Gender
I transgender ora vogliono il trapianto di utero
Il Journal of the American Medical Association (JAMA) ha pubblicato il saggio «Percezioni e motivazioni per il trapianto di utero nelle donne transgender». Si tratta di fatto dei risultati del più grande studio sul suo genere.
Questo studio ha esaminato le aspirazioni riproduttive i transgender maschi biologici. Indagando su 182 donne transgender, i ricercatori hanno scoperto che oltre il 90% credeva che un trapianto uterino potesse «migliorare la qualità della vita nelle donne transgender, alleviare i sintomi disforici e aumentare i sentimenti di femminilità».
I transessuali hanno il «desiderio di avere esperienze fisiologiche uniche per le donne cisgender [termine della cultura LGBT per definire gli eterosessuali, NdR]], come le mestruazioni e la gestazione, oltre ad avere potenzialmente una vagina trapiantata fisiologicamente funzionante»
Lo studio è stato pubblicato il 20 gennaio 2021, lo stesso giorno in cui il presidente Joe Biden ha prestato giuramento e ha firmato il suo ordine esecutivo sulla prevenzione e la lotta alla discriminazione sulla base dell’identità di genere o dell’orientamento sessuale.
Lo studio ha conclude che i transessuali hanno il «desiderio di avere esperienze fisiologiche uniche per le donne cisgender [termine della cultura LGBT per definire gli eterosessuali, NdR]], come le mestruazioni e la gestazione, oltre ad avere potenzialmente una vagina trapiantata fisiologicamente funzionante».
Inoltre, gli autori hanno scoperto che i trans «possono aspettarsi la capacità di avere le mestruazioni per aumentare la soddisfazione con il sesso desiderato e il trapianto di utero e anticipare miglioramenti nella percezione della loro femminilità». Gli intervistati hanno anche affermato che potenzialmente il trapianto di una vagina funzionale potrebbe anche migliorare la funzione sessuale e la qualità della vita.
Gli autori hanno scoperto che i trans «possono aspettarsi la capacità di avere le mestruazioni per aumentare la soddisfazione con il sesso desiderato e il trapianto di utero e anticipare miglioramenti nella percezione della loro femminilità»
Quindo, in una prestigiosa rivista medica, gli autori usano frasi come «classificata come femmina alla nascita».
I trapianti uterini sono, per la maggior parte, ancora in fase sperimentale. Ad oggi, ci sono stati solo circa 70 trapianti uterini in tutto il mondo e la maggior parte di questi proviene da donatori viventi. Un donatore vivente potrebbe essere una donna che ha completato la sua famiglia e non vuole avere altri figli, quindi si offre di donare il suo utero. Il primo bambino nato da un trapianto uterino è nato prematuro di due mesi in Svezia.
La pratica corrente è quella di rimuovere il trapianto uterino una volta che la donna ha avuto i figli che desidera, in modo da non dover rimanere sui farmaci anti-rigetto per il resto della sua vita.
La pratica corrente è quella di rimuovere il trapianto uterino una volta che la donna ha avuto i figli che desidera, in modo da non dover rimanere sui farmaci anti-rigetto per il resto della sua vita.
Inoltre, i dati non sono ancora disponibili sugli effetti sui bambini nati da un utero trapiantato, principalmente perché non esiste un campione abbastanza ampio di questi bambini. I bambini sono esposti a farmaci anti-rigetto per tutta la durata del loro tempo in utero e vengono sempre partoriti per taglio cesareo, il che senza dubbio conferisce ulteriori rischi a madre e bambino.
Lo studio sostiene che le donne transgender riferiscono che «i potenziali benefici del trapianto di utero superano i rischi significativi a cui è associato e possono migliorare la qualità della vita, la felicità e i sintomi disforici, rafforzando nel contempo i sentimenti di femminilità».
I bambini sono esposti a farmaci anti-rigetto per tutta la durata del loro tempo in utero e vengono sempre partoriti per taglio cesareo, il che senza dubbio conferisce ulteriori rischi a madre e bambino
Perfino l’industria dell’igiene periodica si è piegata sotto i diktat del gender: la Tampax aveva usato su Twitter l’espressione «persone che sanguinano» per intendere le donne mestruate: ulteriormente veniva puntualizzato che «non tutte le donne hanno il ciclo», per poi completare asserendo che «non tutte le persone con il ciclo sono donne. Celebriamo la diversità di tutte le persone che sanguinano!».
Quanto dovrà durare ancora questa follia?
Gender
La prima donna primo ministro del Giappone si oppone al «matrimonio» omosessuale
La nuova prima ministra giapponese, Sanae Takaichi, prima donna a ricoprire questa carica, si oppone al «matrimonio» omosessuale.
Takaichi, insediatasi martedì, ha espresso durante un dibattito elettorale dello scorso mese la sua contrarietà al «matrimonio» omosessuale, pur definendo «giusta» una relazione omosessuale, secondo il sito di informazione LGBT Them.
Nel 2023, durante una riunione della commissione bilancio del governo, ha descritto la legalizzazione del «matrimonio» omosessuale come una «questione estremamente complessa», citando un articolo della costituzione giapponese che definisce il matrimonio come basato sul «consenso reciproco di entrambi i sessi».
Le posizioni di Takaichi sul «matrimonio» omosessuale, non legale in Giappone, sono in contrasto con l’opinione pubblica del Paese, prevalentemente laica. Un sondaggio Pew del 2023 ha rilevato che circa il 70% dei giapponesi sostiene il «matrimonio» omosessuale, il tasso di approvazione più alto tra i Paesi asiatici analizzati.
Diverse città e località giapponesi emettono «certificati di unione» per le coppie omosessuali. Ad esempio, nel 2015 il distretto di Shibuya a Tokyo ha approvato una normativa che riconosce le coppie omosessuali «come partner equivalenti a quelli sposati per legge».
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Inoltre, l’anno scorso un’Alta corte giapponese ha stabilito che il divieto del codice civile sul «matrimonio» omosessuale viola il principio costituzionale contro la discriminazione basata su «razza, credo, sesso, status sociale o origine familiare». Tuttavia, le Alte corti giapponesi non possono abrogare il divieto, rendendo la sentenza simbolica.
Paradossalmente, nonostante sia la prima donna a capo del governo giapponese, l’amministrazione di Takaichi è stata criticata dalla sinistra come un ostacolo per la «parità di genere» e i «diritti delle minoranze sessuali». L’emittente pubblica americana PBS News l’ha definita «non femminista».
Takaichi sostiene la successione esclusivamente maschile della famiglia imperiale, che ha un ruolo cerimoniale, e si oppone alla possibilità per le coppie sposate di mantenere cognomi separati, sostenendo che ciò potrebbe «minare la struttura sociale basata sulle unità familiari». Tuttavia, non insiste sul fatto che la donna debba adottare il cognome del marito. Curiosamente, il marito di Takaichi, il politico LDP Taku Yamamoto, ha preso il suo cognome quando si sono risposati, per cui ora legalmente si chiama Taky Takaichi
«La nascita della prima donna primo ministro giapponese è storica, ma (Takaichi) rappresenta un’ombra per la parità di genere e i diritti delle minoranze sessuali», ha dichiarato a PBS Soshi Matsuoka, attivista LGBT. «Le opinioni di Takaichi su genere e sessualità sono estremamente conservatrici e potrebbero costituire un grave ostacolo per i diritti, in particolare per le minoranze sessuali».
Il Giappone resta uno dei pochi Paesi sviluppati, insieme a Paesi come Corea del Sud e Repubblica Ceca, a non aver legalizzato il «matrimonio» omosessuale.
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Immagine di 内閣広報室|Cabinet Public Affairs Office via Wikimedia pubblicata su licenza Attribution 4.0 International
Gender
Il Parlamento austriaco vieta il linguaggio «inclusivo di genere» nelle sue comunicazioni ufficiali
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Gender
Il transgenderismo è in declino tra i giovani americani: «una moda in declino»
Un recente rapporto indica un calo nell’identificazione transgender tra i giovani americani, dopo il picco registrato durante l’amministrazione Biden.
Il rapporto, intitolato «The Decline of Trans and Queer Identity among Young Americans», redatto dal professor Eric Kaufmann, analizza i dati di studenti universitari negli Stati Uniti attraverso sette fonti.
I risultati mostrano che l’identificazione transgender è scesa a circa la metà rispetto al massimo raggiunto nel 2023, passando dal 7% al 4%.
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Tra il 2024 e il 2025, meno studenti universitari del primo anno si sono identificati come «trans o queer» rispetto agli studenti dell’ultimo anno, invertendo la tendenza osservata nel 2022-2023.
Anche l’identificazione come «non binario» (né uomo né donna) è diminuita della metà in tre delle cinque fonti di dati dello studio. L’identificazione eterosessuale è in aumento, pur rimanendo inferiore rispetto al 2020, mentre quella gay e lesbica è rimasta stabile.
«Questo suggerisce che la non conformità di genere/sessuale continuerà a diminuire», ha scritto Kaufmann su X, commentando i risultati, definendo l’identità transgender e queer una «moda» ormai in declino.
«Il calo delle persone trans e queer sembra simile allo svanire di una tendenza», ha affermato, sottolineando che tale cambiamento è avvenuto indipendentemente dalle variazioni nelle convinzioni politiche o nell’uso dei social media, ma con un ruolo significativo del miglioramento della salute mentale.
«Gli studenti meno ansiosi e, soprattutto, meno depressi [sono] associati a una minore percentuale di identificazioni trans, queer o bisessuali», ha aggiunto.
Come riportato da Renovatio 21, gennaio, il presidente Trump – che prima di rientrare alla Casa Bianca aveva promesso di fermare la «follia transgender» dal primo giorno della sua presidenza –ha firmato un ordine esecutivo per vietare al governo federale di finanziare o promuovere la transizione di genere nei minori. «Questa pericolosa tendenza sarà una macchia nella storia della nostra nazione e deve finire», ha dichiarato.
Sono seguiti interventi dell’amministrazione Trump contro il reclutamento di trans nell’esercito (nonché la cacciata dei già recluati) e la partecipazione di transessuali maschi alle gare sportive delle donne. «la guerra allo sport femminile è finita» ha dichiarato il presidente americano.
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Secondo il Williams Institute, il 76% delle persone transgender (circa 2,8 milioni) ha meno di 35 anni, di cui il 25% (724.000) è tra i 13 e i 17 anni. Il rapporto evidenzia che la composizione razziale delle persone transgender riflette quella degli Stati Uniti. Circa un terzo si identifica come donna, un terzo come uomo e un terzo come non binario.
Dal 2022, il Williams Institute stima che il numero di persone transgender sia cresciuto da 1,6 milioni a 2,8 milioni, un aumento del 75% in tre anni.
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa uno studio dell’ente americano Public Religion Research Institute (PRRI) aveva rivelato che più di un americano su quattro (28%) di età compresa tra 18 e 25 anni, nota come Generazione Z, si è identificato come LGBT.
La «moda» ora può essere finita. Tuttavia, ci chiediamo: quale ne è stato il prezzo?
Quanti ragazzi castrati per sempre? Quante ragazze mutilate dei seni? Quanti adolescenti intossicati di steroidi sintetici? Quante famiglie lacerate e distrutte?
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