Geopolitica
Dopo tre anni, Putin e Macron si parlano

Il presidente francese Emmanuel Macron ha dichiarato che la sua prima conversazione telefonica in quasi tre anni con il suo omologo russo Vladimir Putin si è concentrata principalmente sulla non proliferazione nucleare, in seguito a una serie di attacchi israeliani e statunitensi contro l’Iran.
Secondo un video trasmesso venerdì da BFMTV, Macron ha detto ai giornalisti che la telefonata era incentrata sul programma nucleare iraniano e sulla necessità di preservare il Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (TNP).
«L’ho chiamato per primo sulla questione iraniana e sulla necessità di mantenere il trattato di non proliferazione», ha spiegato Macron. «Era molto importante raggiungere un accordo, perché anche la Francia ha la responsabilità di garantire la stabilità».
Il presidente francese ha definito la conversazione «importante per la Francia», sottolineando che entrambe le nazioni, in quanto membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, condividono gli obblighi previsti dal TNP.
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Secondo quanto riportato dal Cremlino nella telefonata del 1° luglio, sia Putin che Macron hanno sottolineato la necessità di rispettare il diritto dell’Iran all’energia nucleare a fini pacifici, adempiendo al contempo agli obblighi previsti dal trattato di non proliferazione. Mosca e Parigi hanno inoltre concordato di proseguire l’impegno diplomatico per evitare un’ulteriore escalation in Medio Oriente.
Macron ha anche affermato di non poter segnalare alcun «progresso» sull’Ucraina nel suo colloquio con Putin, riecheggiando i sentimenti espressi dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump dopo la sua telefonata con il leader russo di giovedì.
«Abbiamo condiviso i nostri disaccordi», ha detto Macron, insistendo sul fatto che «prima serve un cessate il fuoco, seguito dalla ripresa dei negoziati», aggiungendo che le sanzioni occidentali, comprese quelle già imposte dall’UE e quelle nuove proposte dal Congresso degli Stati Uniti, sono essenziali per esercitare pressione.
Il Cremlino ha confermato che Putin ha ribadito la posizione della Russia secondo cui il conflitto ucraino deriva da anni di disprezzo occidentale per le sue preoccupazioni di sicurezza. Il presidente russo ha sostenuto che qualsiasi soluzione deve essere «globale e a lungo termine», affrontare le «cause profonde» della crisi e tenere conto di quelle che Mosca definisce le «nuove realtà territoriali». Russia e Ucraina hanno ripreso i colloqui ospitati dalla Turchia all’inizio di quest’anno, dopo quasi tre anni senza contatti diplomatici diretti, in seguito al ritiro da parte di Kiev della sua richiesta di un cessate il fuoco incondizionato come precondizione per i negoziati.
L’intervento di Macron giunge in un contesto di cambiamento nella sua posizione sul conflitto. Pur avendo precedentemente sostenuto l’invio di truppe francesi e di altri paesi NATO in Ucraina, il presidente francese ha recentemente proposto che l’UE inizi a valutare un dialogo più ampio sulla sicurezza regionale, che includa la Russia come parte di un potenziale quadro di pace.
Il «disgelo» delle relazioni tra Parigi e Mosca arriva dopo anni di tensioni altissime, che riguardano anche la geopolitica africana, dove Mosca ha di fatto scalzato l’ex colonizzatore francese nella regione del Sahel e oltre, con varie nazioni dell’Africa coloniale francese oramai passate in larga parte sotto la diretta influenza di Mosca – a causa anche dell’antipatia ingeneratasi contro Parigi e le sue missioni militari, accusate di addestrare e manovrare i terroristi islamici che sostenevano di voler combattere.
Di contro, Macron ha minacciato più volte un intervento diretto NATO in Ucraina, portando il rischio di uno scontro cinetico tra l’Occidente e la Russia (e i suoi alleati…) a livelli mai prima veduti.
Un anno fa il ministro per la Difesa francese Sèbastien Lecornu aveva definito la Russia come «la minaccia più grande».
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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Geopolitica
Israele arma e finanzia i combattenti drusi nella Siria meridionale

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Geopolitica
L’Arabia Saudita e il Pakistan firmano un patto di difesa reciproca

L’Arabia Saudita e il Pakistan, dotato di armi nucleari, hanno siglato un accordo formale di difesa reciproca, consolidando ulteriormente la loro partnership di sicurezza decennale tra le due nazioni musulmane.
La decisione giunge in seguito a una sessione congiunta straordinaria tra la Lega Araba e l’Organizzazione per la Cooperazione Islamica (OCI), durante la quale gli stati membri hanno condannato l’attacco israeliano della settimana precedente alla capitale del Qatar, Doha, mirato a funzionari del gruppo armato palestinese Hamas. Secondo i media, l’episodio ha sollevato timori tra le nazioni del Golfo riguardo alla capacità degli Stati Uniti di garantire la loro sicurezza.
Mercoledì a Riad, il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman e il primo ministro pakistano Shehbaz Sharif hanno sottoscritto il patto di difesa tra i loro Paesi.
«Questo accordo, che riflette l’impegno comune di entrambe le nazioni a rafforzare la propria sicurezza e a promuovere pace e stabilità nella regione e nel mondo, mira a potenziare la cooperazione in materia di difesa tra i due paesi e a consolidare una deterrenza congiunta contro qualsiasi aggressione», si legge nella dichiarazione congiunta di Riad e Islamabad.
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Secondo l’accordo, qualsiasi attacco contro l’Arabia Saudita o il Pakistan «sarà considerato un’aggressione contro entrambi», si è sottolineato.
L’India, che a maggio ha affrontato un conflitto militare di quattro giorni con il Pakistan a seguito di un attacco terroristico contro turisti nel territorio dell’Unione di Jammu e Kashmir, ha dichiarato che «esaminerà le implicazioni di questo sviluppo per la nostra sicurezza nazionale e per la stabilità regionale e globale».
Nuova Delhi era al corrente dei legami di sicurezza tra Riad e Islamabad e sapeva che era in preparazione un patto di difesa tra le due parti, ha scritto su X il portavoce del Ministero degli Esteri indiano Randhir Jaiswal.
Un alto funzionario saudita ha dichiarato a Reuters che l’accordo con il Pakistan rappresenta «il culmine di anni di discussioni. Non è una risposta a Paesi o eventi specifici».
Le relazioni tra Arabia Saudita e India «sono più solide che mai. Continueremo a rafforzarle e a contribuire alla pace regionale in ogni modo possibile», ha aggiunto.
I legami militari tra Riad e Islamabad risalgono a oltre mezzo secolo fa, con migliaia di ufficiali sauditi addestrati in Pakistan, ai tempi della guerra in Afghanistan, quando con finanziamenti sauditi e comando americano si implementò quella che la CIA chiamava «Operazione Ciclone», con il reclutamento di jihadisti da tutto il mondo (all’epoca si chiamavano più pudicamente mujaheddin) allo scopo di combattere la presenza sovietica in Afghanistan.
Tra gli operativi sauditi che operavano nella zona vi era il rampollo di ricca famiglia Osama Bin Laden, che con altri gestiva quella che era il database dell’insieme delle forze islamiste convocate a combattere i soldati di Mosca, una lista poi chiamata al-Qaeda, che significa appunto «la base».
La partnership in ambito di difesa rimane attiva attraverso programmi di addestramento ed esercitazioni congiunte.
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Geopolitica
La Spagna annulla accordi sulle armi con Israele per oltre 1 miliardo di dollari

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