Geopolitica
Droni yemeniti attaccano l’Arabia Saudita
Sabato un pesante attacco è stato sferrato dallo Yemen contro due città nel sud dell’Arabia Saudita , Khamis Mushait e Najran, che ha utilizzato droni carichi di esplosivo.
Secondo quanto riferito, lo sciame di droni è entrato nello spazio aereo del regno dei Saud per varie ore. Sarebbero stati intercettati dall’antiaerea saudita ben 17 droni. «Le operazioni di intercettazione hanno avuto successo», hanno detto i militari sauditi.
Lo sciame di droni è entrato nello spazio aereo del regno dei Saud per varie ore. Sarebbero stati intercettati dall’antiaerea saudita ben 17 droni
«Le difese aeree dell’Arabia Saudita hanno distrutto 17 droni Houthi lanciati sabato verso la regione meridionale del Regno», spiega la fonte regionale in lingua inglese Arab News sui. «Un drone con una trappola esplosiva ha preso di mira Khamis Mushait la mattina presto prima che altri sette obiettivi nella regione meridionale venissero intercettati nello spazio aereo yemenita durante il pomeriggio».
«Khamis Mushait è stata nuovamente presa di mira da due droni la sera», continua l’articolo. «Un altro drone ha preso di mira Najran in tarda serata prima che altri sei venissero abbattuti verso mezzanotte».
I leader del Golfo Arabo sono stati unanimi nella condanna di quelli che hanno chiamato tentativi degli Houthi yemeniti di «prendere di mira in modo sistematico i civili». I sauditi e i loro alleati, compresi i funzionari statunitensi, hanno a lungo accusato l’Iran di sostenere e fornire tali operazioni Houthi.
I sauditi e i loro alleati, compresi i funzionari statunitensi, hanno a lungo accusato l’Iran di sostenere e fornire tali operazioni Houthi.
Fonti israeliane hanno affermato la responsabilità degli Houthi per gli attacchi dei droni: «sabato, i ribelli Houthi sostenuti dall’Iran hanno twittato che un drone è stato lanciato la mattina verso la base aerea di King Khaled a Khamis Mushait», ha scritto la testata israeliana i24 .
Watch: The Arab Coalition releases footage of Saudi Arabia’s air defenses intercepting the explosive drones launched by the Houthis towards the southern Saudi region.https://t.co/BNAxj99mKy pic.twitter.com/uW6qnD7qYf
— Al Arabiya English (@AlArabiya_Eng) June 19, 2021
Secondo il Wall Street Journal, questo nuovo capitolo della guerra saudo-yemenita – che continua ininterrottamente dal 2015, nonostante l’ipocrita blackout sui media occidentali – l’amministrazione Biden avrebbe appena deciso il ritiro dei sistemi di missili Patriot dall’area.
«Il Pentagono sta ritirando circa otto ìbatterie antimissili Patriot da paesi tra cui Iraq, Kuwait, Giordania e Arabia Saudita , secondo i funzionari – scrive l’articolo del WSJ – Un altro sistema antimissile noto come Terminal High Altitude Area Defense, o sistema THAAD, viene ritirato dall’Arabia Saudita e gli squadroni di caccia a reazione assegnati alla regione vengono ridotti».
La tempistica dell’attacco a base di droni è quindi quantomeno singolare
La tempistica dell’attacco a base di droni è quindi quantomeno singolare.
ICYMI: A bomb-laden drone launched by Yemen’s #Houthis crashed into a Saudi school, according to the Saudi Press Agency, despite growing diplomatic efforts for a ceasefire.https://t.co/TASzSdqL8D
— Al Arabiya English (@AlArabiya_Eng) June 14, 2021
La precedente amministrazione Trump aveva iniziato a inviare tonnellate di materiale bellico aggiuntivo in seguito all’attacco missilistico e con droni del settembre 2019 agli impianti di lavorazione del petrolio Saudi ARAMCO ad Abqaiq e Khurais nell’est dell’Arabia Saudita.
È chiaro è che i falchi del Congresso USA indicheranno ora i continui attacchi di droni alle città saudite provenienti dallo Yemen che richiedono una forte presenza militare statunitense nel regno
Come sottolineano gli analisti, è chiaro è che i falchi del Congresso USA indicheranno ora i continui attacchi di droni alle città saudite provenienti dallo Yemen che richiedono una forte presenza militare statunitense nel regno.
Quindi, come sempre, in ogni atto ostile, c’è da chiedersi: cui prodest?
Geopolitica
Putin: la Russia raggiungerà tutti i suoi obiettivi nel conflitto ucraino
La Russia porterà a compimento tutti gli obiettivi dell’operazione militare speciale in Ucraina, ha dichiarato il presidente Vladimir Putin.
Tra gli scopi principali enunciati da Putin nel 2022 vi sono la protezione degli abitanti delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk dall’aggressione delle forze di Kiev, nonché la smilitarizzazione e la denazificazione dell’Ucraina.
«Naturalmente porteremo a termine questa operazione fino alla sua logica conclusione, fino al raggiungimento di tutti gli obiettivi dell’operazione militare speciale», ha affermato Putin in videocollegamento durante la riunione del Consiglio presidenziale per i diritti umani di martedì.
Il presidente russo quindi ricordato che il conflitto è scoppiato quando l’esercito ucraino è stato inviato nel Donbass, regione storicamente russa che nel 2014 aveva respinto il colpo di Stato di Maidan sostenuto dall’Occidente. Questo, secondo il presidente, ha reso inevitabile l’intervento delle forze armate russe per porre fine alle ostilità.
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«Si tratta delle persone. Persone che non hanno accettato il colpo di Stato in Ucraina nel 2014 e contro le quali è stata scatenata una guerra: con artiglieria, armi pesanti, carri armati e aviazione. È lì che è iniziata la guerra. Noi stiamo cercando di mettervi fine e siamo costretti a farlo con le armi in pugno».
Putin ha ribadito che per otto anni la Russia ha cercato di risolvere la crisi per via diplomatica e «ha firmato gli accordi di Minsk nella speranza di una soluzione pacifica». Tuttavia, ha aggiunto la settimana scorsa in un’intervista a India Today, «i leader occidentali hanno poi ammesso apertamente di non aver mai avuto intenzione di rispettarli», avendoli sottoscritti unicamente per guadagnare tempo e permettere all’Ucraina di riarmarsi.
Mosca ha accolto positivamente il nuovo slancio diplomatico impresso dal presidente statunitense Donald Trump, che ha proposto il suo piano di pace in 28 punti come base per un’intesa.
Lunedì Trump ha pubblicamente invitato Volodymyr Zelens’kyj ad accettare le proposte di pace, lasciando intendere che il leader ucraino non abbia nemmeno preso in esame l’ultima offerta americana.
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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Geopolitica
Lavrov elogia la comprensione di Trump delle cause del conflitto in Ucraina
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Geopolitica
Gli europei sotto shock per la strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti per il 2025
I leader europei e i media dell’establishment sono in preda al panico dopo la diffusione, sul portale ufficiale della Casa Bianca, della «Strategia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti d’America 2025» (NSS).
A terrorizzare Bruxelles e dintorni è l’impegno esplicito del governo USA a privilegiare «Coltivare la resistenza all’attuale traiettoria dell’Europa all’interno delle nazioni europee», descritta in termini aspri ma realistici. Il report si scaglia in particolare contro l’approccio dell’UE alla Russia.
L’NSS ammonisce che il Vecchio Continente rischia la «cancellazione della civiltà» se non invertirà la rotta imposta dall’Unione Europea e da altre entità sovranazionali. La «mancanza di fiducia in se stessa» del Continente emerge con evidenza nelle interazioni con Mosca. Gli alleati europei detengono un netto primato in termini di hard power rispetto alla Russia in quasi tutti i campi, salvo l’arsenale nucleare.
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Dopo l’invasione russa in Ucraina, i rapporti europei con Mosca sono drasticamente deteriorati e numerosi europei vedono nella Federazione Russa una minaccia esistenziale. Gestire le relazioni transatlantiche con la Russia esigerà un impegno diplomatico massiccio da Washington, sia per reinstaurare un equilibrio strategico in Eurasia sia per scongiurare frizioni tra Mosca e gli Stati europei.
«È un interesse fondamentale degli Stati Uniti negoziare una rapida cessazione delle ostilità in Ucraina, al fine di stabilizzare le economie europee, prevenire un’escalation o un’espansione indesiderata della guerra e ristabilire la stabilità strategica con la Russia, nonché per consentire la ricostruzione post-ostilità dell’Ucraina, consentendole di sopravvivere come Stato vitale».
Il conflitto ucraino ha paradossalmente accresciuto la vulnerabilità esterna dell’Europa, specie della Germania. Oggi, le multinazionali chimiche tedesche stanno erigendo in Cina alcuni dei più imponenti complessi di raffinazione globale, sfruttando gas russo che non possono più procurarsi sul suolo patrio.
L’esecutivo Trump si scontra con i burocrati europei che coltivano illusioni irrealistiche sul prosieguo della guerra, appollaiati su coalizioni parlamentari fragili, molte delle quali calpestano i pilastri della democrazia per imbavagliare i dissidenti. Una vasta maggioranza di europei anela alla pace, ma tale aspirazione non si riflette nelle scelte politiche, in gran parte ostacolate dal sabotaggio dei meccanismi democratici perpetrato da quegli stessi governi. Per quanto allarmati siano i continentali, l’establishment britannico lo è ancor di più.
Ruth Deyermond, docente al dipartimento di Studi della Guerra del King’s College London e specialista in dinamiche USA-Russia, ha commentato su X che il testo segna «l’enorme cambiamento nella politica statunitense nei confronti della Russia, visibile nella nuova Strategia per la Sicurezza Nazionale – il più grande cambiamento dal crollo dell’URSS». Mosca appare citata appena dieci volte nel corposo documento, nota Deyermond, e prevalentemente per evidenziare le fragilità europee.
In un passaggio esemplare, il report afferma che «questa mancanza di fiducia in se stessa è più evidente nelle relazioni dell’Europa con la Russia». «L’assenza della Russia dalla Strategia di Sicurezza Nazionale 2025 appare davvero strana, sia perché la Russia è ovviamente uno degli stati che hanno l’impatto più significativo sulla stabilità globale al momento, sia perché l’amministrazione è così chiaramente interessata alla Russia (…) Non è solo la mancanza di riferimenti alla Russia a essere sorprendente, è il fatto che la Russia non venga mai menzionata come avversario o minaccia» scrive l’accademica.«La mancanza di discussione sulla Russia, nonostante la sua importanza per la sicurezza e l’ordine internazionale e la sua… importanza per l’amministrazione Trump, fa sembrare che stiano semplicemente aspettando di poter parlare in modo più positivo delle relazioni in futuro».
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La parte dedicata al dossier ucraino – che allude al fatto che «l’amministrazione Trump si trova in contrasto con i politici europei che nutrono aspettative irrealistiche per la guerra» – pare quasi redatta dal Cremlino. L’incipit della Deyermond è lapidario: «Se qualcuno in Europa si aggrappa ancora all’idea che l’amministrazione Trump non sia inamovibile filo-russa e ostile alle istituzioni e ai valori occidentali, dovrebbe leggere la Strategia per la Sicurezza Nazionale del 2025 e ripensarci».
Il NSS dedica scarsa attenzione alla NATO, se non per insistere sulla cessazione della sua espansione indefinita, ma stando ad un articolo Reuters del 5 dicembre, Washington intende che l’Europa rilevi entro il 2027 la gran parte delle competenze di difesa convenzionale dell’Alleanza, dall’intelligence ai missili. Questa scadenza «irrealistica» è stata illustrata questa settimana a diplomatici europei a Washington dal team del Pentagono incaricato della politica atlantica, secondo cinque fonti «a conoscenza della discussione».
Nel corso dell’incontro, i vertici del Dipartimento della Difesa avrebbero espresso insoddisfazione per i passi avanti europei nel potenziare le proprie dotazioni difensive dopo l’«invasione estesa» russa in Ucraina del 2022. Gli esponenti USA hanno avvisato i loro omologhi che, in caso di mancato rispetto del termine del 2027, gli Stati Uniti potrebbero sospendere la propria adesione a certi meccanismi di coordinamento difensivo NATO, hanno riferito le fonti. Le capacità convenzionali comprendono asset non nucleari, da truppe ad armamenti, e i funzionari non hanno chiarito come misurare i progressi europei nell’assunzione della quota preponderante del carico, precisa Reuters.
Non è dato sapere se il limite temporale del 2027 rifletta la linea ufficiale dell’amministrazione Trump o meri orientamenti di singoli addetti del Pentagono. Diversi rappresentanti europei hanno replicato che un tale orizzonte non è fattibile, a prescindere dai criteri di valutazione di Washington, dal momento che il Vecchio Continente necessita di risorse finanziarie aggiuntive e di una volontà politica più marcata per rimpiazzare alcune dotazioni americane nel breve periodo.
Tra le difficoltà, i partner NATO affrontano slittamenti nella fabbricazione degli equipaggiamenti che intendono acquisire. Sebbene i funzionari USA abbiano sollecitato l’Europa a procacciarsi più hardware di produzione statunitense, taluni dei sistemi difensivi e armi made in USA più cruciali imporrebbero anni per la consegna, anche se commissionati oggi.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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