Economia
I talebani alzano i prezzi del carbone, Islamabad sull’orlo di una crisi energetica
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Kabul ha aumentato le tariffe e imposto dei dazi doganali. Entrambi i Paesi sono carenti di valuta estera e in Pakistan sono in aumento i blackout anche a causa delle inondazioni delle ultime settimane. I rapporti economici aggravano le tensioni preesistenti.
I talebani hanno alzato i prezzi del carbone creando non pochi problemi al vicino Pakistan che, carente di valuta estera, stava comprando combustibili fossili a basso prezzo e in valuta locale nel tentativo di alleviare la propria crisi energetica.
A causa dell’incombente crisi economica (non troppo dissimile a quella dello Sri Lanka), Islamabad aveva annunciato l’intenzione di importare carbone dall’Afghanistan in rupie pakistane anziché in dollari. Nel Paese i blackout hanno cominciato a diventare frequenti e le inondazioni delle ultime settimane hanno aggravato la situazione.
Allo stesso tempo il governo talebano di Kabul, a causa delle sanzioni internazionali, ha bisogno di entrate, per cui ha più che raddoppiato il prezzo del carbone e alzato i dazi doganali.
Il Pakistan importa il 70% del proprio carbone dal Sudafrica, dove i prezzi sono arrivati ai massimi storici per la guerra in Ucraina e per i disordini interni al Paese. A marzo il prezzo del carbone ha toccato i 425 dollari a tonnellata.
Nonostante il calo dei prezzi degli ultimi mesi, il mercato resta imprevedibile, ragione per cui a fine giugno il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif ha approvato l’importazione di carbone afghano, che secondo fonti governative avrebbe permesso di risparmiare 2,2 miliardi di dollari nelle importazioni.
I talebani hanno però annunciato l’imposizione di un dazio al 30% e hanno aumentato il prezzo da 90 a 200 dollari a tonnellata.
«Il prezzo del carbone per tonnellata sul mercato globale è di circa 350 dollari e l’Emirato islamico dell’Afghanistan sfrutterà le sue riserve di carbone vendendolo a prezzi internazionali, imponendo dazi sull’esportazione», ha dichiarato a Nikkei Asia Mufti Esmatullah Burhan, portavoce del ministero del Petrolio e dei Minerali afghano.
Islamabad non ha reagito alle dichiarazioni dei talebani, ma in un’intervista a The News il ministro delle Finanze Miftah Ismail ha detto che il Pakistan è interessato a importare carbone dall’Afghanistan solo se sarà possibile farlo a prezzi accessibili.
La vicenda si inserisce in una serie di tensioni preesistenti tra i due Paesi: i talebani non hanno soddisfatto la richiesta di Islamabad di smantellare i santuari dei Tehreek-e-Taliban Pakistan (i talebani pakistani) in Afghanistan e le forze di sicurezza di entrambe le nazioni si sono più volte scontrate sulla frontiera, nota con il nome di Durand Line: Islamabad vorrebbe continuare a costruire una recinzione mentre Kabul ha bloccato il progetto.
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Cina
La Cina supera il trilione di dollari di surplus commerciale
Per la prima volta, il surplus commerciale della Cina ha superato i mille miliardi di dollari nei primi 11 mesi del 2025. Mentre le esportazioni verso gli Stati Uniti sono diminuite di circa un terzo a causa dei dazi, le esportazioni verso Europa, Australia e Sud-est asiatico sono aumentate.
Gran parte di questa impennata è stata trainata dalla forte crescita dei beni high-tech, che ha superato del 5,4% l’aumento delle esportazioni complessive. Le esportazioni di automobili hanno registrato un boom, sostituendo Giappone e Germania in termini di quota di mercato. Le esportazioni di semiconduttori sono aumentate del 24,7% nello stesso periodo e le esportazioni di cantieristica navale sono aumentate del 26,8%.
Il canale all-news cinese CGTN ha pubblicato un articolo che attacca le narrative occidentali di «sovracapacità» o «dumping» come spiegazioni del boom delle esportazioni cinesi.
«Per i politici e i leader dell’industria occidentali, la questione non è come presentare la Cina come un rivale, ma come riconoscere le realtà strutturali che rappresenta. Comprendendo il surplus come parte del panorama economico globale, si apre l’opportunità di adattare le strategie, esplorare le complementarietà, promuovere la collaborazione e ricercare miglioramenti dell’efficienza che vadano a vantaggio di entrambe le parti».
Vari allarmi sulla tenuta dell’economia cinese erano stati lanciati negli ultimi anni.
Come riportato da Renovatio 21, la Cina, dopo la guerra dei dazi di Trump, è ancora impegnata in un conflitto con gli USA e i satelliti occidentali per i chip.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Economia
Hollywood al capolinea: Netflix vuole comprare Warner Bros
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Economia
L’ex proprietario di Pornhub vuole acquistare le attività del gigante petrolifero russo
Bernd Bergmair, l’ex proprietario di Pornhub, starebbe valutando l’acquisto delle attività internazionali del gigante petrolifero russo sanzionato Lukoil. Lo riporta l’agenzia Reuters, citando fonti riservate.
A ottobre, gli Stati Uniti hanno colpito Lukoil con sanzioni che hanno costretto la compagnia a dismettere le proprie partecipazioni estere, stimate in circa 22 miliardi di dollari. Lukoil aveva inizialmente accettato un’offerta del trader energetico Gunvor per l’intera controllata estera, ma l’operazione è saltata dopo che il Tesoro americano ha accusato Gunvor di legami con il Cremlino.
Secondo Reuters, Bergmair avrebbe già sondato il dipartimento del Tesoro statunitense per una possibile acquisizione. Interpellato tramite un legale, ha né confermato né smentito, limitandosi a dichiarare: «Lukoil International GmbH rappresenterebbe ovviamente un investimento eccellente; chiunque sarebbe fortunato a possedere asset del genere», senza precisare quali porzioni gli interessino o se abbia già contattato l’azienda. Un portavoce del Tesoro ha declinato ogni commento.
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Il finanziere austriaco è l’ex azionista di maggioranza di MindGeek, la casa madre di Pornhub, la cui identità è emersa solo nel 2021 dopo anni di strutture offshore. Il Bergmair ha ceduto la propria partecipazione nel 2023, quando la società è stata rilevata da un fondo canadese di private equity chiamato «Ethic Capital», nella cui compagine spicca un rabbino. Il patrimonio dell’uomo è stimato intorno a 1,4 miliardi di euro, investiti principalmente in immobili, terreni agricoli e altre operazioni private.
Il mese scorso, il Tesoro statunitense ha autorizzato le parti interessate a intavolare negoziati per gli asset esteri di Lukoil; l’approvazione è indispensabile poiché, senza licenza, ogni transazione resterebbe congelata. La finestra concessa scade il 13 dicembre.
Fonti giornalistiche indicano che diversi player, tra cui Exxon Mobil e Chevron, avrebbero manifestato interesse, ma Lukoil preferirebbe cedere il pacchetto in blocco, complicando le trattative per chi punta su singoli asset. L’azienda ha reso noto di essere in contatto con più potenziali acquirenti.
Mosca continua a condannare le sanzioni occidentali come «politiche e illegittime», avvertendo che finiranno per danneggiare chi le ha imposte». Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha definito il caso Lukoil la prova che le «restrizioni commerciali illegali» americane sono «inaccettabili e ledono il commercio globale».
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Immagine di Marco Verch via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
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