Geopolitica
Espansione di massa degli insediamenti israeliani in Cisgiordania un anno prima dell’attacco del 7 ottobre
L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani Volker Turk ha affermato che gli insediamenti illegali di Israele in Cisgiordania sono aumentati a livelli record e rischiano di eliminare ogni possibilità pratica di uno Stato palestinese. Lo riporta il Times of Israel.
Secondo il funzionario onusiano, la crescita degli insediamenti israeliani equivaleva al trasferimento da parte di Israele della propria popolazione, cosa che secondo lui costituirebbe un crimine di guerra.
Il Turk ha rilasciato una dichiarazione in cui annuncia che un rapporto di 16 pagine, basato sul monitoraggio delle Nazioni Unite e su altre fonti, sarà presentato al Consiglio per i diritti umani a Ginevra a fine marzo.
La dichiarazione pubblicata nelle scorse ore afferma: «la violenza dei coloni e le violazioni legate agli insediamenti hanno raggiunto nuovi livelli scioccanti e rischiano di eliminare ogni possibilità pratica di creare un possibile Stato palestinese».
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Il Times of Israel prende nota della sintesi di Turk del prossimo rapporto, che documenta che 24.300 nuove unità abitative israeliane in Cisgiordania sono state costruite durante un periodo di un anno, da novembre 2022 alla fine di ottobre 2023. Viene quindi detto che oltre 11 mesi di questa attività hanno preceduto l’assalto di Hamas contro Israele il 7 ottobre.
Inoltre, la scoperta è pienamente coerente con le politiche dilaganti e aggressive in Cisgiordania da parte dei ministri israeliani sionisti come il Bezalel Smotrich e l’Itamar Ben-Gvir. La descrizione data dal quotidiano israeliano è che il rapporto di Turk rileva che «le politiche del governo israeliano, che è il più di destra nella storia del Paese e comprende nazionalisti religiosi con stretti legami con il movimento dei coloni, apparivano allineate in una “misura senza precedenti£ con gli obiettivi del governo israeliano».
Come riportato da Renovatio 21, un mese fa i coloni israeliani hanno organizzato un grande convegno sulla colonizzazione di Gaza a termine della guerra, dove, tra balli sfrenati, sono stati acclamati vari ministri e funzionari dell’attuale governo Netanyahu.
Da notare come l’anno passato, prima del 7 ottobre, il vento pareva essere assai diverso per i coloni, che erano stati sorprendentemente accusati di «terrorismo» dall’amministrazione dopo vari moti violenti e raid contro i palestinesi.
Come riportato da Renovatio 21, anche gli attacchi contro i cristiani in Israele nell’ultimo anno hanno registrato picchi senza precedenti, con episodi da crisi istituzionale come i continui sputi ai cristiani a Gerusalemme o i disordini presso il quartiere armeno preso di mira dai coloni ebrei.
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Immagine di Moaz Kamal Al-Masry via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported, 2.5 Generic, 2.0 Generic e 1.0 Generic.
Geopolitica
Turchia, effigie di Netanyahu appesa a una gru: «pena di morte»
Turkish academic creates model of hanged 🇮🇱PM Netanyahu, with a “Death Penalty” sign. Proudly aided by a state company.
Turkish authorities have not disavowed this disgraceful behavior. In Erdoğan’s Turkey, hatred & antisemitism isn’t condemned. It’s celebrated. pic.twitter.com/19MALpzEEW — Israel Foreign Ministry (@IsraelMFA) October 26, 2025
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Droga
Trump punta ad attaccare le «strutture della cocaina» in Venezuela
Il presidente statunitense Donald Trump sta esaminando proposte per operazioni militari americane contro presunte «strutture per la produzione di cocaina» e altri bersagli legati al narcotraffico all’interno del Venezuela. Lo riporta la CNN, che cita fonti anonime.
Due funzionari non identificati hanno dichiarato alla rete che Trump non ha scartato l’ipotesi di un negoziato diplomatico con Nicolás Maduro, nonostante recenti indicazioni secondo cui gli Stati Uniti avrebbero interrotto del tutto i colloqui con Caracas, mentre valutano una possibile campagna per destituire il leader venezuelano.
Tuttavia, una fonte della CNN ha precisato che «ci sono piani sul tavolo che il presidente sta esaminando» per azioni mirate all’interno del Venezuela. Un terzo funzionario ha indicato che l’amministrazione Trump sta considerando varie opzioni, ma al momento si concentra sulla «lotta alla droga in Venezuela».
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A giudizio di alcuni esponenti dell’amministrazione statunitense, una campagna antidroga nel Paese sudamericano potrebbe accrescere la pressione per un cambio di regime a Caracas. Trump ha pubblicamente smentito l’intenzione di rimuovere Maduro dal potere.
Nelle scorse settimane, le forze armate americane hanno condotto vari raid contro imbarcazioni sospettate di narcotraffico e, secondo Washington, collegate al Venezuela, causando decine di vittime.
Giovedì, Trump – che aveva già confermato l’autorizzazione di operazioni della CIA in Venezuela – ha dichiarato che gli Stati Uniti potrebbero estendere la loro campagna antidroga dal mare alla terraferma, senza entrare in dettagli. Inoltre, la portaerei USS Gerald R. Ford è stata inviata nei Caraibi per sostenere l’operazione antidroga.
Maduro ha respinto ogni legame del suo governo con il traffico di stupefacenti, insinuando che gli Stati Uniti stiano usando le accuse come copertura per un cambio di regime. Dopo le notizie sul dispiegamento della portaerei, il presidente venezuelano ha accusato Washington di perseguire «una nuova guerra eterna».
Secondo un reportaggio del New York Times, Maduro stesso avrebbe proposto agli Stati Uniti significative concessioni economiche, inclusa la possibilità per le aziende americane di acquisire una quota rilevante nel settore petrolifero, durante negoziati segreti durati mesi. Tuttavia, Washington avrebbe rifiutato l’offerta, con il futuro politico del presidente Nicolas Maduro come principale ostacolo.
Un precedente articolo del quotidiano neoeboraceno riportava che Trump avesse ordinato l’interruzione dei colloqui con il Venezuela, «frustrato» dal rifiuto di Maduro di cedere volontariamente il potere. Il giornale suggeriva anche che gli Stati Uniti stessero pianificando una possibile escalation militare.
Nel frattempo, Maduro ha avvertito che il Venezuela entrerebbe in uno stato di «lotta armata» in caso di attacco, aumentando la prontezza militare in tutto il Paese.
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Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso, gli Stati Uniti hanno inviato almeno otto navi della Marina, un sottomarino d’attacco e circa 4.000 soldati vicino alla costa venezuelana, dichiarando che la missione mirava a contrastare i cartelli della droga. Washington ha sostenuto che l’armata ha affondato tre imbarcazioni venezuelane, senza però fornire prove che le persone a bordo fossero criminali.
La Casa Bianca accusa da tempo Maduro di guidare una rete di narcotrafficanti nota come «Cartel de los Soles», sebbene non vi siano prove schiaccianti o prove concrete che lo dimostrino, tuttavia lo scorso anno gli USA sono arrivati a sequestrare un aereo presumibilmente utilizzato dal presidente di Carcas. È stato anche accusato di aver trasformato l’immigrazione in un’arma, sebbene Maduro si sia mostrato pronto a dialogare con le delegazioni diplomatiche americane sulla questione.
Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno Maduro aveva dichiarato che Washington ha aperto il suo libretto degli assegni a una schiera di truffatori e bugiardi per destabilizzare il Venezuela, quando gli Stati Uniti si sono rifiutati di riconoscere le elezioni del 2024 in Venezuela.
Secondo Maduro, almeno 125 militanti provenienti da 25 Paesi sono stati arrestati dalle autorità venezuelane. Aveva poi accusato Elone Musk di aver speso un miliardo di dollari per un golpe in Venezuela. Negli stessi mesi si parlò di un piano di assassinio CIA di Maduro sventato.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Geopolitica
Thailandia e Cambogia firmano alla Casa Bianca un accordo di cessate il fuoco
HISTORIC PEACE BETWEEN THAILAND & CAMBODIA. President Trump and Malaysia’s Prime Minister Anwar Ibrahim hosted the Prime Ministers of Thailand and Cambodia for the signing of the ‘Kuala Lumpur Peace Accords’—a historic peace declaration. pic.twitter.com/BZRJ2b2KLY
— The White House (@WhiteHouse) October 26, 2025
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