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Gli omosessuali contro Dune
Il film campione di incassi, in questa disgraziata stagione dei cinema europei funestati dalla pandemia, è il kolossal americano Dune. Stranamente è uscito da noi prima che in America – forse perché la versione nostrana era stata approntata per il Festival di Venezia, forse perché volevano capire che effetto poteva fare. Il film uscirà nelle sale USA praticamente in contemporanea con lo streaming su HBO.
Come noto, Dune è la riduzione cinematografica di un potente ciclo di romanzi di fantascienza scritti negli anni Sessanta da Frank Herbert. La storia, che parla di messia e imperi galattici, di giustizia per i popoli oppressi, ha contenuti che il mondo oggi riconosce come «attuali», come un supposto ambientalismo di fondo, la giustificazione dell’indipendenza del Terzo Mondo (che però ha bisogno di un bianco che lo guidi, nel più classico «white saviour complex»), lo sfruttamento delle riserve energetiche. In realtà, Herbert scriveva ispirandosi forse alla questione araba dei suoi anni, tanto che alcuni residui di – la parola jihad usata in accezione molto positiva – oggi suonano strambi assai.
Quella del regista Villeneuve, con il suo all-star cast di attori della Hollywood più recente, non è la prima volta di Dune al cinema.
Ci aveva provato negli anni Settanta il geniale regista-mago Alejandro Jodorowski, mettendo insieme un cast che andava da Salvador Dalì a Orson Welles a Mick Jagger, con i Pink Floyd alla colonna sonora e i migliori artisti (Moebius, Giger) alla scenografia.
Il film non venne mai realizzato, nonostante un paio di milioni di dollari – di allora – sputtanati per la preproduzione (Dalì, per divenire l’attore più pagato del mondo, voleva 100 mila dollari l’ora, lo accontentarono…), tuttavia è riconosciuto che il progetto ebbe un’influenza immane sul cinema, ponendo le basi per la produzione di pietre miliari come Guerre Stellari e Alien.
Tuttavia, se facciamo a meno di considerare le non indimenticabili serie TV che produssero nei primi anni 2000, il vero grande precedente è costituito dal Dune di David Lynch prodotto da Dino De Laurentiis nel 1984.
Si tratta di un film che chi è cresciuto negli anni Ottanta difficilmente non ha visto: era uno dei maggiori kolossal, pure mezzo italiano, di quell’epoca. Fu un flop, e Lynch fatica ancora oggi a parlarne nelle interviste. I critici vomitarono. Il pubblicò disertò.
Chi scrive invece ritiene sia un capolavoro. Riguardandolo in questi giorni, ho capito che il giudizio ha un motivo che va ben al di là della nostalgia di quei giorni in cui, a sei anni, fu portato in un cinema di montagna a vederlo.
Il film è bizzarrissimo. Permette di sentire, e in continuazione, i pensieri dei personaggi. Che in molti casi, vero, sono piuttosto bidimensionali. Ma il tutto è calato in immagini che riescono ad essere tetre ed epiche.
Soprattutto, lo pensavo quaranta anni fa e lo penso tuttora, c’è una cosa davvero riuscita del film: i cattivi.
Il Casato Harkonnen, con il suo pianeta notturno, le sporche architetture gotico-industriali e i sempiterni capelli rossi, è pressoché perfetto. C’è il crudele barone Vladimir Harkonnen, il ciccione volante, sfigurato da pustole e da un sadismo senza limiti. C’è Glossu Rabban, corporatura endomorfa, sorriso diabolico e carnivoro al punto da consumare perfino bevande fatte di esseri viventi spremuti. C’è Nefud, l’incerto capo delle guardie del barone. C’è Feyd Rautha, atletico e calcolatore, non meno tremendo dello zio Vladimir.
Scopriamo ora che contro il film, a causa degli Harkonnen, negli anni si è scatenata la comunità LGBT, pardon, degli omosessuali – nel senso dei maschi. Perché la sigla LGBT è solo una maschera strategica per coprire l’agenda del gruppo omo-maschile: le lesbiche, prima di essere inzigate, si facevano i fatti loro, i transessuali non hanno vero peso e i bisessuali chi li ha visti mai.
«Il film più oscenamente omofobo che abbia mai visto»
Quindi: gli homo dichiarano guerra a Dune.
Il motivo sono proprio le scene e i personaggi che impressionavano come più riusciti nella loro villaneria.
Lo storico del cinema Robin Wood nel libro Hollywood from Vietnam to Reagan definisce Dune «il film più oscenamente omofobo che abbia mai visto». Il riferimento è alle scene in cui appare il barone Harkonnen, in particolare ad una delle prime.
Il barone Harkonnen uccide gratuitamente un personaggio efebico che pare attirare il suo desiderio. Così come, nel quadro di un incesto omofilo, pare guatare con voluttà il corpo seminudo del nipote Feyd Rautha (interpretato da Sting, in un momento di indice di massa grassa inferiore al 10%) che esce da una doccia gassosa.
Buttiamo nella mischia anche l’orrenda misoginia, con la scena in cui gode, dopo averlo a lungo programmato, a sputare in faccia alla moglie del suo rivale mentre questa è legata a terra (e lui, invece, svolazza qua e la) .
Lo studioso accusa il film di Lynch di «essere riuscito ad associare in una singola scena l’omosessualità con la grossolanità fisica, depravazione morale, violenza e malattia».
Wood non è solo. Lo scrittore gay Dennis Altman scrisse che il film può essere preso ad illustrazione di come nei primi anni Ottanta «i riferimenti all’AIDS iniziarono a penetrare nella cultura popolare… È stato solo un caso che nel film Dune il cattivo omosessuale aveva piaghe suppuranti sul viso?».
Lo studioso accusa il film di Lynch di «essere riuscito ad associare in una singola scena l’omosessualità con la grossolanità fisica, depravazione morale, violenza e malattia»
Sangue e pustole. Malattia. All’epoca l’AIDS era vista così, altro che alone viola, preservativo, fiocchetto rosso, cocktail di antivirali pagati dal contribuente, solidarietà etc.
Scorrendo la rete, è possibile vedere che gli interventi sul tema sono tanti. Dune omofobo.
Un utente di Reddit si chiede se sia vero. Dice di aver letto il libro, dove, secondo lui, il barone era da considerarsi, più che omosessuale, pedofilo… Ma questa è una porta che nessuno crediamo voglia aprire.
Invece, altri utenti trovano una citazione che pare spiegare le scelte creative di Lynch nel libro di Herbert L’Imperatore-dio di Dune:
«L’omosessuale, latente o meno, che mantiene quella condizione per ragioni che si potrebbero chiamare puramente psicologiche, tende a indulgere in comportamenti che causano dolore, cercandolo per sé e infliggendolo agli altri. Lord Leto dice che questo risale al comportamento di prova nel branco preistorico».
«I riferimenti all’AIDS iniziarono a penetrare nella cultura popolare… È stato solo un caso che nel film Dune il cattivo omosessuale aveva piaghe suppuranti sul viso?»
Un altro risponde che nello stesso romanzo, pagine prime, vi era un elogio dell’omosessuale come buon soldati.
Sul altri forum volano gli stracci.
«In realtà Herbert ERA omofobo. Nella vita reale ha praticamente rinnegato suo figlio gay, e nel testo God-Emperor a cui si fa riferimento cita specificamente l’omosessualità maschile come motivo per NON usare truppe maschili poiché, sebbene possano essere grandi guerrieri, gli omosessuali fanno parte dello spostamento del sesso nel dolore: si abbandonano a comportamenti che causano dolore».
Parlando di un passaggio particolare della storia, l’utente scrive che «il personaggio principale ipotizza che alcune truppe suicide debbano essere omosessuali come “Quando gli umani per qualsiasi motivo diventano terminali per quanto riguarda la sopravvivenza della loro specie, è relativamente facile spingerli oltre il breve passo nel voler morire”».
È riportato che il vizietto del barone Harkonnen, nella successiva trasposizione a serie TV, è molto attenuato. Forse impercettibile. In pratica, la saga continua nei cuori dei fan e dei produttori cinematografici, ma certe posizioni del creatore del ciclo, come dire, si possono stingere…
«In realtà Herbert ERA omofobo. Nella vita reale ha praticamente rinnegato suo figlio gay»
Non c’è in corso solo una de-omofobicizzazione. La rimozione di ogni contenuto anche vagamente critico alla sfera LGBT: pensate agli attacchi al film Il Silenzio degli Innocenti (Il Silenzio degli agnelli, in originale: i distributori avevano paura di urtare la famiglia FIAT) per il fatto che l’assassino abbia evidenti pulsioni trans.
C’è all’opera una vera omosessualizzazione dell’audiovisivo, a partire dai film per ragazzi. La rivelazione di qualche mese fa è che uno dei personaggi più popolari dell’universo Marvel (acquistato e pompato a mille dalla Disney), Loki, è bisessuale. Interessante che lo debbano dire apertis verbis al loro pubblico di minorenni.
Quindi, ci chiediamo: quanti personaggi gay ci saranno nel nuovo Dune ore in sala? Nessuno? O si sarà invertito il quadro, e qualcuno nella squadra degli eroi della Casa Atreides, con buona pace dell’anima di Herbert, avrà fatto outing?
Timothée Chalamet, il protagonista, è un ragazzino divenuto famoso per aver interpretato l’amante minorenne di un professore americano che viene in Italia nel film Chiamami con il mio nome. Su Twitter, dopo la presentazione al Festival di Toronto, l’attore James Woods ha scritto della differenza di età tra gli amanti del film piazzando l’hashtag NAMBLA, la sigla della storica organizzazione in difesa della pedofilia.
La realtà è che noi non lo possiamo sapere. Perché, senza green pass, al cinema non entreremo.
Non come quei fortunati che, vaccinati e certificati elettronicamente, potranno andare in una sala semivuota a godersi le avventure dei Fremen, un popolo oggetto delle angherie di un potere che lo sottomette per la sua tecnologia e per la stessa crudeltà dei suoi baroni.
Chissà se a qualche fortunato, abbassando la mascherina per manducare un pop corn, questa storia ricorderà qualcosa.
Immagine di LSGC via Deviantart pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial 3.0 Unported (CC BY-NC 3.0)
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Nuova serie gay sui militari americani: il Pentagono contro Netflix
Il Pentagono ha accusato Netflix di produrre «spazzatura woke» per una sua nuova serie incentrata su un marine gay. La serie ha debuttato durante la campagna del presidente Donald Trump e del Segretario alla Guerra Pete Hegseth per eliminare la «cultura woke» dall’esercito.
Kingsley Wilson, portavoce del dipartimento della Guerra, ha dichiarato a Entertainment Weekly che il Pentagono non appoggia «l’agenda ideologica» di Netflix. L’esercito americano «non scenderà a compromessi sui nostri standard, a differenza di Netflix, la cui leadership produce e fornisce costantemente spazzatura woke al proprio pubblico e ai bambini», ha detto Kingsley, sottolineando che il Pentagono si concentra sul «ripristino dell’etica del guerriero».
«I nostri standard generali sono elitari, uniformi e neutrali rispetto al sesso, perché al peso di uno zaino o di un essere umano non importa se sei un uomo, una donna, gay o eterosessuale», ha aggiunto la portavoce.
Lo Hegseth ha introdotto nuovi requisiti fisici «di livello maschile» per affrontare situazioni di «vita o morte» in battaglia, affermando: «Gli standard devono essere uniformi, neutri rispetto al genere ed elevati. Altrimenti, non sono standard» criticando approcci alternativi che «fanno uccidere i nostri figli e le nostre figlie». A febbraio, il Segretario alla Guerra ha definito il motto «la diversità è la nostra forza» come il «più stupido» nella storia militare.
Il Pentagono lotta da anni con carenze di reclutamento, registrando nel 2023 un deficit di 15.000 unità, il peggiore dalla fine della leva obbligatoria nel 1973. I repubblicani attribuiscono il problema all’eccessiva enfasi sulla diversità a scapito della preparazione militare, come evidenziato da un rapporto del 2021 che criticava la Marina per aver prioritizzato la «consapevolezza» rispetto alla vittoria in guerra.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Da Nasser a Sting e i Police: il mistero di Miles Copeland, musicista e spia della CIA
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Amazon Prime Video rimuove tutte le armi e le Bond Girls dai poster dei film di 007. Poi ci ripensa
La piattaforma streaming di Amazon Prime Video ha recentemente rimosso tutte le armi e le Bond girl dalle locandine dei film di James Bond. Poi nelle ultime ore, sembra aver ripristinato la versione originale.
L’amata serie di pellicole di spionaggio 007, dove le pistole giuocavano un ruolo grafico sin dalle locandine, si trova ancora sotto il tallone della cultura woke, e quindi della censura e dell’orwelliana cancellazione della storia.
È ridicolo, e antistorico, vedere il comandante Bond a braccia conserte senza la sua arma (che è variata, dagli anni, da una Walther PPK a una Beretta forse di modello 418 o 950) impugnata disinvoltamente – un elemento che è parte fondamentale dello stesso personaggio, elegante e pericoloso, come il mondo in cui la spy-story promette di immergere lo spettatore.
Amazon had digitally removed all of the guns from James Bond movie art.
Next … they will probably eliminate any scenes from the movies with guns.
Ridiculous. pic.twitter.com/PdMgKIKY2e
— Wall Street Mav (@WallStreetMav) October 3, 2025
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In particolare, tutte le armi sembravano essere state rimosse da immagini già note, tra cui un ritratto di Sean Connery con una pistola Walther PPK tra le braccia incrociate, utilizzato come foto pubblicitaria per la pellicola Dr. No e ora esposto alla National Portrait Gallery di Londra. Un poster teaser ampiamente visto per il film Spectre con Daniel Craig è stato apparentemente modificato per eliminare la pistola che tiene al fianco (sebbene la fondina ascellare indossata da Craig sia ancora visibile).
Un ritocco simile sembrava essere stato effettuato su un’immagine pubblicitaria di Roger Moore in Agente 007 Vivi e lascia morire, in cui Moore impugna una .44 Magnum, un allontanamento dalla tradizione di Bond di pistole relativamente piccole.
Le immagini modificate digitalmente dei poster originali dei film sono un insulto agli artisti che le hanno create e ai fan che le hanno guardate negli ultimi 63 anni – oltre che all’idea stessa che sta alla base del racconto di James Bond.
Notice in these Amazon #JamesBond digital posters they’ve removed all the guns and given awkward poses?
Welcome to a world where promoting James Bond 007 needs to be done without his sidearm. pic.twitter.com/3NGkxXShcn
— Chris (@GelNerd) October 2, 2025
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L’establishment progressista cerca di cancellare le armi dall’immaginario cinematografico classico, mentre il transgenderismo e i temi satanici vengono promossi in film e cartoni pensati per bambini.
Notizia delle ultime ore, Amazon si averci ripensato: dopo il pubblico clamore, le pistole sono tornate sulle locandine.
La mossa era arrivata dopo che Amazon ha acquisito i diritti del film acquistando gli studi MGM per un miliardo di dollari all’inizio di quest’anno e si appresta a lanciare un nuovo film diretto da Denis Villeneuve (il regista di The Arrival, Blade Runner 2049, e del recente, noiosissimo, Dune), scritto e diretto da Steven Knight, il cui nuovo attore di Bond deve ancora essere annunciato.
In passato si è speculato sull’arrivo di un Bond negro (si è fatto il nome del divo anglo-nigeriano Idris Elba) o di una Bonda. In realtà, una potente anticipazione era nell’ultimo film No Time to Die con Daniel Craig – la cui scelta come protagonista della serie, una ventina di anni fa, fu contestata da un gruppo di fan: è biondo – dove saltava fuori una agente MI6 nera e statuaria (tipo Grace Jones, per intenderci), seduttiva e letale anche più del Bond stesso.
No Time to Die sconvolse gli aficionados perché mostrava un atto incomprensibile per chi conosce la saga: la morte di James Bond, un fatto narratologicamente, archetipicamente inconcepibile, in quanto il tema profondo della serie è, senza dubbio alcuno, il mito dell’eroe invincibile.
La castrazione del carattere di 007 era presente nei film dell’era Craig anche in precedenza: il filosofo ratzingeriano coreano Byung-chul Han nel suo saggio La società della stanchezza indicava la stranezza di vedere in Skyfall (2012) un James Bond affaticato e depresso, con traumi psicanalitici che riemergono.
Il codice «007» è in realtà un riferimento preciso che il romanziere (e vero agente segreto) britannico Ian Fleming faceva agli intrecci tra l’occultismo e la storia di Albione, in particolare nel momento in cui Londra si separò dalla Chiesa cattolica e cioè dall’Europa.
Il primo «oo7» fu infatti John Dee (1527-1608), matematico, geografo, alchimista, astrologo, astronomo ed occultista inglese che organizzo i servizi segreti britannici nella sua visione di un nuovo mondo fatto di colonie dell’«Impero britannico», un’espressione che alcuni dicono sia stata coniata proprio da lui stesso.
Nei messaggi cifrati riservati alla regina Elisabetta I Dee apponeva la sigla «007» in cui gli zeri erano due occhi, il sette un numero fortunato.
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