Politica
I riformisti vincono le elezioni iraniane. Il nuovo presidente è un sostenitore dei Pasdaran

Il candidato riformista Masoud Pezeshkian ha vinto le elezioni presidenziali in Iran, ottenendo il 53,3% dei voti e sconfiggendo il suo rivale conservatore Saeed Jalili, ha annunciato sabato l’autorità elettorale nazionale.
Con tutte le schede contate, Pezeshkian si è assicurato 16,4 milioni di voti, mentre Jalili ne ha ricevuti 13,5 milioni, riporta Press TV L’affluenza è stata di 30,5 milioni, ovvero il 49,8% dei 61 milioni di aventi diritto al voto, secondo un aggiornamento finale alle 6:45 ora locale.
Le elezioni anticipate sono state indette dopo la morte del presidente Ebrahim Raisi in un incidente in elicottero nella provincia iraniana dell’Azerbaijan orientale il 19 maggio.
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Secondo la legge iraniana, un candidato deve ottenere almeno il 50% più un voto; quindi, dopo che nessun candidato ha raggiunto questo risultato al primo turno del 28 giugno, le elezioni si sono concluse con un ballottaggio tra i due candidati in testa alla classifica.
Pezeshkian, 69 anni, è un chirurgo cardiaco diventato politico che ha ricoperto la carica di ministro della Salute negli anni 2000 e di primo vicepresidente del Parlamento dal 2016 al 2020. Jalili, 58 anni, è stato il negoziatore di Teheran durante i colloqui sul nucleare con le potenze mondiali.
I candidati sono stati approvati dal Consiglio dei Guardiani dell’Iran, un collegio di chierici e giuristi che detiene potere di veto sulle leggi approvate dal Parlamento e determina chi può candidarsi a una carica nella Repubblica Islamica.
I giornali mainstream occidentali hanno mostrato il solito «cauto ottimismo» che ciclicamente tirano fuori quando a vincere una qualche elezione in Iran è un candidato riformista, come nel caso dell’ex presidente Mohammad Khatami all’inizio degli anni Duemila. Tuttavia, a leggere la grande stampa in queste ore, non mancano gli strali contro Teheran e gli ayatollah accusati di essere comunque sempre dietro ogni vera decisione politica del Paese.
In precedenza, Pezeshkian – originario dell’Azerbaigian occidentale – ha rappresentato i distretti elettorali di Tabriz, Osku e Azarshahr nel parlamento iraniano, ed è stato anche primo vicepresidente dal 2016 al 2020. È stato ministro della sanità e dell’istruzione medica tra il 2001 e il 2005 nel governo di Khatami.
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Pezeshkian è stato eletto governatore delle contee di Piranshahr e Naghadeh nella provincia dell’Azerbaigian occidentale negli anni Ottanta. Ha partecipato alle elezioni presidenziali del 2013, ma si è ritirato. Si era candidato di nuovo alle elezioni del 2021, ma è stato respinto.
Per le elezioni del 2024, la candidatura di Pezeshkian è stata approvata e il 5 luglio ha vinto le elezioni presidenziali del 2024 al ballottaggio con il 54,76% dei voti popolari, diventando la persona più anziana ad assumere la carica di presidente all’età di 69 anni.
Pezeshkian è un sostenitore del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica – i cossiddetti Pasdaran – e ha definito loro attuale condizione «diversa dal passato». Il neopresidente ha condannato la dichiarazione delle Guardie della Rivoluzione come organizzazione terroristica da parte dell’amministrazione Trump nel 2019.
Dopo l’abbattimento iraniano di un drone americano nel 2019, Pezeshkian ha definito il governo americano «terrorista» e ha descritto l’azione dei Pasdaran di prendere di mira il drone come «un forte pugno in bocca ai leader dell’America criminale».
Durante una riunione universitaria e in risposta ad alcune critiche, Pezeshkian ha indossato l’uniforme delle Guardie della Rivoluzione e ha detto che l’avrebbe indossata di nuovo.
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Immagine di Mehr News Agency via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
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Politica
Bolsonaro condannato per aver pianificato un colpo di Stato

La Corte Suprema brasiliana ha condannato l’ex presidente Jair Bolsonaro per aver tentato di ribaltare le elezioni del 2022, condannando il politico a una pena decennale per aver guidato quella che i pubblici ministeri hanno definito una «cospirazione criminale».
Quattro giudici su cinque della Corte Suprema hanno ritenuto Bolsonaro colpevole di tutti e cinque i capi d’accusa a suo carico, condannandolo a 27 anni e tre mesi di carcere.
Le accuse includevano la pianificazione di un colpo di stato, la partecipazione a un’organizzazione criminale armata, il tentativo di abolire con la forza l’ordine democratico del Brasile, il danneggiamento di proprietà pubbliche protette e il compimento di atti violenti contro le istituzioni statali.
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Bolsonaro ha cercato di «annientare i pilastri essenziali dello stato di diritto democratico» e di ripristinare «la dittatura in Brasile», ha affermato il giudice della Corte Suprema Alexandre de Moraes annunciando il verdetto giovedì.
Secondo i pubblici ministeri, il piano golpista è iniziato nel 2021 con l’intento di erodere la fiducia del pubblico nel sistema elettorale brasiliano. Dopo la sconfitta di Bolsonaro nel 2022, i suoi sostenitori sono stati esortati a mobilitarsi nella capitale, Brasilia, dove hanno assaltato e vandalizzato i tre rami del governo nazionale l’8 gennaio 2023.
Bolsonaro e gli altri imputati hanno negato ogni illecito e gli avvocati della difesa potrebbero ancora presentare ricorso.
Il caso ha acuito le tensioni con gli Stati Uniti, dopo che il presidente Donald Trump l’ha definito una «caccia alle streghe» e ha imposto dazi doganali del 50% al Brasile. L’amministrazione Trump ha anche sanzionato il giudice Alexandre de Moraes per quelle che ha descritto come «gravi violazioni dei diritti umani» e ha annunciato restrizioni sui visti nei suoi confronti e di altri funzionari giudiziari.
Il presidente Luiz Inacio Lula da Silva ha condannato le tattiche di pressione di Trump, accusando Washington di aver «contribuito a organizzare un colpo di Stato» e giurando che il Brasile «non lo dimenticherà».
Bolsonaro era stato messo agli arresti domiciliari mesi fa.
Come riportato da Renovatio 21, due settimane fa gli Stati Uniti hanno revocato il visto al De Moraes.
In un recente post su Truth Social, il presidente Trump ha affermato che il Brasile «sta facendo una cosa terribile» a Bolsonaro, a cui è stato vietato di candidarsi a cariche politiche fino al 2030 e che dovrà affrontare un processo alla Corte Suprema per il suo ruolo in un tentato colpo di Stato per rovesciare l’elezione di Lula, cosa che lui nega strenuamente.
Come riportato da Renovatio 21, il giudice supremo De Moraes è da sempre considerato acerrimo nemico dell’ex presidente Jair Bolsonaro, che lo ha accusato di ingerenze in manifestazioni oceaniche plurime. Ad alcuni sostenitori di Bolsonaro, va ricordato, sono stati congelati i conti bancari, mentre ad altri è stata imposta una vera e propria «rieducazione».
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Come riportato da Renovatio 21, di recente con De Moraes si era scontrato anche Elone Musk, quando il giudice supremo aveva ordinato il blocco dei conti finanziari di Starlink nel Paese, nel contesto di una faida in corso sulla piattaforma di social media X riguardante la libertà di parola: l’establishment brasiliano chiedeva la censura di determinate voci politiche, cosa che Musk si era rifiutato di fare.
Musk aveva reagito in modo duro nei suoi post sui social, tornando a paragonare De Moraes – di cui ha chiesto le dimissioni o la messa in stato di accusa – a Darth Vader e a Lord Voldemort, e pubblicando un’immagine generata artificialmente del giudice supremo in galera.
L’imprenditore sudafricano è arrivato a dire che il vero potere in Brasile è nelle mani di De Moraes, definito tiranno travestito da giudice, mentre il presidente Lula è solo il suo cane da salotto. «Alexandre de Moraes è un dittatore malvagio che fa cosplay come giudice» dichiarato il Musk.
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Immagine di Agenzia Senado via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Politica
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