasi cosa, compresa soprattutto la mia vita, che è stata bene spremuta, e quindi, invece di soffrire, mi faccio uccidere, beninteso sempre comodamente e col danaro del contribuente, come con i lustri di ferie pensionistiche.

 

Il boomer consuma e crepa, e tutto alle spalle dei figli e dei nipoti, che non hanno avuto nemmeno una fetta della fortuna della generazione egotista, e che sembrano non in cima ai pensieri: se la vita è godimento, perché pensare alla discendenza? Perché pensare al futuro, al tempo in cui non ci saremo più? Perché pensare a tramandare – saggezza, stabilità, vita – a chi viene dopo di noi, magari pure con il nostro stesso sangue?

 

Qui torna la questione del feticidio. L’aborto altro non è che un abuso assassino del più forte verso il più debole, l’indifeso – allo stesso modo, i boomer vivono con prepotenza a discapito di quanti, con meno fortuna, sono costretti a vivere il tempo di incertezza e povertà creato dai boomer stessi: un atto soverchiante, una sorta di «diritto del più forte» della jungla della democrazia terminale, dove vige la primazia totale del più privilegiato, perché boomer o immigrato che sia, due categorie che si danno come immagini chirali della distruzione anarco-tirannica in caricamento.

 

Lo sappiamo, non tutti sono così. Anzi, diremo di più: chi legge questo sito, con buona probabilità non è un boomer, anche se ci avesse l’età. Perché se siete qui è perché sapete che importante non è la crociera INPS, ma la continuazione dell’essere, del vostro essere, cioè la vostra famiglia, e se non ce l’avete, dell’umanità che sta attorno.

 

Perché quella boomer, e crediamo sia lampante, è la generazione della Necrocultura; i loro piaceri sono un rischio per l’umanità intera, e non scherziamo – è evidente quanto essi siano connessi al piano di morte che ci è stato preparato.

 

Ci era stato detto che la generazione successiva ai boomer era la prima a essere più povera della precedente. Il problema è che anche i boomer lo sanno, perché vedono i propri agi, e gli sforzi immani di coloro ai quali è toccato questo tempo – tuttavia, non gliene frega niente. I boomer sono la prima generazione che sa perfettamente che quelle dopo staranno peggio, e va bene così.

 

Sta scritto: «siate irreprensibili e schietti figli di Dio, senza biasimo in mezzo a una generazione prava e perversa, fra cui voi risplendete come luminari nel mondo» (Fil 2, 15).

 

Cerchiamo di resistere, sì: anche se sappiamo che la nave della società umana è compromessa, è stata guastata dai parassiti perversi, da una generazione di merda che riuscirà a far danni anche da estinta.

 

 

Roberto Dal Bosco

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Immagine di Flowering Dagwood via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International

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Necrocultura

«L’ideologia ambientalista e neomalthusiana» di Vaticano e anglicani: Mons. Viganò sulla nomina del re britannico da parte di Leone

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Vale la pena di riprendere le parole dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò, che ha scritto su X un testo indicando i veri temi dietro all’assegnazione di una cattedra permanente nella basilica papale a Re Carlo III d’Inghilterra, capo de facto della Chiesa anglicana.   «L’incontro tra il capo della chiesa sinodale e il capo della chiesa d’Inghilterra avrà come punto culminante una preghiera ecumenica per la cura del Creato nella Cappella Sistina, all’insegna della retorica ambientalista del “grido della terra” e della “conversione ecologica”» scrive monsignore.   «Le due autorità supreme delle proprie rispettive “chiese” si riconoscono entrambe nell’ideologia ambiententalista e neomalthusiana del World Economic Forum e dell’Agenda 2030, ed è su questa nuova religione che è impostato il dialogo tra sinodali e anglicani».  

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«A confermare la sua continuità con l’ecumenismo conciliare, Leone offrirà a Carlo un “seggio” (con la targa “Ut unum sint”) nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, già teatro dell’indizione del Vaticano II e da allora tempio dell’ecumenismo indifferentista conciliare e sinodale».   «La Fede Cattolica è la grande assente, e non a caso: sarebbe imbarazzante per Leone ricordare i Martiri cattolici massacrati dal monarca poligamo, a cominciare da John Fisher e Thomas More. Immaginate Papa Clemente VII che offre uno scranno in una Basilica Papale a Enrico VIII…» conclude Viganò, ricordando la storica nequizia anticristiana della malvagia monarchia britannica.   Proprio così: il re britannico, ora celebrato dalla Chiesa cattolica, occupa un trono che, dal XVI secolo, dopo lo scisma provocato dal crudele Enrico VIII, ha perseguitato ferocemente i cattolici, giustiziando e scorticando fedeli e sacerdoti (con la loro pelle sono stati rilegati libri ancora oggi esposti) e costringendoli alla clandestinità.   Vogliamo nominare uno degli eroi di questo disastro storico e metastorico: Guido Fawkes, il cattolico che tentò di far esplodere Westminster (definito, secondo una nota battuta della politica britannica, «l’ultimo uomo entrato lì con buone intenzioni») per restaurare un governo cattolico. Tradito, Fawkes fu catturato, torturato e squartato, con le sue parti inviate ai quattro angoli del regno, nonostante avesse accettato le condizioni del re.   Ancora oggi, ogni 5 novembre, in Inghilterra si bruciano le effigi di Fawkes – un re-enactement chiarissimo del rogo dei cattolici. Per ragioni che sembrano legate a logiche dello Stato Vaticano non dissimili a quelle attuali, il simbolo di Fawkes non è stato adottato dai cattolici, ma da gruppi pseudo-anarchici, grazie alla rielaborazione del fumettista Alan Moore nella celebre graphic novel, poi film di discreto successo, V per Vendetta.

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Tuttavia, non si tratta solo di storia antica: ciò che dovrebbe indignare i cattolici è l’appartenenza della dinastia Windsor alla «Cultura della Morte», che promuove – tramandata di generazione in generazione, da Filippo a Carlo, a Guglielmo (che predica la lotta alle famiglie numerose) ed Enrico (che andà all’ONU a criticare la sentenza della Corte Suprema USA che defederalizzava l’aborto) – la riduzione della popolazione e un’avversione verso l’umanità.   L’arcivescovo ricorda la connessione di ambientalismo e malthusianesimo, che sono cifre ideologiche tramandate geneticamente nella famiglia reale inglese. Malthus, come Darwin, sono stati creati dal potere di Albione per giustificare la violenza sfruttatrice usata dall’Impero britannico sul mondo: se gli uomini sono animali, e sono pure troppi, tanto vale procedere con la massima crudeltà possibile. Le carestie genocide in Irlanda e in India sono figlie di questo pensiero, di questa volontà di dominio satanico sul mondo.   Vogliamo ricordare, in questo sens, il padre di Carlo, il principe Filippo, tra i fondatori del WWF e frequentatore di antiche edizioni delle conferenze Bilderberg, il quale si espresse in estrema chiarezza quando dichiarò di volersi reincarnare in un patogeno di modo da uccidere milioni di persone, eliminando quanta più popolazione possibile per il bene dell’ambiente. Un’idea portata avanti strenuamente dal Carlo, che con il Cambiamento Climatico pare avere pure qualche lucroso affare.   Dietro la facciata ecologista, gli Windsor (che non sono britannici e non si chiamano Coburgo Gotha: Windsor è il nome di un villaggio inglese scelto per il rebranding del loro casato germanico, ad usum del popolino anglofono) si rivelano diacronici sostenitori di quella che su Renovatio 21 chiamiamo Necrocultura: una vera e propria Famiglia della Morte. Basta pensare ai casi di Alfie Evans, Charlie Gard, Indi Gregory e molti altri di cui non sapremo mai il nome. Cosa fecero i reale per salvare questi bambini, anche quando le questioni divennero internazionali (con tanto del tentativo, a pensarci bene davvero grottesco, della Repubblica Italiana di dare la cittadinanza ad Alfie per farlo espatriare e poterlo curare).   I bambini, il popolo tutto, per il malvagio potere britannico possono essere sacrificati nell’utilitarismo più mostruoso e assassino del «bestinterest». Del resto, l’utilitarismo è un’altra invenzione filosofica degli inglesi, realizzata sempre all’altezza della sanguinaria conquista imperiale. Il pensiero di Geremia Bentham, come quello di Malthus e più tardi di Darwin, a questo serviva: a disumanizzare il mondo e a rendere possibili sacrifici di minoranze, e persino maggioranza, nel nome del principio del massimo godimento distribuito a certuni dallo Stato. Il sistema sanitario del Regno, con il boost dei giudici della Corona trucidatori di bambini, è improntato a questa logica assassina e genocida.   La storia di Carlo, come noto ma spesso ignorato, non è priva di ombre: dalla controversa morte della principessa Diana ai milioni ricevuti dalla famiglia Bin Laden in buste di plastica. Un anno fa è emerso che nel 1983 l’allora principe di Galles aveva accettato un premio da un veterano nazista, una laurea honoris causa presso l’Università dell’Alberta, in Canada, dove, oramai sappiamo abbondano i rifugiati ucronazisti.   Del resto, una certa passione per la svastica eravi tra gli Windsor, se pensiamo ad Edoardo VIII e alla sua simpatia per Adolfo Hitler, che, secondo gli storici, una volta conquistata la Gran Bretagna aveva in programma di ripiazzarlo sul trono come un Quisling incoronato.   La missione del casato della Necrocultura va oltre, e rivela pagine storiche dense per quanto dimenticate: dalle proto-vaccinazioni dei reali con i relativi danni, all’uccisione del re per eutanasia di re Giorgio (bisnonno di Carlo), dai sospetti di fecondazione artificiale ante-litteram da cui sarebbe nata Elisabetta, all’ambientalismo stragista di Filippo (che, tenetelo sempre a mente, ha fondato il WWF, organizzazione ora proibita in Russia…), dai discorsi di Guglielmo figlio di Carlo sulla sovrappopolazione, agli attacchi contro gli USA che defederalizzano l’aborto fatti da principe Enrico dallo scranno ONU… la lista è pressoché infinita, e davanti a tutto questo cadono le illazioni su Jack lo Squartore.

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Del re Carlo, tanto a lungo «principe» in prima linea per la successione, vanno ricordate anche l’amicizia e le donazioni milionarie di Armand Hammer, enigmatico petroliere americano (per alcuni spia del KGB): quando nel 1988 la piattaforma petrolifera Piper Alpha della Occidental Petroleum esplose a 200 miglia da Aberdeen, causando 160 morti, il futuro re si affrettò a difendere Hammer, che ne uscì indenne. La dinastia Hammer, miliardari ebrei americani di origini russe, vicini al Cremlino per motivi poco chiari, meriterebbe un’indagine a parte, soprattutto dopo le accuse contro il nipote, la star di Hollywood Armie Hammer, che includono presunti stupri e insinuazioni su perversioni cannibalistiche.   Non va dimenticata l’amicizia personale con Jimmy Savile, popolare DJ e conduttore britannico che, secondo accuse emerse dopo la sua morte nel 2011 ma già vociferate da decenni, avrebbe abusato di circa 400 ragazze in scuole e istituzioni psichiatriche di cui era benefattore.   Di recente, forse l’episodio che ha messo in luce la maligna natura della corona britannica è stato il ritratto ufficiale del re presentato nel maggio 2024, un’immagine dai toni infernali, realizzata da un artista noto per collage con riviste pornografiche.  

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Nel frattempo, l’odierno malvagio re britannico a Roma riceve il plauso pure dei parlamentari italiani.
  In un momento di profonda umiliazione per il popolo italiano, nel suo discorsone alle Camere il re rammentò a tutti l’«importanza» del supporto inglese a Garibaldi, che poi andava ospite dagli inglesi. Chi conosce la vera storia dell’Italia unita non può che sorridere, nell’amarezza più profonda: il re sbatte in faccia agli italiani il fatto che, con il Risorgimento (fiancheggiato e ideato dai britannici), la penisola è divenuta uno Stato vassallo di Londra.   Ora, a infeudarsi con l’infernale potere di Albione non vi è solo la Repubblica Italiana, ma persino il papato.   Una conclusione che, per chi conosce la storia del mondo e della tradizione cattolica, può sembrare sconvolgente, e impone meditazioni di grande profondità.   Vogliamo lasciar andare i pensieri ricordando l’affresco sull’abside di Chiesa di San Paolo dentro le Mura– la principale chiesa degli anglicani ed episcopaliani a Roma.  

Immagine di Luca Aless via Wikimedia CC BY-SA 3.0

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L’imponente mosaico fu disegnato dal pittore preraffaellita Edward Burne-Jones, e ha tema apocalittico, con Cristo assiso sul trono della Gerusalemme Celeste. È un Cristo imberbe, dai tratti piuttosto femminili. I Santi sotto Nostro signore hanno i volti di mecenati e personaggi legati all’edificazione della chiesa, mentre a destra vi è il gruppo più interessante, quello dei cristiani a cavallo, dove Sant’Andrea ha il volto di Abramo Lincoln, San Patrizio è il generale Ulysses S. Grant, e San Giacmo è… sì, lui, il terrorista massone anticristiano, ladro di cavalli e marito di bambine, epperò tanto utile agli inglesi, Giuseppe Garibaldi.   È la «chiesa militante», secondo gli scismatici di Albione.  

Immagine CC0 via Wikimedia

  Sì, per loro Garibaldi è un santo. Chi frequenta quella chiesa adora Cristo sotto l’immagine santificata di colui che più di altri combattè il Regno Sociale di Cristo.   C’è, tuttavia, un dettaglio ancora più esplicito: a fianco di Cristo, nel mosaico si vedono delle nicchie dove sono disposti gli angeli. Vediamo qui Uriele che regge il sole, Michele che appare maestoso in armatura, Gabriele reca il giglio dell’Annunciazione, Chemuel, l’angelo del Graal, stringe nella mano sinistra il calice sacro, Zophiel sorregge la luna.   Tuttavia, alla destra del signore, la nicchia è enigmaticamente vuota. Fu un fedele della chiesa, una volta che la visitati anni fa, a spiegarmene il significato.   «Quello è il posto per l’angelo Lucifero» mi disse, quasi compiaciuto di questa teologia sovvertritrice.   Ora, Lucifero, lo sappiamo bene, non è invitato solo nelle chiese anglicane di Roma.   Roberto Dal Bosco

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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