Internet
Facebook etichetta lo scoop di Hersh sul Nord Stream come «falsa informazione»

Facebook avrebbe apposto agli articoli del giornalista investigativo statunitense premio Pulitzer Seymour Hersh l’etichetta «falsa informazione».
Come noto, secondo documentati articoli-rivelazione di Hersh vi sarebbe stato un coinvolgimento della Casa Bianca nel sabotaggio degli oleodotti Nord Stream. Più di recente, Hersh ha scritto di presunti furti di aiuti statunitensi da parte dei gerarchi del regime Kiev.
Il colosso dei social media afferma che il fact-checking da parte di testate connesse a Norvegia e Ucraina giustifica l’uso dell’etichetta censoria.
Si tratterebbe quindi di un palese conflitto di interessi, visto che Hersh aveva affermato a febbraio che il sabotaggio dello scorso anno dei gasdotti Nord Stream, costruiti per trasportare il gas dalla Russia alla Germania, era stato ordinato dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden ed eseguito da un team congiunto USA-Norvegia. (Entrambi i Paesi hanno negato ogni responsabilità).
L’articolo di Hersh sul sabotaggio del gasdotto, che ha pubblicato sulla piattaforma Substack, è ora contrassegnato come «falsa informazione» da Facebook, ha osservato giovedì il giornalista Michael Shellenberger.
Facebook utilizza terze parti, che considera «fact-checkers», verificatori di fatti indipendenti, per prendere decisioni sull’opportunità di avvisare gli utenti del contenuto dei collegamenti pubblicati sulla piattaforma.
There is a big debate over who blew up the Nord Stream pipeline. Instead of allowing the debate, Facebook has decided to take a side. It is censoring Pulitzer-winning journalist Seymour Hersh. And instead of explaining, Facebook sends readers to an article in Norwegian. Watch pic.twitter.com/nN18HovBPR
— Michael Shellenberger (@shellenberger) April 19, 2023
Le affermazioni di Hersh sono contestate, tuttavia Facebook «ha deciso di schierarsi» e sta «censurando» il giornalista premio Pulitzer, ha affermato Shellenberger, già coinvolto nei cosiddetti Twitter Files che mostrano il livello di censura e penetrazione nei social da parte di agenzie statali e perfino di Intelligence.
Il fact-checker in questo caso è stato l’emittente pubblica norvegese NRK. Il 14 marzo, l’organizzazione ha ristampato un articolo di Faktisk.no, un osservatorio dei media che annovera NRK tra i suoi partner, che aveva affermato che, sulla base di dati open source, Hersh si era sbagliato sul presunto coinvolgimento delle navi della Marina norvegese nel sabotaggio del Nord Stream.
«Che Hersh abbia torto o ragione, i suoi articoli dovrebbero essere dibattuti pubblicamente, non censurati», ha insistito lo Shellenberger. «Le azioni di Facebook sono antitetiche alla tradizione americana di dibattito libero e aperto e al suo rifiuto della censura segreta e autoritaria».
«Hersh è infinitamente più indipendente del fact-checker norvegese di Facebook. L’organizzazione di factchecking è una partnership con una società di media di proprietà del governo norvegese, NRK, che ha un interesse personale diretto nel censurare la storia» puntualizza il giornalista americano.
«Il popolo americano ha concesso a Facebook ampie protezioni di responsabilità ai sensi della Sezione 230 che altre società di media non ottengono» scrive Shellenberg, citando la normativa che permette alle piattaforme online di non essere perseguibili per ciò che gli utenti vi postano sopra. «Eppure Facebook si comporta come una media company, non come una piattaforma. Pertanto, Facebook sta mettendo a rischio la sua protezione della Sezione 230. E censurare Hersh può solo attirare più attenzione su di esso».
Hersh ha da poco pubblicato un altro articolo-bomba la scorsa settimana in cui affermava che l’Intelligence statunitense era a conoscenza dell’appropriazione indebita su larga scala del denaro degli aiuti americani da parte della leadership ucraina. Allo stesso modo, Facebook lo ha etichettato «falso», citando l’opinione di StopFake.org, un organo di controllo dei media con sede in Ucraina e finanziato dall’Occidente, creato per combattere la «disinformazione russa».
StopFake contesta le accuse di Hersh perché Substack è una piattaforma di autopubblicazione, piuttosto che una testata tradizionale. Il Fact-checker fa poi riferimento a dichiarazioni di funzionari statunitensi, che hanno affermato di non aver visto prove di aiuti americani dirottati in Ucraina. Se le accuse di Hersh fossero vere, la corruzione «sarebbe nota ai revisori dei conti americani e avrebbe avuto un impatto negativo sull’assistenza all’Ucraina». Il livello degli argomenti è questo.
Hersh ha paragonato la situazione in Ucraina a quanto accaduto in Afghanistan durante i due decenni di presenza militare statunitense. I rapporti degli ispettori americani hanno messo in luce la corruzione dilagante anno dopo anno, ma ciò non sembra aver influito in modo significativo sulla spesa statunitense per gli sforzi di «ricostruzione».
In Italia lo scoop sul sabotaggio del Nord Stream pubblicato da Hersh – decano del giornalismo investigativo con una carriera di decenni di rivelazioni clamorose che gli sono valse i massimi premi – era passato ovviamente per i fact-checker nostrani di Open, sito creato dall’ex dirigente della Federazione Giovanile Socialista Italiana Enrico Mentana.
Quivi compare un pezzo di David Puente che bolla l’articolo del Premio Pulitzer come «Teoria del complotto», sostenendo che «Seymour Hersh basa la sua argomentazione su un’unica fonte anonima» e che «gli stessi dettagli smentiscono la narrazione», senza contare che «Hersh pubblica il suo articolo su una piattaforma gratuita e senza alcun controllo, soprattutto editoriale. Un editore avrebbe richiesto più informazioni di quelle raccontate nell’articolo per corroborare la tesi e passare alla pubblicazione. Ciò non è avvenuto». Insomma, a Hersh manca una supervisione, magari quella di Open, di Puente, o del Mentana.
In fondo all’articolo di Open una segnalazione in corsivo: «questo articolo contribuisce a un progetto di Facebook per combattere le notizie false e la disinformazione nelle sue piattaforme social». Dal 12 ottobre 2021 Open è infatti partner di Facebook nella lotta alla «disinformazione», entrando nel suo network mondiale di fact-checkers.
Come riportato da Renovatio 21, il Puente aveva fatto aveva fatto un fact-checking ad una notizia, poi risultata falsa, pubblicata dal suo stesso sito riguardo le code chilometriche di persone in fuga dalla Russia verso la Finlandia.
Immagine di Institute for Policy Studies via Wikimedia pubblicato su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0); immagine modificata
Cina
La Cina presenta il primo chip 6G al mondo

I ricercatori cinesi hanno presentato il primo chip 6G al mondo, in grado di aumentare la velocità di connessione nelle aree remote fino a 5.000 volte rispetto al livello attuale. Lo riporta il giornale di Hong Kong South China Morning Post (SCMP).
La tecnologia 6G si prevede possa ridurre il divario digitale tra aree rurali e urbane. Sviluppato da ricercatori dell’Università di Pechino e della City University di Hong Kong, il chip 6G «all-frequency» potrebbe offrire velocità internet mobile oltre i 100 gigabit al secondo su tutto lo spettro wireless, incluse le frequenze usate nelle zone remote, rendendo l’accesso a internet ad alta velocità più disponibile nelle regioni meno connesse e permettendo, ad esempio, di scaricare un film 8K da 50 GB in pochi secondi.
Tuttavia, le tecnologie 5G e 6G suscitano preoccupazioni. Critiche riguardano i possibili rischi per la salute dovuti alle radiazioni elettromagnetiche, soprattutto con le alte frequenze del 6G, oltre a vulnerabilità agli attacchi informatici a causa dell’aumento dei dispositivi connessi. L’espansione delle infrastrutture potrebbe inoltre avere un impatto ambientale e accentuare le disuguaglianze, lasciando indietro le aree rurali. Si temono anche un incremento della sorveglianza e problemi legati alla privacy dei dati con l’aumento della connettività.
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Le tecnologie wireless come il 5G operano su gamme di frequenza limitate. Il nuovo chip 6G, invece, copre l’intero spettro (da 0,5 GHz a 115 GHz) in un design compatto di 11 mm x 1,7 mm, eliminando la necessità di più sistemi per gestire diverse frequenze. Questo permette al chip di funzionare in modo efficiente su bande sia basse che alte, supportando applicazioni ad alta intensità e migliorando la copertura in aree rurali o remote.
«Le bande ad alta frequenza come le onde millimetriche e i terahertz offrono una larghezza di banda estremamente ampia e una latenza estremamente bassa, rendendole adatte ad applicazioni come la realtà virtuale e le procedure chirurgiche», ha dichiarato al China Science Daily il professor Wang Xingjun dell’Università di Pechino.
I ricercatori stanno sviluppando moduli plug-and-play per diversi dispositivi, come smartphone e droni, che potrebbero facilitare l’integrazione del nuovo chip nelle tecnologie di uso quotidiano.
La Cina pare accelerare per una primazia tecnologica non solo nelle telecomunicazioni – con il caso di Huawei, e relativi incidenti diplomatici internazionali, e sospetti anche in Italia – ma in genere nel settore tecnologico, dove si assiste ai consistenti sforzi per l’IA, visibili nell’ascesa di DeepSeek, un’Intelligenza Artificiale realizzata nel Dragone che non abbisogna di chip particolarmente performanti.
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Internet
Metriche pubblicitarie di e-commerce artificialmente gonfiate, afferma un ex dipendente Meta

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Intelligenza Artificiale
Facebook spenderà milioni per sostenere i candidati pro-IA

Il colosso tecnologico Meta-Facebook lancerà un super-PAC incentrato sulla California per sostenere i candidati a livello statale favorevoli a una regolamentazione tecnologica più flessibile, in particolare per quanto riguarda l’intelligenza artificiale.
Un Super PAC è un comitato politico indipendente che può raccogliere e spendere fondi illimitati da individui, aziende e sindacati per sostenere o contrastare i candidati. Non può coordinarsi direttamente con campagne o partiti ed è stato creato dopo le sentenze dei tribunali statunitensi del 2010 che hanno allentato le regole sul finanziamento delle campagne elettorali.
Secondo quanto riferito dalla stampa americano, il gruppo, denominato Mobilizing Economic Transformation Across California, sosterrà i candidati dei partiti democratico e repubblicano che danno priorità all’innovazione dell’intelligenza artificiale rispetto a regole severe.
Secondo la testata Politico, la società madre di Facebook e Instagram prevede di spendere decine di milioni di dollari tramite il PAC, il che potrebbe renderla uno dei maggiori investitori politici dello Stato in vista delle elezioni a governatore del 2026.
L’iniziativa è in linea con l’impegno più ampio di Meta per salvaguardare lo status della California come polo tecnologico, nonostante le preoccupazioni che una supervisione rigorosa possa soffocare l’innovazione.
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«Il contesto normativo di Sacramento potrebbe soffocare l’innovazione, bloccare il progresso dell’Intelligenza Artificiale e mettere a rischio la leadership tecnologica della California», ha affermato Brian Rice, vicepresidente per le politiche pubbliche di Meta. Rice guiderà il PAC insieme a Greg Maurer, un altro dirigente addetto alle politiche pubbliche, in qualità di dirigenti principali, secondo un portavoce dell’azienda.
La California è uno degli Stati più attivi nel promuovere la regolamentazione dell’Intelligenza Artificiale e dei social media, con i funzionari pronti a decidere sulle norme in materia di sicurezza, trasparenza e tutela dei consumatori che potrebbero avere ripercussioni sui prodotti delle aziende tecnologiche.
Questa mossa rispecchia gli sforzi di altri colossi della tecnologia. Aziende come Uber e Airbnb hanno utilizzato strategie politiche basate sui grandi donatori per influenzare le politiche in California.
Questa primavera, Meta ha anche speso oltre 518.000 dollari in attività di lobbying a livello statale per contestare la legislazione sulla sicurezza dell’intelligenza artificiale, che imporrebbe standard di sicurezza e trasparenza sui grandi modelli di intelligenza artificiale.
Il nuovo super-PAC di Meta si unisce a una crescente ondata di impegno politico nel settore tecnologico. La rete rivale Leading the Future, sostenuta da Andreessen Horowitz (venture capitalist ora attivo nell’amministrazione Trump) e dal presidente di OpenAI Greg Brockman, ne è un esempio e mira a promuovere politiche pro-IA con oltre 100 milioni di dollari di finanziamenti.
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