Economia
Draghi, affare fatto: l’Italia non dipenderà più al 46% dal gas russo, ma al 43% dal gas algerino

Il contenimento del danno autoinflitto con le sanzioni ha già mostrato capitoli grotteschi – la storia dei condizionatori da abbassare di un grado – ora giunge al ridicolo, e al pericoloso.
La «diversificazione» degli idrocarburi necessari all’Italia, come noto, è passata per Algeri, antica alleata dell’ENI, da cui, hanno promesso agli industriali, porteremo a casa molto del gas che ci serve.
Ricorderete il viaggio di Draghi, che in conferenza stampa congiunta con presidente della Repubblica algerina Abdelmadjid Tebboune, confuse l’Algeria con l’Argentina.
Il governo del Presidente del Consiglio Mario Draghi ha stretto un accordo con l’Algeria per la fornitura di ulteriori 10 milioni di metri cubi di gas naturale portando a regime il gasdotto “Enrico Mattei” (Transmed). Questo, insieme a una maggiore quantità di gas naturale proveniente da Azerbaigian, U.S.A. (GNL) ed Egitto, dovrebbe consentire all’Italia di ridurre il gas naturale fornito dalla Russia dal 43% al 14% del totale
Secondo il team di ricerca economica di Michele Geraci, sottosegretario del governo gialloverde in quota Lega ma filocinese assai, per raggiungere l’obiettivo della sostituzione delle risorse russe, il governo del Presidente del Consiglio Mario Draghi ha stretto un accordo con l’Algeria per la fornitura di ulteriori 10 milioni di metri cubi di gas naturale portando a regime il gasdotto «Enrico Mattei» (Transmed).
Ciò, insieme a una maggiore quantità di gas naturale proveniente da Azerbaigian (via TAP), USA (via navi GNL) ed Egitto, dovrebbe consentire all’Italia di ridurre il gas naturale fornito dalla Russia dal 43% al 14% del totale.
Tuttavia, l’Algeria fornisce già all’Italia il 32%; con le nuove forniture, questa diventerebbe del 46%.
«In altre parole, l’Italia intende diventare più dipendente dall’Algeria di quanto non lo sia attualmente dalla Russia!» nota EIR.
L’accordo Italia-Algeria ha inoltre irritato un Paese europeo con cui (a differenza di Francia e Germania) abbiamo rapporti economici piuttosto rilassati: la Spagna.
Madrid è fortemente dipendente dal gas algerino, e il governo spagnuolo ha appena provocato una crisi con Algeri per il Sahara occidentale.
Dopo decenni di neutralità, la Spagna si è schierata con il Marocco sulla questione, alla quale il governo algerino ha reagito minacciando un aumento del prezzo del gas per rappresaglia.
Questo non è esattamente è un buon segnale per la nuova fase di partenariato con Algeri.
Come noto, la Russia non ha mai fatto scherzi simili: come ammesso perfino dal giornale di Confindustria, i contratti sono sempre stati rispettati, anche nella fase più acuta che stiamo vivendo, con la fornitura che procede ai prezzi concordati.
«La Russia nel 2021 ha accresciuto l’invio di metano verso l’Italia, contrariamente ai luoghi comuni che parlano di tagli alle forniture. È chiaro; sono medie annuali che nascondono le oscillazioni. Ma la Gazprom ha sempre assicurato le forniture a prezzo concordato dai contratti di lunga durata» ha scritto lo scorso 6 febbraio Il Sole 24 ore.
Si tratta di una caratteristica che riguardava anche l’Unione Sovietica, che forniva gas rispettando gli accordi anche durante le crisi della Guerra Fredda: è, di fatto, una strategia commerciale, la ricerca e il mantenimento di una consistency, cioè di un’affidabilità concreta.
C’è perfino il paradosso che nel 2022 l’Italia stava importando più gas russo che negli altri anni.
Quindi, fateci capire il capolavoro di Draghi (e del fido Di Maio, sempre in tour alla cerca di pietanze esotiche): barattiamo il 43% di dipendenza del gas da un partner affidabile per affidarci al 46% ad un partner mercuriale, peraltro implicato in una serie di incontri con il confinante Marocco che potrebbero escalare, magari in orrori non dissimili a quelli visti durante la cosiddetta «guerra civile algerina», dove i tagliagole islamici uccisero barbaramente fino a 150 mila persone.
Come riportato da Renovatio 21, Il ministro di Stato del Qatar per gli affari energetici Saad Sherida Al Kaabi ha dichiarato al Forum di Doha che il Qatar non è in grado di aiutare l’Europa con le consegne di gas naturale liquefatto.
Sarebbe ora che gli europei, i Draghi in primis, si facessero una sana doccia di realismo. Presto, però: perché corrono il rischio di farsela fredda.
Economia
Il debito francese è un pericolo per tutta l’Eurozona

Il crescente debito sovrano della Francia, unito alle lotte politiche interne, potrebbe minacciare la stabilità fiscale dell’Eurozona. Lo riporta l’emittente pubblica tedesca Deutsche Welle, citando un esperto.
La Francia ha uno dei debiti nazionali più elevati dell’UE, attualmente pari a 3,35 trilioni di euro (3,9 trilioni di dollari), pari a circa il 113% del PIL. Si prevede che il rapporto salirà al 125% entro il 2030. Il deficit di bilancio è previsto al 5,4-5,8% quest’anno, ben al di sopra del limite del 3% previsto dall’Unione.
Friedrich Heinemann del Centro Leibniz per la Ricerca Economica Europea ZEW di Mannheim, in Germania, ha dichiarato alla testata in un articolo pubblicato sabato: «dovremmo essere preoccupati. L’eurozona non è stabile in questo momento».
Un drastico piano di austerità proposto dal primo ministro francese François Bayrou, membro del governo di minoranza, ha innescato un voto di sfiducia, che ha perso lunedì sera, portando al collasso il governo francese.
Il piano del Bayrou prevedeva tagli ai posti di lavoro nel settore pubblico, una riduzione della spesa sociale e la soppressione di due festività. Il Rassemblement National di Marina Le Pen, i Socialisti e il partito di sinistra La France Insoumise si sono opposti con veemenza alla proposta.
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Anche un sondaggio Elabe condotto prima del voto ha mostrato che la maggior parte degli intervistati era contraria alle misure.
Lo Heinemann ha dichiarato a DW di dubitare che la Francia troverà presto una via d’uscita, visti gli aspri scontri politici.
A luglio, Bloomberg, citando gli esperti di ING Groep NV, ha affermato in modo analogo che il crescente debito della Francia potrebbe rappresentare una «bomba a orologeria» per la stabilità finanziaria dell’UE.
Nonostante il considerevole deficit di bilancio, la Francia prevede di aumentare la spesa militare a 64 miliardi di euro nel 2027, il doppio di quanto speso nel 2017.
Il presidente Emmanuel Macron ha ripetutamente citato una presunta minaccia russa. Il Cremlino ha costantemente liquidato le accuse come «assurdità», accusando l’UE di una rapida militarizzazione.
A maggio, gli Stati membri hanno approvato un programma di debito da 150 miliardi di euro per l’approvvigionamento di armi.
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Immagine di Philippe Druesne via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
Economia
Trump porge il ramoscello d’ulivo a Musk. Cui Tesla prepara un possibile pagamento da un trilione

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Economia
La Turchia interrompe totalmente gli scambi commerciali con Israele

La Turchia ha interrotto tutti i legami commerciali ed economici con Israele, chiudendo il suo spazio aereo ad alcuni voli israeliani, ha annunciato il Ministro degli Esteri Hakan Fidan. I due Paesi sono in conflitto da mesi a causa della campagna militare israeliana a Gaza, con la Turchia che accusa il Paese di aver commesso un genocidio.
In un discorso al parlamento nazionale di venerdì, il Fidan ha affermato che la Turchia ha «completamente interrotto i nostri scambi commerciali con Israele» e «chiuso i nostri porti alle navi israeliane».
«Non permettiamo alle navi portacontainers che trasportano armi e munizioni verso Israele di entrare nei nostri porti e agli aerei di entrare nel nostro spazio aereo», ha aggiunto il ministro di Ankara, affermando che alle navi battenti bandiera turca è vietato fare scalo nei porti israeliani e che alle imbarcazioni israeliane è vietato entrare nei porti turchi.
Come riportato da Renovatio 21, la guerra commerciale con Israele era partita un anno fa con la sospensione degli scambi.
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Una fonte diplomatica turca ha dichiarato all’agenzia Reuters che le restrizioni ai voli riguardano solo i voli ufficiali israeliani e gli aerei con armi o munizioni, non il transito di routine dei vettori commerciali.
L’agenzia ha inoltre riferito che le autorità portuali turche stanno ora richiedendo informalmente agli agenti marittimi di attestare che le navi non sono collegate a Israele e non trasportano carichi militari o pericolosi diretti nel Paese.
Tuttavia, un funzionario israeliano ha dichiarato al Jerusalem Post che la Turchia aveva «già annunciato in passato la rottura delle relazioni economiche con Israele, e che tali relazioni sono continuate», riferendosi apparentemente alla sospensione delle importazioni ed esportazioni da parte di Ankara a maggio.
I commenti del ministro sono l’ultimo segnale del deterioramento delle relazioni tra Turchia e Israele, rese ancora più tese dalla guerra a Gaza. La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.
Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.
Come riportato da Renovatio 21, in settimana i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.
Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.
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Immagine di Rob Schleiffert via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC 4.0
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