Economia
Il capo del gruppo marittimo Maersk avverte che il caos nel Mar Rosso potrebbe durare mesi

Il capo del colosso marittimo AP Møller-Maersk ha rivelato in un’intervista al Financial Times che la riapertura della cruciale via d’acqua potrebbe richiedere mesi anziché settimane.
Il gruppo danese Maersk è stato il più grande armatore di navi mercantili nel mondo dal 1904, mentre oggi è secondo, subito dopo MSC.
Vincent Clerc, amministratore delegato di Maersk, ha affermato che gli attacchi settimanali di droni e missili contro le navi portacontainer sono stati «brutali e drammatici», dichiarando che le navi sono state dirottate verso il Capo di Buona Speranza poiché questa deviazione di 1-2 settimane aggiunge costi di spedizione più elevati a causa della ridotta capacità dei container e dell’aumento del consumo di carburante.
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«Non ci è chiaro se stiamo parlando di ristabilire un passaggio sicuro nel Mar Rosso nel giro di giorni, settimane o mesi… Ciò potrebbe potenzialmente avere conseguenze piuttosto significative sulla crescita globale»” ha affermato.
A partire da giovedì mattina, dati di tracciamento seguiti da Bloomberg mostrano due navi portacontainer nelle acque altamente contese del Mar Rosso, con destinazioni per l’Europa e il Nord America. La maggior parte di queste navi sono state dirottate verso il Capo di Buona Speranza.
Come riportato da Renovatio 21, la settimana scorsa Maersk ha dichiarato che avrebbe dirottato le navi dal Mar Rosso attorno all’Africa «per il prossimo futuro». Il caricatore non è riuscito a riavviare le operazioni nella via navigabile critica che collega Europa e Asia dopo che le sue navi sono state attaccate il mese scorso.
Clerc ha affermato che il Capo di Buona Speranza aggiunge circa 8.000 miglia di distanza per una rotta Asia-Europa su base andata e ritorno. Ha detto che la distanza extra ha fatto aumentare la bolletta del carburante di Maersk del 50%. Ha avvertito che se la rotta del Mar Rosso non verrà ripristinata presto, potrebbe minacciare «la logistica e le catene di approvvigionamento globali».
«Stiamo esortando la comunità internazionale a mobilitarsi e a fare ciò che è necessario per riaprire lo stretto [di Bab-el-Mandeb, ndr]. È una delle arterie principali dell’economia globale, ed è intasato in questo momento», ha affermato il boss Maersk. «Potrebbe avere conseguenze di più ampia portata non solo per l’industria ma per i consumatori finali, la disponibilità dei prodotti e l’economia globale nel suo insieme».
Ieri USA e Regno Unito hanno lanciato una serie di raid in varie città dello Yemen considerate roccaforti degli Houthi.
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Notiamo che quella delle rotte mercantili sembra una crisi senza fine: nel 2021, il presidente e amministratore delegato di DP World di Dubai –uno dei più grandi operatori portuali internazionali – Sultan Ahmed Bin Sulayem dichiarò che le interruzioni della catena di approvvigionamento globale potrebbero durare almeno fino al 2023.
Poi ci fu l’inghippo della nave incagliata a Suez, che bloccò il traffico sullo Stretto.
E ora ecco il disastro con gli Houthi che attaccano navi commerciali e financo militari che transitano per il Mar Rosso, divenuto, come dice il capo dei Pasdaran iraniani, una «trappola».
Il risultato, secondo Goldman Sachs, è che i costi del petrolio potrebbero raddoppiare. Un crollo ulteriore dei consumi energetici, noteranno alcuni, è proprio nelle corde dell’ecologismo estremista imposto ovunque a suon di leggi e decreti (con il ridicolo corredo di manifestazioni di protesta), proprio come, coincidenza, predica il World Economic Forum.
Nel frattempo la NATO guarda l’Artico – le cui rotte sono ora praticabili, libere dai ghiacci – coinvolgendo per qualche ragione anche l’Ucraina di Zelens’kyj.
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Immagine di Bo Randstedt via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Economia
Importatori indiani pagano petrolio russo in yuan

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Cina
La Cina impone controlli sulle esportazioni di tecnologie legate alle terre rare

Il ministero del Commercio cinese, ha annunciato il 9 ottobre che imporrà controlli sulle esportazioni di tecnologie legate alle terre rare per proteggere la sicurezza e gli interessi nazionali. Lo riporta il quotidiano del Partito Comunista Cinese in lingua inglese Global Times.
Questi controlli riguardano «l’estrazione, la fusione e la separazione delle terre rare, la produzione di materiali magnetici e il riciclaggio delle risorse secondarie delle terre rare». Le aziende potranno richiedere esenzioni per casi specifici. In assenza di esenzioni, il ministero della Repubblica Popolare obbligherà gli esportatori a ottenere licenze per prodotti a duplice uso non inclusi in queste categorie, qualora sappiano che i loro prodotti saranno utilizzati in attività connesse alle categorie elencate.
Il precedente tentativo del presidente statunitense Donald Trump di avviare una guerra tariffaria con la Cina si è rivelato un fallimento, principalmente a causa del dominio preponderante della Cina nell’estrazione e nella lavorazione dei minerali delle terre rare. Delle 390.000 tonnellate di ossidi di terre rare estratti nel 2024, la Cina ne ha prodotte circa 270.000, rispetto alle 45.000 tonnellate degli Stati Uniti, e detiene circa l’85% della capacità di raffinazione globale.
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La decisione odierna della Cina avrà certamente un impatto a Washington, soprattutto in vista dell’incontro tra i presidenti Donald Trump e Xi Jinping previsto per fine mese. Oggi si è registrata una corsa all’acquisto delle azioni di MP Materials, il principale concorrente statunitense della Cina nella produzione di terre rare.
All’inizio dell’anno, il dipartimento della Difesa statunitense aveva investito in MP Materials, dopo che Trump aveva evidenziato il divario tra Stati Uniti e Cina. Tuttavia, tale investimento è stato considerato insufficiente e tardivo.
Come riportato da Renovatio 21, nel 2024 i dati mostravano che i profitti sulla vendita delle terre rare cinesi erano calati. È noto che Pechino sostiene l’estrazione anche illegale delle sostanze anche in Birmania.
Secondo alcune testate, tre anni fa vi erano sospetti sul fatto che il Partito Comunista Cinese stesse utilizzando attacchi informatici contro società di terre rare per mantenere la sua influenza nel settore.
Le terre rare, considerabili come sempre più necessarie nella corsa all’Intelligenza Artificiale, sono la centro anche del turbolento accordo tra l’amministrazione Trump e il regime di Kiev.
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Immagine di pubblico dominio CCo via Wikimedia
Economia
Ritrovato morto a Kiev un trafficante di criptovalute

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