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Il cantante dei Megadeth Dave Mustaine contro mascherine e tirannia sanitaria
Nuovo caso di rocker che, rara avis, si schiera contro la dittatura sanitaria.
Il 15 settembre a Camden, New Jersey, i Megadeth, storico gruppo Thrash Metal americano, hanno tenuto un concerto.
I Megadeth sono attivi dal 1983 e sono, di fatto, un’emanazione del chitarrista e cantante Dave Mustaine, che faceva parte dei Metallica per poi essere allontanato dopo intensi litigi. Tuttavia, alcune delle canzoni più potenti dei Metallica – come la strumentale Orion – portano anche la firma di Mustaine.
Nel concerto in New Jersey di tre giorni fa, Mustaine, 60 anni, prima di eseguire l’ultima canzone (Holy Wars, un pezzo sulle violenze in Medio Oriente, che effettivamente suona bene anche oggi), ha preso il microfono e ha detto un paio di cose sulla situazione attuale.
«Voglio solo dirvi quanto è bello. Guardatevi intorno, ragazzi. Guardate alla vostra destra, guardate alla vostra sinistra e guardate quanto è meraviglioso. Siamo tutti qui insieme».
In effetti, veniamo da mesi in cui i concerti – come ogni altro libero raggruppamento di esseri umani – sono stati proibiti.
«Non stiamo dando di matto, e noi non stiamo urlando alla gente, “indossa la tua fottuta mascherina”»
«Non stiamo dando di matto, e noi non stiamo urlando alla gente, “indossa la tua fottuta mascherina”».
«Ascoltate, inizia con questo tipo di sensazione che costruiamo in questo momento. Ci sentiamo insieme, sentiamo la forza nei numeri. Ci sentiamo invincibili. Le persone non saranno in grado di fermarci».
«In questo momento, quello che sta succedendo è la tirannia. Questa si chiama tirannia. Pensateci quando tornate a casa. E la tirannia non è solo nel governo. La tirannia in questo momento è nelle scuole e la tirannia è nel settore medico».
I sottotitoli sono di Renovatio 21.
«In questo momento, quello che sta succedendo è la tirannia. E la tirannia non è solo nel governo. La tirannia in questo momento è nelle scuole e la tirannia è nel settore medico»
La folla ha risposto scandendo in coro «U.S.A.–U.S.A.». È un coro che peraltro si sente spesso durante le apparizioni di Trump. Quando l’ex presidente qualche settimana fa è entrato nello stadio dove si stava tenendo un importante match di MMA, il pubblico lo ha salutato urlando all’unisono questa minimale formula canora nazionalista.
Mustaine in passato ha sostenuto attivamente il Partito Democratico, per poi passare a fiancheggiare negli anni 2000 figure del Partito Repubblicano. Passò quindi ad attaccare il presidente Obama come «il presidente più divisivo mai visto» e sostenendo la tesi dei cosiddetti birthers, secondo cui Obama non è davvero nato negli USA – quindi, secondo la legge, non potrebbe essere presidente.
Mustaine ha inoltre suggerito durante passati concerti che le stragi in America potrebbero essere state concepite dal sistema per implementare la confisca delle armi dei cittadini.
Nel 1988 alcune sue parole (disse semplicemente: «… per la causa») durante un concerto a Belfast crearono una rivolta perché vennero interpretata come un endorsement dell’IRA.
Nonostante nel video sembri un po’ stanco – diciamo – bisogna ammettere che la lucidità c’è tutta.
«Abbiamo il potere, specialmente noi fan dell’heavy metal, abbiamo il potere di cambiare le cose»
Quella sua e quella del suo pubblico.
«Abbiamo il potere, specialmente noi fan dell’heavy metal, abbiamo il potere di cambiare le cose» dice Mustaine prima di riprendere le corde per l’ultimo pezzo.
È vero. Mustaine è un raro caso di musicista che si rende conto che i panorami apocalittici che metteva nelle canzoni decenni fa ora sono diventati realtà inoppugnabile. E, gli artisti non possono fare finta di niente – come invece stanno facendo tutti, anche in Italia, dove il conformismo rock – dal cantante in zona INPS al giovane gruppo da concertone dei sindacati 0 ha raggiunto livelli raccapriccianti.
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Svelate le vetrate contemporanee per la Cattedrale di Notre-Dame
Dopo due anni di polemiche, e nonostante la forte opposizione delle associazioni per la tutela del patrimonio, la sostituzione delle vetrate di Viollet-le-Duc, rimaste intatte dall’incendio che ha colpito la Cattedrale di Notre-Dame il 15 aprile 2019, con creazioni contemporanee sta prendendo forma: i modelli sono ora esposti.
La mostra D’un seul souffle è stata inaugurata il 10 dicembre 2025 nella Galleria 10.2 del Grand Palais (Parigi, VIII arrondissement). I visitatori possono scoprire i modelli a grandezza naturale, i bozzetti e altri lavori preparatori per le sei vetrate create da Claire Tabouret, vincitrice del concorso indetto dal ministero della Cultura.
Queste vetrate sono destinate a sostituire le creazioni ottocentesche di Viollet-le-Duc in sei cappelle della navata sud, vetrate progettate dall’architetto in linea con le origini gotiche della cattedrale. La petizione che ne richiede la conservazione spiega: «oltre alle vetrate narrative del deambulatorio, del coro e del transetto, le cappelle della navata presentano vetrate a grisaglia puramente decorative».
«Qui si manifesta una ricerca di unità architettonica e di gerarchia spaziale che è parte integrante della sua opera e che il restauro ha specificamente mirato a riscoprire. Inoltre, il progetto in corso ha incluso la pulizia e il consolidamento di tutte queste vetrate, vetrate che non sono state toccate né danneggiate dall’incendio e che sono classificate come monumenti storici, proprio come il resto dell’edificio».
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Una sostituzione fortemente controversa
La decisione di installare vetrate contemporanee nella Cattedrale di Notre-Dame è un’iniziativa personale di Emmanuel Macron, annunciata durante la sua visita al cantiere l’8 dicembre 2023 e sostenuta dall’arcivescovo di Parigi Laurent Ulrich. «Che vengano cambiate e che portino l’impronta del XXI secolo», dichiarò il Presidente all’epoca.
La sostituzione delle vetrate di Viollet-le-Duc, sopravvissute all’incendio del 2019, aveva scatenato un’accesa controversia. Nel luglio 2024, la Commissione Nazionale per il Patrimonio e l’Architettura ha respinto il progetto, sostenendo che la creazione artistica non dovrebbe sacrificare elementi del patrimonio di interesse pubblico.
La Tribune de l’Art ha lanciato una petizione che, ad oggi, ha raccolto quasi 300.000 firme. L’associazione Sites & Monuments ha presentato ricorso al Tribunale Amministrativo di Parigi per annullare o risolvere l’appalto pubblico. Il ricorso è stato respinto dal tribunale a fine novembre.
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Nel frattempo, lo Stato vuole trarre profitto dal restauro di Notre-Dame
Didier Rykner, il dinamico direttore de La Tribune de l’Art, che si oppone a questa sostituzione, ha appena pubblicato un editoriale in cui denuncia l’avidità dello Stato, che pretende fondi privati per coprire spese che dovrebbero essere a suo carico.
Come sottolinea il giornalista, l’istituzione pubblica responsabile della conservazione e del restauro della Cattedrale di Notre-Dame non dovrebbe essere mantenuta. «Ora che le tracce dell’incendio sono scomparse, non vi è alcuna giustificazione per cui questa struttura, creata esclusivamente per questo restauro, continui a funzionare».
«Notre-Dame ha ora bisogno di restauro, ma questi lavori dovrebbero continuare, come di consueto, sotto la direzione del DRAC Île-de-France, ovvero il ministero della Cultura, senza bisogno di un’istituzione pubblica. Un’istituzione del genere, i cui costi di gestione sono considerevoli, non è più giustificata, a meno che non si decida di creare istituzioni pubbliche per il restauro di tutti i principali monumenti statali…»
Inoltre, permane un «surplus» di fondi privati donati per il restauro della cattedrale più famosa del mondo, che sarà utilizzato per il restauro dell’abside e degli archi rampanti che la sostengono, e anche, a quanto pare, per la sacrestia, i tre grandi rosoni e le facciate nord e sud del transetto. Ma Philippe Jost, direttore dell’istituzione pubblica, chiede altri 140 milioni.
E Didier Rykner ha concluso: «non dobbiamo più dare un solo centesimo a Notre-Dame per sostituire uno Stato in rovina che si rifiuta di adempiere ai propri obblighi. Le cattedrali, come Notre-Dame, devono essere restaurate e mantenute dal loro proprietario, lo Stato. E l’istituzione pubblica, che ha fatto la sua parte e ora vuole deturpare la cattedrale rimuovendo le vetrate di Viollet-le-Duc, non ha più ragione di esistere. Deve essere chiusa».
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Bibita col DNA di Ozzy Osbourne disponibile con pagamento a rate
Una nuova partnership kitsch tra John «Ozzy» Osbourne e Liquid Death, il marchio di acqua in lattina, ha lanciato sul mercato una serie limitata di lattine di tè freddo infuso con il DNA del «reverendo rock».
Ovviamente il prodotto è andato subito a ruba ed è esaurito. Le lattine sono state tutte tracannate e schiacciate da Osbourne in persona, lasciando «tracce di DNA della sua saliva che ora potete possedere», secondo il sito web di Liquid Death.
Ma diciamoci la verità, non si compra lo scarto salivare di una rockstar per dissetarsi: lo si compra per fare necro-collezionismo probabilmente. Le leggende attorno al personaggio sono molteplici: si diceva che Ozzy fosse un mutante genetico, capace di resistere a secchiate di droga, alla rabbia per aver morso un pipistrello vivo e a un incidente quasi mortale in quad.
«Ozzy Osbourne è 1 su 1», recita il testo pubblicitario del sito, «ma stiamo vendendo il suo vero DNA così potrete riciclarlo per sempre».
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Ogni lattina viene consegnata in un «barattolo per campioni sigillato in laboratorio», etichettato con il nome del donatore, il numero del campione (su dieci) e la data del prelievo. Ozzy ha persino firmato il contenitore, apparentemente dando un assegno in bianco per qualsiasi futura clonazione.
«Ora, quando la tecnologia e la legge federale lo consentiranno, potrete replicare Ozzy Osbourne e godervi la sua musica per centinaia di anni nel futuro», si legge sul sito web. I pezzi disponibili sono solo 10 e sono stati venduti a 450 dollari ciascuno, anche in comode rate.
Vista la rarità del prodotto, il «bagarinaggio online» non poteva mancare: su eBay ce ne sono state due in vendita, ciascuna a migliaia di dollari.
Sui social media, i fan erano entusiasti della partnership di Ozzy con il suo brand, anche se il prezzo ha fatto storcere il naso a qualcuno. «Accidenti, avrei dovuto salvare il tuo DNA quando mi hai sputato addosso nell’84 durante un concerto alla LB Arena», ha scritto un fan su X.
Ozzy Osbourne, che da giovane sul palco aveva pure mangiato un pipistrello, è perito quattro mesi fa. Il fatto che fosse stato iniettato col vaccino COVID, che ci dicono venire da un chirottero di Wuhano, lo rende in qualche modo un personaggio simbolico della pandemica, e non solo di quella: alcuni hanno ipotizzato che la morte, avvenuta dopo una «lunga battaglia» (in genere dicono per qualche ragione così) contro il morbo di Parkinson, potrebbe costituire un caso di eutanasia.
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Carlos Varela via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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