Geopolitica
«È ora di andare»: Orban chiede la defenestrazione della Von der Leyen
Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha chiesto le dimissioni della Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, pubblicando un’immagine parodia in vista del voto di sfiducia previsto al Parlamento europeo. La mozione, prevista per giovedì, prende di mira la sua gestione degli approvvigionamenti del vaccino contro il COVID-19.
Martedì Orban ha condiviso un’immagine stilizzata come la copertina della celeberrima rivista americana TIME, raffigurante uno sfondo rosso e una von der Leyen in ritirata, con la didascalia «è ora di andare».
L’immagine era una parodia della copertina della rivista dedicata a Biden del 2024, pubblicata dopo l’annuncio dell’allora presidente degli Stati Uniti di ritirarsi dalla campagna elettorale.
L’Orban è da tempo uno dei più aspri oppositori di von der Leyen, accusandola di minare le istituzioni dell’UE e di interferire negli affari interni degli Stati membri, scontrandosi spesse volte con Bruxelles su controversie sullo stato di diritto e sulla politica sanzionatoria, e ha affermato che la leadership dell’Unione ha cercato di isolare politicamente l’Ungheria.
All’interno dell’UE, von der Leyen ha dovuto affrontare crescenti critiche, in particolare per la sua condotta durante la pandemia di COVID-19. Il suo rifiuto di pubblicare i messaggi privati scambiati con l’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla, durante i colloqui sull’approvvigionamento dei vaccini ha alimentato continue polemiche. Un tribunale europeo ha stabilito all’inizio di quest’anno che il suo ufficio non era riuscito a fornire una giustificazione legittima per la riservatezza dei messaggi.
Time to go. pic.twitter.com/utLYFKQz6b
— Orbán Viktor (@PM_ViktorOrban) July 9, 2025
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Varie voci, provenienti da tutto l’arco europarlamentare e dal mondo dell’euroscetticismo hanno accusato Ursula di centralizzare il potere, aggirando le tradizionali procedure della Commissione e il controllo parlamentare, nonché di ignorare la sovranità nazionale in questioni delicate.
Il voto di sfiducia di giovedì è stato avviato dall’eurodeputato rumeno Gheorghe Piperea, che ha denunciato un modello di «eccesso istituzionale» nella condotta di Von der Leyen. La mozione necessita di una maggioranza dei due terzi e del sostegno della maggioranza assoluta dei 720 membri del Parlamento europeo per essere approvata – una soglia che, secondo gli osservatori, difficilmente verrà raggiunta.
Come riportato da Renovatio 21, in risposta la Von der Leyen si è scagliata contro i suoi oppositori, etichettandoli come «complottisti» e «no-vax» sostenuti dal Putin. Intervenendo in una sessione plenaria questa settimana, ha affermato che alcuni dei suoi critici stavano agendo «per conto dei loro burattinai in Russia».
Mosca ha ripetutamente accusato von der Leyen di nutrire idee russofobe. Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, all’inizio di quest’anno, l’ha definita «Führer Ursula» e l’ha accusata di promuovere la militarizzazione in tutta l’UE, distogliendo l’attenzione dalla cattiva gestione finanziaria dell’era pandemica. I funzionari del Cremlino hanno anche criticato il suo sostegno all’Ucraina e il suo ruolo nell’estensione delle sanzioni contro la Russia, definendola uno dei principali motori dello scontro tra UE e Mosca.
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Orban insiste: il prestito dell’UE all’Ucraina spinge il blocco in guerra con la Russia
For the first time in the history of the European Union, 24 member states have jointly granted a war loan to a country outside the Union. This is not a technical detail but a qualitative shift. The logic of a loan is clear: whoever lends money wants it back. In this case,… pic.twitter.com/jeBi6A2e29
— Orbán Viktor (@PM_ViktorOrban) December 20, 2025
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Geopolitica
Gli USA sequestrano un’altra petroliera al largo del Venezuela
Gli Stati Uniti hanno intercettato e sequestrato un’altra petroliera al largo delle coste venezuelane, intensificando la pressione su Caracas a pochi giorni dall’annuncio del presidente Donald Trump di un blocco «totale e completo» sulle spedizioni di petrolio soggette a sanzioni unilaterali.
Il segretario per la Sicurezza interna degli Stati Uniti, Kristi Noem, ha confermato l’operazione sabato, spiegando che la Guardia costiera americana, con l’appoggio del Dipartimento della Difesa, ha fermato una petroliera che aveva recentemente fatto scalo in Venezuela.
La Noem ha condiviso su X un video dell’intervento, sostenendo che l’azione, condotta prima dell’alba, mirava a contrastare il «movimento illecito di petrolio sanzionato» presumibilmente destinato a finanziare il «narcoterrorismo» nella regione.
In a pre-dawn action early this morning on Dec. 20, the US Coast Guard with the support of the Department of War apprehended an oil tanker that was last docked in Venezuela.
The United States will continue to pursue the illicit movement of sanctioned oil that is used to fund… pic.twitter.com/nSZ4mi6axc
— Secretary Kristi Noem (@Sec_Noem) December 20, 2025
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L’iniziativa si inserisce nel potenziamento della presenza militare statunitense intorno al Venezuela e segue l’ordine impartito da Trump all’inizio della settimana di bloccare tutte le petroliere sanzionate in entrata o in uscita dal Paese. A differenza però della nave sequestrata all’inizio del mese, quella intercettata nel fine settimana non figurava tra quelle sanzionate dagli USA e trasportava greggio venezuelano destinato all’Asia, secondo quanto riportato dalla CNN. Il sequestro è avvenuto in acque internazionali e rappresenta la seconda operazione del genere nelle ultime settimane.
Dall’interdizione precedente, diverse imbarcazioni sarebbero rimaste ancorate in acque venezuelane per evitare rischi simili, causando un drastico calo delle esportazioni di petrolio greggio del Paese. All’inizio della settimana, Trump ha accusato il Venezuela di «rubare» beni e investimenti petroliferi americani, minacciando che Washington «li vuole indietro» e che, in caso contrario, Caracas affronterà la collera della «più grande armata mai assemblata nella storia del Sud America».
La campagna di pressione statunitense, avviata a settembre, ha compreso schieramenti navali, sequestri di navi e decine di operazioni contro imbarcazioni sospettate di traffico di droga nei pressi del Venezuela, che secondo le autorità americane hanno provocato la morte di oltre 100 presunti membri di cartelli.
Caracas ha sempre negato qualsiasi coinvolgimento nel narcotraffico e ha condannato i sequestri e il blocco come atti illegali di pirateria, promettendo di difendere la propria sovranità. Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha accusato Washington di perseguire un cambio di regime per appropriarsi delle ingenti riserve petrolifere del Paese.
Gli Stati Uniti non hanno escluso ulteriori misure: Trump ha recentemente ribadito che operazioni di terra contro il Venezuela restano un’opzione sul tavolo.
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Macron: l’UE dovrebbe essere pronta a interagire con la Russia
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