Geopolitica
Epurato un bel pezzo del governo ucraino. Cosa sta succedendo?
Il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj ha avviato un’apparente epurazione di alti funzionari, licenziando martedì il vice capo del suo ufficio e accettando le lettere di dimissioni di tre ministri, nonché del vice primo ministro del Paese.
Il vice capo dell’ufficio presidenziale, Rostislav Shurma, è stato licenziato martedì, secondo un decreto pubblicato sul sito web dell’ufficio. Non è stata fornita alcuna motivazione per il suo licenziamento, scrive il sito governativo russo RT.
Poco dopo, il presidente del parlamento ucraino, Ruslan Stefanchuk, ha scritto su Facebook che il vice primo ministro per l’integrazione europea, Olga Stefanishina, il ministro per le industrie strategiche, Aleksandr Kamyshin, il ministro della Giustizia, Denis Maliuski e il ministro per la protezione ambientale, Ruslan Strilets, hanno tutti presentato le loro dimissioni.
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Secondo quanto riportato dai media ucraini, citando fonti anonime, lo Zelens’kyj stava anche valutando la possibilità di licenziare il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba, e numerosi altri funzionari.
Poche ore fa è arrivata la notizia, sempre da Stefanchuk, secondo cui Kuleba stesso si è dimesso dal Parlamento. Il quotidiano Ukrainskaya Pravda aveva precedentemente affermato che il sostituto più probabile di Kuleba sarà Andrey Sibiga, un ex ambasciatore descritto dal giornale sia come vice capo dello staff di Zelenskyj che come vice di Kuleba. La previsione di martedì sera citava una fonte nell’ufficio di Zelenskyj.
Voci su una possibile cacciata di Kuleba circolano da marzo, in seguito alle dimissioni del portavoce del ministero degli Esteri Oleg Nikolenko, uno dei suoi protetti. Il quotidiano Strana ha riferito che lo Zelens’kyj era profondamente scontento del servizio diplomatico e stava valutando la possibilità di sostituire Kuleba con il suo consigliere per la politica estera Igor Zhovkva.
Si tratta di un terremoto politico a tutti gli effetti, e, considerando che Kuleba ad esempio era in giro a pontificare fino a ieri, anche provocando tensioni con il vicino e teoricamente alleato polacco, anche piuttosto inaspettato.
Quindi, cosa sta succedendo a Kiev?
I rimpasti nell’esecutivo ucraino non sono una novità. Da quando è iniziato il conflitto con la Russia nel 2022, Zelens’kyj ha periodicamente epurato alti funzionari militari e politici. L’ex comandante in capo delle forze armate ucraine, Valery Zaluzhny, è stato licenziato all’inizio di quest’anno dopo che l’Ucraina ha perso, secondo la Russia, circa 160.000 uomini nella disastrosa controffensiva dell’estate scorsa. Conseguentemente, era uscita la notizia che il vicesegretario di Stato USA Victoria Nuland, considerata l’artefice della catastrofe politica e bellica di Kiev, aveva detto allo Zelens’kyj di non licenziare il generale, che è stato poi sostituito con un uomo ritenuto «impopolare» tra i ranghi dell’esercito.
Lo scorso settembre, il ministro della Difesa Oleksyj Reznikov è stato licenziato d’improvviso adducendo un suo presunto ruolo in importanti scandali di corruzione, che si riteneva avrebbero ostacolato l’offensiva. Il reporter premio Pulitzer Seymour Hersh ha rivelato che l’Intelligence USA considerava il rimpiazzo Rustem Umerov, il rimpiazzo di Reznikov, «ancora più corrotto» di quest’ultimo.
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Come riportato da Renovatio 21, cinque mesi fa lo Zelens’kyj aveva licenziato il suo socio, alleato ed aiutante di lunga data Sergej Sherif, che nel 2021 aveva subito un attentato.
In una serie di licenziamenti più recenti, il presidente ucraino ha allontanato diversi alti funzionari descritti dal Washington Post come «riformisti… che sembravano particolarmente vicini a Washington».
È stato notato che in genere, queste purghe sono state precedute da dure perdite sul campo di battaglia. Nelle settimane che hanno preceduto le epurazioni di martedì, l’offensiva transfrontaliera dell’Ucraina nella regione russa di Kursk si è fermata con la perdita di oltre 9.300 soldati e quasi 750 veicoli blindati, secondo le ultime cifre del Ministero della Difesa russo.
Con le truppe ucraine più agguerrite dirottate per sostenere l’offensiva di Kursk in declino, le forze russe hanno fatto rapidi progressi nel Donbass, con il principale snodo logistico di Pokrovsk ora alla portata delle truppe di Mosca, scrive RT.
Secondo un reportage pubblicato la scorsa settimana dal Financial Times, gli stessi soldati, legislatori e analisti militari di Zelensky lo ritengono responsabile del rapido deterioramento della situazione nel Donbass.
Ora Zelens’kyj dichiara l’intenzione di tenersi il territorio russo di Kursk invaso nelle scorse settimane come parte del «piano di vittoria» per terminare il conflitto con Mosca.
In un’intervista con NBC News pubblicata ieri, al leader ucraino è stato chiesto cosa intende fare con il territorio russo riconosciuto a livello internazionale che Kiev ha conquistato a seguito di un’incursione transfrontaliera su larga scala iniziata il mese scorso. Sottolineando che l’Ucraina «non ha bisogno della terra» russa e non «vuole portare lì il nostro stile di vita ucraino», intende «mantenere» il territorio perché è fondamentale per il «piano di vittoria» di Kiev per porre fine al conflitto. «Per ora ne abbiamo bisogno», aveva dichiarato.
Durante l’intervista con l’emittente statunitense, lo Zelens’kyj ha rifiutato di dire se l’Ucraina intende impadronirsi di più territorio russo. «Con tutto il rispetto, non posso parlarne», ha detto Zelenskyj, citando le stesse considerazioni che hanno costretto Kiev a mantenere segreti i preparativi per l’offensiva di Kursk.
Non è facile leggere la situazione: perché nella follia della situazione non sembra esserci metodo.
Nessuno è in grado di capire cosa significhi l’epurazione in corso: un collasso nervoso del sistema? La preparazione di una trasformazione radicale dell’assetto politico ucraino?
Oppure significa la volontà di andare ancora più a fondo con gli attacchi, magari grazie ad un semaforo verde e qualche arma a lungo raggio arrivati dal Pentagono, dove era in visita neanche cinque giorni fa il ministro della Difesa Umerov?
Chiaramente questa prospettiva mette in pericolo anche noi, perché da lì alla guerra totale – la Terza Guerra Mondiale – il passo è breve, e nella direzione dell’abisso termonucleare globale.
Ciò detto, non è nemmeno chiaro se il licenziamento massivo dei ministri ucraini corrisponda a qualcosa di concordato con gli americani: come abbiamo visto sopra, a volte Zelens’kyj sembra aver platealmente disobbedito al volere dei suoi sponsores transoceanici.
Al contempo, va rammentato che proprio su giornali americani uscirono articoli impietosi che, ancora mesi fa, descrivevano uno Zelens’kyj che vive oramai fuori dalla realtà, con alti funzionari ucraini che lo hanno definito alla rivista TIME come «delirante».
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E quindi, che succederà a Kiev? Imploderà tutto? Sparerà un attacco all-in contro Mosca? Attaccherà ancora una centrale nucleare, a Zaporiggia o a Kursk?
Difficile dirlo, perché non è chiaro quale sia lo stato psichico di Zelens’kyj, questione sulla quale l’informazione occidentale – a differenza delle continue risibili «diagnosi» psichiatriche a distanza su Putin – non ha mai voluto dir nulla.
Ma poi, è Zelens’kyj l’uomo a cui dobbiamo guardare per capire cosa farà l’Ucraina? Lo scorso giugno diversi funzionari ucraini si erano lamentati con il quotidiano britannico The Times del crescente potere del capo dello staff di Zelens’kyj, Andrij Yermak, che secondo loro di fatto governa l’Ucraina.
«L’autorità di Yermak ha superato quella di tutti i funzionari eletti dell’Ucraina, escluso il presidente», ha scritto il Times. «Alcune fonti sono arrivate al punto di descriverlo come il “capo di Stato de facto” o il “vicepresidente dell’Ucraina” in una serie di interviste».
Il giornalista autore dell’articolo, Maxim Tucker, che in precedenza aveva lavorato come attivista di Amnesty International sull’Ucraina, ha affermato di aver parlato con «alte fonti governative, militari, forze dell’ordine e diplomatiche», molte delle quali hanno richiesto l’anonimato, descrivendo Yermak come il «più grande difetto» di Zelens’kyj e il suo comportamento come «sete di potere».
«Cresce la preoccupazione che Zelens’kyj dipenda sempre più da una manciata di voci domestiche servili», ha osservato Tucker, poiché il numero di persone che hanno accesso diretto a lui si riduce mentre la squadra di Yermak si espande.
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Il «grande errore di Zelens’kyj è stato quello di affidare così tanta autorità a Yermak, che è chiaramente intossicato dal potere”, ha affermato Daria Kaleniuk, direttrice esecutiva del Centro d’azione anticorruzione.
Anche alti funzionari militari hanno accusato Yermak di aver organizzato il licenziamento del generale Valery Zaluzhny a febbraio, perché lo vedeva come un rivale.
Un portavoce dell’ufficio di Zelens’kyj ha amentito, affermando che il generale Zaluzhny non è stato licenziato ma promosso ambasciatore nel Regno Unito, «il che significa un alto livello di fiducia». Un portavoce dell’ufficio presidenziale, gestito da Yermak, ha respinto tutte le critiche rivolte al capo dello staff definendole «attacchi propagandistici». Yermak ha uno «stile di gestione diretto ma efficiente», hanno detto, che ha prodotto successi come il «vertice di pace» in Svizzera allora imminente e poi rivelatosi un flop. Lo Zelens’kyj «è colui che prende tutte le decisioni chiave», ha insistito il portavoce.
Lo Yermak, che due mesi fa era stato indicato dai servizi russi come uno dei possibili rimpiazzo dell’attuale presidente ucraino voluto dall’Occidente, è un ex produttore cinematografico che Zelens’kyj, attore diventato politico, ha portato al governo nel 2019.
Negli ultimi mesi lo Yermak ha iniziato a mettersi sotto i riflettori, partecipando al «Vertice sulla democrazia» in Danimarca insieme all’ex segretario generale della NATO Anders Fogh Rasmussen. È stato il «Gruppo di lavoro internazionale sulle questioni di sicurezza e l’integrazione euro-atlantica dell’Ucraina» di Yermak e Rasmussen a proporre per primo la revoca di tutte le restrizioni sull’uso delle armi occidentali fornite a Kiev, proposta rapidamente amplificata dall’ex primo ministro britannico Boris Johnson. L’argomento di discussione si è poi diffuso nelle capitali della NATO fino a quando la Casa Bianca alla fine ha acconsentito.
E allora, siamo davanti al preludio della guerra finale? Oppure è solo il crepuscolo degli dèi di Kiev?
Quanto noi italiani, sotto un governo che ha finanziato ed armato un Paese che pare sempre più allo sbando, siamo in pericolo?
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Immagine di European Union, 2024 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
Economia
I mercati argentini salgono dopo la vittoria elettorale di Milei, che ringrazia il presidente Trump
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«Grazie, Presidente Trump, per la fiducia accordata al popolo argentino. Lei è un grande amico della Repubblica Argentina. Le nostre nazioni non avrebbero mai dovuto smettere di essere alleate. I nostri popoli vogliono vivere in libertà. Contate su di me per lottare per la civiltà occidentale, che è riuscita a far uscire dalla povertà oltre il 90% della popolazione mondiale».Gracias Presidente @realDonaldTrump por confiar en el pueblo argentino. Usted es un gran amigo de la República Argentina. Nuestras Naciones nunca debieron dejar de ser aliadas. Nuestros pueblos quieren vivir en libertad. Cuente conmigo para dar la batalla por la civilización… pic.twitter.com/G4APcYIA2i
— Javier Milei (@JMilei) October 27, 2025
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Geopolitica
Sudan, le Forze di Supporto Rapido rivendicano la cattura del quartier generale dell’esercito
Le Forze di Supporto Rapido (RSF), milizia paramilitare sudanese, hanno annunciato di aver assunto il controllo del quartier generale dell’esercito nella città di Al-Fashir, devastata dal conflitto.
La capitale del Darfur settentrionale è sotto assedio da parte delle milizie da oltre un anno, con le Nazioni Unite che denunciano attacchi sistematici contro i civili, inclusi l’uccisione e la mutilazione di oltre 1.000 bambini.
Domenica, un portavoce delle RSF ha dichiarato in un comunicato che il gruppo ha conquistato completamente il comando della Sesta Divisione di Fanteria delle Forze Armate Sudanesi (SAF) dopo «battaglie eroiche caratterizzate da operazioni mirate e assedi strategici».
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«La liberazione… segna una svolta cruciale nelle battaglie condotte dalle nostre valorose forze. Traccia le basi per un nuovo Stato a cui tutti i sudanesi contribuiranno», ha affermato il rappresentante delle RSF.
Si ritiene che il quartier generale della Sesta Divisione di fanteria fosse l’ultima roccaforte dell’esercito nel Darfur, dove i combattimenti tra SAF e RSF infuriano da oltre due anni.
Da quando ha assediato Al-Fashir nell’aprile 2024, le RSF sono state accusate di attacchi indiscriminati contro i civili, con droni e artiglieria. Secondo le Nazioni Unite, circa 260.000 civili, di cui 130.000 bambini, sono intrappolati in condizioni disperate, isolati dagli aiuti umanitari nella città.
Secondo organizzazioni per i diritti umani, all’inizio di questo mese almeno 20 persone sono state uccise in attacchi contro una moschea e l’ospedale saudita, l’ultima struttura medica operativa di Al-Fashir, dopo l’uccisione di circa 100 civili a settembre.
Domenica, Tom Fletcher, coordinatore degli aiuti d’emergenza delle Nazioni Unite, si è detto «profondamente allarmato» dalla situazione ad Al-Fashir, chiedendo un cessate il fuoco immediato in tutto il Sudan. Il Fletcher sottolineato che i combattenti continuano ad avanzare in città, bloccando le vie di fuga e lasciando i civili intrappolati, affamati e terrorizzati.
Il conflitto tra l’esercito e le RSF, scoppiato a Khartoum nell’aprile 2023, ha generato quella che l’ONU considera una delle peggiori crisi umanitarie al mondo.
L’esercito non ha ancora commentato la presunta perdita del quartier generale di Al-Fashir, ma il suo comandante, Abdel Fattah Al-Burhan, ha discusso con l’ambasciatore turco Fatih Yildiz di questioni come gli sforzi per revocare l’assedio alla capitale della regione, secondo una nota ufficiale.
Come riportato da Renovatio 21, il comandante delle Forze di supporto rapido (RSF) paramilitari sudanesi, Mohamed Hamdan Dagalo, ha prestato giuramento come capo di un governo rivale del Sudan.
Come riportato da Renovatio 21, la RSF aveva annunciato un «governo di pace e unità» parallelo ancora lo scorso febbraio.
Le stragi nel Paese non si contano. Due mesi fa si era consumato un orribile massacro a seguito di un attacco aereo ad un mercato. Settimane fa c’era stato un attacco ad un ospedale.
Come riportato da Renovatio 21, a fine 2024 le fazioni rivali sudanesi avevano interrotto i negoziati.
Il conflitto ha casato già 15 mila morti e 33 mila feriti. Le Nazioni Unite hanno descritto la situazione umanitaria in Sudan come una delle crisi più gravi al mondo. Mesi fa la direttrice esecutiva del Programma Alimentare Mondiale (WFP), Cindy McCain, aveva avvertito che la guerra di 11 mesi «rischia di innescare la più grande crisi alimentare del mondo».
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Gli USA sono stati accusati l’estate scorsa di aver sabotato gli sforzi dell’Egitto per portare la pace in Sudan.
Le tensioni in Sudan hanno portato perfino all’attacco all’ambasciata saudita a Karthoum, mentre l’OMS ha parlato di «enorme rischio biologico» riguardo ad un attacco ad un biolaboratorio sudanese.
Come riportato da Renovatio 21, il generale Abdel Fattah al-Burhan, leader de facto e capo dell’esercito della nazione africana dilaniata dalla guerra, due mesi fa è stato oggetto di un tentato assassinio via drone.
Il Paese è stato svuotato dei suoi seminaristi.
La Russia nel frattempo fa ha annunziato l’apertura di una base navale in Sudan.
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Immagine di Coordenação-Geral de Observação da Terra/INPE via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
Geopolitica
Lavrov: falchi europei minano i negoziati tra Russia e Stati Uniti
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