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Politica

Epica foto segnaletica: Trump torna su Twitter

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Abbiamo lo scatto dell’anno: è la foto segnaletica di Donald Trump, costituitosi giovedì nel carcere della contea di Fulton ad Atlanta, in Georgia, dove rischia di essere accusato formalmente di aver tentato di ribaltare il risultato delle elezioni presidenziali del 2020.

 

Trump è stato ammonito, arrestato e poi rapidamente rilasciato dietro pagamento di una cauzione di 200.000 dollari che pone una serie di condizioni, incluso il non utilizzo dei social media per prendere di mira co-imputati e testimoni nel caso.

 

Dopo aver lasciato il carcere, Trump ha liquidato ancora una volta l’accusa definendola una «parodia della giustizia».

 

Il procuratore distrettuale di Fulton Fani Willis ha aperto un atto d’accusa con 41 capi d’accusa contro l’ex presidente e 18 dei suoi associati all’inizio di questo mese. Alcuni dei coimputati sono già stati arrestati in carcere, tra cui l’ex sindaco di New York Rudy Giuliani, che si è costituito mercoledì. Giuliani ora si trova a subire la legge RICO, pensata per fermare la mafia, che egli da procuratore aveva utilizzato per distruggere le famiglie di Cosa Nostra che regnavano su Nuova York.

 

Trump sta attualmente affrontando accuse di racket e altri crimini nel caso della contea di Fulton, in Georgia. È accusato di aver violato le leggi statali sulla criminalità organizzata, nonché di diversi capi d’accusa di cospirazione per interferire in elezioni, falsa testimonianza, sollecitazione di un pubblico ufficiale a violare il suo giuramento e altri.

 

Il caso contro Trump segna la quarta accusa penale che il 45° presidente degli Stati Uniti d’America deve affrontare quest’anno. I pubblici ministeri federali lo avevano già accusato di dozzine di reati per aver presumibilmente complottato per interferire nelle elezioni del 2020, presumibilmente aver gestito male documenti riservati dopo aver lasciato la Casa Bianca nel 2021 e presumibilmente pagato soldi in segreto alla pornoattrice Stormy Daniels durante la sua campagna elettorale del 2016.

 

Trump ha negato qualsiasi addebito e ha respinto le accuse come una caccia alle streghe motivata politicamente progettata per impedirgli di candidarsi alla presidenza nel 2024.

 

Tuttavia, la notizia del giorno è, più che la situazione giudiziaria del Donald, la sua mug shot, la foto segnaletica scattata dalle autorità, come fosse un criminale comune.

 

L’espressione seria al limite dell’irato di The Donald, ha esaltato i sostenitori e impressionato chiunque altro. Si sostiene che egli, immenso comunicatore, volesse tramite il mug shot lanciare un messaggio: la situazione è seria, e reagirò.

 

La potenza dirompente dell’immagine è tale che Trump è tornato a postare su Twitter, dopo essersi rifiutato di farlo anche dopo la «liberazione» del suo account da parte del nuovo padrone della piattaforma Elon Musk. Come noto, Trump era stato bannato da Twitter dopo il 6 gennaio 2021, quando ancora era presidente in carica…

 

Sul social che ora si chiama X l’ex presidente degli Stati Uniti ha pubblicato la foto segnaletica dalla contea di Fulton, insieme al testo «Interferenza elettorale / Non arrendersi mai!» tutto in maiuscolo, con un collegamento al suo sito web.

 

 

 

Elon Musk ha condiviso il post con il commento: «Next-level».

 

Trump posta da mesi esclusivamente sulla propria piattaforma social, Truth Social, popolata quasi interamente da fan e sostenitori dell’ex presidente e con la quale ha un accordo per fornire contenuti esclusivi per almeno una finestra di sei ore prima pubblicare su qualsiasi altra piattaforma, secondo un documento della SEC dello scorso anno.

 

A gennaio è stato riferito che Trump stava cercando una via d’uscita dal suo accordo di esclusività con la propria piattaforma per tornare a quello che allora era ancora conosciuto come Twitter. L’accordo avrebbe dovuto essere rinnovato a giugno. I suoi post di «foto segnaletiche» sulle due piattaforme sono stati pubblicati solo a circa un’ora di distanza, indicando che la finestra di esclusività di sei ore non è più in vigore.

 

I post precedenti nella cronologia dell’account Twitter di Trump terminano l’8 gennaio 2021, due giorni dopo la rivolta del Campidoglio che è stata sfruttata per bandirlo dalla piattaforma per quasi due anni.

 

Trump ha citato in giudizio la società allora nota come Twitter insieme a Meta (cioè Facebook) e Google nel luglio 2021 dopo essere stato bandito da quasi tutte le piattaforme di social media in seguito alla rivolta del Campidoglio. Anche se un tribunale ha respinto la sua causa lo scorso maggio e Musk gli ha offerto il suo account in ottobre, ha fatto appello alla sentenza, insistendo che la piattaforma aveva violato la sua libertà di parola e commesso censura politica, e utilizzando la pubblicazione dei cosiddetti «Twitter files» da parte di Musk per sostenere il suo caso.

 

Trump guida i sondaggi dei candidati repubblicani con distacco abissale nonostante abbia abbandonato il dibattito primario di Fox News questa settimana per un incontro con il suo ex conduttore di punta Tucker Carlson: l’intervista, mandata online cinque minuti prima del dibattito TV, ha totalizzato oltre 250 milioni di visualizzazioni.

 

 

 

 

 

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Politica

Brigitta Macron contro le femministe: «stupide stronze»

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La moglie del presidente francese Emmanuel Macron, Brigitte, ha provocato un’ondata di indignazione dopo aver definito le manifestanti femministe «salles connes», cioè «stupide stronze».

 

All’inizio di questa settimana è emerso un video (poi cancellato) in cui la first lady francese, domenica scorsa, chiacchierava in privato nel backstage con l’attore e comico ebreo sefardita Ary Abittan, in passato accusato di stupro. L’artista 51enne era in tournée per la prima volta dopo che i giudici istruttori avevano archiviato il caso per mancanza di prove.

 

La sera precedente, il collettivo femminista Nous Toutes («Tutte noi») aveva fatto irruzione nel suo spettacolo di cabaret: alcune attiviste, con maschere raffiguranti il volto dell’attore e la scritta «stupratore», si erano alzate in mezzo al pubblico gridando «Abittan stupratore» prima di essere accompagnate fuori.

 

Nel video trapelato, Abittan scherza sul fatto di sentirsi ancora nervoso, probabilmente temendo il ritorno delle manifestanti. Si sente chiaramente Brigitte Macron rispondere in tono scherzoso: «Se ci sono delle stupide stronze, le cacceremo via».

 

Martedì un portavoce dell’Eliseo ha spiegato che la first lady stava solo cercando di tranquillizzare l’attore e che il suo commento era diretto unicamente ai metodi radicali usati per interrompere lo spettacolo.

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Nonostante la precisazione, le reazioni sono state immediate e trasversali: politici di tutti gli schieramenti, attivisti e personalità del mondo del cinema hanno condannato le parole.

 

La segretaria nazionale dei Verdi, Marine Tondelier, le ha definite «estremamente gravi»; la senatrice LR Agnès Evren le ha giudicate «profondamente sessiste». Persino l’ex presidente François Hollande ha criticato la scelta lessicale della first lady. L’attrice Judith Godrèche, divenuta simbolo della lotta contro le violenze sessuali nel cinema francese dopo aver denunciato abusi subiti da minorenne, ha chiesto la fine di questi comportamenti nel settore culturale e ha pubblicato un breve messaggio su Instagram contro le dichiarazioni di Brigitte Macron. Il collettivo Nous Toutes ha poi trasformato la frase in un hashtag virale sui social.

 

Brigitta Macron era già finita al centro dell’attenzione nei mesi scorsi per una lunga vicenda giudiziaria legata alle teorie complottiste che la descrivono come transgender. Una sentenza di quest’anno ha condannato e multato le due donne che avevano diffuso la falsa notizia, riaccendendo il dibattito sulle molestie online contro le figure pubbliche.

 

Il caso aveva avuto risonanza internazionale dopo che la commentatrice americana Candace Owens ne aveva ripreso le accuse, per poi dichiarare che i Macron avessero ordinato il suo assassinio.

 

Come riportato da Renovatio 21, Macron aveva chiesto personalmente a Trump di intercedere con la Owens per farla smettere di parlare dell’incredibile teoria per cui la Brigitta sarebbe nata uomo.

 

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Immagine di Mélanie Praquin via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

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Trump: Zelens’kyj deve indire le elezioni

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Il presidente statunitense Donald Trump ha invitato l’Ucraina a convocare elezioni, mettendo in dubbio le autentiche prerogative democratiche del Paese in un’intervista a Politico diffusa martedì.   Trump ha lanciato una nuova provocazione a Volodymyr Zelens’kyj, il cui quinquennio presidenziale è terminato a maggio 2024, ma che ha declinato di indire consultazioni elettorali presidenziali, invocando la legislazione di emergenza bellica.   Lo Zelens’kyj era stato scelto alle urne nel 2019 e, a dicembre 2023, ha annunciato che Kiev non avrebbe proceduto a elezioni presidenziali o legislative fintantoché perdurasse lo stato di guerra. Tale regime è stato decretato in seguito all’acutizzazione dello scontro con la Russia a febbraio 2022 e, da allora, è stato prorogato più volte dall’assemblea nazionale.   Trump ha dichiarato a Politico che la capitale ucraina non può più addurre il perdurante conflitto come pretesto per rinviare il suffragio. «Non si tengono elezioni da molto tempo», ha dichiarato Trump. «Sai, parlano di democrazia, ma poi si arriva a un punto in cui non è più una democrazia».   Rispondendo a un quesito esplicito sull’opportunità di un voto in Ucraina, Trump ha replicato «è il momento» e ha insistito che si tratta di «un momento importante per indire le elezioni», precisando che, pur «stiano usando la guerra per non indire le elezioni», gli ucraini «dovrebbero avere questa scelta».   Come riportato da Renovatio 21, il presidente della Federazione Russa Vladimiro Putin ha spesse volte dichiarato di considerare illegittimo il governo di Kiev, sostenendo quindi per cui firmare un accordo di pace con esso non avrebbe vera validità.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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Politica

Tentativo di colpo di Stato in Benin

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Un gruppo di militari del Benin, paese dell’Africa occidentale, ha proclamato la propria ascesa al potere attraverso la tv di stato SRTB. Tuttavia, diverse fonti hanno indicato che un assalto alla residenza presidenziale è fallito.

 

I soldati hanno sfruttato la rete televisiva per annunciare la sospensione delle istituzioni nazionali e della Costituzione beninese, ordinando la chiusura di tutte le frontiere aeree, terrestri e marittime. Hanno designato il tenente colonnello Pascal Tigri come presidente del Comitato Militare per la Rifondazione (CMR), «a partire da oggi». In seguito, il segnale del canale è stato tagliato.

 

Il ministro degli Esteri del Benin, Olushegun Adjadi Bakari, ha riferito all’agenzia Reuters che «un piccolo gruppo» di militari ha orchestrato un tentativo di golpe, ma le truppe leali al presidente Patrice Talon sono al lavoro per ristabilire la normalità. «C’è un tentativo in corso, ma la situazione è sotto controllo… La maggior parte dell’esercito rimane fedele e stiamo riprendendo il dominio della faccenda», ha precisato.

 

Il governo ha poco fa diffuso un video in lingua francese per spiegare l’accaduto. A parlare è Sig. Alassane Seidou, ministro dell’Interno e della Pubblica Sicurezza del Paese.

 

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«Cari concittadini, Nelle prime ore del mattino di domenica 7 dicembre 2025, un piccolo gruppo di soldati ha scatenato un ammutinamento con l’obiettivo di destabilizzare lo Stato e le sue istituzioni. Di fronte a questa situazione, le Forze Armate del Benin e i loro vertici, fedeli al giuramento, rimasero fedeli alla Repubblica».

 

«La loro risposta ha permesso loro di mantenere il controllo della situazione e di sventare la manovra. Di fronte a questa situazione, le Forze Armate del Benin e i loro vertici, fedeli al giuramento, rimasero fedeli alla Repubblica. Pertanto, il Governo invita la popolazione a continuare a svolgere le proprie attività come di consueto».

 

A Cotonou, la principale città del Benin, si sono sentiti spari sin dalle prime ore di domenica, sebbene le voci di un colpo di stato non siano ancora verificate, ha dichiarato Maxim Meletin, portavoce dell’ambasciata russa nel paese africano, all’agenzia African Initiative.

 

«Dalle 7 del mattino, abbiamo rilevato colpi d’arma da fuoco e detonazioni di granate nei dintorni della residenza presidenziale. Stando a indiscrezioni non confermate, militari beninesi si sono presentati alla tv nazionale per proclamare la destituzione del presidente», ha proseguito Meletin.

 

Una fonte vicina a Talon, interpellata da Jeune Afrique, ha raccontato che uomini in divisa hanno provato a irrompere nella residenza presidenziale intorno alle 6 del mattino ora locale, con il capo dello Stato ancora all’interno. L’incursione sarebbe stata sventata dalle guardie di sicurezza, e il presidente sarebbe illeso.

 

Tuttavia, questi dettagli non hanno ricevuto conferme indipendenti da canali ufficiali. Unità dell’esercito fedeli al regime in carica hanno risposto con una controffensiva. Si parla di elicotteri che pattugliano Cotonou, mentre varie zone del centro urbano risultano bloccate.

 

Talon è al timone del Benin dal 2016; il suo secondo e ultimo mandato scadrà nel 2026. La Carta Costituzionale ammette soltanto due quinquenni presidenziali, e le urne per il dopo-Talon sono in programma il 12 gennaio 2026.

 

Nell’agosto 2025, la maggioranza al governo ha sostenuto la corsa alla presidenza del ministro dell’Economia e delle Finanze, Romuald Wadagni.

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