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Geopolitica

I talebani si riprendono l’Aghanistan. Tutto.

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Lo dicono perfino i TG italiani: tutto l’Afghanistan sta tornando nelle mani dei talebani.

 

La capitale Kabul ha, letteralmente, i giorni contati. C’è chi dice che le truppe degli «studenti» islamisti entreranno in città tra novanta giorni. In tempo per il Natale, se sapessero cosa è.

 

Il New York Times  martedì ha scritto che i talebani hanno  invaso la settima e l’ottava capitale di provincia. Pul-e-Khumri nel nord è diventata l’ultima capitale regionale a cadere.

 

La capitale Kabul ha, letteralmente, i giorni contati

 

Un corrispondente del Times con sede a Kabul ha sottolineato che è caduta «senza combattere contro i talebani, ottava città in meno di una settimana e seconda in meno di 24 ore».

 

Come dire, la cosa è pacifica, per gli afghani – e quello che è peggio, pure per gli americani, che in quelle quattro aride rocce al centro del mondo hanno versato trilioni di dollari e – cosa ben più importante – il sangue di tanti, tantissimi giovani soldati.

 

Morti per cosa? L’esporto della democrazia, come dicevano Bush e i Neocon suoi pupari? Morti per la stabilità della regione? Morti per il petrolio, o le risorse minerarie? Morte per il Grande Gioco contro la Russia, la Cina, o lo Scontro di Civiltà di cui parlava il politologo Huntington?

 

Nessuna di queste: la loro morte sarà l’unica che non deve pertenere al soldato, la morte infertile. Il pioniere della polemologia Gaston Bothouls, nel suo saggio degli anni Cinquanta Les guerres, scriveva che quella del soldato in guerra è una morte speciale, una morte fertile. Non è più il caso. La morte – come da imperativo della Necrocultura esteso ad ogni forma di vita umana – è divenuta sterile. Non produce niente, neppure un vago senso di nobiltà della sconfitta.

Il Pentagono probabilmente sottostima il messaggio che verrà inviato ai suoi uomini: siete carne da cannone, non contate niente, la vostra è una vita inutile, come inutile è la vostra morte

 

Il Pentagono probabilmente sottostima il messaggio che verrà inviato ai suoi uomini: siete carne da cannone, non contate niente, la vostra è una vita inutile, come inutile è la vostra morte.

 

Oppure è proprio il messaggio che vogliono mandare alla nuova generazione di soldati: ma quale patria, ma quali ideali, ma quale cameratismo – combattete per mero nichilismo, per sfogo sanguinario. Prìncipi e princìpi restino a casa. Abbiamo bisogno di belve dalla furia cieca, non di esseri razionali e nemmeno sentimentali.

 

Ad ogni modo, forse con un enorme eufemismo, il portavoce del Pentagono John Kirby ha ammesso che le cose «chiaramente non vanno nella giusta direzione» in Afghanistan.

 

È difficile che quanto stia accadendo non sia già stato accordato sottobanco.

Biden fa spallucce, e assicura che le forze afgane addestrate dagli Stati Uniti hanno tutto ciò di cui hanno bisogno per respingere i talebani

 

Biden fa spallucce, e assicura che le forze afgane addestrate dagli Stati Uniti hanno tutto ciò di cui hanno bisogno per respingere i talebani.

 

«In definitiva, la nostra opinione è che le forze di sicurezza afghane abbiano le attrezzature, i numeri e l’addestramento per combattere che rafforzeranno la loro posizione al tavolo dei negoziati», ha detto ai giornalisti il segretario stampa della Casa Bianca Jen Psaki .

 

Come nota Zerohedge, «quando i funzionari iniziano a parlare di guadagnare influenza al “tavolo delle trattative” significa che prevedono che la sconfitta è imminente».

 

Perché, riguardo alla temibile armata della democrazia afghana decantata da Biden, c’è da riferire delle notizie diffuse di diserzioni di massa nelle postazioni, truppe lealiste in ritirata e accordi conclusi con i talebani per consegnare villaggi e città con nessuna resistenza sul campo – esattamente quello che stiamo vedendo, città dopo città.

 

Mappa di Al Jazeera dell’avanzata talebana (in giallo) aggiornata all’11 agosto 2021; CC-BY-NC-SA

 

Lunedì a Kirby è stato chiesto a bruciapelo durante un briefing del Pentagono sull’intensificarsi degli attacchi aerei degli Stati Uniti. Ha negato che fosse così e ha ammesso che non c’è “molto” da fare a questo punto, suggerendo fortemente che anche la caduta di Kabul sta arrivando presto .

 

Balbettii di circostanza che ci fanno capire che il destino dell’Afghanistan, venti anni dopo l’invasione americana come reazione dell’11 settembre, è segnato

«Voglio dire, se… non abbiamo forze a terra in partenariato con loro, e noi… non possiamo, noi … sicuramente sosterremo dall’aria, ove possibile, ma non è un sostituto per i leader sul campo, non è un sostituto per la leadership politica a Kabul, non è un sostituto per usare le capacità e le capacità che sappiamo che hanno», ha aggiunto il Kirby.

 

Balbettii di circostanza che ci fanno capire che il destino dell’Afghanistan, venti anni dopo l’invasione americana come reazione dell’11 settembre, è segnato.

 

All’uomo del Pentagono è stato inoltre chiesto perché le forze addestrate dagli Stati Uniti fossero state battute a un ritmo rapido. Lui ha risposto dicendo che è una domanda per «alti funzionari afghani a Kabul e sul campo, non per il dipartimento della difesa». Tra papaveri militari e il presidente, deve essere una gara a chi scarica il barile più velocemente – sui fantocci di Kabul, cosa che non costa nulla, perché quell’intera classe politica sintetica sta per dissolversi nel niente (o forse, nel sangue).

 

I talebani ora controllano la maggior parte del Paese geografico: «Le forze talebane ora controllano il 65% del territorio afghano , minacciano di prendere 11 capoluoghi di provincia e cercano di privare Kabul del suo tradizionale sostegno delle forze nazionali del nord, un alto funzionario dell’UE ha detto martedì», riportava l’agenzia Reuters martedì.

 

«Il governo ha ritirato le forze dai distretti rurali difficili da difendere per concentrarsi sul mantenimento dei principali centri abitati, mentre i funzionari hanno fatto appello a fare pressione sul vicino Pakistan per fermare i rinforzi e le forniture talebane che fluiscono oltre il confine poroso. Il Pakistan nega di sostenere i talebani», aggiunge il rapporto.

 

Il barile scaricato anche sui pakistani, così vicini al drago cinese? Gli USA ci hanno provato varie volte in passato, perfino avvicinandosi ad un Paese filosovietico come l’India. Non sono mai andati fino in fondo.

Il barile scaricato anche sui pakistani, così vicini al drago cinese? Gli USA ci hanno provato varie volte in passato, perfino avvicinandosi ad un Paese filosovietico come l’India. Non sono mai andati fino in fondo.

 

Del resto, non lo fanno più praticamente. Iraq, Afghanistan… ferite della terra che lasciano suppurare, e infettarsi, e infettare gli altri.

 

In Europa, settanta anni fa, avanzarono casa per casa fino al cuore del nemico, rifiutando la possibilità di una pace e macellando l’intero continente. Si vede che ora gli obbiettivi sono altri.

 

Demoralizzare il proprio esercito e i suoi sacrifici – e quindi demoralizzare l’intera società americana – potrebbe essere uno di questi.

 

 

 

 

 

Geopolitica

La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco

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Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha dovuto cancellare un viaggio previsto in Cina dopo che Pechino si sarebbe rifiutata di organizzare incontri di alto livello con lui, secondo quanto riportato venerdì da diversi organi di stampa.

 

Il Wadephul sarebbe dovuto partire per Pechino domenica per discutere delle restrizioni cinesi sull’esportazione di terre rare e semiconduttori, oltre che del conflitto in Ucraina.

 

«Il viaggio non può essere effettuato al momento e sarà posticipato a data da destinarsi», ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri tedesco, citato da Politico. Il Wadephullo avrebbe dovuto incontrare il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ma l’agenda prevedeva troppo pochi incontri di rilievo.

 

Secondo il tabloide germanico Bild, i due diplomatici terranno presto una conversazione telefonica.

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Questo intoppo diplomatico si inserisce in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra Cina e Unione Europea. Nell’ultimo anno, Bruxelles e Pechino si sono scontrate sulla presunta sovrapproduzione industriale cinese, mentre la Cina accusa l’UE di protezionismo.

 

All’inizio di questo mese, Pechino ha rafforzato le restrizioni sull’esportazione di minerali strategici con applicazioni militari, una mossa che potrebbe aggravare le difficoltà del settore automobilistico europeo.

 

La Germania è stata particolarmente colpita dal deterioramento del clima commerciale.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Volkswagen sospenderà la produzione in alcuni stabilimenti chiave la prossima settimana a causa della carenza di semiconduttori, dovuta al sequestro da parte dei Paesi Bassi del produttore cinese di chip Nexperia, motivato da rischi per la sicurezza tecnologica dell’UE. In risposta, Pechino ha bloccato le esportazioni di chip Nexperia dalla Cina, causando una riduzione delle scorte che potrebbe portare a ulteriori chiusure temporanee di stabilimenti Volkswagen e colpire altre case automobilistiche, secondo il quotidiano.

 

Venerdì, il ministro dell’economia Katherina Reiche ha annunciato che Berlino presenterà una protesta diplomatica contro Pechino per il blocco delle spedizioni di semiconduttori, sottolineando la forte dipendenza della Germania dai componenti cinesi.

 

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Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset

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La proposta di applicare la sovranità israeliana sulla Cisgiordania occupata, considerata da molti come un’equivalente all’annessione totale del territorio palestinese, ha suscitato una forte condanna internazionale, incluso un netto dissenso da parte degli Stati Uniti.   Il disegno di legge ha superato di stretta misura la sua lettura preliminare martedì, con 25 voti a favore e 24 contrari nella Knesset, composta da 120 membri. La proposta passerà ora alla Commissione Affari Esteri e Difesa per ulteriori discussioni.   Una dichiarazione parlamentare afferma che l’obiettivo del provvedimento è «estendere la sovranità dello Stato di Israele ai territori di Giudea e Samaria (Cisgiordania)».   Il momento del voto è stato significativo e provocatorio, poiché è coinciso con la visita in Israele del vicepresidente J.D. Vance, impegnato in discussioni sul cessate il fuoco a Gaza e sul centro di coordinamento gestito dalle truppe statunitensi e dai loro alleati, incaricato di supervisionare la transizione di Gaza dal controllo di Hamas. Vance ha percepito la tempistica del voto come un gesto intenzionale, accogliendolo con disappunto.

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Anche il Segretario di Stato Marco Rubio, in visita in Israele questa settimana, ha espresso critiche prima di lasciare il Paese mercoledì, dichiarando che il disegno di legge sull’annessione «non è qualcosa che appoggeremmo».   «Riteniamo che possa rappresentare una minaccia per l’accordo di pace», ha detto Rubio, in linea con la promozione della pace in Medio Oriente sostenuta ripetutamente da Trump. «Potrebbe rivelarsi controproducente». Vance ha ribadito che «la Cisgiordania non sarà annessa da Israele» e che l’amministrazione Trump «non ne è stata affatto soddisfatta», sottolineando la posizione ufficiale.   Vance, considerato il favorito per la prossima candidatura presidenziale repubblicana dopo Trump, probabilmente ricorderà questo episodio come un momento frustrante e forse irrispettoso, specialmente in un contesto in cui la destra americana appare sempre più divisa sulla politica verso Israele.   Si dice che il primo ministro Netanyahu non sia favorevole a spingere per un programma di sovranità, guidato principalmente da politici oltranzisti legati ai coloni. In una recente dichiarazione, il Likud ha definito il voto «un’ulteriore provocazione dell’opposizione volta a compromettere i nostri rapporti con gli Stati Uniti».   «La vera sovranità non si ottiene con una legge appariscente, ma con un lavoro concreto sul campo», ha sostenuto il partito.   Tuttavia, è stata la reazione di Vance a risultare la più veemente, definendo il voto una «stupida trovata politica» e un «insulto», aggiungendo che, pur essendo una mossa «solo simbolica», è stata «strana», specialmente perché avvenuta durante la sua presenza in Israele.   Come riportato da Renovatio 21, Trump ha minacciato di togliere tutti i fondi ad Israele in caso di annessione da parte dello Stato Giudaico della West Bank, che gli israeliani chiamano «Giudea e Samaria».  

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Trump minaccia di togliere i fondi a Israele se annette la Cisgiordania

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Israele «perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti» in caso di annessione della Giudea e della Samaria, nome con cui lo Stato Ebraico chiama la Cisgiordania, ha detto il presidente USA Donald Trump.

 

Trump ha replicato a un disegno di legge controverso presentato da esponenti dell’opposizione di destra alla Knesset, il parlamento israeliano, che prevede l’annessione del territorio conteso come reazione al terrorismo palestinese.

 

Il primo ministro Benjamin Netanyahu, sostenitore degli insediamenti ebraici in quell’area, si oppone al provvedimento, poiché rischierebbe di allontanare gli Stati arabi e musulmani aderenti agli Accordi di Abramo e al cessate il fuoco di Gaza.

 

Netanyahu ha criticato aspramente il disegno di legge, accusando i promotori di opposizione di una «provocazione» deliberata in concomitanza con la visita del vicepresidente statunitense J.D. Vance. (Lo stesso Vance ha qualificato il disegno di legge come un «insulto» personale)

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«I commenti pubblicati giovedì dalla rivista TIME sono stati espressi da Trump durante un’intervista del 15 ottobre, prima dell’approvazione preliminare alla Knesset di mercoledì – contro il volere del primo ministro – di un disegno di legge che estenderebbe la sovranità israeliana a tutti gli insediamenti della Cisgiordania» ha scritto il quotidiano israeliano Times of Israel.

 

Evidenziando l’impazienza dell’amministrazione verso tali iniziative, il vicepresidente di Trump, J.D. Vance, ha dichiarato giovedì, lasciando Israele, che il voto del giorno precedente lo aveva «offeso» ed era stato «molto stupido».

 

«Non accadrà. Non accadrà», ha affermato Trump a TIME, in riferimento all’annessione. «Non accadrà perché ho dato la mia parola ai Paesi arabi. E non potete farlo ora. Abbiamo avuto un grande sostegno arabo. Non accadrà perché ho dato la mia parola ai paesi arabi. Non accadrà. Israele perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti se ciò accadesse».

 

Vance ha precisato che gli era stato descritto come una «trovata politica» e «puramente simbolica», ma ha aggiunto: «Si tratta di una trovata politica molto stupida, e personalmente la considero un insulto».

 

Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno guidato i Paesi arabi e musulmani negli Accordi di Abramo, si oppongono da tempo all’annessione della Cisgiordania, sostenendo che renderebbe vani i futuri negoziati di pace nella regione.

 

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