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Geopolitica
Guerra nel Pacifico: «Zona pericolosa. Pechino potrebbe agire»

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews.
Secondo il noto esperto militare James R. Holmes, lo scoppio di un conflitto tra USA e Cina è più probabile che mai. Problemi economici e demografici potrebbero spingere i cinesi a tentare operazioni contro Taiwan e nel Mar Cinese meridionale. Pechino punta a una guerra breve; gli USA cercheranno di protrarla, come fatto con il Giappone nella Seconda guerra mondiale.
Secondo il noto esperto militare James R. Holmes, lo scoppio di un conflitto tra Usa e Cina è più probabile che mai
«Siamo in una zona pericolosa. La Cina potrebbe arrivare alla conclusione che essa deve muoversi ora o perdere l’occasione per sempre». È quanto dice ad AsiaNews James R. Holmes, docente di strategia marittima allo US Naval War College di Newport, sulla possibilità di un conflitto militare tra Washington e Pechino.
Cina e Stati Uniti, ma non solo, stanno schierando più forze, spendendo di più in armamenti e intensificando le esercitazioni militari nell’Indo-Pacifico.
Nei giorni scorsi una portaerei cinese – con la sua squadra di scorta – e un cacciatorpediniere Usa sono passati attraverso lo Stretto di Taiwan, considerato insieme al Mar Cinese meridionale il fronte geopolitico più sensibile dell’area.
Problemi economici e demografici potrebbero spingere i cinesi a tentare operazioni contro Taiwan e nel Mar Cinese meridionale
Una guerra nel Pacifico tra Stati Uniti e Cina – sostiene Holmes – è più probabile che mai, e per ragioni che possono apparire contraddittorie.
«La politica cinese – egli nota – trasuda allo stesso tempo baldanza e senso di insicurezza. Se da un lato Pechino si sente forte dopo i successi economici e militari degli ultimi decenni, dall’altro deve capire che a causa delle sue intimidazioni si sta mettendo contro [i Paesi] della regione».
L’accademico statunitense ha l’impressione che le cose non stanno andando bene in Cina: «La demografia non gioca a favore del regime; stabilire uno Stato di polizia orwelliano e schiacciare i diritti delle minoranze non sono segni di un regime che ha fiducia nel proprio futuro».
«La politica cinese – egli nota – trasuda allo stesso tempo baldanza e senso di insicurezza. Se da un lato Pechino si sente forte dopo i successi economici e militari degli ultimi decenni, dall’altro deve capire che a causa delle sue intimidazioni si sta mettendo contro [i Paesi] della regione».
Consapevole delle proprie debolezze, è possibile che la Cina ritenga quello attuale il suo «momento militare», afferma Holmes: forse un’opportunità passeggera.
La leadership comunista si sente ora forte, ma teme che il trend futuro sia sfavorevole: «Se ti aspetti che nel giro di un anno le cose per te peggioreranno, la tentazione è di agire ora che la situazione ti favorisce».
Un possibile scenario di guerra potrebbe vedere la Cina tentare di riconquistare con la forza Taiwan (una provincia ribelle per i cinesi), o estendere il proprio controllo su altre isole e isolette del Mar Cinese meridionale.
Holmes pensa che Pechino cercherà di abbreviare il più possibile lo scontro, chiudendo la questione prima che gli USAe i suoi alleati possano intervenire. Per i cinesi questa è «l’opzione più limpida, semplice e meno rischiosa».
«La demografia non gioca a favore del regime; stabilire uno Stato di polizia orwelliano e schiacciare i diritti delle minoranze non sono segni di un regime che ha fiducia nel proprio futuro»
Al contrario, egli spiega che gli Stati Uniti vorrebbero protrarre un eventuale conflitto, non necessariamente per anni, ma abbastanza per permettergli di sconfiggere l’avversario o respingere l’aggressione.
Secondo l’esperto navale, quella che potrebbe presentarsi è una parziale ripetizione di quanto accaduto durante la Seconda guerra mondiale.
Allora il Giappone sapeva di non poter vincere un conflitto di lunga durata. Gli Usa hanno prolungato invece il confronto bellico in modo da accumulare una potenza militare capace di annullare le conquiste territoriali nipponiche.
Geopolitica
«Li prenderemo la prossima volta» Israele non esclude un altro attacco al Qatar

Israele è determinato a uccidere i leader di Hamas ovunque risiedano e continuerà i suoi sforzi finché non saranno tutti morti, ha dichiarato martedì a Fox News l’ambasciatore israeliano negli Stati Uniti Yechiel Leiter.
In precedenza, attacchi aerei israeliani hanno colpito un edificio residenziale a Doha, in Qatar, prendendo di mira alti esponenti dell’ala politica di Hamas. Il gruppo ha affermato che i suoi funzionari sono sopravvissuti, mentre l’attacco è stato criticato dalla Casa Bianca e condannato dal Qatar.
«Se non li abbiamo presi questa volta, li prenderemo la prossima volta», ha detto il Leiter.
L’ambasciatore ha descritto Hamas come «nemico della civiltà occidentale» e ha sostenuto che le azioni di Israele stavano rimodellando il Medio Oriente in modi che gli Stati «moderati» comprendevano e apprezzavano. «In questo momento, potremmo essere oggetto di qualche critica. Se ne faranno una ragione», ha detto riferendosi ai Paesi arabi.
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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato che, sebbene smantellare Hamas sia un obiettivo legittimo, colpire un alleato degli Stati Uniti mina gli interessi sia americani che israeliani.
Leiter ha osservato che Israele «non ha mai avuto un amico migliore alla Casa Bianca» e che Washington e lo Stato Ebraico sono rimaste unite nel perseguire la distruzione del gruppo militante.
Il Qatar, che ospita funzionari di Hamas nell’ambito del suo ruolo di mediatore, ha dichiarato che tra le sei persone uccise nell’attacco israeliano c’era anche un agente di sicurezza del Qatar.
L’emiro del Qatar, lo sceicco Tamim bin Hamad al-Thani, ha denunciato l’attacco come un «crimine atroce» e un «atto di aggressione», mentre il ministero degli Esteri di Doha ha accusato Israele di «terrorismo di Stato».
Israele ha promesso di dare la caccia ai leader di Hamas, ritenuti responsabili del mortale attacco dell’ottobre 2023, lanciato da Gaza verso il sud di Israele. L’ambasciatore ha giurato che i responsabili «non sopravviveranno», ovunque si trovino.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Geopolitica
Attacco israeliano in Qatar. La condanna di Trump

#Qatar / #Palestine / #Israel 🇶🇦🇵🇸🇮🇱: Israeli Air Forces carried out air strikes to assassinate Senior officials of #HAMAS in the city of #Doha.
Reportedly HAMAS negotiation team was targeted with Air-To-Surface Missiles while discussing the ceasefire in the capital of Qatar. pic.twitter.com/WdWuqY6rXq — War Noir (@war_noir) September 9, 2025
🚨🇮🇱🇶🇦🇵🇸 BREAKING: ISRAEL just AIRSTRIKED Hamas’s negotiation team in DOHA, QATAR pic.twitter.com/cTdA5fT4gP
— Jackson Hinkle 🇺🇸 (@jacksonhinklle) September 9, 2025
BREAKING:
Israeli fighter jets struck Qatar’s capital, Doha. An Israeli airstrike in Doha killed Hamas leader in Gaza, Khalil al-Hayya, and three senior members of the group’s leadership, Al Arabiya reports, citing sources. Al Hadath states those in the targeted building… pic.twitter.com/03rwdUbvZ5 — Visegrád 24 (@visegrad24) September 9, 2025
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NEW: Qatar reserves the right to retaliate for the Israeli attack against Doha, Qatari PM says
“We’ve reached a decisive moment; There should be retaliation from the whole region” pic.twitter.com/dKHnqEHNqN — Ragıp Soylu (@ragipsoylu) September 9, 2025
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Nel suo post Trump ha affermato che il bombardamento israeliano all’interno di «una nazione sovrana e stretto alleato degli Stati Uniti» non ha «favorito gli obiettivi di Israele o dell’America». «Considero il Qatar un forte alleato e amico degli Stati Uniti e mi dispiace molto per il luogo dell’attacco», ha scritto, sottolineando che l’attacco è stato «una decisione presa dal primo ministro Netanyahu, non una decisione presa da me». Trump ha affermato che, non appena informato dell’operazione, ha incaricato l’inviato speciale statunitense Steve Witkoff di avvertire i funzionari del Qatar, ma ha osservato che l’allerta è arrivata «troppo tardi per fermare l’attacco». Il presidente ha affermato che eliminare Hamas era un «obiettivo degno», ma ha espresso la speranza che «questo sfortunato incidente possa servire come un’opportunità per la PACE». Da allora Trump ha parlato con Netanyahu, che gli ha detto di voler fare la pace, e con i leader del Qatar, che ha ringraziato per il loro sostegno e ha assicurato che «una cosa del genere non accadrà più sul loro territorio». La Casa Bianca ha definito l’attacco un incidente «sfortunato». Trump ha dichiarato di aver incaricato il Segretario di Stato Marco Rubio di finalizzare un accordo di cooperazione per la difesa con il Qatar, designato come «importante alleato non NATO».( @realDonaldTrump – Truth Social Post ) ( Donald J. Trump – Sep 09, 2025, 4:20 PM ET )
This morning, the Trump Administration was notified by the United States Military that Israel was attacking Hamas which, very unfortunately, was located in a section of Doha, the Capital of… pic.twitter.com/axQSlL46gW — Fan Donald J. Trump 🇺🇸 TRUTH POSTS (@TruthTrumpPosts) September 9, 2025
“The president views Qatar as a strong ally and friend of the United States and feels very badly about the location of this attack.”
White House press sec. Karoline Leavitt read a statement after Israel’s strike on Hamas leadership in Doha. https://t.co/X3EkiIHoZ7 pic.twitter.com/OdDyR4QcgF — ABC News (@ABC) September 9, 2025
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Geopolitica
Lavrov: la Russia non ha voglia di vendetta

La Russia non ha intenzione di vendicarsi dei paesi occidentali che hanno interrotto i rapporti e fatto pressioni su Mosca a causa del conflitto in Ucraina, ha affermato il ministro degli Esteri Sergej Lavrov.
Intervenendo lunedì all’Istituto statale di relazioni internazionali di Mosca, Lavrov ha sottolineato che la Russia non intende «vendicarsi o sfogare la propria rabbia» sulle aziende che hanno deciso di sostenere i governi occidentali nel loro tentativo di sostenere Kiev e imporre sanzioni economiche a Mosca, aggiungendo che l’ostilità è generalmente «una cattiva consigliera».
«Quando i nostri ex partner occidentali torneranno in sé… non li respingeremo. Ma… terremo conto che, essendo fuggiti su ordine dei loro leader politici, si sono dimostrati inaffidabili», ha affermato il ministro.
Secondo Lavrov, qualsiasi futuro accesso al mercato dipenderà anche dalla possibilità che le aziende rappresentino un rischio per i settori vitali per l’economia e la sicurezza della Russia.
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Il ministro ha sottolineato che la Russia è aperta alla cooperazione e non ha alcuna intenzione di isolarsi. «Viviamo su un piccolo pianeta. Costruire i muri di Berlino è stato in stile occidentale… Non vogliamo costruire alcun muro», ha affermato, riferendosi al simbolo della Guerra Fredda che ha diviso la capitale tedesca dal 1961 al 1989.
«Vogliamo lavorare onestamente e se i nostri partner sono pronti a fare lo stesso sulla base dell’uguaglianza e del rispetto reciproco, siamo aperti al dialogo con tutti», ha affermato, indicando il vertice in Alaska tra il presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo statunitense, Donald Trump, come esempio di impegno costruttivo.
Il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov ha dichiarato sabato che le aziende occidentali sarebbero state benvenute se non avessero sostenuto l’esercito ucraino e avessero rispettato gli obblighi nei confronti dello Stato e del personale russo, tra cui il pagamento degli stipendi dovuti.
Questo mese Putin ha anche respinto l’isolazionismo, sottolineando che la Russia vorrebbe evitare di chiudersi in un «guscio nazionale», poiché ciò danneggerebbe la competitività. «Non abbiamo mai respinto o espulso nessuno. Chi vuole rientrare è il benvenuto», ha aggiunto.
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