Politica
Emilia-Romagna, la politica ad un bivio
Lo scorso 26 gennaio in Emilia-Romagna è successo qualcosa di prevedibile da una parte e di imprevedibile dall’altra: Bonaccini e il PD hanno strappato ancora una volta la vittoria sulla Regione che governano da settant’anni; il centro-destra – in particolare Lega e Fratelli d’Italia, Forza Italia essendo andata in perdita – sono cresciuti di circa 17 punti percentuali rispetto alle Regionali del 2014.
Il riconfermato Presidente Bonaccini ha vinto sostanzialmente a Bologna e a Reggio Emilia, due roccaforti rosse che non si sono piegate al vento populista. Ha perso, di contro, su tutto il territorio appenninico, dove la Lega ha stravinto con decine di punti di distacco. Cosa significa questo? Qualcuno ha il coraggio di dire che il centro-destra vince laddove regna l’ignoranza delle periferie, delle genti di campagna considerate – evviva il buonismo della sinistra democratica – grette, rozze, meschine.
Il dato probabilmente più reale, invece, è che la periferia è totalmente dimenticata e lasciata a se stessa, vittima dell’abbandono delle montagne da parte dei giovani, perché quelle colline e quelle montagne dimenticate dalla politica che governa questa regione da illo tempore non sono più in grado di produrre lavoro, turismo, nascite.
La periferia è totalmente dimenticata e lasciata a se stessa, perché quelle colline e quelle montagne dimenticate dalla politica non sono più in grado di produrre lavoro, turismo, nascite
E allora, invece che risolvere i problemi creando lavoro, turismo, investendo sul territorio e sulla culla ambientale che incornicia l’Emilia-Romagna risanando il calo demografico e quindi non chiudendo i punti nascite (che non si sarebbero dovuti chiudere comunque) si preferisce lasciare tutto al caso, si preferiscono lasciare alla provvidenza o alla possibilità che cada la manna dal Cielo ben 5161 punti critici fra frane e altri disastri urbanistici.
Si opta, cioè, sull’amministrare senza governare: una assurda logica che però inizia ad andare a genio ad una altrettanta assurda sinistra, che propende verso l’amministrazione dei ricchi e della globalizzazione delle città metropolitane. I notori comunisti con il Rolex, insomma.
Si opta, cioè, sull’amministrare senza governare: una assurda logica che però inizia ad andare a genio ad una altrettanta assurda sinistra, che propende verso l’amministrazione dei ricchi e della globalizzazione delle città metropolitane
Ecco perché in Appennino ha stravinto il populismo, cioè quella politica che sta vicino al popolo, che riguarda il popolo, che si interessa del popolo senza occhiali dorati tondi e risvoltino radical-chic al pantalone in tono con la barba curata e (poco velatamente) hipster.
Ma, come si sa, la montagna non basta mai. Le città sovrappopolate da chi la montagna l’ha abbandonata conta di più, fa più numero ed è più radicata nella mangiatoia regionale.
Anche se, tutto sommato, sentendo i pareri di alcuni commercianti storici della città, non è tutto oro quello che la sinistra di città tocca: recentemente, al termine di un convegno a Reggio Emilia con il Senatore Alberto Bagnai, insieme al fondatore di Renovatio 21, Roberto Dal Bosco, ci siamo recati presso una storica pizzeria/ristorante di centro città. Erano le 23.30 di venerdì sera e intorno, in pieno centro storico, il deserto più assoluto. Tutto chiuso, tutto deserto, tutto silenzioso. Poche luci se non quelle di una pattuglia di polizia ferma ai giardinetti della città, intenta ad interrogare ragazzini probabilmente abituati allo spaccio notturno. Davanti a noi, nel tragitto che ci separava dalla sala conferenza alla pizzeria, un altro gruppo di ragazzetti scoppia petardi dentro ai bidoni del pattume. Il gestore della pizzeria, dopo qualche chiacchiera, si sbottona e ci fa capire che avrebbe votato a destra. Il perché? «Praticamente ogni sera sono costretto a chiamare la polizia. Qui intorno succede di tutto, e la città è lasciata allo sbando, ad immigrati che si divertono a fare casino», ci dice.
Le città sovrappopolate da chi la montagna l’ha abbandonata conta di più, fa più numero ed è più radicata nella mangiatoia regionale
Di contro, gli errori strategici di chi ha rappresentato il populismo di centro-destra, rimpiazzando quella sinistra che un tempo sfilava con gli operai e oggi banchetta da Bottura per 1000 euro a cranio, non sono di certo mancati.
Primo fra tutti, a nostro modesto avviso, in ordine di gravità ma ultimo a livello tempistico, quasi a chiusura di campagna elettorale, è stato quello commesso dall’ormai ex vertice emiliano della Lega, l’On. Gianluca Vinci, che ha parlato di riorganizzazione della Sanità attraverso «un modello diverso che premi di più la sanità privata perché ha manager privati che la fanno funzionare meglio». Senza entrare nel merito della questione, quantomeno discutibile sempre a nostro avviso, non riteniamo sia proprio un argomento da trattare in chiusura di campagna elettorale.
E ancora una poca ricerca ed attenzione per i temi più specifici, più amministrativi e locali e non solo politici.
Se non si può certo recriminare nulla alla costante e battente presenza del leader del Carroccio, Matteo Salvini, che ha girato in lungo e in largo l’Emilia e la Romagna, presenziando in luoghi non dimenticati da Dio ma dalla politica sì, le considerazioni su alcune scelte tecniche faticano ad essere positive.
Qualcuno sostiene che la nuova Lega propenda verso una versione «giorgettiana» che miri oramai più al centro che verso la destra conservatrice e sovranista verso la quale tanto elettori negli anni si erano spostati.
Puntando al centro si perde? Sono domande lecite, che qualcuno si è fortemente e giustamente posto.
Il centrismo di una certa fetta di Lega sembra essersi effettivamente visto e percepito nella scelta di alcuni candidati, poi non eletti, su Reggio Emilia e Modena. Le scelte di due candidate con uno sguardo al centro – Rubertelli e Bertolini – sembrano non essere state gradite dalla vecchia guardia leghista: una quasi outsider come la Catellani, candidata alla Regione con la Lega dopo le prove di forza alle scorse politiche, ha (quasi) inspiegabilmente vinto nel numero di preferenze contro la Rubertelli.
La coerenza e il coraggio pagano sempre, come insegna l’Inghilterra di Boris Johnson
Puntando al centro si perde? Sono domande lecite, che qualcuno si è fortemente e giustamente posto.
Verosimilmente, con un centro-sinistra che guarda ai poteri forti, alle élite e al contatto con i salotti radical-chic (le avete viste le sardine che posano con i Benetton e Oliviero Toscani sulle praterie trevigiane, con placet di Soros?), l’unica risposta può essere una destra forte del proprio populismo, fiera del proprio sovranismo, con che avanza lasciando da parte i centrismi che fino ad oggi, in politica e in Europa, non hanno risolto nulla.
Rivogliamo e speriamo che venga rinvigorito un centro-destra sovranista, anti-Unione Europea, forte dei propri valori nazionali, orgoglioso della propria tradizione e delle proprie radici (e che non parli più, possibilmente, di «pareggio di bilancio» e dei Draghi sui Colli)
La coerenza e il coraggio pagano sempre, come insegna l’Inghilterra di Boris Johnson. L’incoerenza ed il tradimento non pagano mai, come insegna il funerale politico del MoVimento 5 Stelle, che con un pugno di voti ha confermato il già noto complesso di Edipo politico – palese anche in alcuni dei leader – per Mamma EU, incarnata nella persona di Ursulona von der Leyen. «Amare l’Europa e odiare l’Unione Europea», come ha affermato nel suo ultimo discorso-show al Parlamento Europeo Nigel Farage.
In poche parole: rivogliamo e speriamo che venga rinvigorito un centro-destra sovranista, anti-Unione Europea, forte dei propri valori nazionali, orgoglioso della propria tradizione e delle proprie radici (e che non parli più, possibilmente, di «pareggio di bilancio» e dei Draghi sui Colli).
Vogliamo che il Parlamento pulluli di gente come Borghi e di Bagnai, di persone intellettualmente oneste e capaci di dire NO, laddove il dire SÌ implicherebbe il tradimento del popolo, della Nazione e di quella non negoziabile appartenenza ad una Nazione veramente, costituzionalmente Sovrana.
Cristiano Lugli
Politica
Il primo ministro finlandese si scusa per i post razzisti dei parlamentari della coalizione
Il primo ministro finlandese Petteri Orpo ha presentato le sue scuse ai cittadini di Cina, Giappone e Corea del Sud in seguito alle foto pubblicate da alcuni parlamentari, inclusi esponenti della sua coalizione di governo, in cui si ritraevano tirando gli angoli degli occhi per simulare tratti asiatici.
La polemica è scoppiata a novembre, quando la ventiduenne Sarah Dzafce, incoronata Miss Finlandia, è stata privata del titolo dopo la diffusione di un’immagine in cui appariva mentre compiva lo stesso gesto, considerato da molti una derisione nei confronti delle persone asiatiche. I detrattori della decisione hanno ritenuto la sanzione eccessiva e hanno reagito condividendo foto analoghe in segno di solidarietà.
Tra quanti hanno postato tali selfie vi erano deputati del Partito dei Veri Finlandesi (PS), tra cui Kaisa Garedew, Juho Eerola e Sebastian Tynkkynen.
Hey Human Rights Ambassador Katja Pehrman, are there human rights of Asian people in Finland? I don’t think so!https://t.co/k8ia6pzU1Y pic.twitter.com/lAKocl7L6q
— 🇯🇵Sachi ダーウィンAus.🇦🇺 (@sachihirayama) December 13, 2025
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L’Orpo guida un esecutivo di coalizione a quattro partiti, nel quale i Veri Finlandesi detengono dieci ministeri, inclusa la vicepresidenza del governo. In una dichiarazione resa pubblica mercoledì attraverso le ambasciate finlandesi in Cina, Giappone e Corea del Sud, Orpo ha precisato che tali post «non riflettono i valori di uguaglianza e inclusione della Finlandia», aggiungendo che il suo governo «prende sul serio il razzismo ed è impegnato a combattere il problema».
Il Partito dei Veri Finlandesi (Perussuomalaiset, PS)è una formazione politica nazionalista, populista di destra ed euroscettica, fondata nel 1995 come erede del Partito Rurale Finlandese. La sua piattaforma politica si basa su valori patriottici e cristiani-sociali, con enfasi sulla difesa dell’identità nazionale, della sovranità finlandese e del benessere dei cittadini autoctoni.
Al centro del programma vi è una forte opposizione all’immigrazione di massa, specialmente da Paesi non europei, vista come minaccia alla cultura e al sistema welfare. Il partito propone restrizioni severe: priorità ai finlandesi per servizi sociali e sanitari, rifiuto del multiculturalismo forzato e protezione delle tradizioni cristiane, come feste natalizie e inni scolastici tradizionali, contro quella che definisce «propaganda ideologica».
Sul piano economico, i Veri Finlandesi sostengono un welfare chauvinista: stato sociale robusto ma riservato principalmente ai cittadini finlandesi, con tasse moderate usate per benefici nazionali. Criticano il neoliberismo elitario e promuovono imprenditorialità, innovazione e tecnologie pulite, ma in modo sostenibile per l’economia e l’arredo quotidiano, senza misure climatiche «isteriche» che penalizzino classi medie e rurali.
Riguardo all’UE, il partito è critico verso l’integrazione eccessiva: difende la sovranità nazionale, oppone trasferimenti di potere a Bruxelles e vede l’Europa come casa dei popoli europei, con enfasi su civiltà occidentale e cristiana. Pur eurorealisti, non propongono uscita immediata ma riforme profonde.
I Veri Finlandesi si presentano come difensori del quivis de populo comune contro élite mondialiste, immigrazione e burocrazia UE, combinando nazionalismo, conservatorismo sociale e elementi di giustizia sociale. Dal 2023 fanno parte del governo di coalizione, influenzando politiche su immigrazione e finanze.
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Politica
Il Cile vira a destra: eletto il cattolico Kast
🚨 BREAKING: THOUSANDS of right-wing Chileans have SURGED to the streets celebrating tonight’s landslide victory of Jose Kast over the Communist candidate in the presidential election.
Socialism is being kicked out of power. NATIONALISM! POPULISM! It is rising, EVERYWHERE! pic.twitter.com/INQ9yJAJHP — Eric Daugherty (@EricLDaugh) December 15, 2025
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— Javier Milei (@JMilei) December 14, 2025
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🚨BREAKING: Thousands of Chileans flood the streets to celebrate the win of pro-Trump populist Jose Antonio Kast Rist
Chile has defeated communism today. pic.twitter.com/czSBu8IJOQ — Inevitable West (@Inevitablewest) December 15, 2025
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Politica
Esponente del partito AfD insiste sul fatto che la Germania dovrebbe uscire dalla NATO
Jörg Urban, presidente dell’AfD della Sassonia e capogruppo del partito nel parlamento della Sassonia, ha sollevato dettagliatamente la possibilità che la Germania lasci la NATO, in un discorso del 12 dicembre.
In risposta alle dichiarazioni bellicose del Segretario Generale della NATO Mark Rutte, Urban ha scritto sul suo canale Telegram: «L’obiettivo dichiarato dell’adesione della Germania alla NATO è proteggere il nostro Paese. Ma in realtà, sta diventando sempre più un rischio per la sicurezza dell’Europa».
Se posture come quella Rutte continueranno a dettare il passo ai governi europei, è solo questione di tempo prima che venga richiesta una «difesa avanzata» contro la Russia.
Il leader del partito della Sassonia chiede quindi una Germania neutrale e libera da alleanze, seguendo l’esempio delle vicine Austria e Svizzera.
Come riportato da Renovatio 21, i delegati AfD l’anno passato respinsero a larga maggioranza una mozione che condannava Putin.
AfD chiede inoltre l’uscita della Germania dall’UE.
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Immagine di PantheraLeo1359531 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
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