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Geopolitica

Ex consigliere capo britannico: l’Ucraina è uno «Stato mafioso corrotto»

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L’ex consigliere capo di Downing Street Dominic Cummings afferma che l’Ucraina è uno «Stato mafioso corrotto» e che l’Occidente «non avrebbe mai dovuto entrare in tutta questa stupida situazione».

 

Cummings, stratega politico conservatore di lungo corso, ha fatto questi commenti mentre svelava i piani per un nuovo «Partito Start-Up» che mira a sostituire i conservatori.

 

Il Cummings è noto per essere il principale architetto della Brexit. Il suo ruolo centrale nella campagna Vote Leave che ha portato il Regno Unito fuori dalla UE è stato rappresentato anche nel film Brexit: The Uncivil War (2019), dove è interpretato dall’attore inglese Benedict Cumberbatch. È stato uno dei consiglieri chiavi del premier Boris Johnson fino alle sue dimissioni nel novembre 2020.

 

L’ex consigliere del Johnson si è chiesto perché il governo fosse così pedissequamente impegnato a sostenere l’Ucraina. «Questo non è un replay del 1940 con lo squallido Zelens’kyj nei panni dello sfavorito churchilliano», ha affermato.

 

«Tutto questo Stato mafioso corrotto ucraino ci ha praticamente truffati tutti e di conseguenza verremo tutti fregati. Stiamo venendo fregati adesso, vero?» ha dichiarato, per poi arrivare ad offendere volgarmente il Paese europeo orientale parlando di «corrupt shithole that doesn’t matter at all», ossia un «posto di m***a che non conta per niente».

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Secondo l’ex consigliere del primo ministro, le sanzioni occidentali sono state «più un disastro» per l’UE che per la Russia, facendo aumentare il costo della vita e avvicinando Mosca e Pechino. Tutto ciò che l’Occidente è riuscito a fare è stato entrare in una guerra di logoramento con la Russia, «che abbiamo spinto ad allearsi con la più grande potenza manifatturiera del mondo».

 

Tra il regime delle sanzioni e il tentativo degli Stati Uniti di impossessarsi dei beni russi congelati, l’Occidente sta incoraggiando l’emergere di sistemi finanziari globali alternativi, ha spiegato.

 

Cummings ha quindi affrontato la questione secondo cui il presidente russo Vladimir Putin aveva bisogno di «imparare una lezione» sull’invasione dei vicini.

 

«La lezione che abbiamo insegnato a Putin è che siamo un gruppo di fottuti burloni», ha detto. «Voglio dire, Putin lo sapeva già prima della guerra. Ma questo ha sottolineato e fatto capire al mondo intero che razza di pagliacci siamo… Questo non insegna a Putin alcuna lezione, solo che siamo degli idioti».

 

Il Cummings ha criticato Johnson – con il quale non parla più – per aver utilizzato il conflitto ucraino per «mettere in atto le sue fantasie churchilliane», così come il Parlamento, che «ha ingoiato tutte le sue stronzate sull’Ucraina e in realtà ha preso sul serio».

 

Come riportato da Renovatio 21, molteplici testimonianze uscite in questi anni indicano che il Johnson è stata la figura chiave che ha convinto Kiev a respingere un accordo di pace con la Russia nell’aprile 2022.

 

Putin aveva mostrato l’accordo di pace firmato e poi mollato dall’Ucraina dopo la visita dell’inglese durante un meeting con politici africani a San Pietroburgo lo scorso anno. Il presidente russo ha raccontato anche che la colonna di carri armati lunga decine di chilometri che stazionava fuori da Kiev nel marzo 2022 fu ritirata su richiesta di Kiev per andare al tavolo della pace.

 

Il biondo ex premier britannico ha negato il suo ruolo nel far naufragare i colloqui, definendo il resoconto «totale assurdità e propaganda russa». Tuttavia, ha confermato di aver detto a Zelens’kyj che il Regno Unito lo avrebbe sostenuto «al mille per cento» e che qualsiasi accordo con Mosca sarebbe negativo.

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Immagine screenshot da YouTube.

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Geopolitica

Il Cremlino accusa Kiev di bloccare i colloqui di pace

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Le autorità ucraine non hanno dimostrato alcuna intenzione di proseguire il dialogo con la Russia, nonostante gli accordi raggiunti a Istanbul per istituire gruppi di lavoro, ha dichiarato lunedì il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov.   «Nell’ultimo incontro a Istanbul, le delegazioni hanno proposto la creazione di gruppi di lavoro per affrontare tutte le questioni chiave. Ora c’è una pausa, dovuta alla riluttanza del regime di Kiev a continuare il dialogo», ha affermato Peskov durante una conferenza stampa.   Rispondendo a una domanda dei giornalisti sul presidente bielorusso Alexander Lukashenko, che la settimana precedente aveva espresso il desiderio di parlare con il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj, Peskov ha riportato le parole di Lukashenko: «Vladimir Alexandrovich [Zelens’kyj] deve calmarsi: c’è una buona proposta sul tavolo», senza specificare i dettagli, ma aggiungendo che la proposta era stata discussa con il presidente russo Vladimir Putin.   I negoziati diretti tra Mosca e Kiev sono ripresi in Turchia all’inizio dell’anno. Tre round di colloqui, l’ultimo a luglio, non hanno portato a progressi significativi, ma hanno permesso alcuni avanzamenti su questioni umanitarie. Russia e Ucraina hanno condotto diversi scambi di prigionieri di rilievo e si sono scambiate le salme dei soldati caduti.   Mosca ha ripetutamente dichiarato di essere aperta a una soluzione pacifica in qualsiasi momento, ma sottolinea che ogni accordo deve affrontare le cause profonde del conflitto e rispettare la realtà sul campo, incluso lo status degli ex territori ucraini che si sono uniti alla Russia dopo referendum.   Kiev, invece, chiede un cessate il fuoco completo e incondizionato, garanzie di sicurezza e il riconoscimento delle proprie rivendicazioni territoriali come parte di qualsiasi negoziato.

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  Immagine di Andrew Shiva Godot13 via Wikimedia pubblicata su licenza CC BY-SA 4.0  
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Geopolitica

Netanyahu annuncia un’amnistia per Hamas

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Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si è detto disposto a offrire l’amnistia ad Hamas se il gruppo militante palestinese libererà gli ostaggi ancora detenuti e abbandonerà Gaza. Questa posizione rappresenta un cambiamento rispetto alla sua precedente linea dura, che prevedeva la fine della guerra solo con la totale distruzione di Hamas, inclusa la sua leadership.

 

In un’intervista a Fox News di domenica, Netanyahu sembra aver confermato i dettagli di un piano di pace proposto dal presidente statunitense Donald Trump, suggerendo che ai membri di Hamas potrebbe essere garantita l’immunità.

 

«Se i leader di Hamas, per esempio, venissero scortati fuori dal Paese e ponessero fine alla guerra rilasciando tutti gli ostaggi, li lasceremmo andare», ha dichiarato. «Credo che questo faccia parte del piano, ma non voglio anticipare nulla, poiché ne stiamo discutendo proprio ora».

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Secondo il piano di Trump, riportato dal Times of Israel, ai leader di Hamas sarebbe concesso un passaggio sicuro fuori da Gaza a condizione che i 48 ostaggi rimanenti vengano liberati entro 48 ore dall’accettazione pubblica da parte di Israele. In cambio, Israele rilascerebbe centinaia di prigionieri palestinesi condannati all’ergastolo, oltre 1.000 cittadini di Gaza detenuti dall’inizio del conflitto e i resti di diverse centinaia di palestinesi uccisi durante la guerra.

 

Il piano prevede inoltre che i membri di Hamas che si impegnino per una «coesistenza pacifica» ricevano l’amnistia, mentre chi sceglie di lasciare Gaza avrebbe diritto a un passaggio sicuro verso paesi terzi.

 

Tra le altre disposizioni del piano in 21 punti vi sono la consegna immediata di aiuti umanitari e l’impegno di Israele a non attaccare ulteriormente il Qatar. Netanyahu ha detto che discuterà questa clausola con l’amministrazione Trump, senza chiarire se Israele intenda rispettarla.

 

Le dichiarazioni di Netanyahu giungono nel contesto dei continui bombardamenti israeliani su Gaza. La sua offensiva terrestre a Gaza City ha distrutto interi quartieri, spingendo centinaia di migliaia di palestinesi a rifugiarsi in campi di tende, un’operazione che, secondo Netanyahu, punta a eliminare Hamas.

 

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr

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Droga

Gli Stati Uniti stanno preparando le opzioni per gli attacchi al narcotraffico in Venezuela

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Gli Stati Uniti stanno valutando opzioni per colpire presunti trafficanti di droga in Venezuela. Lo riporta la NBC, che cita funzionari americani anonimi.   Nelle ultime settimane, Washington ha affondato almeno tre imbarcazioni che, a suo avviso, trasportavano droga al largo delle coste venezuelane, causando la morte di almeno 17 persone. Il presidente venezuelano Nicolás Maduro ha smentito qualsiasi coinvolgimento nel traffico di droga, definendo gli attacchi un tentativo degli Stati Uniti di destabilizzarlo.   Secondo l’emittente TV statunitense, un possibile attacco al Venezuela potrebbe avvenire «nelle prossime settimane», ma le fonti sottolineano che il presidente Donald Trump non ha ancora dato il via libera.

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I funzionari hanno indicato che le opzioni in discussione includono principalmente attacchi con droni contro laboratori di droga e membri o leader di gruppi di trafficanti.   Alcuni membri dell’amministrazione Trump, delusi dal fatto che l’invio di navi da guerra e aerei nei Caraibi e gli attacchi alle imbarcazioni non abbiano indebolito il potere di Maduro né provocato reazioni significative, starebbero spingendo per un’escalation, secondo una delle fonti.   Un alto funzionario dell’amministrazione ha dichiarato alla NBC che Trump è «pronto a utilizzare ogni strumento del potere americano per fermare l’afflusso di droga nel nostro Paese e assicurare i responsabili alla giustizia».   Parallelamente, Stati Uniti e Venezuela avrebbero avviato colloqui tramite intermediari mediorientali non specificati, con Maduro che avrebbe offerto concessioni a Trump per ridurre le tensioni, secondo una fonte.   Nel suo discorso di venerdì all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il ministro degli Esteri venezuelano Yván Gil Pinto ha condannato gli Stati Uniti per la «minaccia militare illegale e immorale» che grava sul Venezuela.   Gil Pinto ha ribadito che Caracas resisterà a quella che ha definito un’«aggressione imperialista» e ha chiesto il sostegno della comunità internazionale, dichiarando: «il Venezuela non si piegherà a pressioni o minacce. Resteremo fermi nel difendere la nostra sovranità e il nostro diritto a vivere in pace, senza interferenze straniere».   Come riportato da Renovatio 21, in settimana Trump aveva dichiarato di valutare l’ipotesi di attacchi in Venezuela e aveva minacciato di abbatterne gli aerei, colpendo poi con droni delle imbarcazioni negli scorsi giorni.   Trump ha insistito nell’inquadrare la presenza militare statunitense vicino al Venezuela come parte di una stretta sul traffico di droga. «Miliardi di dollari di droga stanno affluendo nel nostro Paese dal Venezuela. Le prigioni venezuelane sono state aperte al nostro Paese», ha dichiarato Trump, aggiungendo che le forze statunitensi avrebbero preso di mira le imbarcazioni sospettate di trasportare stupefacenti.   Ad agosto, gli Stati Uniti hanno annunciato una ricompensa di 50 milioni di dollari per qualsiasi informazione che porti all’arresto di Maduro, definito «uno dei più grandi narcotrafficanti del mondo».

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La Casa Bianca accusa da tempo Maduro di guidare una rete di narcotrafficanti nota come «Cartel de los Soles», sebbene non vi siano prove schiaccianti o prove concrete che lo dimostrino, tuttavia lo scorso anno gli USA sono arrivati a sequestrare un aereo presumibilmente utilizzato dal presidente di Caracas. È stato anche accusato di aver trasformato l’immigrazione in un’arma.
Il presidente venezuelano ha respinto le accuse, affermando che il suo Paese è «libero dalla produzione di foglie di coca e di cocaina» e sta lottando contro il traffico di droga.   Come riportato da Renovatio 21, gli sviluppi recenti si inseriscono nel contesto delle annunciate operazioni cinetiche programmate dal presidente americano contro il narcotraffico. Ad inizio mandato era trapelata l’ipotesi di un utilizzo delle forze speciali contro i narcocartelli messicani. La prospettiva, respinta dal presidente messicano Claudia Sheinbaum, ha scatenato una rissa al Senato di Città del Messico la scorsa settimana.

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  Immagine di pubblico dominio CCO via Wikimedia  
   
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