Pensiero
Gli ucraini non pagano il pedaggio in autostrada. E ci comandano
Gli ucraini non pagano il pedaggio in autostrada. Quando ho letto la notizia ho subito pensato ad una battuta, una cosa tipo Lercio, una barzelletta che finalmente sfotte la situazione di sottanza morale degli italiani verso il popolo di Zelens’kyj.
Poi ho controllato il messaggio: la cosa sembrava più seria, non c’era traccia di umorismo. Forse era una nuova trovata, finalmente originale, di micropropaganda Azov, tipo «casellante autostradale italiano lascia passare pullmino di profughi di Leopoli». Ci sta. Anni fa passai per l’Iran in macchina: quando il casellante seppe che eravamo italiani, ci fece passare senza pagare nulla. Fu un momento magico di amicizia fra i popoli.
No, non è nemmeno una notizia di colore. Il messaggio su Telegram ha un link. Non è il sito di un giornale, è, per direttissima, un link al sito della Società Autostrade.
«Ai sensi e per gli effetti dell’Ordinanza n. 876 del 13 marzo 2022 della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Protezione Civile, si comunica l’esenzione dal pagamento del pedaggio autostradale per i transiti effettuati da cittadini ucraini, e/o soggetti comunque provenienti dall’Ucraina, che entrano nel territorio italiano per raggiungere il primo luogo di destinazione o di accoglienza».
Proprio così.
Gli ucraini non pagano l’autostrada. Tutto vero.
Pensavate di aver visto tutto, con la storia degli ucraini – vaccinati neanche al 30%, e chissà con cosa – e l’esenzione dal super green pass?
Credevate che con la sostituzione dei sanitari no-vax con lavoratori ucraini si fosse raggiunto il fondo?
Maddeché. Hanno appena cominciato.
Dovete prepararvi a titoli a decreti pro-Kiev eccezionali: «gli ucraini esentati dalla fila al supermercato», «i rifugiati ucraini possono passare con il rosso», «soffiarsi il naso senza fazzoletto: gli ucraini possono», «gli ucraini possono detenere armi da guerra» – pardon, questa ultima è vera, anche se al momento solo nel loro Paese, e sono armi da guerra che sta regalando il contribuente italiano.
Di fatto non c’è nulla di che scherzare.
Avevamo già visto, in passato, questo senso di sudditanza psicologica nei confronti di popoli ritenuti «martiri». Come non ricordare il terzomondismo – cioè l’idea che siccome vieni da un Paese povero e corrotto (anche a decenni dalla decolonizzazione) allora ci hai ragione – dei centri sociali, magari con accenti nordafricano-arabeggianti negli anni Novanta e primi Duemila (cioè, prima di capire che ai maghrebini non interessava esattamente il movimentismo comunista). Come dimenticare gli Inti-Illimani, 50 anni di carriera come portatori della sofferenza inflitta al popolo cinese dal golpe di Pinochet. El pueblo unido jamás será vencido. Oriana Fallaci, nella sua fase anti-islamica e filo-israeliana lamentò lo strapotere degli studenti palestinesi nelle università europee: chissà se aveva ragione, però la carta del popolo-martire, ai tempi di Arafatto, funcicava alla grandissima.
Possiamo capirlo, è un fenomeno umano. Incontrare nel 1993 una signora che ti dice che viene da Vukovar non poteva non sortire effetto – anche se, di fatto, chi scappava dai Balcani in Italia o in Germania non si comportava esattamente da vittima.
Il problema è che l’Ucraina – Paese che qualora entrasse in Europa sarebbe paradossalmente il più grande e di gran il più povero, nonostante la ricchezza di risorse – non si ferma alle autostrade aggratis.
Lo vediamo sempre più spesso: l’Ucraina comanda.
Lo si vede molto bene in televisione. Un programma di La7 invita con costanza imbarazzante un ragazzo italofono, che crediamo si colleghi dal suo Paese. Definito giornalisti, il giovane per qualche motivo non pare essere al fronte, a meno che non spari con qualche battaglione runico negli orari in cui non è ospite di Giletti.
Il ragazzo è partito indossando gli occhiali e cercando di offrire la sua opinione. Ora, senza lenti, si autoinquadra nella telecamerina del PC collegato con la nostra TV nazionale in modo irruento, il volto ossuto e stempiato, le urla a interrompere chiunque, da Franco Cardini (chi ci tocca di difendere!) a Luca Telese.
Proprio con il genero di Enrico Berlinguer va in onda una prima prepotenza interessante. Il Telese ogni tanto ha avuto dei momenti di lucidità, come quando di recente si è domandato se dopo la balla della strage al teatro di Mariupol’ – quella che, in assenza di corpi da esibire, le stesse autorità ucraine dovettero smentire – se dobbiamo credere a quel che vediamo (poco dopo gli hanno dato la strage di Bucha, forse avrà cambiato idea, non sappiamo).
Ecco quindi che nello spezzone di YouTube, Telese accenna alle svastiche del Battaglione Azov, al quale, si rende incredibilmente conto, «non possiamo dare armi», in quanto sono «milizie nazifasciste… che c’ha le rune della Seconda Guerra Mondiale sulla spallina». La preoccupazione, dice, gli arriva dal «New York Times, non dal Manifesto».
La risposta, sempre gridata: «il New York Times ha scritto tante boiate». Il Battaglione Azov, spiega, in realtà «è un reggimento». Quindi, «come si può dare ad un reggimento della Guardia Nazionale… finanziato dallo Stato… che porta la bandiera Ucraina… dire che sono neonazisti? Ma stiamo scherzando?»
Minga è finita. Dulcis in fundo: «non è una svastica! Si informi! È una runa… la smetta con queste SS! Guardi che le rune sono esistite prima delle SS… e la svastica si trova anche per esempio nei templi in India, onnò? Si trovano onnò le svastiche nei templi in India? Si trovano… Voi dite che sono neonazisti… non è vero!»
E niente. Glielo lasciano dire, così, tranquilli. Nessuno si dissocia, nessuno si imbarazza. È bellissimo.
Pensiamo all’occasione persa per tanti poveri ultras di tutta Europa – potevano andare in curva con le croci uncinate su striscioni, e in caso dire alle forze dell’ordine, ai giudici, ai giornalisti: «embè, la svastica ci stava da prima di Hitler. Non ce l’abbiamo perché abbiamo appena fatto un viaggio in Tamil Nadu, alla ricerca della spiritualità indiana, nei templi induisti tra lingam e scimmiette. ‘Ste rune non c’entrano col Terzo Reich: sono celtiche, anzi etrusche, anzi, guardi che anche il venetico usava una scrittura simile, stiamo per dare in massa l’esame di epigrafia preromana».
La voglia di ridere ci passa quando lo Youtubo ci offre un altro video simile. Il solito personaggio ucraino – dicono giornalista – è alle prese con un altro ospite in collegamento, un giornalista russo.
L’ucraino gli urla ripetutamente nella lingua di Leone Tolstoj. «Complimenti, mi sta offendendo in russo sulla TV italiana» tenta di abbozzare il moscovita.
Ma questo non è nulla: con fare ieratico, l’ucraino riprende la parola, in italiano.
«Per tutti coloro, che sono i mandanti, per tutti i propagandisti, e gli esecutori dei crimini contro i civili ucraini, dovete avere paura fino all’ultimo giorno della vostra misera esistenza. Ridi finché puoi, ridi. Poi non riderai più. Abbi paura, fino alla fine dei tuoi giorni. Perché noi vi troveremo tutti. Come ha fatto Israele dopo il ’72, dopo l’attentato, troveremo tutti e li puniremo. E capirete, finalmente la lezione di Dostojevskij, del Delitto e del Castigo»
Segue altra espressione in lingua slava.
Potete guardare il video qui sopra è controllare. Sì, è successa una cosa del genere, sulla TV italiana.
Un cittadino ucraino ha lanciato una minaccia – fantastorica, ma dettagliatissima – contro un cittadino italiano. Forse è legale, non sappiamo. Di certo nessuno l’ha interrotto, anche quando chiaramente stava raschiando il fondo della sua fantasia.
Fantasia che tuttavia per lo spettatore italiano –quello per il quale Putin sta perdendo la guerra, e le sanzioni sono una idea geniale – può essere scambiata per realtà. In questo universo parallelo, dove si compirà la tremenda vendetta dell’ospite di Gilletti, l’Ucraina vincerà la guerra e manderà dei kidon (le squadre di assassini del Mossad) ad ammazzare maree di russi.
Il rimando diretto è alla vendetta contro i palestinesi ritenuti responsabili della strage delle Olimpiadi di Monaco, la storia, negata da Israele per le patenti violazioni del diritto internazionale – uno, ricorderete, fu ucciso a Roma – divenuta il film di Steven Spielberg Munich. Perfino Spielberg e il suo sceneggiatore, ambedue ebrei, nel film lasciano trapelare qualche dubbio: giusto vendicarsi in giro per il mondo, facendo sparatorie e piazzando bombe in casa d’altri?
Per l’ucraino la prospettiva è accettabile. Così come potrebbe esserlo quella del caso del rapimento da parte dei servizi dello Stato Ebraico del nazista Adolf Eichmann per portarlo a processo, e condannarlo a morte, in Israele. Anche quello un po’ spinosetto, e non esattamente digerito dal diritto internazionale: Ian Shapiro, grande politologo di Yale, apre il suo corso di Filosofia Morale dello Stato indicandone le non piccole contraddizioni.
Non importa: ci viene detto che gli ucraini, in termini della futura vendetta, la pensano già come gli israeliani. La qualcosa è una paradossale conferma dell’influenza dell’ideologia Azov sul mainstream ucraino: in un’intervista del 2018, il fondatore del Battaglione Azov Andriy Biletsky ha spiegato di considerare Israele e il Giappone come modelli per lo sviluppo dell’Ucraina. Stati mono-etnici, dove ottenere la cittadinanza, al di fuori di precisi requisiti di razza, è pressoché impossibile. Stati che sono, con il neanche tanto segreto placet americano, armati fino a denti in modo illegale: Israele ci ha 200 e passa testate atomiche non dichiarate, il Giappone è pacifista per Costituzione ma nelle sue «forze di autodifesa» (basta non dire «esercito», una parola anticostituzionale) ha più caccia della Gran Bretagna.
Insomma, gli ucraini, sulla TV italiana, comandano. Possono dire qualsiasi cosa. Possono insultare, mentire in modo ridicolo, ingenerare fantasie minacciose.
Nessuno li ferma. Sbarra alzata. Casellante arreso. Nessun pedaggio.
La cosa non si limita, tuttavia, alla grottesca televisione nazionale dello Stivale.
Se ci pensate, la prepotenza è uno dei tratti precipui dell’opera mediatica di Zelens’kyj e dei suoi ministri.
In collegamento da un bunker dello Stato più povero e corrotto di Europa, un Paese che ha portato alla distruzione, Zelens’kyj chiede più armi. Costantemente.
Zelens’kyj chiede la no-fly zone, perfettamente conscio del fatto che Putin ha detto che a chiunque tenti di istituirla la Russia dichiarerà guerra seduta stante.
Zelens’kyj chiede i MiG polacchi.
Zelenskyj chiede missili antiaerei S-300 (di fabbricazione russa…)
Zelens’kyj chiede più sanzioni.
Zelens’kyj chiede che la Russia sia espulsa dal Consiglio di Sicurezza ONU.
Zelens’kyj chiede ancora armi.. Anzi, chiede «l’1% dei caccia e dei carrarmati NATO»
Ambasciatori e ministri ucraini dicono ai Paesi che usano il gas russo che devono farne a meno, subito. Lo pretendono, lo ordinano. Anzi, non basta solo il gas: gli altri Paesi devono rinunciare a qualsiasi cosa.
«Non è solo il gas russo, è petrolio, carbone, metalli, diamanti e altre materie prime. Noi (Ucraina) siamo diventati la più grande vittima di questa relazione perversa. Gli ucraini stanno pagando con la vita questa politica tedesca fallita», ha detto l’ambasciatore ucraino in Germania Andrij Melnyk all’agenzia Reuters poche ore fa.
«Questo tipo di ipocrisia con la Russia risale al Nord Stream 1 (gasdotto)», ha affermato Melnyk. «L’enorme dipendenza della Germania dalla Russia, in un momento della peggiore aggressione dalla seconda guerra mondiale, è vergognosa».
Notate anche qui, come nel caso del tizio della TV italiana: l’ucraino comanda, e insulta.
La cosa bella è che i tedeschi, per motivi psicanalitici che ora non vogliamo nemmeno affrontare, tacciono. Si fanno comandare, e insultare, dall’ucraino. Un po’ come i sanitari italiani, che pagano l’autostrada mentre i profughi ucraini prendono il loro posto di lavoro in ospedale.
Va tutto bene: noi intanto continuiamo a trasmettere. Zelens’kyj parla al Parlamento italiano. Zelens’kyj parla al Congresso USA. Zelens’kyj parla ai deputati inglesi. Zelens’kyj parla alla Knesset, il Parlamento israeliano, e paragona la situazione ucraina all’Olocausto: glielo lasciano fare, anche se qualcuno, che magari ha avuto i nonni deportati nei campi dalle truppe ucraine di Stepan Bandera, si è inalberato.
Zelens’kyj parla al premio Grammy, anche se agli Oscar, con grande scorno dello Sean Penn, invece non ce lo hanno voluto.
Zelens’kyj chiede che la Russia sia «portata alla giustizia».
Zelens’ky chiede se l’Occidente non abbia per caso paura della Russia, visto che non gli arriva la quantità di armi necessaria. (Mentre, come riportato da Renovatio 21, alcuni foreign fighter sono scappati perché mandati al fronte senza armi e senza munizioni).
È pazzesco. Richieste continue, isteriche, ondivaghe, di un egotismo totale: si rende conto il presidente ucraino che armare l’Ucraina significa portare il mondo a pochi metri dall’abisso termonucleare della Terza Guerra Mondiale?
La risposta è: sì. È l’unico modo che ha per sopravvivere, lui e i nazisti che lo circondano. Senza Terza Guerra Mondiale, l’Ucraina – nonostante la propaganda allucinatoria occidentale – verrà spazzata via con tutta la sua élite, e quindi «denazificata». Immaginiamo che succederà quello che successe a Norimberga. Forse no, forse i processi saranno diversi, o non ci saranno.
Ad ogni modo, voi capite il perché di questa tracotanza, di questa chuzpah, del mendicante che pretende di scegliere, del poveraccio che strepita e comanda. Alternative non ce ne sono. Urlando imperiosamente, fanno dimenticare al mondo, e forsanche a loro stessi, la loro situazione: un Paese bello e ricco distrutto da decadi di cleptocrazia oligarchica (miliardi di debito internazionale pur partendo con zero debito nel 1992, poche o nessuna infrastruttura creata), con una politica talmente corrotta e idiota da aver portato la guerra per sfinimento della pazienza del Cremlino – il quale ha dimostrato di averne riserve che possono durare anche anni, ma ad una certa, bum. Tutto debitamente annunciato per tempo, peraltro.
Ma non disperate: la vittoria finale della bandiera gialloblù e vicina, e quindi lo sarà anche la resa dei conti, su modello «israeliano» o meno che sarà.
Tuttavia la a situazione, quando il comico che suona il piano con il pene avrà vinto eroicamente la sua guerra contro Putin, diverrà brutta non solo per i filorussi. Lo sarà anche per certi ucraini, soprattutto quei pochi maschi che – segreto che i giornali non vi dicono – sono riusciti a passare il confine, dove i doganieri di Kiev trattengono gli uomini 18-60 anni per farne carne da cannone.
Leggiamo su un canale Telegram che il capo del Consiglio di sicurezza e difesa e nazionale di Kiev avrebbe appena affermato che «Tutti gli uomini che hanno lasciato l’Ucraina dopo l’inizio delle ostilità saranno fermati al ritorno. “Dovranno spiegare dove e come sono riusciti ad attraversare il confine”». Danilov ha sottolineato che tutti gli uomini che hanno lasciato l’Ucraina sono stati registrati.
Riuscite a capire con chi abbiamo a che fare? Ricordate cosa è successo al negoziatore?
Volete credere alle cose che vi urlano, alle immagini che vi mostrano?
Volete ascoltare le storie che vogliono obbligarvi a credere?
Davvero: volete prendere ordini da questi?
Volete farvi insultare, e nel frattempo distruggere i vostri interessi, perdere il lavoro, passare l’inverno al freddo, esperire per la prima volta in generazioni la fame?
Se la risposta è sì abbiamo per voi una buona notizia: abbiamo il governo giusto per procedere in questa generazione direzione.
Se la risposta è no, è il caso di dire: diamoci una svegliata.
Perché, dopo il COVID, stiamo avendo, a bruciapelo, un altro caso conclamato di «psicosi di formazione di massa».
Con la differenza che dall’amore per le molecole di mRNA stiamo passando per ipnosi massiva a quello degli atomi di uranio delle bombe che possono mettere fine alla Civiltà umana.
Roberto Dal Bosco
Immagine di Treleau via Deviantart pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial 3.0 Unported (CC BY-NC 3.0)
Pensiero
Mons. Viganò: dissonanza cognitiva e rivelazione del metodo, il colpo da maestro di Satana
Renovatio 21 pubblica questo scritto dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò. Le opinioni degli scritti pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

Ex fructibus igitur eorum cognoscetis eos.
Mt 7, 20
Premessa
La crisi nella Chiesa è di natura teologica, non canonica. Non solo: questa non è una crisi tra le tante, ma la crisi dell’Autorità, perché è appunto l’Autorità ad essere oggetto di un sovvertimento che fino a sessant’anni fa non era nemmeno immaginabile in seno alla Chiesa Cattolica. Se infatti l’Autorità, quando è esercitata per il bene, è certamente lo strumento più idoneo ad assicurare il buon governo dell’istituzione che presiede, così essa si può mutare in uno strumento altrettanto efficace per distruggerla, nel momento in cui chi la ricopre rescinde il proprio vincolo di obbedienza verso Dio, che dell’Autorità è supremo garante (1).
Questo hanno fatto i Giacobini nel 1789, questo hanno ripetuto i fautori della rivoluzione conciliare nel 1965: appropriarsi illegittimamente dell’Autorità per costringere i sudditi ad accettare di obbedire a ordini iniqui, finalizzati ad un piano eversivo. E tanto i Giacobini quanto i Modernisti si sono avvalsi non solo della collaborazione attiva dei propri complici e dell’inazione dei codardi, ma anche del consenso di coloro che obbedivano in buona fede e da una massa progressivamente indotta ad accettare in nome dell’obbedienza qualsiasi cambiamento (2).
L’idealizzazione dell’autorità
Nelle scorse settimane «conservatori» come Riccardo Cascioli, Luisella Scrosati, Daniele Trabucco e Giovanni Zanone hanno sostenuto che laici e chierici, dinanzi alla crisi della Gerarchia cattolica, non dovrebbero adottare forme di resistenza nei confronti di cattivi Superiori; né dovrebbero mettere in discussione la loro Autorità, dal momento che essa promana direttamente da Nostro Signore.
Costoro affermano che l’indegnità di un vescovo o del papa non inficia la legittimità della loro autorità, ma questo può essere vero nel caso di un’indegnità personale che non coinvolge l’esercizio dell’autorità stessa. L’autorità, tuttavia non può essere esercitata legittimamente al di fuori dei confini che le sono dati né tantomeno contro i propri fini o contro la volontà del divino Legislatore. Un vescovo che coopera consapevolmente ad uno scopo iniquo con atti di governo, inficia la legittimità di quegli atti e la sua stessa autorità, proprio perché sono posti in fraudem legis.(3)
La visione idealista e sconnessa dalla realtà degli Autori citati, secondo la quale l’Autorità non perderebbe la propria legittimità nemmeno quando i suoi ordini sono volti al male, rende evidente il cortocircuito logico tra la realtà di papi e vescovi eretici – formali o materiali, poco importa: è comunque una cosa inaudita – e la teoria di un’Autorità immune dall’eresia e dalle cattive intenzioni di chi ricopre quell’Autorità.
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Una crisi sistemica
Chi si ostina a giudicare i singoli fatti prescindendo dall’evidente coerenza che li lega tra loro e dal quadro complessivo che se ne evince, falsifica la realtà dandone una rappresentazione ingannevole. Questa è una crisi che dura da sessant’anni, sempre nella medesima direzione, sempre con la connivenza dell’Autorità, sempre contraddicendo gli stessi articoli di Fede e sostenendo i medesimi errori già condannati.
I responsabili di questa crisi sono tutti accomunati dalla volontà eversiva di appropriarsi e mantenere il potere per raggiungere gli scopi che si prefiggono. E a riprova che deep state e deep church agiscono di concerto, basti vedere come gli artefici di questa sovversione in campo ecclesiastico agiscono specularmente ai loro omologhi nella sfera civile, giungendo a mutuarne il lessico e le tecniche di manipolazione di massa. L’evidenza dei risultati disastrosi ottenuti dai papi e dai vescovi conciliari non li ha indotti a tornare sui propri passi e a riparare al danno compiuto, ma al contrario li vediamo proseguire ostinatamente sulla medesima linea, confermando dolo e premeditazione, ossia la mens rea. (4)
Ci troviamo in una situazione di gravissimo conflitto istituzionale, dal quale emerge che la maggior parte dei vescovi costituiti in Autorità – senza alcuna ombra di dubbio – agisce con l’intenzione determinata e volontaria di commettere atti illeciti contro il bene della Chiesa e delle anime, nella consapevolezza delle loro conseguenze.
Se in costoro non vi fosse intenzione di compiere il male – se, cioè, essi fossero in buona fede – non si ostinerebbero a ripetere i medesimi errori, nel perseguimento dei medesimi risultati. Né cercherebbero con ogni mezzo di indurre fedeli e sacerdoti a rinnegare ciò che la Santa Chiesa ha insegnato per secoli, facendo loro abbracciare quanto essa condannava e puniva con le pene più severe.
L’accettazione della frode
Abbiamo dunque una Gerarchia composta da vescovi e papi traditori che pretende dai propri fedeli non solo il silenzio inerte dinanzi ai peggiori scandali dei suoi membri, ma anche l’entusiastica accettazione e condivisione di questo tradimento, secondo quel principio esoterico che il satanista Aleister Crowley aveva così riassunto agli inizi del Novecento: «Il male deve nascondersi alla luce del sole, poiché le regole dell’universo impongono che chi viene ingannato acconsenta al proprio inganno».
Questo è il modus operandi del demonio e dei suoi servi, che troviamo confermato dalla narrazione delle tentazioni cui Satana sottopone Nostro Signore nel deserto: «Tutto questo io ti darò – dice il Maligno a Cristo – se prostrato mi adorerai» (Mt 4, 9). Nel pretendere di essere adorato come Dio, Satana chiede anzitutto l’accettazione della frode, ossia della premessa – Tutto questo io ti darò – che è assolutamente falsa, in quanto Satana non può cedere ciò che non gli appartiene. Se per assurdo Nostro Signore si fosse prostrato a Satana adorandolo, Egli non avrebbe avuto da lui nemmeno un granello di polvere del deserto e questo baratto si sarebbe rivelato una frode.
er questo il Signore gli risponde «Vattene, Satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto» (ibid., 10). Con queste parole Nostro Signore svela l’identità del tentatore e i suoi inganni. Anche nell’Eden, tentando Eva, il Serpente aveva prospettato ai Progenitori di diventare sicut dii (Gen 3, 5).
Essi sapevano benissimo che Satana non sarebbe stato in grado di renderli come dèi e che avrebbero dovuto rispondere a Dio della loro orgogliosa disobbedienza, ma nonostante questo hanno consentito alla menzogna del Maligno come se fosse vera, rendendosi responsabili del sovvertimento di Bene e Male e agendo come se Dio non fosse onnipotente e in grado di punirli. È questa, in definitiva, la ὕβρις, la superbia che spinge l’uomo a sfidare Dio scegliendo di compiere il peccato, che ha come conseguenza la νέμεσις, ossia la punizione inevitabile che colpisce chi ha violato l’ordine divino oltrepassando i limiti imposti da Dio.
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La «Rivelazione del Metodo»
Lo storico ed esperto di ingegneria sociale Michael A. Hoffman ha affrontato il medesimo tema da una prospettiva differente, identificando un’élite nascosta che usa tecniche di manipolazione per controllare le masse. Essa non vuole solo conquistare il potere, ma intende condurre una guerra psicologica che trasforma la realtà in un rituale magico, alchemico (e in questo coincide con le parole di Crowley).
Questa élite non nasconde più tutto, ma rivela deliberatamente parti del suo piano (da qui la Rivelazione del Metodo), come atto di umiliazione dei sudditi e di affermazione della propria supremazia. Gli studi di psicologia sociale confermano che questo gioco crudele per soggiogare e dominare le vittime serve a provocare la dissonanza cognitiva, ossia quello stato di disagio psicologico che si verifica quando ci troviamo dinanzi a due affermazioni o fatti in conflitto tra loro, come ad esempio è avvenuto quando le autorità sanitarie sostenevano, mentendo, che il siero genico sperimentale fosse «sicuro ed efficace» ma allo stesso tempo chiedevano lo scudo penale per i medici inoculatori; o quando abbiamo sentito affermare da Jorge Bergoglio che «Dio non è cattolico».
Questa dissonanza cognitiva, questa percezione di una contradictio in terminis è voluta, perché ci demoralizza (siamo consapevoli della nostra impotenza), perché ci induce ad un consenso implicito (un consenso passivo, come dire: «Ti mostro cosa faccio, e tu non fai nulla, quindi acconsenti») e infine perché ci porta all’accettazione di un potere dispotico (anche se esso sbeffeggia le masse, rafforzando su di noi il proprio controllo psicologico).(5)
La «dissonanza cognitiva» e il «gaslighting» dei conservatori
Non ci deve dunque stupire se queste tecniche di manipolazione di massa sono usate anche nella sfera ecclesiastica, allo scopo di provocare la stessa dissonanza cognitiva nei fedeli, la stessa demoralizzazione, lo stesso consenso estorto, la medesima accettazione dell’autorità che ostenta la contraddizione ma pretende obbedienza. Pensiamo al paradosso di Leone che dichiara la libertà religiosa un diritto umano sulla base del Vaticano II e allo stesso tempo canonizza il Beato Bartolo Longo, che nei suoi scritti condanna l’indifferentismo religioso e il concetto di libertà religiosa (6); o che presiede incontri ecumenici con gli islamici, ma canonizza il Beato Ignazio Choukrallah Maloyan, vescovo armeno martirizzato dai maomettani per essersi rifiutato di apostatare la vera Fede.
Non ci deve stupire nemmeno che la Nuova Bussola si comporti esattamente come previsto in questi casi dai manuali di psicologia sociale, negando ostinatamente la contraddizione ancorché evidente, in un’operazione di vero e proprio gaslighting (7): «Ciò che hai visto non è mai successo».
Anche il ricorso a video o immagini generate dall’AI diventa strumento di destabilizzazione, perché queste contribuiscono a erodere la base sensibile della conoscenza della realtà, rendendo impossibile distinguere il vero dal falso e di fatto cancellando la nozione stessa di «reale» mediante la sua sostituzione con il «verosimile».
L’apparenza prende così il posto della sostanza, solo perché essendo veicolata dall’immagine che appare sul cellulare o sul computer noi non sappiamo se ciò che ci sembra vero lo è davvero o lo sembra soltanto. Come non vedere in questo nuovo fenomeno un attacco con cui Satana sfida con i suoi artifici teatrali e con i suoi effetti speciali la verità di Dio che è simplex, senza pieghe?
Questi sono test di massa per mettere alla prova la devozione alla religione sinodale, esattamente come in ambito civile avviene con la religiones anitaria o la religione green. E non è diverso chiedere al fedele di accettare la messa protestantizzata di Paolo VI se vuole avere il permesso di assistere alla Messa tridentina, che del Novus Ordo è l’antitesi.
Anche la «scomunica» che Jorge Bergoglio mi ha inflitto palesa una enorme contraddizione: da un lato io sono stato dichiarato scismatico per aver denunciato gli stessi errori che tutti i Papi fino a Pio XII incluso hanno condannato; dall’altro i veri eretici e scismatici sono ammessi alla communicatio in sacris con chi mi condanna, senza alcuna conseguenza canonica. Il messaggio è chiaro: «Possiamo mostrarti la contraddizione tra le nostre parole e le nostre azioni, e tu non farai nulla. Accetterai sia la menzogna che la prova di essa».
Ogni assurdità accettata indebolisce la capacità di discernimento dei fedeli e del Clero, per poter responsabilmente obbedire ai propri Pastori. Se la nostra Fede non è forte e convinta, questo ci porta ad una forma di apatia verso ogni nuova provocazione. È una forma di umiliazione rituale che funziona non più attraverso la segretezza, ma attraverso una sfacciata ostentazione, specialmente quando l’obbedienza all’Autorità che imparte ordini abusivi e addirittura criminali è richiesta come un sacrificio della propria razionalità, come un’immolazione della volontà mediante un concetto pervertito di autorità e di obbedienza.
Se l’Autorità della Gerarchia, fino ai suoi massimi vertici, si rende responsabile di questa manipolazione psicologica dei fedeli finalizzata a perpetuare il proprio potere per demolire la Chiesa, a chi dovrebbero rivolgersi, sacerdoti e laici, per veder condannati i colpevoli di tanto tradimento? A quegli stessi eretici manipolatori, incistati a Roma e in tutti gli organi e le istituzioni della Chiesa Cattolica?
Non stupisce che troppe vocazioni sacerdotali si perdano e che molti fedeli si rassegnino o abbandonino la pratica religiosa. È il risultato voluto e pianificato di questo crudele stillicidio.
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Il «colpo da maestro» di Satana
Il demonio vuole ottenere la nostra adesione al male non per inganno, ma portandoci ad accettare la menzogna con la quale egli definisce bene il male, e ad accettare la finzione mediante la quale ci presenta il bene come un male. Il colpo da maestro di Satana consiste in questo: nell’ottenere da noi un assenso irrazionale, pur dinanzi all’evidenza della frode e del sovvertimento che riconosciamo per tali ma che, in un atto di folle annientamento suicida, accettiamo come se fossero verità divinamente rivelate. Per il Cattolico la Fede non è mai irrazionale: rationabile sit obsequium vestrum, dice San Paolo (Rom 12, 1), perché Dio è autore della Fede e della ragione, e non vi può essere contraddizione nella Verità.
Satana, al contrario, essendo menzognero e padre della menzogna (Gv 8, 44) non può non dissimulare i propri inganni con la frode, per i quali pretende da noi non un’adesione razionale, ma un consenso superstizioso, un atto di fede al contrario, nel quale l’assenso dell’intelletto a errori e eresie evidenti è motivato non dall’autorità di un Dio verace, ma dall’usurpazione di quell’autorità da parte di una creatura ribelle, bugiarda e che sappiamo che ci vuole ingannare e perdere.
Satana vuole che abdichiamo alla ragione e allo stesso sensus fidei, trasformando l’atto di fede in una folle apostasia.
L’assolutizzazione dell’obbedienza
Assolutizzare l’obbedienza, scardinandola dalla necessaria coerenza che essa presuppone tra tutti i soggetti del corpo gerarchico in cui essa viene esercitata,[8] significa consegnare nelle mani dell’autorità vicaria della Gerarchia un potere che il supremo Legislatore non le ha mai concesso, ossia la facoltà di poter legittimamente legiferare contro la volontà del Legislatore stesso e in danno dei fedeli.
Qui non stiamo parlando di ordini incidentalmente sbagliati, o di singoli vescovi che abusano della propria autorità in un contesto ecclesiale in cui la Virtù è incoraggiata e il peccato condannato e punito. Qui stiamo parlando di un intero sistema gerarchico che è riuscito – nella Chiesa Cattolica come nella cosa pubblica – ad impossessarsi del potere, ottenendo riconoscimento e obbedienza dai sottoposti mediante l’uso di mezzi coercitivi.
Non solo: l’assolutizzazione dell’obbedienza nei riguardi dell’autorità finisce anche con l’essere deresponsabilizzante: un comodo alibi offerto ai tanti, troppi don Abbondio in veste filettata o in clergyman, ben attenti a non dispiacere ad alcuno, ad «evitare polarizzazioni» – secondo l’auspicio di Leone – a beneficiare dei favori del potente che si conosce come iniquo ma a cui si presta ossequio per viltà o interesse.
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Conclusione
La Sacra Scrittura, i Padri, i mistici e la stessa Vergine Maria a Fatima ci hanno messi in guardia su un’apostasia che la Chiesa dovrà affrontare negli ultimi tempi. Come possiamo pensare che questa apostasia si concretizzi, se non attraverso falsi pastori al posto di buoni pastori, e di pseudocristi e falsi profeti al posto di Cristo e dei Profeti? Come potrebbero gli eletti essere tratti in inganno dagli eretici e dagli scismatici (Mt 24, 24), se non nel momento in cui questi ricoprono ruoli d’autorità nella Chiesa? Ma la Chiesa è indefettibile, ripetono alcuni con petulanza.
E lo è davvero: nonostante la stragrande maggioranza dei suoi vescovi infierisca su di essa e agisca di concerto con nemici di Cristo. La Chiesa Cattolica è indefettibile nel senso che essa non può mai venir meno nella sua missione di custodire e trasmettere la Verità rivelata da Dio, né può cadere in errore definitivo nella sua Fede e nella sua Morale. E questo di fatto non accade nemmeno quando una Gerarchia eretica e corrotta cerca di oscurare o di sfigurare il sacro Deposito della Fede. Non dimentichiamo che la Chiesa non è solo quella militante su questa terra (hic) e oggi (nunc), ma è anche quella penitente in Purgatorio e trionfante in Paradiso.
La sua compagine celeste è garanzia di quell’indefettibilità che il suo divino Fondatore le ha promesso e che lo Spirito Santo le assicura. E se la chiesa conciliare-sinodale che oggi si presenta come militante contraddice quella di ieri, spezzando la continuità e l’unità nella Professione dell’unica Fede che la rende una e apostolica anche nel fluire del tempo e non solo nella sua diffusione nello spazio, essa non è più la stessa Chiesa.
Per questo il Signore non manca di suscitare una vox clamantis in deserto che rompa il muro di silenzio e di complicità dei congiurati: mi riferisco ai “dottori degli ultimi tempi” cui accenna Augustin Lémann (9) nel suo saggio L’Anticristo. Sono i nuovi Sant’Atanasio imprigionati, esiliati, perseguitati ma infine risarciti dalla Giustizia divina con la proclamazione della loro santità. Ecco come il grande Vescovo di Alessandria e Dottore della Chiesa si rivolge ai fedeli durante la grande eresia ariana (10):
Che Dio vi consoli! (…) Quello che rattrista (…) è il fatto che gli altri hanno occupato le chiese con violenza, mentre in questo periodo voi vi trovate fuori. È un dato di fatto che hanno la sede, ma voi avete la Fede apostolica. Possono occupare le nostre chiese, ma sono al di fuori della vera Fede. Voi rimanete al di fuori dei luoghi di culto, ma la Fede abita in voi. Vediamo: che cosa è più importante, il luogo o la Fede? La vera Fede, ovviamente. Chi ha perso e chi ha vinto in questa lotta – quella che mantiene la sede o chi osserva la Fede? È vero, gli edifici sono buoni, quando vi è predicata la Fede apostolica; essi sono santi, se tutto vi si svolge in modo santo… Voi siete quelli che sono felici, voi che rimanete dentro la Chiesa per la vostra Fede, che mantenete salda nei fondamenti come sono giunti fino a voi dalla Tradizione apostolica, e se qualche esecrabile gelosamente cerca di scuoterla in varie occasioni, non ha successo. Essi sono quelli che si sono staccati da essa nella crisi attuale. Nessuno, mai, prevarrà contro la vostra Fede, amati fratelli, e noi crediamo che Dio ci farà restituire un giorno le nostre chiese. Quanto più i violenti cercano di occupare i luoghi di culto, tanto più essi si separano dalla Chiesa. Essi sostengono che rappresentano la Chiesa, ma in realtà sono quelli che ne sono a loro volta espulsi e vanno fuori strada. Anche se i Cattolici fedeli alla Tradizione sono ridotti a una manciata, sono loro che sono la vera Chiesa di Gesù Cristo.
L’accusa ricorrente che tanto i Conservatori e i Sinodali rivolgono a chi rimane saldo nella Fede e denuncia i loro errori è di volersi creare una propria chiesa, separandosi con lo scisma dalla Chiesa Cattolica, visibile e gerarchica, di cui essi si sono però impossessati con un vero e proprio golpe e nella quale pretendono di esercitare una legittima Autorità per gli scopi opposti a quelli che Nostro Signore le ha affidato.
Ma non sono stati forse costoro, con i loro errori condannati da tutti i Papi preconciliari, a crearsi una chiesa parallela che contraddice il Magistero immutabile e sovverte il Papato? Come può un’autorità ribelle a Cristo Capo del Corpo Mistico pretendere di esercitare l’Autorità di Cristo per contraddire la Sua Parola?
Come può chi si è separato dalla comunione ecclesiale con la vera Chiesa Cattolica Apostolica Romana accusare di scisma chi le rimane fedele?
+ Carlo Maria Viganò
Arcivescovo
24 Ottobre MMXXV
S.cti Raphaëlis Archangeli
NOTE
1) Il termine auctoritas deriva da auctor, nell’accezione di autore e garante riferita a Dio.
2) San Pio X ricordava che il successo dei malvagi è possibile anzitutto grazie all’ignavia dei buoni.
3) L’espressione in fraudem legis si riferisce a un comportamento o un atto giuridico compiuto con l’intenzione di eludere una norma, aggirandone lo scopo o l’applicazione, pur rispettandone formalmente la lettera. In altre parole, si tratta di un’azione che, pur apparendo conforme alla legge, viene posta in essere per ottenere un risultato che la legge stessa intende vietare o limitare. Le caratteristiche di questo comportamento sono la conformità formale, l’intenzione elusiva e l’effetto contrario alla mens del legislatore.
4 – La mens rea designa la componente psicologica del reato, ossia l’intenzione o la consapevolezza di violare la legge.
5) Scrive Hoffman: «Il principio alchemico della Rivelazione del Metodo ha come componente principale una beffarda derisione delle vittime, simile a quella di un clown, come dimostrazione di potere e macabra arroganza. Quando viene eseguito in modo velato, accompagnato da certi segni occulti e parole simboliche, e non suscita alcuna risposta significativa di opposizione o resistenza da parte dei bersagli, è una delle tecniche più efficaci di guerra psicologica e violenza mentale». Cfr. Michael A. Hoffman II, Secret Societies and Psychological Warfare, 2001.
6) Scriveva Bartolo Longo: Innanzi a Dio l’uomo non ha vera libertà di coscienza, libertà di culto e libertà di pensiero, come oggi s’intende, cioè facoltà di scegliersi una religione ed un culto come gli talenta; ma solo la libertà dei figliuoli di Dio, come dice S. Paolo, cioè di lasciare l’errore e le seduzioni del secolo per correre liberamente al Cielo. L’affermare, perciò, che l’uomo ha il diritto innanzi a Dio di pensare e di credere in religione come gli piace, è un errore. Cfr. Bartolo Longo, San Domenico e l’Inquisizione al Tribunale della Ragione e della Storia, Valle di Pompei, Scuola tipografica editrice Bartolo Longo, 1888.
7) Il gaslighting è una forma di manipolazione psicologica in cui una persona (o un gruppo) fa dubitare un’altra della propria percezione della realtà, della memoria o della sanità mentale, con l’obiettivo di controllare, indebolire o destabilizzare la vittima.
8) Non vi può infatti essere vera obbedienza se chi è costituito in autorità nella Gerarchia esige di essere obbedito ma allo stesso tempo disobbedisce a Dio, che è il garante e la fonte stessa dell’Autorità. Né vi può essere legittima autorità se chi la esercita in nome di Dio non si sottomette a propria volta alla Sua suprema Autorità.
9) Augustin Lémann, L’Anticristo, Marietti, 1919, pag. 53. «Il secondo campione della verità cristiana contro l’Anticristo sarà una falange di dottori suscitata da Dio in quei tempi di prova. […] Questa falange di dottori riceverà, per la difesa e consolazione dei buoni, una maggiore intelligenza delle nostre sante Scritture». Cfr. https://www.rassegnastampa-totustuus.it/cattolica/wp-content/uploads/2014/07/LANTICRISTO-A-Lemann.pdf
Il Canonico Augustin Lémann, ebreo francese, si convertì al Cattolicesimo insieme al fratello Joseph. Divenuti amici di Pio IX, furono entrambi consultori del Concilio Vaticano I.
10) Sant’Atanasio, Epistolæ festales, Lettera XXIX, in: Coll. Selecta SS. Eccl. Patrum, a cura di Caillaud e Guillon, vol. 32, pagg. 411-412.
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Pensiero
Se la realtà esiste, fino ad un certo punto
I genitori si accorgono improvvisamente che la biblioteca scolastica mette a disposizione degli alunni strani libri «a fumetti» dove si illustra amabilmente il bello della liaison omoerotica.
L’intento degli autori è inequivocabile, quello di presentare un modello antropologico indispensabile per una adeguata formazione dell’individuo in crescita… Meno chiaro appare nell’immediato se la scuola, nel senso dei suoi responsabili vicini o remoti, di questa trovata educativa abbiano coscienza e conoscenza.
Di istinto, i genitori dell’incolpevole alunno si chiedono se tutto ciò sia proprio indispensabile per uno sviluppo armonico della psicologia infantile, magari in sintonia con i suggerimenti più elementari della natura e della fisiologia.
Tuttavia, poiché anche lo zeitgeist ha una sua potenza suggestiva, a frenare un po’ il comprensibile sconcerto, in essi affiora anche qualche dubbio sulla adeguatezza culturale dei propri scrupoli educativi, tanto che sono indotti a porsi il dubbio circa una loro eventuale inadeguatezza culturale rispetto ai tempi, votati come è noto, a sicure sorti progressive.
Ma il caso riassume bene tutto il paradosso di un fenomeno che ha segnato questo quarto di secolo e soltanto incombenti tragedie planetarie, mettono un po’ in sordina, finché dagli inciampi della vita quotidiana esso non riemerge con tutta la sua inaspettata consistenza.
Infatti la domanda sensata che si dovrebbero porre questi genitori, è come e perché una anomalia privata abbia potuto meritare prima una tutela speciale nel recinto sacro dei valori repubblicani, per poi ottenere il crisma della normalità e quindi quello di un modello virtuoso di vita; il tutto dopo essersi insinuata tanto in profondità da avere disattivato anche quella reazione di rigetto con cui tutti gli organismi viventi si difendono una volta attaccati nei propri gangli vitali da corpi estranei capaci di distruggerli.
Eppure, per quanto giovani possano essere questi genitori allarmati, non possono non avere avvertito l’insistenza con cui questa merce sia stata immessa di prepotenza sul mercato delle idee, quale valore riconosciuto, dopo l’adeguata santificazione dei cultori della materia ottenuta col falso martirio per una supposta discriminazione. Quella che già il dettato costituzionale impediva ex lege.
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Ma tutta l’impalcatura messa in piedi intorno a questo teatro dell’assurdo in cui i maschi prendono marito, le femmine si ammogliano nelle sontuose regge sabaude come nelle case comunali di remote province sicule, non avrebbe retto comunque all’urto della ragione naturale e dell’evidenza senza la gioiosa macchina da guerra attivata nel retrobottega politico con il supporto della comunicazione pubblica e lasciata scorrazzare senza freni in un mortificato panorama culturale e partitico.
Nella sconfessione della politica come servizio prestato alla comunità, secondo il criterio antico del bene comune, mentre proprio lo spazio politico è in concreto affollato da grandi burattinai e innumerevoli piccoli burattini, particelle di un caos capace di tenere in scacco «il popolo sovrano». Una parte cospicua del quale si sente tuttavia compensato dalla abolizione dei pronomi indefiniti, per cui tutte e tutti possono toccare con mano tutta la persistenza dei valori democratici.
Non per nulla proprio in omaggio a questi valori è installato nella anticamera della presidenza del Consiglio, da anni funziona a pieno regime un governo ombra, quello terzogenderista dell’UNAR. Un ufficio che ha lavorato con impegno instancabile, e indubbia coerenza personale, alla attuazione del «Piano» (sic) elaborato già sotto i fasti renziani e boschiani, per la imposizione capillare nella società in generale e nella scuola in particolare, di tutto l’armamentario omosessista.
Il cavallo di battaglia di questa benemerita entità governativa è la difesa dei «diritti delle coppie dello stesso sesso», dove sia il «diritto», che la «coppia» hanno lo stesso senso dei famosi cavoli a merenda.
Ecco dunque un esempio significativo ed eccellente di quella desertificazione della politica per cui il governo ombra guidato da interessi particolari in collaborazione e in sintonia con centri di potere radicati in istituzioni sovranazionali, possa resistere ad ogni cambio di governo istituzionale senza che ne vengano disinnescati potere e funzioni.
I partiti, dismessi gli apparati ideologici, e omogeneizzati nella sostanza, sono ridotti a «parti», alla moda di quelle fiorentine che pure un qualche ideale di fondo ce l’avevano, anche se tutte si assestavano su un gioco di potere.
Qui prevale il gioco dei quattro cantoni, dove tutti sono guidati dall’utile di parte che coincide a seconda dei casi con l’utile politico personale o ritenuto tale. Un utile calcolato tra l’altro senza vera intelligenza politica ovvero senza intelligenza tout court. Anche chi si è abbigliato di principi non negoziabili, alla bisogna può negoziare tutto, perché secondo il noto Principio della Dinamica Politica, «Tutto vale fino ad un certo punto».
Tajani, insieme a Rossella O’Hara ci ha offerto il compendio di tutta la filosofia occidentale contemporanea. Quindi dobbiamo stare sereni. Ma i genitori attoniti devono comprendere che quei libretti e questa scuola non sono caduti dal cielo. Sono il frutto di una politica diventata capace di tutto perché incapace a tutto sotto ogni bandiera.
Patrizia Fermani
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