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Politica

Dio salvi il Giappone: il nuovo premier è un sostenitore della «NATO asiatica» e un cosplayer di Dragon Ball

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Shigeru Ishiba è diventato il nuovo primo ministro del Giappone dopo aver vinto le elezioni all’interno del Jiyu-Minshuto. il partito Liberal Democratico al governo. Ishiba, ex ministro della difesa, succederà a Fumio Kishida, che ha lottato con bassi indici di gradimento in mezzo a una serie di scandali di corruzione.

 

Il politico 67enne, che ha ricoperto la carica di ministro della Difesa e di ministro dell’Agricoltura negli anni 2000, si è assicurato l’incarico in una votazione di venerdì, che è stato il suo quinto tentativo di assicurarsi la leadership del partito. Ishiba ha vinto un ballottaggio con 215 voti contro 194, dopo aver superato un primo turno di votazioni contro altri otto candidati (un numero insolitamente alto, che prova la scissione delle maggiori correnti di partito a causa degli scandali), tra cui il giovane Shinjiro Koizumi, 43 anni, figlio dell’ex primo ministro Junichiro Koizumi e, nella scelta finale, il ministro della Sicurezza economica Sanae Takaichi, figura vicina al defunto Shinzo Abe, che aspirava a diventare la prima donna primo ministro della storia del Paese.

 

Originario di Tokyo, anche lui figlio di un ex ministro degli Interni, Ishiba è conosciuto come un esperto nelle questioni legate alla difesa e alla rivitalizzazione regionale, popolare tra i sostenitori locali ma non altrettanto tra i parlamentari del Jiyu-Minshuto.

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Ishiba dovrebbe formare il nuovo governo in una sessione straordinaria della Dieta, che è già convocata per il 1 ottobre. Subito dopo è data per probabile la scelta di portare il Paese a elezioni anticipate, forse già entro la fine dell’anno, dove avrà come avversario con Yoshihiko Noda, l’esponente dell’opposizione il quale nel 2011 ha brevemente guidato il governo del Paese e che il Rikken-minshutō (Partito costituzionale democratico) ha scelto ancora una volta come leader nelle primarie tenutesi questa stessa settimana.

 

Dopo le elezioni, Ishiba ha promesso che il suo partito sarebbe «rinato e avrebbe riconquistato la fiducia del popolo». Ha giurato di affrontare l’inflazione elevata e di raggiungere «una crescita nei salari reali», secondo la CNN. L’Ishiba ha chiesto al Giappone, un alleato chiave degli Stati Uniti nella regione, di guidare la creazione di una versione asiatica della NATO per contrastare le potenziali minacce provenienti da Cina e Corea del Nord.

 

Come riportato da Renovatio 21, il premier predecessore Fumio Kishida aveva dichiarato apertis verbis la necessità di Tokyo di rafforzare i legami con la NATO di fronte ai crescenti legami della Russia con i Paesi asiatici. n allineamento tra Tokyo e la NATO era visibile già al vertice atlantico di Vilnius del luglio 2023.

 

«Le sicurezze dell’Euro-Atlantico e dell’Indo-Pacifico sono inseparabili, e l’aggressione della Russia contro l’Ucraina e la sua approfondita cooperazione militare con la Corea del Nord sono forti promemoria di ciò… Il Giappone è determinato a rafforzare la sua cooperazione con la NATO e i suoi partner», aveva affermato pochi mesi fa l’allora primo ministro Kishida.

 

A novembre 2022 la Cina si è opposta con veemenza al coinvolgimento del Giappone nella Difesa cibernetica NATO, programma che include anche la Corea del Sud. I due Paesi asiatici che ospitano basi militari USA hanno così voluto cioè far parte del comando per la guerra cibernetica del Patto Atlantico.

 

Ishiba è stato descritto non solo come un progressista, ma anche come un «anomalia» e un «lupo solitario» che spesso non ha paura di affrontare il suo stesso partito, guadagnandosi sia nemici di alto livello che alleati di base.

 

Il neopremier aveva criticato la politica del Giappone sull’aumento dell’uso dell’energia nucleare e sul divieto per le coppie sposate di usare cognomi separati. È stato anche un forte critico della gestione da parte del suo predecessore Kishida dello scandalo di corruzione del partito all’inizio di quest’anno.

 

La controversia è stata vista come uno dei principali fattori che hanno spianato la strada alla decisione di Kishida in agosto di non cercare la rielezione. I tassi di approvazione dell’ex premier sono crollati lo scorso autunno quando è scoppiato uno scandalo in cui il Partito Liberal Democratico avrebbe raccolto fondi politici non dichiarati tramite la vendita di biglietti per eventi del partito. Kishida non era personalmente coinvolto negli eventi, ma è stato ampiamente criticato per non essere riuscito a tenere a freno i suoi colleghi di partito.

 

In una nota ancora più sinistra rispetto alla volontà di adesione al blocco militare NATO, sta emergendo in queste ore che l’Ishiba sarebbe dedito ad una delle più grandi piaghe del nostro tempo, il cosplaying.

 

Stanno circolando infatti fotografie che riprendono il politico nipponico travestito da Majin Bu, sciapo antagonista della sopravvalutata serie di fumetti e cartoni Dragon Ball Z. Sono immagini che ci riempiono di apprensione se non di terrore.

 


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Pare che lo Ishida si sia difeso dicendo che, arrivato all’inaugurazione di un museo di figurine, è stato obbligato a travestirsi, come altri suoi colleghi. Tuttavia, la terrificante immagine di cosplay politico è ora incancellabile.

 

Il cosplay è una piaga sociale ancora sottovalutata, da cui deriveranno, nel prossimo futuro, problemi immani: una generazione affogata in tale demenza, in tale bruttezza, non può che generare un futuro incerto per l’umanità stessa. Per chi non conoscesse tale drammatica faccenda, si tratta di un fenomeno con molta diffusione presso i fanatici di prodotti culturali nipponici, che usano travestirsi in occasione di mostre e convegni sul tema. I risultati sono spesso visivamente sgradevoli se non disturbanti, in alcuni casi addirittura pericolosi per la fiducia nella specie umana.

 

Come riportato da Renovatio 21, in una delle poche grandi lezioni di Civiltà provenienti dalla Repubblica Popolare Cinese, i legislatori cinesi hanno proposto un anno fa la «Legge sulle sanzioni per l’amministrazione della pubblica sicurezza», che aggiungerebbe, secondo alcuni osservatori una linea che potrebbe rendere il cosplay illegale in determinate circostanze. Una clausola particolare della legge stabilirebbe infatti che i cittadini non potevano indossare abiti che «ferissero i sentimenti della Nazione cinese», definizione poi ampliata con una definizione secondo la quale qualsiasi abbigliamento potrebbe essere vietato se «mettesse a repentaglio lo spirito nazionale cinese o ferisse i sentimenti nazionali».

 

Il lettore di Renovatio 21, tuttavia, potrebbe non stupirsi: dopo aver visto lo spettacolo assoluto delle elezioni comunali di Tokyo, dove si sono candidati Joker, il cane Sasuke, il robot Ai Mayor, travestiti, pokeristi, golfisti di ogni risma, non è che potevamo aspettarci diversamente.

 

La valutazione che possiamo dare a questo punto è quella di una «slippery slope», un pendìo scivoloso in cui è finito il Giappone: se un tempo il clamore era dovuto al fatto che l’allora premier Taro Aso – primo premier cattolico della storia nipponica – era stato beccato in aeroporto a leggere una numero del bizzarro (ma innocuo) manga Rozen Maiden, ora ci ritroviamo l’orrore di un primo ministro che si acconcia come un personaggio scemo di un cartone ebete.

 

Preghiamo per le sorti del Giappone, che se fosse riuscito a resistere alle persecuzioni dello Shogun nel XVII secolo – ora oscenamente celebrate in serie TV premiate – sarebbe divenuto una grande potenza mondiale cristiana in grado di prendere senza remore il posto che gli spetta tra i vertici del pianeta.

 

Respingi Cristo, e quattro secoli dopo ti ritrovi il premier Majin Bu.

 

起きろ、日本. Okiro, Nihon.

 

Sveglia, Giappone. Sveglia.

 

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Immagine screnshot da YouTube

 

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Funzionari USA ammettono: gravi violazioni delle elezioni del 2020

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I funzionari elettorali dello Stato americano della Georgia hanno riconosciuto gravi infrazioni alle procedure di certificazione dei voti nel corso delle elezioni presidenziali del 2020. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, battuto da Joe Biden, ha più volte sostenuto che le consultazioni elettorali fossero state «rubate» e compromesse da frodi e irregolarità diffuse.   La rivelazione, avvenuta all’inizio di questo mese, è scaturita da una denuncia depositata dall’attivista per l’integrità elettorale David Cross, il quale ha imputato alla contea di Fulton, la più popolosa della Georgia, di aver certificato in modo illegittimo almeno 315.000 schede elettorali nel 2020.   Biden ha superato Trump in Georgia, Stato che assegna 16 grandi elettori, con un margine inferiore a 12.000 voti, per poi prevalere nel Collegio elettorale con 306 voti contro i 232 dell’avversario.   La disputa verte sui nastri tabulatori generati dalle macchine per il voto anticipato. In base alle norme statali, ciascun tabulatore è tenuto a produrre nastri di chiusura sottoscritti dagli scrutatori per attestare i totali dei voti conteggiati.

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Dopo aver inoltrato una richiesta di accesso ai documenti alla contea di Fulton, Cross ha individuato almeno 134 nastri di tabulazione sprovvisti di firme, il che implica che le schede elettorali collegate non potevano essere certificate legalmente.   Cross ha inoltre avanzato accuse relative all’assenza di «nastri zero» finalizzati a verificare che le macchine partissero da zero all’avvio del conteggio, unitamente a incongruenze sui numeri di serie degli scanner e su orari di chiusura dei seggi insolitamente protratti.   Nel corso di una recente audizione presso la Commissione elettorale statale, Ann Brumbaugh, legale della Commissione elettorale e di registrazione della contea di Fulton, ha dichiarato che la contea «non contesta le accuse», ammettendo che l’omissione rappresenta una violazione delle regole della commissione elettorale.   I componenti del consiglio statale hanno definito i riscontri come «molto preoccupanti» e hanno rimesso il caso al procuratore generale della Georgia, sollecitando eventuali sanzioni civili di 5.000 dollari per ciascun nastro privo di firma e ulteriori misure esecutive.   L’esito della Georgia è rimasto al centro delle più estese rimostranze di Trump sulle elezioni del 2020, respinte dai democratici e alla base di numerose azioni legali intentate contro di lui.   Da quando si è rieinsediato alla Casa Bianca, Trump ha impegnato a riformare il sistema elettorale statunitense, prevedendo requisiti più rigorosi per l’identificazione dei votanti, restrizioni al voto per corrispondenza e un ritorno alle schede cartacee, argomentando che tali modifiche siano indispensabili per ricostruire la fiducia nelle elezioni.

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Immagine di Infrogmation of New Orleans via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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Putin offre a Zelens’kyj un accordo sulle elezioni

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Mosca valuterebbe la possibilità di sospendere gli attacchi in profondità sul territorio ucraino nel giorno delle elezioni, a patto che ai milioni di cittadini ucraini residenti in Russia sia consentito di partecipare al voto, ha dichiarato venerdì il presidente Vladimir Putin.

 

Il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj, il cui mandato è scaduto da oltre un anno, ha sempre rifiutato di indire nuove elezioni invocando lo stato di legge marziale. La Russia lo considera pertanto un leader privo di legittimità. Sotto la pressione degli Stati Uniti, Zelens’kyj ha accettato questo mese di organizzare un voto entro 90 giorni, purché i sostenitori occidentali di Kiev riescano a garantire la sicurezza necessaria.

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«Noi siamo pronti a esaminare modalità per assicurare la sicurezza durante le elezioni in Ucraina, almeno astenendoci da attacchi all’interno del Paese il giorno del voto», ha affermato il presidente russo, precisando però che ciò avverrebbe a determinate condizioni. Putin ha insistito affinché i 5-10 milioni di cittadini ucraini attualmente residenti in Russia possano esercitare il diritto di voto.

 

«Il governo ucraino deve diventare legittimo e senza elezioni questo è impossibile» ha dichiarato il presidente russo.

 

Putin ha inoltre avvertito Kiev di non sfruttare le elezioni come espediente per guadagnare tempo, riarmarsi e riorganizzarsi nel tentativo di arrestare l’avanzata delle truppe russe.

 

L’Ucraina e i suoi alleati occidentali hanno più volte richiesto un cessate il fuoco temporaneo. Il Cremlino ha escluso questa possibilità, ribadendo la necessità di una pace duratura che affronti le cause alla radice del conflitto. Mosca sostiene che un accordo sostenibile possa essere raggiunto solo se l’Ucraina ritira completamente le sue forze dai nuovi territori russi e si impegna a mantenere la neutralità, la smilitarizzazione e la denazificazione.

 

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0) 

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Il primo ministro finlandese si scusa per i post razzisti dei parlamentari della coalizione

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Il primo ministro finlandese Petteri Orpo ha presentato le sue scuse ai cittadini di Cina, Giappone e Corea del Sud in seguito alle foto pubblicate da alcuni parlamentari, inclusi esponenti della sua coalizione di governo, in cui si ritraevano tirando gli angoli degli occhi per simulare tratti asiatici.   La polemica è scoppiata a novembre, quando la ventiduenne Sarah Dzafce, incoronata Miss Finlandia, è stata privata del titolo dopo la diffusione di un’immagine in cui appariva mentre compiva lo stesso gesto, considerato da molti una derisione nei confronti delle persone asiatiche. I detrattori della decisione hanno ritenuto la sanzione eccessiva e hanno reagito condividendo foto analoghe in segno di solidarietà.   Tra quanti hanno postato tali selfie vi erano deputati del Partito dei Veri Finlandesi (PS), tra cui Kaisa Garedew, Juho Eerola e Sebastian Tynkkynen.  

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L’Orpo guida un esecutivo di coalizione a quattro partiti, nel quale i Veri Finlandesi detengono dieci ministeri, inclusa la vicepresidenza del governo. In una dichiarazione resa pubblica mercoledì attraverso le ambasciate finlandesi in Cina, Giappone e Corea del Sud, Orpo ha precisato che tali post «non riflettono i valori di uguaglianza e inclusione della Finlandia», aggiungendo che il suo governo «prende sul serio il razzismo ed è impegnato a combattere il problema».   Il Partito dei Veri Finlandesi (Perussuomalaiset, PS)è una formazione politica nazionalista, populista di destra ed euroscettica, fondata nel 1995 come erede del Partito Rurale Finlandese. La sua piattaforma politica si basa su valori patriottici e cristiani-sociali, con enfasi sulla difesa dell’identità nazionale, della sovranità finlandese e del benessere dei cittadini autoctoni.   Al centro del programma vi è una forte opposizione all’immigrazione di massa, specialmente da Paesi non europei, vista come minaccia alla cultura e al sistema welfare. Il partito propone restrizioni severe: priorità ai finlandesi per servizi sociali e sanitari, rifiuto del multiculturalismo forzato e protezione delle tradizioni cristiane, come feste natalizie e inni scolastici tradizionali, contro quella che definisce «propaganda ideologica».   Sul piano economico, i Veri Finlandesi sostengono un welfare chauvinista: stato sociale robusto ma riservato principalmente ai cittadini finlandesi, con tasse moderate usate per benefici nazionali. Criticano il neoliberismo elitario e promuovono imprenditorialità, innovazione e tecnologie pulite, ma in modo sostenibile per l’economia e l’arredo quotidiano, senza misure climatiche «isteriche» che penalizzino classi medie e rurali.   Riguardo all’UE, il partito è critico verso l’integrazione eccessiva: difende la sovranità nazionale, oppone trasferimenti di potere a Bruxelles e vede l’Europa come casa dei popoli europei, con enfasi su civiltà occidentale e cristiana. Pur eurorealisti, non propongono uscita immediata ma riforme profonde.   I Veri Finlandesi si presentano come difensori del quivis de populo comune contro élite mondialiste, immigrazione e burocrazia UE, combinando nazionalismo, conservatorismo sociale e elementi di giustizia sociale. Dal 2023 fanno parte del governo di coalizione, influenzando politiche su immigrazione e finanze.  

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