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Gli Stati Uniti riconoscono il secondo classificato alle elezioni venezuelane come il vero vincitore. Putin si congratula con Maduro

Washington ha riconosciuto Edmundo Gonzalez Urrutia, esponente dell’opposizione sostenuta dall’Occidente, come vincitore delle elezioni presidenziali in Venezuela, nonostante i risultati ufficiali dimostrino che il presidente in carica Nicolas Maduro è stato rieletto.
Il Consiglio elettorale nazionale ha ufficialmente proclamato Maduro presidente lunedì, annunciando che ha vinto il 51,2% dei voti dopo lo spoglio dell’80% dei voti. Il secondo classificato Gonzalez ha ricevuto il 44,2%.
L’opposizione ha contestato i risultati, sostenendo che Gonzalez ha ricevuto più del doppio del sostegno di Maduro. Giovedì, il governo degli Stati Uniti si è congratulato con lui per la sua «campagna di successo».
«È chiaro agli Stati Uniti… che Edmundo Gonzalez Urrutia ha ottenuto il maggior numero di voti alle elezioni presidenziali del 28 luglio in Venezuela», ha affermato in una nota il Segretario di Stato americano Antony Blinken.
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Maduro ha risposto dicendo che Washington «dovrebbe tenere il naso fuori dal Venezuela».
Le proteste sono scoppiate in Venezuela dopo l’annuncio dei risultati, che Maduro ha condannato come un tentativo di «colpo di Stato contro il Venezuela». Anche il ministro della Difesa Vladimir Padrino Lopez ha accusato l’opposizione sostenuta dall’Occidente di aver tentato un «colpo di stato mediatico» e ha condannato le proteste.
Il presidente russo Vladimir Putin si è congratulato con Maduro all’inizio di questa settimana per la sua rielezione. Il portavoce del Cremlino Demetro Peskov ha detto giovedì che l’opposizione venezuelana dovrebbe ammettere la sconfitta e congratularsi con il vincitore, scrive RT.
Peskov ha aggiunto che è importante che il Venezuela eviti tentativi di destabilizzazione alimentati da Paesi terzi e rimanga libero da ingerenze esterne.
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Immagine di Eneas De Troya via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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Geopolitica
Orban accusa Zelens’kyj di aver minacciato gli ungheresi

Le «minacce aperte» del presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj non passeranno inosservate, ha affermato il primo ministro ungherese Viktor Orban, aggiungendo che l’Ucraina non può entrare nell’Unione Europea con la forza attraverso estorsioni, attentati e intimidazioni.
Gli attacchi ucraini all’oleodotto Druzhba («Amicizia») di questo mese hanno ripetutamente interrotto i flussi verso Ungheria e Slovacchia, suscitando rabbia in entrambi i paesi dell’UE. In una conferenza stampa a Kiev domenica, lo Zelens’kyj, interrogato sull’opposizione dell’Ungheria alle richieste di adesione dell’Ucraina all’UE e alla NATO, aveva ironicamente affermato che «l’amicizia» con Budapest ora dipende dalla sua posizione – un gioco di parole sul nome dell’oleodotto.
Orban ha descritto i commenti di Zelensky come una «minaccia pubblica» e una confessione del fatto che Kiev ha intenzionalmente messo a repentaglio la sicurezza energetica del suo Paese «perché non sosteniamo la loro adesione all’UE», ha riportato lunedì l’agenzia di stampa Magyar Nemzet.
«Questo dimostra che gli ungheresi hanno fatto la scelta giusta», ha aggiunto l’Orban. All’inizio di quest’anno, l’Ungheria ha bloccato i negoziati di adesione all’UE con l’Ucraina, a seguito di un referendum nazionale non ufficiale in cui oltre 2 milioni di ungheresi – circa il 95% degli elettori – hanno respinto la candidatura di Kiev.
Il primo ministro ha sottolineato che l’Ucraina non può aderire all’UE attraverso ricatti, bombardamenti o minacce, aggiungendo che «le dichiarazioni di Zelens’kyj proietteranno una lunga ombra».
Il capo di gabinetto di Orban, Gergely Gulyas, ha definito le azioni dell’Ucraina «inaccettabili», insistendo sul fatto che, anche in quanto membro dell’UE, Kiev non avrebbe alcun diritto di dettare le regole degli acquisti energetici dell’Ungheria.
Anche il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto ha criticato le «intimidazioni» dello Zelens’kyj in un post su X, esortandolo a smettere di minacciare il suo Paese e a porre fine agli attacchi alla sua sicurezza energetica.
Stop attacking our energy security! This is not our war! https://t.co/Hag9soeiHu
— Péter Szijjártó (@FM_Szijjarto) August 24, 2025
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Il ministro degli Esteri ucraino Andrey Sibiga ha ribattuto che Szijjarto non poteva dire a Zelens’kyj «cosa fare o dire», esortando Budapest a seguire le orme di altri paesi e a diversificare la propria offerta energetica, allontanandosi dalla Russia. Gulyas ha sottolineato che l’Europa non ha ancora alternative competitive in termini di prezzo alle forniture russe.
Come riportato da Renovatio 21, una settimana fa il comandante militare della forza dei droni dell’Ucraina ha rivendicato l’attacco al gasdotto russo che trasporta petrolio in Ungheria e Slovacchia – un altro Paese che sotto il governo Fico si è dimostrato amico della Russia ed ostile ai programmi ucraini come l’adesione alla NATO.
L’attacco all’oleodotto Druzhba non arriva, per i lettori di Renovatio 21, come un fulmine a ciel sereno. Già nel 2023 uno scoop del Washington Post faceva emergere che il presidente ucraino aveva proposto durante un incontro con il vice primo ministro Yulia Svridenko a febbraio di «far saltare in aria» il Druzhba («amicizia», in russo), che trasporta il petrolio russo in Ungheria.
Secondo i documenti citati dal quotidiano di Washington, lo Zelens’kyj avrebbe detto che «l’Ucraina dovrebbe semplicemente far saltare in aria l’oleodotto e distruggere… l’industria ungherese [del primo ministro] Viktor Orban, che si basa pesantemente sul petrolio russo».
Come riportato da Renovatio 21, quattro settimane fa l’Ungheria aveva annunciato progressi nella costruzione di un nuovo oleodotto con la Serbia per il trasporto di petrolio russo.
Come riportato da Renovatio 21, il ministro magiaro Szijjarto ha dichiarato che l’Unione Europea sta tentando di rovesciare i governi di Ungheria, Slovacchia e Serbia perché danno priorità agli interessi nazionali rispetto all’allineamento con Bruxelles.
Durante un’intervista a Tucker Carlson nell’agosto 2023, il premier ungherese Vittorio Orban aveva dichiarato significativamente che Ungheria e Serbia erano pronte ad entrare in guerra contro chiunque facesse saltare il loro gasdotto.
A differenza di molti Paesi dell’UE, l’Ungheria si è rifiutata di inviare armi a Kiev e sostiene che l’adesione dell’Ucraina alla NATO potrebbe scatenare un conflitto totale con la Russia.
La disputa su Druzhba ha aggravato i già tesi legami dovuti alle sanzioni dell’UE contro Mosca e alle controversie sui diritti degli ungheresi etnici che vivono nell’Ucraina occidentale.
Come riportato da Renovatio 21, nelle scorse settimane è stata data alle fiamme nella zona di confine una chiesa cattolica ungherese, sui cui muri è stato scritto in ucraino «coltello agli ungheresi».
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Immagine di © European Union, 1998 – 2025 via Wikimedia pubblicata secondo indicazioni
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