Economia
Gas naturale, la Germania pensa alla nazionalizzazione dell’importatore
La testata economica americana Bloomberg riferisce, citando fonti con familiarità riguardo la questione, che i funzionari tedeschi stanno rimuginando sull’aumento della loro partecipazione nel travagliato importatore di gas naturale Uniper SE oltre il 50%. Si parlerebbe anche di una nazionalizzazione.
La preoccupazione principale del governo tedesco sarebbe quella di evitare un crollo «in stile Lehman» della sua industria energetica, che era largamente dipendente dal gas russo.
Uniper ha bisogno di ulteriore sostegno da parte del governo tedesco dopo aver attinto a pacchetti di salvataggio per un valore fino a 20 miliardi di euro (20 miliardi di dollari), sostiene una fonte sentita dalla testata americana.
L’impennata dei prezzi del gas naturale e i tagli alle forniture del colosso energetico russo Gazprom attraverso il Nord Stream 1 hanno portato Uniper a perdite di milioni di euro al giorno.
Il primo pacchetto di salvataggio di Berlino per una partecipazione del 30% nell’azienda energetica si era avuto già a luglio.
Un’altra persona che ha chiesto di non essere identificata perché i colloqui di salvataggio sono a porte chiuse, ha affermato che l’amministrazione del cancelliere Olaf Scholz si sta preparando a iniettare miliardi di euro nel vacillante colosso tedesco, incrementando così la partecipazione del governo oltre la soglia del 50%.
«La nazionalizzazione è l’unica soluzione rimasta, le risorse patrimoniali di Uniper sono totalmente sott’acqua. Matematicamente parlando, non c’è nient’altro che si possa fare», ha detto all’agenzia Reuters un’altra fonte vicina alla questione .
A seguito dell’uscita dell’articolo le azioni di Uniper sono scese del 12%.
Come riportato da Renovatio 21, la Germania in aprile aveva preso in prestito 40 miliardi.
La settimana scorsa è emerso che la Germania sta rifinanziando l’intero sistema-Paese con un pacchetto di aiuti finanziari da 65 miliardi di euro.
La Svezia ha votato in Parlamento una garanzia finanziaria da 25 miliardi di euro per i produttori di energia.
Alcune voci ritengono che la Francia stia per ri-nazionalizzare il gigante energetico EDF, peraltro responsabile di centrali nucleari in Gran Bretagna che, a dispetto delle richieste di Londra, sembra voler chiudere.
Immagine di Lesbardd via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0)
Cina
La Cina supera il trilione di dollari di surplus commerciale
Per la prima volta, il surplus commerciale della Cina ha superato i mille miliardi di dollari nei primi 11 mesi del 2025. Mentre le esportazioni verso gli Stati Uniti sono diminuite di circa un terzo a causa dei dazi, le esportazioni verso Europa, Australia e Sud-est asiatico sono aumentate.
Gran parte di questa impennata è stata trainata dalla forte crescita dei beni high-tech, che ha superato del 5,4% l’aumento delle esportazioni complessive. Le esportazioni di automobili hanno registrato un boom, sostituendo Giappone e Germania in termini di quota di mercato. Le esportazioni di semiconduttori sono aumentate del 24,7% nello stesso periodo e le esportazioni di cantieristica navale sono aumentate del 26,8%.
Il canale all-news cinese CGTN ha pubblicato un articolo che attacca le narrative occidentali di «sovracapacità» o «dumping» come spiegazioni del boom delle esportazioni cinesi.
«Per i politici e i leader dell’industria occidentali, la questione non è come presentare la Cina come un rivale, ma come riconoscere le realtà strutturali che rappresenta. Comprendendo il surplus come parte del panorama economico globale, si apre l’opportunità di adattare le strategie, esplorare le complementarietà, promuovere la collaborazione e ricercare miglioramenti dell’efficienza che vadano a vantaggio di entrambe le parti».
Vari allarmi sulla tenuta dell’economia cinese erano stati lanciati negli ultimi anni.
Come riportato da Renovatio 21, la Cina, dopo la guerra dei dazi di Trump, è ancora impegnata in un conflitto con gli USA e i satelliti occidentali per i chip.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Economia
Hollywood al capolinea: Netflix vuole comprare Warner Bros
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Economia
L’ex proprietario di Pornhub vuole acquistare le attività del gigante petrolifero russo
Bernd Bergmair, l’ex proprietario di Pornhub, starebbe valutando l’acquisto delle attività internazionali del gigante petrolifero russo sanzionato Lukoil. Lo riporta l’agenzia Reuters, citando fonti riservate.
A ottobre, gli Stati Uniti hanno colpito Lukoil con sanzioni che hanno costretto la compagnia a dismettere le proprie partecipazioni estere, stimate in circa 22 miliardi di dollari. Lukoil aveva inizialmente accettato un’offerta del trader energetico Gunvor per l’intera controllata estera, ma l’operazione è saltata dopo che il Tesoro americano ha accusato Gunvor di legami con il Cremlino.
Secondo Reuters, Bergmair avrebbe già sondato il dipartimento del Tesoro statunitense per una possibile acquisizione. Interpellato tramite un legale, ha né confermato né smentito, limitandosi a dichiarare: «Lukoil International GmbH rappresenterebbe ovviamente un investimento eccellente; chiunque sarebbe fortunato a possedere asset del genere», senza precisare quali porzioni gli interessino o se abbia già contattato l’azienda. Un portavoce del Tesoro ha declinato ogni commento.
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Il finanziere austriaco è l’ex azionista di maggioranza di MindGeek, la casa madre di Pornhub, la cui identità è emersa solo nel 2021 dopo anni di strutture offshore. Il Bergmair ha ceduto la propria partecipazione nel 2023, quando la società è stata rilevata da un fondo canadese di private equity chiamato «Ethic Capital», nella cui compagine spicca un rabbino. Il patrimonio dell’uomo è stimato intorno a 1,4 miliardi di euro, investiti principalmente in immobili, terreni agricoli e altre operazioni private.
Il mese scorso, il Tesoro statunitense ha autorizzato le parti interessate a intavolare negoziati per gli asset esteri di Lukoil; l’approvazione è indispensabile poiché, senza licenza, ogni transazione resterebbe congelata. La finestra concessa scade il 13 dicembre.
Fonti giornalistiche indicano che diversi player, tra cui Exxon Mobil e Chevron, avrebbero manifestato interesse, ma Lukoil preferirebbe cedere il pacchetto in blocco, complicando le trattative per chi punta su singoli asset. L’azienda ha reso noto di essere in contatto con più potenziali acquirenti.
Mosca continua a condannare le sanzioni occidentali come «politiche e illegittime», avvertendo che finiranno per danneggiare chi le ha imposte». Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha definito il caso Lukoil la prova che le «restrizioni commerciali illegali» americane sono «inaccettabili e ledono il commercio globale».
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Immagine di Marco Verch via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
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