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Ambiente

Estendere l’emergenza al clima. Il COVID è solo l’antipasto

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Come Renovatio 21 ha già  indicato (articolo «I “Germ Games” bioterroristici di Bill Gates») ci sono tutti gli indizi per sospettare che siano previste altre pandemie, con ben altri patogeni; questo permetterebbe alle élites sovversive di prolungare ulteriormente la sospensione dell’ordine socio-economico  inflittaci dal 2020.

 

Per coloro che hanno seguito le vicende del  recente G20 di Roma e la conferenza sul clima di Glasgow (United Nations Climate Change Conference) è chiaro che si stia andando verso un cambio di passo sul tema dell’ambiente, tema decennale che sta subendo una prepotente accelerazione.

 

Il segnale più evidente di questo cambio di passo è dato dal commitment («impegno») dichiarato dai leader occidentali: lo slogan più ripetuto è  «non c’è più tempo». Non si tratta di un semplice cambio di toni retorico; abbiamo a che fare con prese di posizione pubbliche che risultano vincolanti per chi le fa. Risultano vincolanti soprattutto davanti all’opinione pubblica.

 

D’altra parte, a questo va aggiunto che le stesse élites hanno creato la dialettica per rendere a loro volta le aspettative dell’opinione pubblica vincolanti rispetto all’agenda dell’emergenza climatica, quasi a segnare un punto di non ritorno.

 

Questa operazione di agenda setting e programmazione dell’opinione pubblica è stata gestita attraverso il rilancio deil movimento dei giovani impegnati contro il cambiamento climatico, un movimento rappresentato dall’icona creata a tavolino Greta Thunberg, la quale nelle scorse  settimane è stata  nuovamente invitata dalle élites per farsi accusare di  «bla bla bla» dalla fanciullina nordica.

 

Quella che ad un primo sguardo potrebbe sembrare la solita farsa degna dello spirito dei tempi (dove una ragazzina insolente si rivolge ai capi di Stato come se fossero i suoi cugini), ha una logica politica ben precisa: quando il potere invita un ospite per farsi accusare di «bla bla bla» sta creando agli occhi dell’opinione pubblica una sfida a cui non può più sottrarsi. In altre parole, sta predisponendo la dialettica che intende usare per  condurre hegelianamente l’operazione di sintesi.

 

E in che cosa consisterebbe questa operazione di sintesi?

 

Miliardi di persone sono state «rieducate»a vivere in uno stato di emergenza sanitaria perenne cedendo libertà personali e costituzionali; niente ora potrebbe essere più naturale dell’introduzione delll’emergenza climatica

È fin troppo scontato sospettarlo: miliardi di persone sono state «rieducate»a vivere in uno stato di emergenza sanitaria perenne cedendo libertà personali e costituzionali; niente ora potrebbe essere più naturale dell’introduzione delll’emergenza climatica.

 

Miliardi di persone sono già state addomesticate a prassi  eccezionali (stato di eccezione), adesso ci sono tutte le condizioni per traghettarle nella prossima emergenza; quella climatica pare essere alle porte.

 

Purtroppo non si tratta di ipotesi, perché il piano inizia già a prendere forma tangibile.

 

Dal Corriere dell’11 novembre apprendiamo che l’attivista Greta Thunberg ha avviato una petizione affinché l’ONU dichiari un’emergenza come il COVID.

 

Se abbiamo capito la musica, così come chi reputa eccessivo lo stato di emergenza sanitaria è catalogato come un «negazionista» del COVID, chi rifiuterà la proposta della Greta sarà un negazionista climatico. L’etichetta è bella che pronta.

«La minaccia del surriscaldamento terrestre va affrontata con la stessa serietà e urgenza di quella del COVID: perché è altrettanto grave per l’umanità, se non peggio. È il messaggio rivolto ieri ai vertici dell’ONU, in forma di petizione legale da Greta Thunberg e altri giovani attivisti: delusi dai risultati anticipati in queste ore nella prima bozza di documento finale della Cop26 a un paio di giorni dalla conclusione. Greta ha presentato una petizione al segretario generale António Guterres in cui si chiede che le Nazioni Unite dichiarino una “emergenza globale di livello 3”, il livello più alto disponibile».

 

«Tra i 14 promotori originari della petizione, oltre a Greta Thunberg, figurano militanti della battaglia contro il cambiamento climatico di tutti i continenti, come Ranton Anjain e Litokne Kabua, delle Isole Marshall (che rischiano di finire sommerse), Ridhima Pandey (India), Alexandria Villaseñor (Usa), e Ayakha Melithafa (Sudafrica). L’emergenza climatica, che minaccia ogni persona sul pianeta in un futuro prevedibile, è grave almeno quanto la pandemia globale. Per questo richiede un’urgente azione internazionale analoga».  (Agenzia ANSA, 10 novembre)



La traiettoria è tracciata; milioni di giovani in tutto il mondo chiederanno all’ONU e ai rispettivi governi di proclamare lo stato di emergenza per il loro bene e per il bene del pianeta.

 

Senza scomodare l’anticristo di Soloviev, saranno le stesse masse a consegnarsi spontaneamente al potere prevaricatore globale, in cambio di benessere e sicurezza.

E,  dato che su tutta la stampa mainstream non si fa altro che strillare «non c’è più tempo», questo non può che rappresentare l’appello  delle masse per farsi ulteriormente commissariare.

 

Se abbiamo capito la musica, così come chi reputa eccessivo lo stato di emergenza sanitaria è catalogato come un «negazionista» del COVID, chi rifiuterà la proposta della Greta sarà un negazionista climatico. L’etichetta è bella che pronta.

 

Senza scomodare l’anticristo di Soloviev, saranno le stesse masse a consegnarsi spontaneamente al potere prevaricatore globale, in cambio di benessere e sicurezza.

 

Il nuovo ordine mondiale anticristico verrà instaurato sulla base di una domanda di salvezze fittizia delle masse; non verrà imposto. Verrà imposto unicamente alla minoranza che è consapevole dell’impostura.

Il nuovo ordine mondiale anticristico verrà instaurato sulla base di una domanda di salvezze fittizia delle masse; non verrà imposto. Verrà imposto unicamente alla minoranza che è consapevole dell’impostura.

 

Già vediamo questa dinamica in atto rispetto alla pandemia di un virus che – oltretutto – ha una letalità di poco superiore ad una normale influenza. Nell’agenda verso la costruzione di un nuovo ordine mondiale va da sé che il primo gradino di questa spogliazione di libertà passi per un’emergenza sanitaria.

 

Molti individui hanno paura di perdere la propria salute, mentre molti meno avrebbero barattato le proprie libertà e la propria dignità per questioni ambientali, meno determinabili. Per tale motivo era prima necessario insegnar loro a barattare libertà e dignità con qualcosa di più tangibile, come la salute.

 

Ironia del caso, come insegnano le seduzioni infernali di Faust, questo genere di baratti ha come conseguenza quella di alzare parecchio la temperatura. In questo caso per davvero.

 

 

Gian Battista Airaghi

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Ambiente

Studi sui metodi per testare le sostanze chimiche della pillola abortiva nelle riserve idriche

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I funzionari governativi USA stanno valutando se sia possibile sviluppare metodi per rilevare le sostanze chimiche contenute nella pillola abortiva nelle riserve idriche degli Stati Uniti, in seguito all’iniziativa del gruppo Students for Life. Lo riporta LifeSite.

 

Quest’estate, i funzionari dell’Agenzia per la Protezione Ambientale americana (EPA) hanno incaricato gli scienziati di determinare se fosse possibile sviluppare metodi per rilevare tracce di pillole abortive nelle acque reflue. Sebbene al momento non esistano metodi approvati dall’EPA, è possibile svilupparne di nuovi, hanno recentemente dichiarato al New York Times due fonti anonime.

 

La divulgazione fa seguito alla richiesta di 25 membri repubblicani del Congresso USA che hanno chiesto all’EPA di indagare sulla questione.

 

«Esistono metodi approvati dall’EPA per rilevare il mifepristone e i suoi metaboliti attivi nelle riserve idriche?», chiedevano i deputati in una lettera del 18 giugno. «In caso contrario, quali risorse sono necessarie per sviluppare questi metodi di analisi?»

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I legislatori hanno osservato che il mifepristone è un «potente bloccante del progesterone» che altera l’equilibrio ormonale e potrebbe «potenzialmente interferire con la fertilità di una persona, indipendentemente dal sesso».

 

Dopo l’annullamento della sentenza Roe v. Wade, Students for Life aveva rilanciato una campagna per indagare sulle tracce di pillole abortive e sui resti fetali nelle acque reflue. Il gruppo ha affermato che il mifepristone e i resti fetali potrebbero potenzialmente danneggiare gli esseri umani, gli animali e l’ambiente.

 

Nel novembre 2022, i dipendenti di Students for Life si sono lamentati del fatto che le agenzie governative non controllassero le acque reflue per individuare eventuali sostanze chimiche contenute nelle pillole abortive e hanno deciso di assumere i propri «studenti investigatori» per analizzare l’acqua.

 

La campagna era fallita sotto l’amministrazione Biden. Nella primavera del 2024, undici membri del Congresso, tra cui il senatore Marco Rubio della Florida, attuale Segretario di Stato, scrissero all’EPA chiedendo in che modo il crescente uso di pillole abortive potesse influire sull’approvvigionamento idrico.

 

Secondo due funzionari, l’EPA ha scoperto di non aver condotto alcuna ricerca precedente sull’argomento, ma non ha avviato alcuna nuova indagine correlata.

 

Kristan Hawkins, presidente di Students for Life, ha annunciato venerdì: «tre presidenti democratici hanno promosso in modo sconsiderato l’uso della pillola abortiva chimica. Ora l’EPA sta finalmente indagando sull’inquinamento causato dalla pillola abortiva».

 

«Ogni anno oltre 50 tonnellate di sangue e tessuti contaminati chimicamente finiscono nei nostri corsi d’acqua», ha continuato su X. «Spetta al presidente Trump e al suo team ripulire questo disastro».

 

A giugno un rapporto pubblicato da Liberty Counsel Action indicava che più di 40 tonnellate di resti di feti abortiti e sottoprodotti della pillola abortiva sono infiltrati nelle riserve idriche americane.

 

«Come altri farmaci noti per causare effetti avversi sul nostro ecosistema, il mifepristone forma metaboliti attivi», spiega il rapporto di 86 pagine. «Questi metaboliti possono mantenere gli effetti terapeutici del mifepristone anche dopo essere stati escreti dagli esseri umani e contaminati dagli impianti di trattamento delle acque reflue (WWTP), la maggior parte dei quali non è progettata per rimuoverli».

 

Non si tratta della prima volta che vengono lanciati gli allarmi sull’inquinamento dei fiumi da parte della pillola abortiva RU486, detta anche «pesticida umano».

Come riportato da Renovatio 21, le acque di tutto il mondo sono inquinate da fortemente dalla pillola anticoncenzionale, un potente steroide usato dalle donne per rendersi sterili, che viene escreto con l’orina con effetto devastante sui fiumi e sulla fauna ittica. In particolare, vi è l’idea che la pillola starebbe facendo diventare i pesci transessuali.

 

Danni non dissimili sono stati rilevati per gli psicofarmaci, con studi sui pesci di fiume resi «codardi e nervosi».

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Nonostante i ripetuti allarmi sul danno ambientale dalla pillola, le amministrazioni di tutto il mondo – votate, in teoria, all’ecologia e alla Dea Gaia – continuano con programmi devastatori, come quello approvato lo scorso anno a Nuova York di distribuire ai topi della metropoli sostanze anticoncezionali. A ben guardare, non si trova un solo ambientalista a parlare di questa sconvolgente forma di inquinamento, ben più tremenda di quello delle auto a combustibile fossile.

 

Ad ogni modo, come Renovatio 21 ripeterà sempre, l’inquinamento più spiritualmente e materialmente distruttore è quello dei feti che con l’aborto chimico vengono espulsi nel water e spediti via sciacquone direttamente nelle fogne, dove verranno divorati da topi, pesci, insetti, anfibi e altri animali del sottosuolo.

 

Su questo non solo non si trovano ambientalisti a protestare: mancano, completamente, anche i cattolici.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’OMS poche settimane fa ha aggiunto la pillola figlicida alla lista dei «medicinali essenziali». Il segretario della Salute USA Robert Kennedy jr. aveva promesso una «revisione completa» del farmaco di morte (gli sarebbe stato chiesto dallo stesso Trump) ma negli scorsi giorni esso è stato approvato dall’ente regolatore FDA.

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Ambiente

Donna afferma che il datacenter AI di Zuckerberg le ha inquinato l’acqua del rubinetto

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Una pensionata della Georgia rurale ha accusato il nuovo centro dati AI di Meta, situato a circa 360 metri da casa sua, di inquinarle l’acqua. Lo riporta la BBC.   La cittadina Beverly Morris ritiene che la costruzione del data center del gigante della tecnologia abbia danneggiato il suo pozzo d’acqua privato, causando un accumulo di sedimenti. «Ho paura di bere quell’acqua, ma la uso comunque per cucinare e per lavarmi i denti», ha detto Morris. «Se mi preoccupa? Sì».   Meta ha negato queste accuse, dichiarando alla BBC che «essere un buon vicino è una priorità». L’azienda ha commissionato uno studio sulle falde acquifere, scoprendo che il suo data center «non ha influito negativamente sulle condizioni delle falde acquifere nella zona».

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L’incidente evidenzia come un’imponente spinta alla costruzione di infrastrutture per supportare modelli di Intelligenza Artificiale incredibilmente dispendiosi in termini di energia, stia sconvolgendo i vari ecosistemi che vedono il nascere di questi data center. Stiamo solo iniziando a comprendere l’enorme impatto ambientale della tecnologia di intelligenza artificiale, dall’enorme consumo di acqua all’enorme impronta di carbonio dovuta alle emissioni in aumento.   La situazione non fa che peggiorare, con aziende come OpenAI, Google e Meta che continuano a investire decine di miliardi di dollari nella costruzione di migliaia di data center in tutto il mondo. Recentemente i ricercatori hanno stimato che la domanda globale di intelligenza artificiale potrebbe arrivare a consumare fino a 1,7 trilioni di galloni d’acqua all’anno entro il 2027, più di quattro volte il prelievo idrico totale di uno stato come la Danimarca.   Da allora gli attivisti hanno segnalato il rischio di pericolosi deflussi di sedimenti derivanti dai lavori di costruzione, che potrebbero riversarsi nei sistemi idrici, come potrebbe accadere al pozzo della signora Morris.   Resta da vedere quanto l’industria dell’Intelligenza Artificiale si impegnerà per la cosiddetta sostenibilità. Dopo aver dato grande risalto ai propri sforzi per ridurre le emissioni all’inizio del decennio, l’aumento di interesse per l’intelligenza artificiale ha cambiato radicalmente il dibattito.   E man mano che i modelli di intelligenza artificiale diventano più sofisticati, necessitano di energia esponenzialmente maggiore, e questa situazione non potrebbe che aggravarsi.   Come riportato da Renovatio 21, il CEO di Meta Mark Zuckerberg, nel suo tentativo sempre più disperato di tenere il passo nella corsa all’IA, sta espandendo l’infrastruttura dei data center il più velocemente possibile, con Meta che sta «prioritizzando la velocità sopra ogni altra cosa» allestendo delle «tende» per aggiungere ulteriore capacità e spazio ai suoi campus dei data center. I moduli prefabbricati sono progettati per ottenere la potenza di calcolo online il più velocemente possibile, sottolineando la furiosa corsa di Meta per costruire la capacità di modelli di intelligenza artificiale sempre più richiedenti energia.

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Un nuovo rapporto del Berkeley Lab – che analizza la domanda di elettricità dei data center – prevede che questa stia esplodendo da un già elevato 4,4% di tutto il consumo di elettricità in ambito statunitense, a un possibile 12% di consumo di elettricità in poco più di tre anni, entro il 2028.    Il fenomeno è globale: in Irlanda, i data center consumano già il 18% della produzione totale di elettricità. Secondo il rapporto, il consumo di energia dei data center è stato stabile con una crescita minima dal 2010 al 2016, ma ciò sembra essere cambiato dal 2017 in poi, con l’uso dei data center e dei «server accelerati» per alimentare applicazioni di Intelligenza Artificiale per il complesso militare-industriale e prodotti e servizi di consumo.   Vista l’enormità di energia richiesta da questi Centri di elaborazione dati, vi è una corsa verso l’AI atomica e anche Google alimenterà i data center con sette piccoli reattori nucleari nel prossimo futuro.

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Ambiente

Cringe vaticano ai limiti: papa benedice un pezzo di ghiaccio tra Schwarzenegger e hawaiani a caso

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In un momento di grottesco vaticano spinto, papa Leone XIV ha benedetto un blocco di ghiaccio durante una conferenza sui «cambiamenti climatici» ospitata dalla Santa Sede. Uno spettacolo che di gatto tocca vette di cringe conciliare mai viste.

 

La conferenza tenutasi in questi giorni a Castel Gandolfo ha nome «Raising Hope for Climate Justice» – in inglese nel testo anche italiano diffuso dal Sacro Palazzo. In effetti, l’intera conferenza, tenutasi in Italia, è stata svolta nella lingua globalista per antonomasia, il latino del mondo neoliberale, cioè la lingua inglese.

 

L’evento, trasmesso in diretta streaminga, è stato caratterizzato da una «Benedizione delle Acque», iniziata con papa Leone che ha posato silenziosamente la mano su un blocco di ghiaccio. È stato detto che il blocco di ghiaccio sia venuto dalla Groenlandia, ma non è noto quanta energia a combustibile fossile sia stata impiegata, inquinando il mondo, per far giungere il pezzone sino a Roma senza che si sciogliesse.

 

 

 


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Durante un evento stampa prima della conferenza, è apparso d’improvviso l’ex culturista cinque volte Mister Olympia, superdivo hollywoodiano d governatore della California Arnoldo Schwarzenegger, il quale ha invitato tutti i cattolici del mondo a «diventare crociati per l’ambiente». Lo Schwarzenegger si era convertito ai temi climatici ai tempi della campagna elettorale per restare in sella come governatore della California – Stato largamente a tendenza democratica – e lui stesso afferma nel suo documentario autobiografico su Netflix che a dargli una mano in questo senso fu Robert F. Kennedy jr., suo parente, visto il matrimonio che Arnoldo ha contratto con Maria Shriver (un altro ramo del casato, ma assolutamente centrale per quella che è la supposta famiglia reale USA, dove ha appeso il cappello un’altra cosa che ad Arnoldo è riuscita nella vita).

 

 

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Oltre a Terminator, accanto al papa ad una certa sono apparsi anche degli hawaiani a caso, che si sono prodotti in un momento musicale pachamamesco. Presentato come i «Pacific Artist for Climate Justice», i figuri, in pantalocini, camicia hawaiana, collanone e ukulele d’ordinanza, hanno avuto l’onore di introdurre musicalmente l’ingresso del papa.

 

Una schiera di cardinali presenti in prima fila si sono prestati al gioco, dandosi da fare con coreografici teli e cose bellissime così.

 

Tutto questo mentre un altro americano, il presidente USA Donaldo Trump, va all’ONU è parla della «truffa del Cambiamento climatico», e beccandosi da certuni i giustissimi, sacri 92 minuti di applausi.

 

Lo spettacolo offerto dall’ostinazione della chiesa climatista è persino più imbarazzante di quelli, blasfemi e occultistici, a cui ci aveva abituato Bergoglio. È innegabile come Leone stia aggiungendo, per quanto possa sembrare impossibile, una quota ulteriore di cringio post-conciliare al disastro dell’ultima papato.

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Immagine screenshot da YouTube

 

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