Politica
Gli scandali dietro a «Scholzomat», il vincitore delle elezioni tedesche
La CSU, il partito democristiano bavarese teoricamente fratello della CDU nazionale di Angela Merkel, ha gelato il candidato perdente Laschet: il compito di formare il governo spetta a Scholz, il vincitore putativo delle elezioni di domenica con il partito socialista SPD.
Nella palude politica tedesca, i partiti si equivalgono: l’era omeostatica della Merkel con la GroKO (la «Grande Coalizione») rende possibile qualsiasi forma di kamasutra parlamentare. Ora si parla di favorire l’ingresso nel governo dei Verdi(un partito che ha ragionato sul fatto di eliminare la parola «Germania dal suo nome) o del partito liberale.
Scholz, artefice di una resurrezione dei socialisti ritenuta improbabile, non è un nome nuovo.
Nell’era della Grosse Koalition pandemica è stato Ministro delle Finanze e vice-cancelliere. 63 anni, si è fatto una reputazione di persona affidabile per aver supervisionato la distribuzione di miliardi di euro in aiuti per il coronavirus (a differenza che in Italia, a cittadini e aziende tedesche il danaro è arrivato davvero) e aiuti di emergenza alle vittime dell’inondazione mortale dell’estate scorsa avvenuta in Germania occidentale.
Lo hanno soprannominato «Scholzomat» per il suo stile politico rinsecchito, robotico, al limite del noioso. In questo è degno successore della Merkel, di cui nel tempo, benché appartenente ad un partito avversario, si è posizionato come erede naturale. Del primo governo Merkel fu ministro del lavoro e degli affari sociali.
Quando era sindaco di Amburgo fu aspramente criticato per gli scontri tra no-global e polizia durante il G20 del 2017. Aveva assicurato sorridente: «Non preoccupatevi: possiamo garantire la sicurezza». Poi invece vi furono rivolte e saccheggi
Tuttavia, a ben guardare, la sua carriera politica è costellata di perniciosi scandali. Uno dopo l’altro.
Quando era sindaco di Amburgo fu aspramente criticato per gli scontri tra no-global e polizia durante il G20 del 2017. Aveva assicurato sorridente: «Non preoccupatevi: possiamo garantire la sicurezza». Poi invece vi furono rivolte e saccheggi. Ne chiesero le dimissioni, ma lui disse che non ne vedeva il motivo. Nella discussione sui possibili reati da parte degli agenti di polizia nell’ambito della repressione della protesta – al cui riguardo sono state aperte 115 indagini preliminari, di cui 92 per lesioni personali in carica – Scholz aveva dichiarato: «Non c’è stata violenza della polizia, questa è una denuncia che respingo fermamente».
Un’inchiesta parlamentare dei parlamentari dell’opposizione all’inizio di quest’anno lo ha denunciato per mancanza di supervisione dopo l’esplosione dello scandalo riguardo la società tecnologico-finanziaria Wirecard
Sempre su Amburgo, la città dove è cresciuto, si è verificata un’altra sua iniziativa degna di nota: nel 2012, su iniziativa di Scholz con i voti del SPD e del partito goscista Linke, il comune di Amburgo ha approvato un (ulteriore) acquisto di azioni d ella compagnia di navigazione Hapag-Lloyd per la cifra di 420 milioni di euro.
L’operazione finanziaria ha portato la quota della città nel megagruppo logistico dal 23,6% al 36,9%, rendendo il comune di Amburgo il più grande azionista unico di Hapag-Lloyd. Anni dopo venne spiegato, senza grande originalità, che alla base della manovra c’era la volontà di mantenere migliaia di posti di lavoro.
Scholz è stato anche interrogato in un’inchiesta per stabilire se avesse agito per influenzare le autorità fiscali per conto di una banca di Amburgo, la MMWarburg (antico banco fondato dalla famiglia Warburg a fine Settecento), al centro dello scandalo della frode «CumEx», che ha privato lo stato tedesco di miliardi di euro di entrate. Il politico ha negato qualsiasi illecito e nessuna prova concreta è emersa contro di lui.
Il cosiddetto caso CumEx è un’indagine di diversi media europei su un sistema di frode fiscale scoperto nel 2017, che indicava come rete di banche, operatori di borsa e avvocati avrebbe ottenuto miliardi dalle tesorerie europee attraverso sospette frodi e speculazioni riguardanti le tasse sui dividendi. I cinque Paesi più colpiti potrebbero aver perso almeno 62,9 miliardi di dollari; a Germania è il paese più colpito, con circa 36,2 miliardi di dollari prelevati dal Tesoro tedesco.
Ora rimane da vedere che governo metterà in piedi quest’uomo calvo e noioso, ma con un passato pieno di scandali gravissimi che sono scivolati su di lui come se fosse fatto di Teflon.
Un’inchiesta parlamentare dei parlamentari dell’opposizione all’inizio di quest’anno lo ha denunciato per mancanza di supervisione dopo l’esplosione dello scandalo riguardo la società tecnologico-finanziaria Wirecard. Si tratta del più grande scandalo di frode del dopoguerra in Germania. Scholzomat respinto le accuse di avere qualsiasi responsabilità politica.
L’insolvenza di Wirecard (che dichiarò che 1,9 milioni di euro erano spariti) portarono all’arresto del CEO Markus Braun. Gli effetti del crack furono avvertiti anche in Italia: nel giugno 2020 furono bloccate almeno 325 mila carte di credito prepagate per oltre 20 milioni di euro.
Nell’ultimo caso spinoso dei tanti, lo Scholz è stato costretto a tornare a Berlino dalla campagna elettorale la scorsa settimana per rispondere alle domande della commissione parlamentare per le finanze. L’inchiesta era stata avviata dopo che il pubblico ministero aveva disposto le perquisizioni del ministero delle Finanze nell’ambito di un’indagine sulle accuse di intralcio alla giustizia presso la sua unità antiriciclaggio. I parlamentari SPD hanno insinuato che il tempismo era sospetto, poiché il partito di Scholz era in testa ai sondaggi.
A differenza che in Italia, in Germania la «giustizia ad orologeria» (© Silvio Berlusconi) non pare avere avuto effetti elettorali degni di nota.
Siamo certi di una cosa: il governo in alcun modo rifletterà l’umore di quella Germania che, a milioni, va in piazza (anche se è proibito dai giudici) a protestare contro la tirannia sanitaria
Ora rimane da vedere che governo metterà in piedi quest’uomo calvo e noioso, ma con un passato pieno di scandali gravissimi che sono scivolati su di lui come se fosse fatto di Teflon.
Siamo certi di una cosa: il governo in alcun modo rifletterà l’umore di quella Germania che, a milioni, va in piazza (anche se è proibito dai giudici) a protestare contro la tirannia sanitaria.
C’è una parte di popolazione tedesca che disconosce completamente la politica parlamentare e attende il collasso dell’intero sistema – un evento che chiamano Tag X, giorno X. Ne parleremo in un prossimo articolo
Politica
I detenuti minacciano Sarkozy e giurano vendetta vera per Gheddafi
Un video girato con un cellulare nella prigione parigina La Santé sembra mostrare che i detenuti hanno minacciato l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy di vendicare la morte del defunto leader libico Muammar Gheddafi.
Sarkozy, 70 anni, ha iniziato a scontare la sua condanna a cinque anni martedì, dopo che un tribunale di Parigi lo ha dichiarato colpevole di associazione a delinquere finalizzata a finanziare la sua campagna presidenziale del 2007 con denaro di Gheddafi, contro il quale in seguito guidò un’operazione di cambio di regime sostenuta dalla NATO che distrusse la Libia e portò alla morte di Gheddafi.
Martedì hanno iniziato a circolare video ripresi da La Sante, in cui presunti detenuti minacciavano e insultavano Sarkozy, che sta scontando la sua pena nell’ala di isolamento del carcere.
«Vendicheremo Gheddafi! Sappiamo tutto, Sarko! Restituisci i miliardi di dollari!», ha gridato un uomo in un video pubblicato sui social media. «È tutto solo nella sua cella. È appena arrivato… se la passerà brutta».
A viral video shows a prisoner confronting Nicolas Sarkozy, saying, “We’ll avenge Gaddafi. Give back the billions.” The former French president, jailed for conspiracy, is accused of taking Libyan money before leading NATO’s 2011 war that killed Gaddafi. pic.twitter.com/KlAISnFVSX
— comra (@comrawire) October 22, 2025
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Il ministro degli Interni francese Laurent Nunez ha sottolineato che, a causa del pericolo, due agenti di polizia della scorta di sicurezza assegnata agli ex presidenti saranno di stanza in modo permanente nelle celle adiacenti a quella di Sarkozy.
«L’ex presidente della Repubblica ha diritto alla protezione in virtù del suo status. È evidente che sussiste una minaccia nei suoi confronti, e questa protezione viene mantenuta durante la sua detenzione», ha dichiarato Nunez mercoledì alla radio Europe 1.
Sarkozy, che ha guidato la Francia tra il 2007 e il 2012, ha negato tutte le accuse a suo carico, sostenendo che siano di matrice politica. Il suo team legale ha presentato una richiesta di scarcerazione anticipata, in attesa del procedimento di appello.
L’inchiesta su Sarkozy è iniziata nel 2013, in seguito alle affermazioni del figlio di Gheddafi, Saif al-Islam, secondo cui suo padre aveva fornito alla campagna dell’ex presidente circa 50 milioni di euro.
A dicembre 2024, la Corte Suprema francese ha confermato una condanna del 2021 per corruzione e traffico di influenze, imponendo a Sarkozy un dispositivo elettronico per un anno. È stato anche condannato per finanziamento illecito della campagna per la rielezione fallita del 2012, scontando la pena agli arresti domiciliari.
Nel 2011, Sarkozy ha avuto un ruolo di primo piano nell’intervento della coalizione NATO che ha portato alla cacciata e alla morte di Gheddafi, facendo sprofondare la Libia in un caos dal quale non si è più risollevata.
Come riportato da Renovatio 21, all’inizio del 2025 gli era stata revocata la Legion d’Onore. In Italia alcuni hanno scherzato dicendo che ora «Sarkozy non ride più», un diretto riferimento a quando una sua risata fatta con sguardo complice ad Angela Merkel precedette le dimissioni del premier Silvio Berlusconi nel 2011 e l’installazione in Italia (sotto la ridicola minaccia dello «spread») dell’eurotecnocrate bocconiano Mario Monti.
Nell’affaire Gheddafi finì accusata di «falsificazione di testimonianze» e «associazione a delinquere allo scopo di preparare una frode processuale e corruzione del personale giudiziario» anche la moglie del Sarkozy, l’algida ex modella torinese Carla Bruni, la quale, presentatole il presidente dall’amico comune Jacques Séguela (pubblicitario autore delle campagne di Mitterand e Eltsin) secondo la leggenda avrebbe confidato «voglio un uomo dotato della bomba atomica».
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Politica
Il Giappone elegge una donna conservatrice come primo ministro
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Politica
Elezioni in Bolivia, il Paese si sposta a destra
Domenica si è svolto in Bolivia il ballottaggio per le elezioni presidenziali, che ha visto contrapporsi due candidati di destra: il senatore centrista Rodrigo Paz Pereira e l’ex presidente conservatore Jorge Quiroga.
I risultati preliminari indicano che Paz ha ottenuto il 54,6% dei voti, mentre Quiroga si è fermato al 45,4%. Sebbene sia prevista un’analisi manuale delle schede, è improbabile che il risultato definitivo differisca significativamente dal conteggio iniziale, basato sul 97% delle schede scrutinate.
Le elezioni segnano la fine del ventennale dominio del partito di sinistra Movimiento al Socialismo (MAS), che ha subito una pesante sconfitta nelle elezioni di fine agosto. Il presidente uscente Luis Arce – che ha recentemente accusato gli USA di controllare l’America latina sotto la maschera della «guerra alla droga» – non si è ricandidato, e il candidato del MAS, il ministro degli Interni Eduardo del Castillo, ha raccolto solo il 3,16% dei voti, superando di poco la soglia necessaria per mantenere lo status legale del partito.
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Nel primo turno, la destra ha dominato: Paz ha ottenuto il 32,1% dei voti e Quiroga il 26,8%. Il magnate di centro-destra Samuel Doria Medina, a lungo favorito nei sondaggi, si è classificato terzo con il 19,9% e ha subito appoggiato Paz per il ballottaggio.
Entrambi i candidati hanno basato la loro campagna sullo smantellamento dell’eredità del MAS, differendo però nei metodi. Paz ha promesso riforme graduali, mentre Quiroga ha sostenuto cambiamenti rapidi, proponendo severe misure di austerità per affrontare la crisi.
Il MAS non si è mai ripreso dai disordini del 2019, quando l’ex presidente Evo Morales fu deposto da un colpo di Stato subito dopo aver ottenuto un controverso quarto mandato. In precedenza, Morales aveva perso di misura un referendum per modificare la norma costituzionale che limita a due i mandati presidenziali e vicepresidenziali. Più di recente, Morales ha accusato tentativi di assassinarlo ed è entrato in sciopero della fame, mentre i suoi sostenitori hanno dato vita ad una ribellione. Il Morales, recentemente accusato anche di stupro (accuse che lui definisce «politiche»), in una lunga intervista aveva detto che dietro il suo rovesciamento nel 2019 vi erano «la politica dell’impero, la cultura della morte» degli angloamericani.
Il colpo di Stato portò al potere la politica di destra Jeanine Áñez, seconda vicepresidente del Senato. Tuttavia, il MAS riconquistò terreno nelle elezioni anticipate dell’ottobre 2020, mentre Áñez fu incarcerata per i crimini commessi durante la repressione delle proteste seguite al golpe.
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Il passaggio storico è stato definito da alcuni come la prima «guerra del litio», essendo il Paese ricco, come gli altri Stati limitrofi, della sostanza che rende possibile la tecnologia di computer, telefonini ed auto elettriche.
Come riportato da Renovatio 21, un tentato colpo di Stato vi fu anche l’anno scorso quando la polizia militare e veicoli blindati hanno circondato il palazzo del governo nella capitale La Paz.
Sotto il presidente Arce la Bolivia si era avvicinata ai BRICS e aveva iniziato a commerciare in yuan allontanandosi dal dollaro.
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