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Discorso del cardinale Müller sulla riforma della Curia

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Lo scorso primo settembre, il sito Lifesite.news pubblicava il testo dell’intervento che il Card. Mueller avrebbe dovuto tenere al concistoro di fine agosto, contenente una critica alla riforma della Curia Romana voluta da Papa Francesco con il motu proprio Praedicate Evangelium (19 marzo 2022). Tale critica «conservatrice» di questo testo ci porta nel cuore dei paradossi ecclesiologici del modernismo.

 

 

Lo status quaestionis

I nostri lettori ricorderanno che, all’uscita del motu proprio sulla riforma della Curia, avevamo fatto notare come il testo avesse negati le stesse novità dottrinali introdotte dalla costituzione conciliare Lumen gentium, onde permettere ai laici di esercitare uffici che richiedono la giurisdizione ecclesiastica.

 

Secondo la dottrina definita dalla Chiesa, la giurisdizione ecclesiastica, per diritto divino, può essere ricevuta solo dai chierici, come ricordava l’antico canone 118. Essi non la ricevono con l’ordinazione, ma con la collazione di un ufficio da parte del Superiore. Solo il Papa riceve tale potere direttamente dal Cristo, e nella sua pienezza.

 

Ricordavamo come Lumen gentium avesse mutato tale dottrina, sostenendo che per i Vescovi la giurisdizione non sarebbe ricevuta dal Papa, ma dal sacramento stesso dell’Ordine. Tale errore (già condannato dalla Chiesa fino a Pio XII compreso), molte volte ribadito nei documenti successivi (specialmente da Ratzinger) e dal nuovo diritto canonico, fonda l’altro errore della collegialità e la tanto decantata prassi sinodale.

 

Come risolvere dunque, in un’ottica modernista, il conferimento della giurisdizione in modo sistematico ai laici? Il Padre Ghirlanda, importante canonista creato cardinale nell’ultimo concistoro, lo ha spiegato in modo sorprendente alla presentazione di Praedicate Evangelium.

 

Il Prefetto di un dicastero, spiega il gesuita, «non ha autorità per il grado gerarchico di cui è investito», ma per «la potestà» che riceve dal Papa. «Se il prefetto e il segretario di un Dicastero sono vescovi, ciò non deve far cadere nell’equivoco che la loro autorità venga dal grado gerarchico ricevuto, come se agissero con una potestà propria. La potestà vicaria per svolgere un ufficio è la stessa se ricevuta da un vescovo, da un presbitero, da un consacrato o una consacrata oppure da un laico o una laica».

 

In termini inequivocabili, Padre Ghirlanda conclude: «la potestà di governo nella Chiesa non viene dal sacramento dell’Ordine, ma dalla missione canonica», Con questa frase il gesuita Ghirlanda annulla in un batter d’occhio l’errore di Lumen gentium, come se niente fosse, ma allo scopo di includere i laici nell’esercizio del potere di governo (cosa contraria al diritto divino).

 

 

L’intervento di Mueller

Una tale «innovazione» rispetto al dettato conciliare non è sfuggita al Card. Mueller, che ha basato la sua critica sull’ermeneutica «ortodossa» di Lumen gentium: «Non è un progresso dell’ecclesiologia, ma una palese contraddizione con i suoi principi fondamentali, se tutta la giurisdizione nella Chiesa viene dedotta dal primato giurisdizionale del Papa. Anche la grande verbosità del ministero, della sinodalità e della sussidiarietà non può nascondere la regressione a una concezione teocratica del papato». Che tutta la giurisdizione nella Chiesa provenga dal Papa era, prima del Concilio, un dogma fondamentale della religione cattolica.

 

«Ogni giurisdizione ecclesiastica è di natura apostolica-sacramentale e legata alla salvezza delle anime, distinta dalla natura politico-giuridica dell’esercizio del potere in uno Stato, compreso lo Stato Vaticano. Pietro agisce nell’autorità di Cristo come Suo Vicario». Purtroppo per il Cardinale, tutto il Magistero preconciliare fino a Pio XII insegna che la giurisdizione ecclesiastica non ha natura sacramentale; quanto all’opporla alla giurisdizione civile per affermarne a contrario la sacramentalità, è un sofisma o un artificio retorico di bassa lega.

 

«Una chiesa totalmente fissata sul Papa era ed è sempre la caricatura dell’«insegnamento cattolico sull’istituzione, la perpetuità, il significato e la ragione del sacro primato del Romano Pontefice» (Lumen gentium 18). Con questa concezione qualsiasi ecumenismo con gli ortodossi e i protestanti è destinato a fallire fin dall’inizio». Evidentemente lo scopo dei cambiamenti dottrinali è di natura ecumenica. Non c’è dunque una verità rivelata, ma un adattamento costante a richieste esterne.

 

«Per quanto riguarda la classica separazione tra potestas ordinis e jurisdictionis, che dovrebbe stabilire una giurisdizione papale totale, il Vaticano II vi ha rinunciato a causa della sua inadeguatezza. Già secondo Tommaso d’Aquino, la potestas ordinis non significa semplicemente l’autorità di amministrare i sacramenti. Piuttosto, potestas ordinis significa che nell’ordinazione vengono conferiti tutti i poteri, anche se l’ufficio pastorale può essere limitato nella sua giurisdizione concreta (S.Th. II-II q. 39 a.3). Non esistono quindi due categorie equivalenti di potestas ecclesiastica, ma solo un’unica potestas ordinis, di cui la potestas jurisdictionis è parte integrante ma subordinata».

 

Qui viene ribadito il tipico errore conciliare, e il mutamento dottrinale è apertamente riconosciuto: il Concilio ha «rinunciato» alla dottrina tradizionale. Quanto alla citazione di san Tommaso, nel testo il santo Dottore in termini più che espliciti la dottrina classica, cui il Concilio ha «rinunciato». Ci chiediamo che edizione della Somma utilizzi il Cardinale.

 

Il seguito del testo, che definisce la Chiesa come sacramento, pensando tra l’altro di prendere così le distanze dai protestanti, andrebbe analizzato anche più attentamente. Pur sembrando combattere degli errori, entra in paradossi che meritano un’analisi più approfondita di questo breve articolo.

 

 

Due errori dialetticamente opposti

Ci troviamo di fronte quindi a uno schema dialettico di errori contrapposti:

 

La tesi di Ghirlanda, che nega l’errore dell’origine sacramentale della giurisdizione, ma al solo scopo di conferirla anche ai laici, cadendo in un errore altrettanto grave. Tale tesi è unicamente strumentale al coinvolgimento dei laici nel governo della Chiesa.

 

La tesi di Mueller, che riprende l’errore di Lumen gentium e di Ratzinger, per cui la giurisdizione ha origine e si confonde con il potere d’ordine, e per questo non è conferita ai laici; tale tesi implica che altri soggetti oltre al Papa ricevano giurisdizione direttamente dal Cristo, minando alla base il concetto stesso di papato (a quanto pare per scopi ecumenici).

 

La Fede cattolica insegnata dal Magistero tradizionale stabilisce che solo i chierici possono ricevere giurisdizione ecclesiastica, ma non certo dal sacramento dell’Ordine, bensì sempre tramite la plenitudo potestatis del Pontefice, che precisamente in questo senso è monarca spirituale. I due poteri sono distinti per natura e per origine.

 

Fa specie notare come l’errore più «progressista» si avvalga di un apparente ritorno a elementi più «tradizionali», mentre quello conservatore faccia appello a una lettura «ortodossa» del Concilio. La chiave di lettura di questi paradossi però è molto semplice: il modernismo adatta la dottrina non secondo una ricerca teologica in buona fede, ma secondo necessità di ordine «politico»: ieri serviva demolire la monarchia papale e si è parlato di origine sacramentale della giurisdizione; oggi serve parlare di uguaglianza fra tutti i battezzati e quindi si può dare giurisdizione anche a laici. Cercare una coerenza di pensiero è del tutto superfluo e significa non aver capito il funzionamento della «fede» modernista.

 

I conservatori, se in buona fede, non hanno capito che l’«ortodossia conciliare» era solo una fase dialettica; o se si rendono conto, partecipano al gioco, portando i «buoni» a reagire alle novità di Papa Bergoglio sulla base della loro «ermeneutica» invece che su quella del Magistero tradizionale.

 

 

 

 

Immagine di Kancelaria Sejmu / Paweł Kula via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2-0)

 

 

 

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Mons. Viganò: la chiesa conciliare-sinodale schierata con i nemici della Chiesa cattolica

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L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha affidato alla piattaforma social X un commento sul «World Meeting of Human Fraternity» organizzato dalla Diocesi di Roma, un appuntamento, giunto alla terza edizione, promosso dalla Basilica di San Pietro e da una fondazione che si chiama come la famigerata enciclica bergogliana Fratelli Tutti.

 

«Trovo a dir poco inconcepibile che, dinanzi all’evidenza del colpo di stato globalista nelle nazioni occidentali e alla aperta ostilità a Cristo e alla Sua Chiesa dell’élite globalista, la chiesa conciliare-sinodale insista ancora a schierarsi con i nemici della Chiesa Cattolica, ratificando le loro imposture climatiche, sanitarie, sociali e belliche» scrive monsignore.

 

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«Dinanzi all’evidenza dei disordini e della criminalità causati dall’immigrazione, perora l’accoglienza e coopera all’islamizzazione delle nazioni cristiane. Dinanzi alla dissoluzione morale dei giovani, si fa promotrice dell’ideologia LGBTQ+».

 

«Dinanzi al cinismo utilitarista dell’eutanasia e dell’aborto, alla predazione degli organi e alla manipolazione genetica, legittima i sieri sperimentali fatti con tessuti ricavati da feti abortiti».

 

«Dinanzi alle speculazioni dell’alta finanza usuraia e ai controlli dell’identità digitale e della valuta elettronica, installa i pos in chiesa per i pagamenti elettronici».

 

«Questa non è ingenuità, né sprovvedutezza: è deliberata cooperazione al Male, secondo un ben preciso copione sotto un’unica regia» tuona Viganò.

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Migliaia alla processione del Concilio dei Santi di Mosca

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Migliaia di cristiani ortodossi hanno preso parte domenica a una grande processione per celebrare il Concilio dei Santi di Mosca, una festa della Chiesa ortodossa russa in onore dei santi di Mosca. L’evento segna la rinascita di una tradizione interrotta dopo la Rivoluzione russa del 1917.   La marcia è stata guidata dal Patriarca Kirill, capo della Chiesa ortodossa russa, e vi hanno preso parte anche il clero della diocesi di Mosca, comunità monastiche e fedeli laici. Gli organizzatori hanno stimato la partecipazione di circa 40.000 persone.   I partecipanti provenivano da tutta la Russia, ma anche dalla Repubblica Ceca, dall’Uzbekistan, dalla Serbia, dall’Italia e da altri Paesi. La marcia è partita dalla Cattedrale di Cristo Salvatore nel centro di Mosca e si è diretta al Convento di Novodevichy, a 6 km di distanza.  

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I video condivisi online mostrano sacerdoti e fedeli che portano striscioni colorati raffiguranti santi, mentre la folla canta il tradizionale «Cristo è risorto» e i cori rispondono «Veramente è risorto».   Molti cantavano inni religiosi mentre i moscoviti si schieravano lungo le strade per assistere alla processione.   La processione è stata preceduta da una funzione celebrata dal Patriarca Cirillo nella Cattedrale di Cristo Salvatore. Parlando prima dell’evento, il Patriarca ha affermato che la marcia ha sottolineato il ruolo di Mosca come capitale dell’Ortodossia e ha espresso la speranza che possa ripristinare un’antica tradizione.   «Mosca è una capitale veramente ortodossa della nostra patria», ha detto ai giornalisti dopo la funzione. «Da un lato, è una città aperta ai nostri fratelli di altre religioni, riconoscendo il loro contributo alla nostra storia comune, ma allo stesso tempo è una città che non rinuncerà mai alla sua eredità cristiana».   La processione celebra lo storico trasferimento dell’icona di Smolensk della Santa Madre di Dio dalla Cattedrale dell’Annunciazione del Cremlino al Convento di Novodevichy, fondato dal Granduca Vasilij III dopo la presa di Smolensk nel 1525. In memoria del trasferimento dell’icona venne istituita una marcia annuale, che continuò per quasi quattro secoli fino alla Rivoluzione russa.

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Lourdes, i famosi carretti saranno sostituiti

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In occasione del 140° anniversario dell’Hospitalité di Nostra Signora di Lourdes, il santuario mariano ha annunciato il rinnovo delle sue emblematiche «auto blu», che dall’inizio del XX secolo sono parte integrante del paesaggio e del patrimonio del santuario.

 

Un comunicato stampa del Santuario riporta le parole di Daniel Pezet, presidente dell’Hospitalité Notre-Dame de Lourdes, ricordando innanzitutto che «dall’inizio del XX secolo , le auto blu permettono ai pellegrini malati, stanchi o disabili di partecipare ai pellegrinaggi al Santuario di Lourdes».

 

Daniel Pezet spiega poi che questi veicoli sono stati sviluppati negli anni ’60 dalla società Aumon. La versione attuale rappresenta una flotta di diverse centinaia di veicoli che hanno accompagnato generazioni di pellegrini.

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Tuttavia, un utilizzo così elevato, nonostante gli sforzi del personale ospedaliero per mantenere i veicoli in buone condizioni e l’aggiunta di un impianto frenante nel 2012, non impedisce che alcuni veicoli si trovino in uno stato di degrado avanzato, il che solleva una questione di sicurezza, ma anche di comfort per gli utenti. Diventa quindi necessario rinnovare il parco auto «blu».

 

Sono stati identificati pochi veicoli che soddisfano questo requisito. Il veicolo attuale rimane il miglior riferimento. Alcuni veicoli come barelle, sedie a rotelle e tricicli possono soddisfare parte del bisogno, ma l’architettura e il legame che si crea tra il pellegrino e il suo accompagnatore rimangono unici.

 

L’Hospitalité Notre-Dame de Lourdes ha quindi deciso di affidare all’azienda bigourdan Milc (Made In Le Coin), con sede a La Barthe-de-Neste (Alti Pirenei), lo sviluppo e la prototipazione di una nuova auto blu.

 

L’azienda produce biciclette, veicoli elettrici, carrelli per il trasporto e dispositivi per persone con disabilità. Potrà quindi mettere a frutto la propria competenza in soluzioni di mobilità adattata, garantendo un design funzionale e su misura per le esigenze del santuario.

 

L’azienda sta attualmente sviluppando due prototipi, che saranno testati alla fine del 2025, dopo un lavoro di osservazione diretta da parte dei suoi ingegneri per comprendere come vengono utilizzati i carri durante i pellegrinaggi.

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Il design manterrà l’essenza del modello attuale, preservandone l’architettura: due grandi ruote posteriori, una piccola ruota anteriore, un tendalino pieghevole e un timone metallico per la trazione manuale, che può ospitare un passeggero adulto e favorisce un legame speciale tra il pellegrino e il suo compagno.

 

Sebbene non siano state rivelate specifiche tecniche dettagliate, l’esperienza di Milc suggerisce miglioramenti significativi. In termini di sicurezza, si prevedono freni ottimizzati (oltre al sistema del 2012, finanziato dall’Ordine di Malta) e possibili sistemi antiribaltamento.

 

In termini di comfort, sono previsti sedili più ergonomici, sospensioni migliorate e una migliore protezione dal sole e dalla pioggia. I materiali potrebbero includere alluminio o compositi leggeri e resistenti, in linea con l’esperienza di Milc nella mobilità adattata, ma la trazione rimarrà manuale per preservare l’aspetto umano del servizio.

 

Il colore azzurro, che evoca la Vergine Maria, sarà mantenuto, così come le dimensioni approssimative (1,5 m di lunghezza e 0,8 m di larghezza, secondo il modello attuale). Il numero di unità che saranno prodotte non è stato specificato, ma il budget, definito «enorme», sarà finanziato da donazioni di privati, associazioni e strutture ricettive, come da tradizione del santuario.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.News

 

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Immagine di Andy Hay via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0

 

 

 

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