Geopolitica
Giappone, si dimette ministro legato a Chiesa dell’Unificazione: Kishida sempre più in difficoltà
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Dopo settimane di polemiche Daishiro Yamagiwa fa passo indietro. Fotografato con Hak Ja Han, guida del gruppo religioso. L’opposizione non sembra in grado di approfittare della situazione. Ministero Educazione: entro fine anno arriverà richiesta per dissoluzione della Chiesa fondata dal reverendo Moon.
Dopo settimane di polemiche, il ministro nipponico per il Rinnovamento economico ha rassegnato le proprie dimissioni. Daishiro Yamagiwa, sotto pressione per i propri legami con la Chiesa dell’Unificazione, è il primo membro del gabinetto Kishida a ritirarsi dopo che l’omicidio di Abe lo scorso luglio ha messo in luce i rapporti tra il controverso gruppo religioso e il Partito liberaldemocratico (LDP).
Fino a poco tempo fa, Yamagiwa dichiarava di non ricordare di aver partecipato ad alcun ritrovo organizzato dalla Chiesa dell’Unificazione. Affermazione ritrattata davanti alle prove fotografiche –diventate virali – che lo ritraggono al fianco di Hak Ja Han, guida del gruppo religioso fondato dal marito, il reverendo Moon.
Le dimissioni di Yamagiwa arrivano in un momento critico per il tasso di approvazione dell’amministrazione Kishida. Gli ultimi sondaggi danno in forte calo il gradimento per il suo operato, crollato vicino alla soglia di sicurezza del 30%: è il margine al di sotto del quale un esecutivo in Giappone rischia la caduta.
Sul crollo della popolarità del governo pesano molto i profondi legami emersi tra LDP e la Chiesa dell’Unificazione, le cui pratiche nei confronti dei propri membri hanno colpito in modo profondo l’opinione pubblica nazionale.
Dopo le proprie dimissioni, il 24 ottobre, Yamagiwa si è scusato per aver procurato problemi al governo. «Rimpiango di aver dato credibilità alla Chiesa dell’Unificazione per mezzo della mia partecipazione ai loro incontri; d’ora in avanti starò attento a non rifarlo più», ha detto Yamagiwa ai giornalisti.
L’opposizione non ha perso l’occasione e si è lanciata all’attacco dell’esecutivo. Dopo le prime ammissioni da parte di Yamagiwa, a inizio ottobre il leader del Partito democratico costituzionale del Giappone, Izumi Kenta, aveva duramente criticato il premier. «ci sono sempre più voci che chiedono le dimissioni di Yamagiwa per aver avanzato scuse riguardo l’incontro coi leader della Chiesa dell’Unificazione e averlo tenuto nascosto fino a ché non è venuto alla luce» aveva detto Izumi, invitando poi il premier a rimuovere il ministro.
Le dimissioni di Yamagiwa sono una vittoria per l’opposizione, ma per ora sembra improbabile che il governo possa cadere nonostante il proprio indebolimento.
Kishida ha compiuto numerosi passi falsi negli ultimi mesi (ultimi tra questi la nomina del figlio come proprio assistente e il funerale di Stato per Abe), ai quali si sommano sempre nuove rivelazioni sui legami tra LDP e Chiesa dell’Unificazione.
È improbabile però che la situazione attuale possa favorire l’opposizione, ancora divisa al suo interno e dunque impossibilitata a trovare una strategia comune per sconfiggere i liberaldemocratici.
Le prossime elezioni sono programmate per il 2025 e sembra che nel partito di governo non ci sia ancora eccessiva preoccupazione per la caduta dei consensi.
Sebbene con fatica, molti membri dell’LDP pensano che lo scandalo dei rapporti con la Chiesa dell’Unificazione andrà spegnendosi. Kishida potrebbe quindi ancora restare al suo posto.
Nel frattempo, l’indagine sulla possibile dissoluzione del gruppo religioso sta entrando nel vivo. Proprio nella giornata di ieri, sono cominciati i lavori che dovrebbero portare il ministero dell’Educazione e della cultura a richiedere entro la fine dell’anno un ordine di dissoluzione al tribunale che comporterebbe l’esclusione dai benefici per i gruppi religiosi.
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Geopolitica
La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco
Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha dovuto cancellare un viaggio previsto in Cina dopo che Pechino si sarebbe rifiutata di organizzare incontri di alto livello con lui, secondo quanto riportato venerdì da diversi organi di stampa.
Il Wadephul sarebbe dovuto partire per Pechino domenica per discutere delle restrizioni cinesi sull’esportazione di terre rare e semiconduttori, oltre che del conflitto in Ucraina.
«Il viaggio non può essere effettuato al momento e sarà posticipato a data da destinarsi», ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri tedesco, citato da Politico. Il Wadephullo avrebbe dovuto incontrare il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ma l’agenda prevedeva troppo pochi incontri di rilievo.
Secondo il tabloide germanico Bild, i due diplomatici terranno presto una conversazione telefonica.
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Questo intoppo diplomatico si inserisce in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra Cina e Unione Europea. Nell’ultimo anno, Bruxelles e Pechino si sono scontrate sulla presunta sovrapproduzione industriale cinese, mentre la Cina accusa l’UE di protezionismo.
All’inizio di questo mese, Pechino ha rafforzato le restrizioni sull’esportazione di minerali strategici con applicazioni militari, una mossa che potrebbe aggravare le difficoltà del settore automobilistico europeo.
La Germania è stata particolarmente colpita dal deterioramento del clima commerciale.
Come riportato da Renovatio 21, la Volkswagen sospenderà la produzione in alcuni stabilimenti chiave la prossima settimana a causa della carenza di semiconduttori, dovuta al sequestro da parte dei Paesi Bassi del produttore cinese di chip Nexperia, motivato da rischi per la sicurezza tecnologica dell’UE. In risposta, Pechino ha bloccato le esportazioni di chip Nexperia dalla Cina, causando una riduzione delle scorte che potrebbe portare a ulteriori chiusure temporanee di stabilimenti Volkswagen e colpire altre case automobilistiche, secondo il quotidiano.
Venerdì, il ministro dell’economia Katherina Reiche ha annunciato che Berlino presenterà una protesta diplomatica contro Pechino per il blocco delle spedizioni di semiconduttori, sottolineando la forte dipendenza della Germania dai componenti cinesi.
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Immagine di UK Government via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Geopolitica
Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset
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Geopolitica
Trump minaccia di togliere i fondi a Israele se annette la Cisgiordania
Israele «perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti» in caso di annessione della Giudea e della Samaria, nome con cui lo Stato Ebraico chiama la Cisgiordania, ha detto il presidente USA Donald Trump.
Trump ha replicato a un disegno di legge controverso presentato da esponenti dell’opposizione di destra alla Knesset, il parlamento israeliano, che prevede l’annessione del territorio conteso come reazione al terrorismo palestinese.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu, sostenitore degli insediamenti ebraici in quell’area, si oppone al provvedimento, poiché rischierebbe di allontanare gli Stati arabi e musulmani aderenti agli Accordi di Abramo e al cessate il fuoco di Gaza.
Netanyahu ha criticato aspramente il disegno di legge, accusando i promotori di opposizione di una «provocazione» deliberata in concomitanza con la visita del vicepresidente statunitense J.D. Vance. (Lo stesso Vance ha qualificato il disegno di legge come un «insulto» personale)
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«I commenti pubblicati giovedì dalla rivista TIME sono stati espressi da Trump durante un’intervista del 15 ottobre, prima dell’approvazione preliminare alla Knesset di mercoledì – contro il volere del primo ministro – di un disegno di legge che estenderebbe la sovranità israeliana a tutti gli insediamenti della Cisgiordania» ha scritto il quotidiano israeliano Times of Israel.
Evidenziando l’impazienza dell’amministrazione verso tali iniziative, il vicepresidente di Trump, J.D. Vance, ha dichiarato giovedì, lasciando Israele, che il voto del giorno precedente lo aveva «offeso» ed era stato «molto stupido».
«Non accadrà. Non accadrà», ha affermato Trump a TIME, in riferimento all’annessione. «Non accadrà perché ho dato la mia parola ai Paesi arabi. E non potete farlo ora. Abbiamo avuto un grande sostegno arabo. Non accadrà perché ho dato la mia parola ai paesi arabi. Non accadrà. Israele perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti se ciò accadesse».
Vance ha precisato che gli era stato descritto come una «trovata politica» e «puramente simbolica», ma ha aggiunto: «Si tratta di una trovata politica molto stupida, e personalmente la considero un insulto».
Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno guidato i Paesi arabi e musulmani negli Accordi di Abramo, si oppongono da tempo all’annessione della Cisgiordania, sostenendo che renderebbe vani i futuri negoziati di pace nella regione.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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