Arte
Fedezzo ci ha ragione!
Così, come se il biennio non ci avesse stupito abbastanza, ci è toccata l’altra sera anche questa realizzazione indicibile: Fedez, che chiamiamo Fedezzo perché anche perfino il suo nome d’arte ci ripugna, ha incredibilmente detto una cosa giusta.
Lo ha fatto attaccando, giustamente, i «cattolici» caduti che partecipano alla campagna di distrazione di massa chiamata ddl Zan.
Fedezzo ha incredibilmente detto una cosa giusta attaccando, giustamente, i «cattolici» caduti che partecipano alla campagna di distrazione di massa chiamata ddl Zan.
Ma andiamo con ordine. Abbisogniamo di fare una piccola introduzione, anzi un disclaimer vero e proprio: per ciò che rappresenta il Fedezzo proviamo profondo disgusto e riprovazione. E non stiamo parlando di questioni ideologiche, anche perché il ragazzino di idee politiche proprio non pare averne (con probabilità proprio per questo è subito acclamato da Conte e dai grillisti). No, parliamo di dettagli più tecnici, umani.
Non sopportiamo il suo volto bullonato, i tatuaggi che deturpano l’anatomia umana (non si capisce mai bene dove abbia il collo, ad esempio), gli accenti che hanno certi bulli para-meridionali della periferia milanese. Perfino la dentatura e lo sguardo ci fastidiano, anzi è proprio tutto che non capiamo: il ragazzo non possiede in nessun modo l’avvenenza apollinea che un tempo dovevano avere i cantanti, né, con estrema probabilità, il talento di un virtuoso di uno strumento. Né bello, né bravo. È furbo? Se leggete sotto, capirete che non ci sembra neanche quello.
No, è solo uno di passaggio, che ha avuto la fortuna di sposare una tizia dotata di oggettiva beltà e innegabile valore imprenditoriale – anche se potete immaginarvi cosa possiamo pensare di una ragazza che a pochi giorni dalla nascita del primogenito mostra in un post una bella foto di latte artificiale (la cui promozione, in Italia, è vietata dalla legge).
Non sopportiamo il suo volto bullonato, i tatuaggi che deturpano l’anatomia umana (non si capisce mai bene dove abbia il collo, ad esempio), gli accenti che hanno certi bulli para-meridionali della periferia milanese
Della musica del Fedezzo non possiamo dire nulla, perché, sul serio, siamo riusciti a preservarci: nemmeno una nota, una sola, è stata da noi udita, perché crediamo di aver capito che faccia rap, cioè la musica dei criminale afroamericani, e copiare in Lombardia o in Lazio il folclore dei narcotrafficanti neri di Baltimora ci è sempre sembrato, nei decenni, il grado zero della creatività umana, qualcosa che andrebbe perseguito dalla legge.
Invece, rap, hi hop, trap e via spacciando sono generi orrendi che, come ha detto qualcuno, mettono in pericolo la stessa Civiltà: se il ragazzo nero vuole essere come Tupac o Jay-Z e non come Condoleeza Rice, non può che produrre un imbarbarimento della sua società, con effetti devastanti in termini di omicidi e crimini vari.
Il crollo dei valori morali di un popolo, quello afroamericano, è partito dall’esempio sbagliato dei suoi cantori dei ghetti. Figuriamoci i loro emuli dell’hinterland maranza, che razza di moralità possono portare alla Nazione.
Un esempio lo abbiamo visto ieri, prima della trasmissione, quando il ragazzino si è filmato mentre metteva in difficoltà i lavoratori RAI in una chiamata in cui annunciava che avrebbe attaccato la Lega Nord.
In pratica, poco prima del concerto per la festa del lavoro, il ricco e famoso, spingeva sulla graticola una serie di lavoratori della TV pubblica
In pratica, poco prima del concerto per la festa del lavoro, il ricco e famoso, spingeva sulla graticola una serie di lavoratori della TV pubblica (dirigenti o loro assistenti che fossero).
Li insultava, li mazzerava, li spingeva al silenzio. Il tutto con argomenti di stupidità belluina – sono un’artista e dico quello che voglio – l’idea infantile di qualcuno che non ha idea di cosa sia la responsabilità un editore nazionale: e gli scandali, e le querele, e la mossa falsa che ti fa l’ospite pazzo che ti distrugge l’azienda e la carriere per sempre… lui, il Fedezzo, cosa ne sa? Nulla, pure nato nella Milano dei terruncielli (quei personaggi portati avanti nei primi Ottanta da Abatantuono al cinema e nei tanti teatri di cabaret: arte sublime che sta ad anni luce dalle musichette automatiche del Ferragno), egli ha dimenticato cosa è la vita fuori dal proprio privilegio.
E giù, a urlare al telefono, a favore di videoclip da dare in pasto ai social, frasi deliranti contro i malcapitati: chiede loro se hanno verificato se quanto intende dire è falso (!?) e sostiene che non essendoci bestemmie (perché dovrebbero esserci?!?) non dovrebbero in alcun modo doverlo censurare. Dice che si vergogna per loro: ma siccome poi lo fa lo stesso, non capiamo perché debba arrabbiarsi, se non per indicare al ludibrio nazionale chi sta dall’altra parte del telefono e la RAI tutta (cioè, il piatto dove sta mangiando).
Sentire questo personaggio berciare a vuoto di «diritti civili» nel momento che tutti i nostri diritti costituzionali sono finiti giù per lo scarico, ci pone in uno stato di disperazione
Sentire questo personaggio berciare a vuoto di «diritti civili» nel momento che tutti i nostri diritti costituzionali sono finiti giù per lo scarico, ci pone in uno stato di disperazione. Davvero, la bassezza del ragionamento, la pochezza dell’esperienza professionale e della vita in generale, la cieca volontà di delazione (che sappiamo essere divenuta una virtù) ci lasciano basiti: anche perché tutta la politica penta-piddina e i loro scribi e influencer, da Mentana a Conte, hanno preso le difesa del divo che urla contro i lavoratori RAI.
Nessuno che si sia interrogato sul fatto che il video di maltrattamenti (stile reality alla Master chef, ci viene da dire) potrebbe essere stato solo una trovata per il semplice motivo che se vuoi davvero lanciarti in una cosa scandalosa al concerto sindacale del 1° maggio lo fai e basta. Ci sono esempi continui, come quello che ricorse alla blasfemia contro la Santa Eucarestia sostituendola con un preservativo (invece che di lavoro, da anni al mega-rave sindacale si parla di peni).
E poi c’è il modello supremo: Elio e le Storie Tese che nel 1991 improvvisano un pezzo lunghissimo che attacca l’intero arco della corruzione italiana facendo nomi e cognomi, compreso quello dei direttore della RAI Enrico Manca.
Lo ricordate? Il povero Vincenzo Mollica rimase lì con il cerino in mano.
Lo scandalo doveva essere, letteralmente, telefonato. Ci sono cascati tutti. Pazienza, a noi del resto di quel che accade in TV non importa davvero nulla: chi guarda Fedezzo crede ai TG e indossa la mascherina mentre guida in auto da solo. Non è il nostro pubblico, e ogni giorno che passa lo reputiamo sempre meno redimibile
Esattamente 30 anni fa, ieri, #1maggio1991, Elio e le Storie Tese, censurati sul palco del #concertoprimomaggio col famoso Ti Amo Ciarrapico.#concertone #Fedez #DDLZan pic.twitter.com/o5aePBFWAl
— Titti Troccoli (@tixxxtweety) May 2, 2021
No, lo scandalo doveva essere, letteralmente, telefonato. Ci sono cascati tutti. Pazienza, a noi del resto di quel che accade in TV non importa davvero nulla: chi guarda Fedezzo crede ai TG e indossa la mascherina mentre guida in auto da solo. Non è il nostro pubblico, e ogni giorno che passa lo reputiamo sempre meno redimibile.
Poi però è arrivata la parte di cui volevamo scrivervi: quella in cui il ragazzino ne ha davvero detta una giusta, anzi giustissima.
Sorvoliamo sui retroscena: ad esempio, la storia per cui il tizio sta lanciando una linea di smalto per trans (ma perché dovrebbero volere uno smalto diverso da quello delle donne? Non è che questo non abbia capito davvero una mazza del transessualismo? Mah)
Sorvoliamo sui retroscena: ad esempio, la storia per cui il tizio sta lanciando una linea di smalto per trans (ma perché dovrebbero volere uno smalto diverso da quello delle donne? Non è che questo non abbia capito davvero una mazza del transessualismo? Mah).
Sorvoliamo sulla presa di coscienza, che non sappiamo come le menti (?) progressiste abbiano esorcizzato da sé, che invece che parlare di lavoro si parli di omosessuali, e pure l’idea – che non capiamo come tollerabile per gli LGBT – che a difendere la categoria sia un etero che forse sotto i tatuaggi e bianco e viene pure da un mondo musicale, quello della musica dei neri americani, che in passato si è distinto per gravi e conclamate forme di omofobia.
Lo stesso problema di coscienza lo devono aver sentito i gay che a Milano guidano la moda. Sl contrario di quanto si possa pensare, essi, per lo meno quelli al comando e quelli sotto che vogliono prenderne il posto, sono veri tradizionalisti: l’arrivo della Ferragna, e la disruption che ha portato nella filiera (media, fotografi, sfilate, etc.) non sappiamo quanto sia loro piaciuta, e non sappiamo se piaccia il non raffinatissimo marito periferico, ora autoproclamatosi paladino dei loro diritti.
Sorvoliamo sui dettagli, per esempio i contenuti. Come abbiamo detto anche sopra, non è che possiamo pretendere che questo offra opere e pensieri di qualche spessore. Lui ha con probabilità degli «autori», una che gli dava mano sui social fu doxata dai giornali e da Dagospia.
Neanche loro sono esattamente sul pezzo: l’idea di fare Fedezzo vs. Salvini, nel momento il film del momento è Godzilla v. Kong, non era malaccio e stava funzionando (anche se l’ha già usata Saviano, e non è andata benissimo): loro però, invece che preparare un dossierino sul Capitano (i materiali glieli avrebbero portati volentieri anche certi partiti) tirano fuori le parole di un candidato ad un consiglio comunale in Emilia. Dire «pretestuoso» è davvero un eufemismo.
Occasione sprecata. Va così, non potete farci niente.
«L’antibortista, però, non si è accorto che il Vaticano ha investito più di 20 milioni di euro in un’azienda farmaceutica che produce la pillola del giorno dopo. Quindi, cari anti-abortisti, caro Pillon, avete perso troppo tempo a cercare il nemico fuori e non vi siete accorti che il nemico ce l’avevate in casa. Che brutta storia»
Poi il colpo di scena per il piccolo mondo catto-antico. Il «musicista» cita a sorpresa un personaggio minoritario del circuito pro-life – forse gli autori si sono convinti che l’opposizione al dl Zan sia tutta lì, tra questo e Pillon, onorevole leghista sorridente bersaglio del mondo gay (un altro onorevole che con le sue manovre, a nostro giudizio, ha fatto più danno che altro).
Tuttavia, nonostante la bassezza di contenuto visibile anche qui, è a questo punto che il Fedezzo inanella una verità sacrosanta:
«L’antibortista, però, non si è accorto che il Vaticano ha investito più di 20 milioni di euro in un’azienda farmaceutica che produce la pillola del giorno dopo. Quindi, cari anti-abortisti, caro Pillon, avete perso troppo tempo a cercare il nemico fuori e non vi siete accorti che il nemico ce l’avevate in casa. Che brutta storia».
Mamma mia quanta verità tutta in un colpo.
Renovatio 21 lo aveva scritto qualche giorno fa. Report lo aveva rivelato ad inizio settimana: sì, il Vaticano finanziava farmaceutiche che producono pillole della morte, farmaci che i documenti stessi della Chiesa ritengono non contraccettivi ma abortivi – quindi non solo intrinsecamente sbagliati ma anche assassini stragisti.
Signore e signori cattolici e pro-life, è proprio così: il nemico ce lo avete in casa.
Abbiamo aggiunto: la Conferenza Episcopale tedesca possedeva il 100% di un editore di libri erotici. E altri fondi del Vaticano hanno finanziato il film biografico sulle prodezze dell’omosessuale affitta-uteri Elton John, oltre che le aziende di quell’esempio di virtù cattolica che è l’ebreo Lapo Elkhan.
Ecco, a saperlo, avremo portato noi al Fedezzo, anzi ai suoi sperduti «autori», tutto questo materiale, e anche oltre.
Perché, signore e signori cattolici e pro-life, è proprio così: il nemico ce lo avete in casa.
Il nemico vaticano, che dite di voler servire, in realtà da anni serve il dio dei massacri e della perversione
Il nemico vaticano, che dite di voler servire, in realtà da anni serve il dio dei massacri e della perversione – perché, oltre agli scandali finanziari e farmaceutici, ci sono quelli sessuali che sono pronti ad eruttare in ogni momento, magari coinvolgendo anche il vertice, come il caso rivoltante della Casita de Dios, accaduto nell’Argentina di Bergoglio.
Il nemico vaticano vi sta usando, cari pro-life, anche in questa partitella con il mondo moderno: vuole l’accordo, il compromesso, e bisogna che il dissenso cattolici ingenui o genuini (quello che dopo una vita a seguire il catechismo non può credere che una cosa del genere possa succedere) venga messo dentro un recinto allettante, di modo che il manovratore possa stipulare i suoi accordi senza la pressione di questo orpello inutile che è il popolo – quello strano ente per il quale il fondatore della Chiesa sacrificò la sua vita umana.
Se non lo avete capito: CEI e Sacro Palazzo vogliono solo arrivare ad emendamento, quello per il quale sarà concesso di leggere ancora San Paolo in chiesa, magari in versione edulcorata, magari omettendo il Deuteronomio e anche la Genesi (c’è quella cosa di Sodoma…). Un compromesso, e poi via, si riparte.
Il nemico vaticano vi sta usando, cari pro-life, anche in questa partitella con il mondo moderno: vuole l’accordo, il compromesso
La faccenda è persino più triste di così: non solo, a differenza del Fedezzo, non vi rendete conto che la gerarchia vi ha già venduti, ma siete così sciocchi da non vedere che, as usual, quella dei diritti omosessuali è solo una mascherata, un diversivo, un’arma di distrazione di massa: vi tengono inchiodati a battervi il petto in questa cosa stupida che si chiama identità («io sono cattolico!» «io sono di destra!» «io sono per la famiglia!») mentre, sotto il naso, stanno ricombinando il DNA delle vostre cellule.
Sbraitate contro Fedezzo per la «libertà di parola», la «libertà di educazione», quando da sotto gli occhi vi hanno tolto la libertà di lavorare, muovervi, associarvi, parlare, mangiare, perfino respirare.
Sbraitate contro Fedezzo per la «libertà di parola», la «libertà di educazione», quando da sotto gli occhi vi hanno tolto la libertà di lavorare, muovervi, associarvi, parlare, mangiare, perfino respirare
Parlate di «libertà di espressione» quando vi hanno tolto la libertà perfino dentro al nucleo delle vostre cellule, dove per legge ora sarà iniettato mRNA alieno.
Il saggio indica la Luna, l’idiota guarda il dito, dice il proverbio cinese. Ebbene, state tutti guardando il dito, e lo capiamo pure perché ci hanno messo a puntarlo dei neon identitari irresistibili, cartelloni con personaggi improbabili, perfino il concertazzo sindacale dei lavoratori divenuto trans-comizio tamarrissimo.
E continuate pure a rimirarlo, questo dito. Mica vi vogliamo impedire l’intrattenimento, per povero che sia.
Parlate di «libertà di espressione» quando vi hanno tolto la libertà perfino dentro al nucleo delle vostre cellule, dove per legge ora sarà iniettato mRNA alieno
Solo poi non lamentatevi se riesce a prendervi per il culo perfino uno come il Fedezzo.
«Avete perso troppo tempo a cercare il nemico fuori e non vi siete accorti che il nemico ce l’avevate in casa. Che brutta storia». Tutto vero.
Il Fedezzo ci ha ragione!
Immagine di Greta via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0)
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Nuova serie gay sui militari americani: il Pentagono contro Netflix
Il Pentagono ha accusato Netflix di produrre «spazzatura woke» per una sua nuova serie incentrata su un marine gay. La serie ha debuttato durante la campagna del presidente Donald Trump e del Segretario alla Guerra Pete Hegseth per eliminare la «cultura woke» dall’esercito.
Kingsley Wilson, portavoce del dipartimento della Guerra, ha dichiarato a Entertainment Weekly che il Pentagono non appoggia «l’agenda ideologica» di Netflix. L’esercito americano «non scenderà a compromessi sui nostri standard, a differenza di Netflix, la cui leadership produce e fornisce costantemente spazzatura woke al proprio pubblico e ai bambini», ha detto Kingsley, sottolineando che il Pentagono si concentra sul «ripristino dell’etica del guerriero».
«I nostri standard generali sono elitari, uniformi e neutrali rispetto al sesso, perché al peso di uno zaino o di un essere umano non importa se sei un uomo, una donna, gay o eterosessuale», ha aggiunto la portavoce.
Lo Hegseth ha introdotto nuovi requisiti fisici «di livello maschile» per affrontare situazioni di «vita o morte» in battaglia, affermando: «Gli standard devono essere uniformi, neutri rispetto al genere ed elevati. Altrimenti, non sono standard» criticando approcci alternativi che «fanno uccidere i nostri figli e le nostre figlie». A febbraio, il Segretario alla Guerra ha definito il motto «la diversità è la nostra forza» come il «più stupido» nella storia militare.
Il Pentagono lotta da anni con carenze di reclutamento, registrando nel 2023 un deficit di 15.000 unità, il peggiore dalla fine della leva obbligatoria nel 1973. I repubblicani attribuiscono il problema all’eccessiva enfasi sulla diversità a scapito della preparazione militare, come evidenziato da un rapporto del 2021 che criticava la Marina per aver prioritizzato la «consapevolezza» rispetto alla vittoria in guerra.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Da Nasser a Sting e i Police: il mistero di Miles Copeland, musicista e spia della CIA
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Amazon Prime Video rimuove tutte le armi e le Bond Girls dai poster dei film di 007. Poi ci ripensa
La piattaforma streaming di Amazon Prime Video ha recentemente rimosso tutte le armi e le Bond girl dalle locandine dei film di James Bond. Poi nelle ultime ore, sembra aver ripristinato la versione originale.
L’amata serie di pellicole di spionaggio 007, dove le pistole giuocavano un ruolo grafico sin dalle locandine, si trova ancora sotto il tallone della cultura woke, e quindi della censura e dell’orwelliana cancellazione della storia.
È ridicolo, e antistorico, vedere il comandante Bond a braccia conserte senza la sua arma (che è variata, dagli anni, da una Walther PPK a una Beretta forse di modello 418 o 950) impugnata disinvoltamente – un elemento che è parte fondamentale dello stesso personaggio, elegante e pericoloso, come il mondo in cui la spy-story promette di immergere lo spettatore.
Amazon had digitally removed all of the guns from James Bond movie art.
Next … they will probably eliminate any scenes from the movies with guns.
Ridiculous. pic.twitter.com/PdMgKIKY2e
— Wall Street Mav (@WallStreetMav) October 3, 2025
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In particolare, tutte le armi sembravano essere state rimosse da immagini già note, tra cui un ritratto di Sean Connery con una pistola Walther PPK tra le braccia incrociate, utilizzato come foto pubblicitaria per la pellicola Dr. No e ora esposto alla National Portrait Gallery di Londra. Un poster teaser ampiamente visto per il film Spectre con Daniel Craig è stato apparentemente modificato per eliminare la pistola che tiene al fianco (sebbene la fondina ascellare indossata da Craig sia ancora visibile).
Un ritocco simile sembrava essere stato effettuato su un’immagine pubblicitaria di Roger Moore in Agente 007 Vivi e lascia morire, in cui Moore impugna una .44 Magnum, un allontanamento dalla tradizione di Bond di pistole relativamente piccole.
Le immagini modificate digitalmente dei poster originali dei film sono un insulto agli artisti che le hanno create e ai fan che le hanno guardate negli ultimi 63 anni – oltre che all’idea stessa che sta alla base del racconto di James Bond.
Notice in these Amazon #JamesBond digital posters they’ve removed all the guns and given awkward poses?
Welcome to a world where promoting James Bond 007 needs to be done without his sidearm. pic.twitter.com/3NGkxXShcn
— Chris (@GelNerd) October 2, 2025
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L’establishment progressista cerca di cancellare le armi dall’immaginario cinematografico classico, mentre il transgenderismo e i temi satanici vengono promossi in film e cartoni pensati per bambini.
Notizia delle ultime ore, Amazon si averci ripensato: dopo il pubblico clamore, le pistole sono tornate sulle locandine.
La mossa era arrivata dopo che Amazon ha acquisito i diritti del film acquistando gli studi MGM per un miliardo di dollari all’inizio di quest’anno e si appresta a lanciare un nuovo film diretto da Denis Villeneuve (il regista di The Arrival, Blade Runner 2049, e del recente, noiosissimo, Dune), scritto e diretto da Steven Knight, il cui nuovo attore di Bond deve ancora essere annunciato.
In passato si è speculato sull’arrivo di un Bond negro (si è fatto il nome del divo anglo-nigeriano Idris Elba) o di una Bonda. In realtà, una potente anticipazione era nell’ultimo film No Time to Die con Daniel Craig – la cui scelta come protagonista della serie, una ventina di anni fa, fu contestata da un gruppo di fan: è biondo – dove saltava fuori una agente MI6 nera e statuaria (tipo Grace Jones, per intenderci), seduttiva e letale anche più del Bond stesso.
No Time to Die sconvolse gli aficionados perché mostrava un atto incomprensibile per chi conosce la saga: la morte di James Bond, un fatto narratologicamente, archetipicamente inconcepibile, in quanto il tema profondo della serie è, senza dubbio alcuno, il mito dell’eroe invincibile.
La castrazione del carattere di 007 era presente nei film dell’era Craig anche in precedenza: il filosofo ratzingeriano coreano Byung-chul Han nel suo saggio La società della stanchezza indicava la stranezza di vedere in Skyfall (2012) un James Bond affaticato e depresso, con traumi psicanalitici che riemergono.
Il codice «007» è in realtà un riferimento preciso che il romanziere (e vero agente segreto) britannico Ian Fleming faceva agli intrecci tra l’occultismo e la storia di Albione, in particolare nel momento in cui Londra si separò dalla Chiesa cattolica e cioè dall’Europa.
Il primo «oo7» fu infatti John Dee (1527-1608), matematico, geografo, alchimista, astrologo, astronomo ed occultista inglese che organizzo i servizi segreti britannici nella sua visione di un nuovo mondo fatto di colonie dell’«Impero britannico», un’espressione che alcuni dicono sia stata coniata proprio da lui stesso.
Nei messaggi cifrati riservati alla regina Elisabetta I Dee apponeva la sigla «007» in cui gli zeri erano due occhi, il sette un numero fortunato.
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