Droga
I dottori vogliono usare le pere di ketamina per curare la depressione. Al posto dell’elettroshock
Un nuovo studio suggerisce che, per alcuni pazienti, l’anestetico ketamina è «una promettente alternativa alla terapia elettroconvulsivante, o ECT [cioè l’elettroshock, ndr], attualmente una delle terapie più rapide ed efficaci per i pazienti con depressione difficile da trattare». Lo riporta il New York Times – stranamente a suo agio mentre parla di elettroshock – che asserisce che «lo studio è il più grande confronto diretto tra i due trattamenti».
I pazienti che non rispondono ad almeno due antidepressivi – circa un terzo dei pazienti affetti da «depressione clinica» – hanno una condizione che i medici chiamano «resistente al trattamento», scrive il NYT.
«Le loro opzioni per il sollievo sono limitate. I medici in genere raccomandano fino a 12 sessioni di ECT, che ha un’efficacia consolidata, ma è contaminata dallo stigma dell’abuso storico e dalle spaventose immagini di Hollywood di persone legate ai tavoli, che si contorcono in agonia. L’ECT di oggi è molto più sicuro e viene eseguito in anestesia generale, ma la procedura rimane sottoutilizzata».
Pare di capire, leggendo l’articolo del più grande quotidiano del pianeta, che sia in corso, al contempo, uno sdoganamento della pratica dell’elettroshock – un tempo considerato tabù dalla sinistra liberale, specie per l’influsso di quella corrente chiamata «Antipsichiatria», che ha avuto in Franco Basaglia un supporto italiano.
Lo studio, pubblicato mercoledì sul New England Journal of Medicine, ha rilevato che «la ketamina, se somministrata per via endovenosa, sarebbe almeno altrettanto efficace dell’ECT nei pazienti con depressione resistente al trattamento che non hanno psicosi. (Per le persone con psicosi, la ketamina, anche a dosi molto basse, può peggiorare i sintomi simili alla psicosi.)».
Come riportato da Renovatio 21, riguardo alla psicosi di recente sono emersi dati riguardanti anche il suo insorgere nei consumatori di cannabis, ora legalizzata anche per fini ricreativi in vari Stati americani e varie parti del mondo.
«Ciò è significativo in parte perché alcuni pazienti sono a disagio con i potenziali effetti collaterali dell’ECT, come perdita temporanea di memoria, dolore muscolare o debolezza. (In rari casi può provocare lacune permanenti nella memoria.)»
Ammettiamo che l’articolo a tratti sembra più spaventoso di ciò che racconta.
Lo studio, sponsorizzato dalla Cleveland Clinic Foundation, mostra che la ketamina è più facile da somministrare, con meno aggiustamenti durante il trattamento e meno pazienti che abbandonano. La ketamina per via endovenosa ha anche effetti collaterali, come la dissociazione, ma questa “di solito non è un’esperienza spiacevole per i pazienti”», dice un ricercatore sentito dal giornale americano.
Studi precedenti hanno dimostrato che entrambi i trattamenti possono essere efficaci nei pazienti con depressione difficile da trattare, ma la ricerca ha principalmente esaminato le due terapie in modo indipendente.
Nello studio, i ricercatori hanno assegnato in modo casuale ketamina per via endovenosa o ECT a 365 pazienti. Quasi la metà ha ricevuto ketamina due volte a settimana mentre gli altri hanno ricevuto ECT tre volte a settimana. Alla fine del trattamento di tre settimane, il 55% di quelli nel gruppo ketamina e il 41% dei pazienti nel gruppo ECT hanno riportato una riduzione dei sintomi del 50% o superiore.
Sei mesi dopo, i punteggi della qualità della vita per entrambi i gruppi erano simili.
I soggetti dello studio hanno iniziato il loro corso di ECT ricevendo correnti elettriche su un lato del cervello, che possono richiedere 10 o 12 sessioni, a differenza delle nove utilizzate nello studio, ha aggiunto.
I pazienti che iniziano bilateralmente, stimolando entrambi i lati contemporaneamente, spesso necessitano di meno sessioni. Se i pazienti avessero completato più sessioni ECT, una percentuale maggiore di loro avrebbe potuto rispondere al trattamento, ha affermato il dottor Anand, ma ciò avrebbe probabilmente causato anche più effetti collaterali.
Un piccolo numero di pazienti in entrambi i gruppi – meno del 33% – è andato in remissione, il che significa che avevano solo lievi sintomi depressivi. Ciò suggerisce che sarebbero necessari ulteriori trattamenti affinché i pazienti mantengano un qualche sollievo.
«Il trattamento continuato, tuttavia, comporta ulteriori rischi. Con la ketamina, ad esempio, un trattamento più lungo “aumenta la probabilità sia della tossicodipendenza che degli effetti negativi cognitivi, tra cui dissociazione, paranoia e altri sintomi psicotici”, ha scritto in un editoriale il dottor Robert Freedman, professore di psichiatria all’Università del Colorado. pubblicato con lo studio».
Ricercatori e medici stanno usando la ketamina per via endovenosa off label perché non è stata approvata dalla Food and Drug Administration per il trattamento dei disturbi dell’umore, a differenza della cugina esketamina, nota anche come Spravato, che viene somministrata per via nasale.
«Tra i medici, la ketamina per via endovenosa è ampiamente considerata efficace quanto o più dell’esketamina per la depressione resistente al trattamento» scrive il NYT citando un dottore coinvolto.
Si esce storditi da una lettura come questa. Sì: pere di ketamina alle persone tristi. Lo vuole la scienza.
A meno che non si sia lettori di Renovatio 21: sappiamo che l’uso di droghe psicotrope per curare i disturbi dell’umore è riemerso con possanza negli ultimi anni, magari con i veterani di guerra utilizzati ulteriormente come carne da cannone nelle sperimentazioni drogastiche sulla psiche fragile.
La ketamina, di solito associato agli equini dove verrebbe impiegato come tranquillante, è una droga diffusa sia nel mondo dei rave party che in quello del chemsex, ossia dei festini a basi di droga, omosessualità e magari pratiche estreme – una realtà riconosciuta ufficialmente dal ministero della Salute italiano nella sua circolare sulla vaccinazione per il vaiolo delle Scimmie, per il cui inoculo si dava la precedenza a coloro che hanno «abitudine alla pratica di associare gli atti sessuali al consumo di droghe chimiche (Chemsex)».
Molte delle sostanze vendute in strada come droghe da sballo, come noto, sono partite come invenzioni farmaceutiche nell’ambito della cura psichiatrica o similia. Tuttavia, sappiamo che esiste una classe di droghe psicotrope perfettamente legali che stanno con probabilità producendo ancora più danno: gli psicofarmaci, venduti tranquillamente in farmacia con rapide prescrizioni dei medici.
SSRI, benzodiazepine… qualcuno si sta accorgendo che potrebbe esserci una correlazione tra il loro consumo e atti efferati, le stragi repentine che vediamo nelle cronache.
Nel frattempo (mentre in Isvizzera vogliono legalizzare pure la cocaina) un’altra potentissima sostanza che altera la mente può venire immessa nel mercato farmaceutico. Con che effetti, se distribuito alla massa di persone fragili?
Quando troveremo qualcuno – un politico, un giornalista, un medico – che abbia la forza, il coraggio, di iniziare questa conversazione?
Droga
Nuovo attacco USA antidroga nel Pacifico: 5 morti
Secondo il Segretario alla Difesa Pete Hegseth, gli Stati Uniti hanno eliminato cinque individui in raid condotti su due presunte imbarcazioni dedite al contrabbando di droga nell’Oceano Pacifico orientale. Le operazioni precedenti dell’amministrazione statunitense, mirate secondo Washington al traffico illecito di stupefacenti, si sono finora concentrate sul Mar dei Caraibi al largo del Venezuela.
I raid, eseguiti martedì e mercoledì, hanno colpito natanti «coinvolti nel traffico illecito di stupefacenti» e sono stati disposti dal presidente Donald Trump, ha precisato Hegseth mercoledì su X. Ha inoltre annunciato che gli «attacchi continueranno» finché tutti i «narcoterroristi» non saranno neutralizzati.
Yesterday, at the direction of President Trump, the Department of War conducted a lethal kinetic strike on a vessel being operated by a Designated Terrorist Organization and conducting narco-trafficking in the Eastern Pacific.
The vessel was known by our intelligence to be… pic.twitter.com/BayDhUZ4Ac
— Secretary of War Pete Hegseth (@SecWar) October 22, 2025
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Queste iniziative, secondo l’amministrazione Trump, hanno l’obiettivo di bloccare le rotte di contrabbando e smantellare le reti di produzione legate alla crisi degli oppioidi. Tuttavia, gli economisti mettono in guardia sul fatto che dazi così ampi potrebbero incrinare i rapporti con i principali partner commerciali e ostacolare il commercio globale.
Nel 2024, la Drug Enforcement Administration (DEA) ha confiscato oltre 380 milioni di dosi letali di fentanyl, di cui 262 milioni entro settembre. Nonostante ciò, i dati preliminari dei Centers for Disease Control and Prevention mostrano una riduzione del 26,9% dei decessi per overdose nel 2024, con circa 80.000 morti rispetto ai 110.037 del 2023, il livello più basso dal 2019.
Dal 2019, il Dipartimento della Sicurezza Nazionale (DHS) ha preso in considerazione la possibilità di classificare il fentanyl come arma di distruzione di massa in determinati contesti. Sono stati avanzati diversi tentativi legislativi per riclassificare il farmaco, ma nessuno è stato approvato.
Un disegno di legge presentato quest’anno dalla deputata Lauren Boebert imporrebbe al DHS di designare formalmente il fentanyl come arma di distruzione di massa.
Ad agosto, il Pentagono ha dispiegato migliaia di militari e diverse unità navali al largo delle coste dell’America Latina per rafforzare le operazioni contro l’influenza dei cartelli della droga e gruppi criminali, come il Tren de Aragua venezuelano.
Come riportato da Renovatio 21, gli sviluppi recenti si inseriscono nel contesto delle annunciate operazioni cinetiche programmate dal presidente americano contro il narcotraffico. A inizio mandato era trapelata l’ipotesi di un utilizzo delle forze speciali contro i narcocartelli messicani. La prospettiva, respinta dal presidente messicano Claudia Sheinbaum, ha scatenato una rissa al Senato di Città del Messico.
Come riportato da Renovatio 21, Trump ha affermato tre settimane fa che gli USA sono in «conflitto armato» con i cartelli della droga.
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Immagine screenshot da Twitter
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Gli USA valutano la possibilità di dichiarare il fentanyl «arma di distruzione di massa»
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Droga
La mafia ebraica, quella siciliana e il traffico di droga USA nel periodo interbellico
Secondo Alfred W. McCoy nel suo The Politics of Heroin: CIA Complicity in the Global Drug Trade, dagli anni venti del Ottocento negli Stati Uniti la malavita ebraica aveva controllato lo smercio dell’eroina per le strade americane. Si era creata questa situazione soprattutto perché la mafia siciliana aveva seguito una linea tradizionale ed idealistica in cui vietava al suo interno gli affari riguardanti prostituzione e narcotraffico.
In questo modo, questo tipo di affari venne prese completamente in mano da potenti gangster ebrei come Irving «Waxey Gordon» Wexler, Arnold Rothstein o Louis «Lepke» Buchalter.
Nel 1917 il New York Kehillah, un’agenzia della comunità ebraica, aveva pubblicato una serie di studi sul problema della droga a New York City. I risultati raccontavano come su 283 spacciatori di droga catalogati si potevano contare tra loro, 83 ebrei, 23 italiani, 8 irlandesi, 5 afroamericani e 3 greci. Riguardo lo specifico caso dello smercio della cocaina riscontrarono come l’85% fossero costituito da ebrei e il restante 15% da italiani.
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Allo stesso modo quando il proibizionismo cominciò nel 1920, altri criminali ebrei cominciarono i loro affari, Benjamin «Bugsy» Siegel, Arthur Schulz e Meyer Lansky e in breve tempo avevano preso il controllo del contrabbando di liquori. Negli anni Venti, delle diciassette maggiori organizzazioni, sette erano ebree, cinque italiane, tre irlandesi. Prima dell’inizio della guerra i nomi più noti vennero piano piano fatti fuori o arrestati, l’unico che rimase e che continuò la sua ascesa fu Lansky grazie ad un’alleanza con gli italiani.
Dagli anni Trenta però una nuova generazione di malavitosi italiani cominciarono a prendere il potere all’interno della mafia. In seguito anche a una guerra senza precedenti che lasciò sul campo più di sessanta gangsters uccisi si cominciò a modificare il codice d’onore della tradizione. Il carismatico capofila di questa nuova ondata di giovani mafiosi era Salvatore C. Lucania, meglio conosciuto come Lucky Luciano.
Dopo una serie di «riunioni» dove eliminò la vecchia guardia, delineò la sua idea di riorganizzazione del cartello in un sistema più moderno e di respiro mondiale. Vincendo il supporto delle ventiquattro famiglie mafiose americane, Luciano fu in grado di far diventare la mafia la più importante organizzazione criminale americana, mettendo in atto tecniche organizzative pionieristiche per l’epoca.
L’alleanza con la malavita ebraica, in particolar modo con la persona di Meyer Lansky, durò oltre quarant’anni contribuendo a farla diventare la caratteristica principale della criminalità organizzata americana.
L’eroina era un sostituto interessante per l’alcool. Nonostante i numeri dei tossicodipendenti non fossero comparabili, l’eroina aveva dei notevoli vantaggi. La sua recente entrata nella famiglia delle sostanze proibite la rendeva attraente per via di un mercato enorme ancora da esplorare. Era più leggera e si trasportava con meno spesa. Le sue fonti produttive limitate la rendevano facile da monopolizzare.
L’eroina oltretutto si rendeva perfettamente complementare all’altro nuovo segmento di mercato esplorato da Luciano: l’organizzazione della prostituzione su una scala mai vista prima. L’unione tra tossicodipendenza e prostituzione organizzata divenne il marchio di fabbrica della mafia di Luciano negli anni trenta. Nel 1935 controllava duecento bordelli solamente a New York e circa mille duecento prostitute, unendo questo alle scommesse e dal controllo dei sindacati la mafia aveva nuovamente raggiunto la sua sicurezza finanziaria.
Attraverso minacce e taglio dei prezzi la svolta data da Luciano si fece sentire presto nelle strade di New York. Con il crollo della purezza dell’eroina, fumarla non produceva più gli effetti desiderati, costringendo i consumatori a doversela iniettare sotto pelle. Secondo uno spacciatore di Times Square: «gli italiani stavano vendendo merda piena di chimica e acidi… sono talmente tanto affamati di soldi che l’hanno tagliata almeno una mezza dozzina di volte».
Verso la fine degli anni Trenta, in ogni caso, l’organizzazione di Luciano cominciò a perdere colpi. Lo schema quasi industriale con cui aveva costruito il suo monopolio sulla prostituzione soprattutto, si rivoltò contro di lui. Le prostitute si organizzarono per denunciarlo. Thomas Edmund Dewey quindi, procuratore distrettuale di New York, dopo aver già condannato Waxey Gordon, riuscì a infliggere una pena dai trenta ai cinquant’anni a Luciano e ai suoi nove coimputati italiani ed ebrei, per prostituzione forzata.
Durante gli anni Trenta la quasi totalità dell’eroina arrivava da raffinerie posizionate a Shanghai e a Tientsin, con qualche eccezione della Marsiglia dei corsi e della tratta del Medio Oriente in mano ai fratelli Eliopoulos. Con la fine della guerra le raffinerie cinesi avevano appena ricominciato a produrre ma con l’arrivo a Shanghai di Mao Tse-Tung e del suo esercito, tutti i trafficanti dovettero sparire. I fratelli Eliopoulos si erano ritirati con l’arrivo del conflitto e i marsigliesi soffrirono dell’alleanza con la Gestapo che li aveva infine portati alla rovina o all’esilio. La mafia in Sicilia allo stesso modo era ridotta ai minimi termini avendo sofferto vent’anni di oppressione da parte della polizia fascista di Mussolini.
Con l’arrivo della guerra, l’attenzione maniacale derivata dalla potenziale presenza di spie aveva reso gli accessi al territorio statunitense praticamente invalicabili. La maggioranza dei tossicodipendenti erano stati forzati a trovare una soluzione alla mancanza di materia prima e di conseguenza il consumo di eroina negli Stati Uniti si era ridotto al minimo storico. Assieme a questo, gli operatori logistici illegali del traffico di stupefacenti avevano sofferto della mancanza di introiti e avevano raggiunto un livello di debolezza mai visto.
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Con la tossicodipendenza ai minimi storici nella società americana e la malavita mondiale ridotta in ginocchio da anni di distruzione e oppressione militare, la possibilità di far scomparire per sempre il narcotraffico era alla portata di mano della polizia americana. Al contrario, invece, la volontà della CIA fu quella di utilizzare questi canali irregolari per produrre dei proxy coperti in grado di operare nel momento del bisogno al lontano da sguardi indiscreti e senza necessità di ottenere l’approvazione del congresso o, peggio ancora, del popolo americano. Operazioni clandestine pagate dal narcodollaro a favore della lotta al comunismo.
La stessa situazione si può ritrovare a pochi decenni di distanza incontrando però attori diversi che seguono uno schema simile. La filiera produttiva latino americana venne preferita a quella asiatica ma allo stesso modo gruppi di proxy favoriti da ufficiali della CIA spinsero l’afflusso di cocaina prima e del suo surrogato povero, il crack, in seguito negli Stati Uniti. La quantità enorme di coca raffinata che arrivò in quegli anni negli Stati Uniti portò a stravolgere la cultura dell’epoca, non solo americana.
Ne parlò in anticipo sui tempi Gary Webb con i suoi articoli online nel 1996 sul sito del San José Mercury News che divennero poi Dark Alliance: The CIA, the Contras and the Crack Cocaine Explosion. Venne screditato apertamente dal gotha del giornalismo e dell’intellighenzia americana che produssero contro di lui svariati rapporti negando l’esistenza di prove e assieme anche qualsiasi possibilità di replica.
La vita di Webb, in seguito anche a una profonda depressione conseguenza delle difficoltà che dovette affrontare, terminò con quello che è stato ritenuto un suicidio frutto di ben due colpi di pistola alla testa.
Marco Dolcetta Capuzzo
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Immagine: foto segnaletica di Bugsy Siegel, dipartimento di Polizia di Nuova York, 12 aprile 1928.
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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