Geopolitica
Da Ustica al Niger: l’impero francese, l’Africa e l’Italia

C’è un unico filo che collega la strage di Ustica, riemersa improvvisamente in queste ore, ai colpi di Stato e alle ulteriori ondate di sangue che si preparando in Africa occidentale: Niger, Gabon, Mali, Burkina Faso…
Ora, quando ho letto che Giuliano Amato avrebbe detto «la verità» su Ustica, sono ovviamente scoppiato a ridere.
Come questo eterno personaggio dello Stato profondo italiano, questo strano, storico intoccabile della Repubblica possa dire il vero su uno qualsiasi dei misteri italici – quelli sui quali sono stati concessi decenni di «complottismo socialmente accettabile» stile Purgatori – è qualcosa che di per sé ritengo, letteralmente, incredibile.
Parliamo di Amato, e speriamo che il lettore si ricordi cosa la sua presidenza della Corte Costituzionale abbia rappresentato nel caso dei vaccini genici sperimentali.
Per chi ha qualche anno sul groppone, sblocchiamo qualche ricordo dei primi anni Novanta: primo ministro dal 1992 al 1993, eseguì l’11 luglio 1992, con mezzo Paese in vacanza, il prelievo forzoso del sei per mille su tutti i conti correnti italiani per «interesse di straordinario rilievo» dovuto a «una situazione di drammatica emergenza della finanza pubblica». Quello che accade dopo fu ancora più significativo: in settembre lo speculatore Soros attaccò la lira italiana e la sterlina britannica, con il risultato di svalutarle – la moneta italiana perse il 7% sul dollaro – e farle uscire dal sistema monetario europeo.
Nonostante la catastrofe, tutti i funzionari dello Stato responsabili della fallita difesa della valuta nazionale fecero carriera. Ciampi, che era governatore alla Banca d’Italia, fu fatto primo ministro e poi Presidente della Repubblica. Draghi era allora direttore generale del tesoro: divenne più tardi Governatore della Banca d’Italia, poi 3° presidente della Banca Centrale Europea, poi Primo Ministro italiano; va ricordato pochi mesi prima il suo discorso sul panfilo Britannia assieme agli «Invisibili Britannici» (sic). Da lì a poco, con l’inaspettata interruzione di Berlusconi, poi sistemata, divenne premier, e poi presidente della Commissione Europea, Romano Prodi, che assegnerà a Soros una laurea honoris causa all’Università di Bologna nel 1997.
La svalutazione della lira nel 1992 – Bettino Craxi su George Soros
???????????? https://t.co/8SWZ3dA4P4 pic.twitter.com/3cnf1NWolj
— Enki d.C (@enkidC) July 17, 2021
Amato, socialista stranamente sopravvissuto all’ecatombe giudiziaria di Mani Pulite, mentre Soros si portava via 30 mila miliardi dagli italiani, era premier: venne eletto di nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri nel 2000, e poi altri incarichi altissimi, con ruoli da ministro e il vertice della Corte Costituzionale. Non dimentichiamo che fu più volte considerato papabile come Presidente della Repubblica.
Le cronache del 2006 ricordano che ad un certo punto, mentre il palazzo romano trattava per l’elezione del Capo dello Stato da cui sarebbe uscito fuori Napolitano (personaggio con una sua rilevanza per la storia euro-africana che stiamo per raccontare), Amato era stato avvistato in un cinema intento a gustarsi Mission Impossible 3. Il pubblico, si narra, accortosi che Amato era in sala, iniziò ad applaudire ed acclamarlo, il suo nome di presidenziabile, in quei giorni di interregno, campeggiava sui giornali. Amato ringraziò, ma tentò di contenere gli entusiasmi. «Sono qui solo per vedere Mission Impossible 3», disse.
Che si trattasse di un messaggio sottile – come il dottor sottile – per dire che la missione di quirinalizzarsi era impossibile, o forse possibile, o forse dura, non sappiamo: forse il tizio che Forattini rappresenta sempre come un topolone è davvero solo un fan di Tom Cruise.
Del resto, ha rammentato Stefania Craxi in questi giorni, Bettino Craxi, che del collega di partito Amato fu mentore e capo, finì per chiamarlo «l’extraterrestre»: parlava della Prima Repubblica, che aveva conosciuto da dentro come alto funzionario e ministro, inserito nel cuore del partito considerato dal giustizialismo tangentopolitano come il più corrotto e quindi distrutto dalla magistratura, come non vi avesse partecipato, come se l’avesse osservata dallo spazio.
È ben strano che, distrutto per via giudiziaria (certo, magari con una spintarella dalla manina yankee, ancora insolentita per Sigonella ed altro) il sovranismo PSI craxiano, arrivino il Britannia e Soros, con al potere… proprio un socialista, Amato.
Questo passaggio è necessario per capire che peso possiamo dare alle rivelazioni di Amato sul fatto che quella notte il DC9 di Ustica fu tirato giù da un missile aria-aria sparato da un caccia francese. E va detto che in queste ore Amato sta facendo retromarcia. Dice di aver solo ripetuto una pista già conosciuta, ed è vero. Dice di non essere responsabile rispetto ai titoli che decide di fare La Repubblica.
E allora, che cosa c’è dietro questa improvvisa fiammata? Non è che la valanga si può fermare facilmente. Rispuntano giudici ed ex militari che furono testimoni. Riemergono, allucinanti, le storie delle enigmatiche morti di chi poteva sapere qualcosa di quella notte maledetta, come il pilota di caccia Ivo Nutarelli, morto nella collisione aerea delle Frecce Tricolori a Ramstein nel 1988 (70 morti, 450 feriti).
Amato ritrova la memoria adesso, saltando a piè pari una condanna riguardo al «muro di gomma», come lo chiamava il film di Andrea Purgatori?
Non abbiamo idea, confessiamo, del perché lo faccia. Sappiamo, tuttavia, che la pista dell’abbattimento non solo è credibile, ma si inserisce perfettamente nel gioco che stava avvenendo tra Africa, Francia e Italia, e che a quanto sembra non è ancora finito.
La Francia è un Paese con cui l’Italia vive una relazione fortemente conflittuale, ma ciò non appare: una quantità di membri del partito dell’establishment sono stati tripudiati con la Legion d’Onore Francese, mentre il capitalismo francese in questi anni ha scorrazzato tra telecomunicazioni, supermercati, industria alimentare, banche e assicurazioni, in pratica ogni settore strategico del nostro Paese.
La frizione con Parigi – parentesi: capitale intellettuale dove vivevano tranquilli i terroristi rossi che avevano insanguinato l’Italia con gli anni di piombo – raggiunse forse il suo apice geopolitico proprio con il maestro di Amato Bettino Craxi.
Nel 1984 il premier Craxi atterra a Roma dopo un viaggio in Algeria e chiede di vedere subito l’ammiraglio del SISMI Fulvio Martini. Chadli Benjedid, il presidente algerino, aveva rivelato a Craxi che per mettere al sicuro il tratto finale del gasdotto che porta il metano in Italia aveva programmato nientemeno che un’invasione della Tunisia. Craxi lo pregò di non far nulla, e si mosse con una grande manovra segreta internazionale
Bourghiba, il presidente pazzo di Tunisi che era l’uomo dei francesi, fu sostituito dal «nostro» Ben Alì. Martini lo racconta nel libro, oggi difficilmente trovabile, Nome in codice Ulisse: «non fu un brutale colpo di stato: fu un’operazione di politica estera, messa in piedi con Intelligenza, prudenza ma anche decisione dagli uomini che guidavano l’Italia in quegli anni. Sì, è vero, l’Italia sostituì Bourghiba con Ben Alì».
Martini, il vertice dei servizi militari italiani, incontra il suo omologo del DGSE francese: «era il generale Réné Imbot, ex capo di stato maggiore dell’Armée. Andai da lui, gli spiegai la situazione, gli dissi che l’Italia voleva risolvere le cose nella maniera più cauta possibile, ma che comunque non voleva aspettare che la Tunisia saltasse per aria. Lui fece un errore imperdonabile: mi trattò con arroganza, mi disse che noi italiani non dovevamo neppure avvicinarci alla Tunisia, che quello era impero francese». (Corsivo nostro»)
«Io ancora oggi penso che per difendere un impero bisognava avere i mezzi, la capacità ma anche la solidarietà di chi non è proprio l’ultimo carrettiere del Mediterraneo» scrive il generale dei servizi segreti italiani. «Imbot era stato nella Legione straniera per vent’anni, aveva guidato i paracadutisti che parteciparono alla repressione nella casbah durante la battaglia di Algeri. Era un soldato, non capiva la politica, ebbe qualche problema con il suo primo ministro Jacques Chirac».
Il cambio di potere in Tunisia, dove ricordiamo Craxi si esiliò e poi morì, ebbe altre conseguenze che vale la pena di ricordare. Nella notte tra il 7 e l’8 novembre del 1987, un attentato terroristico distrusse il radiofaro della Marina militare italiana dell’isola di San Domino, alle Tremiti. La bomba uccise uno dei due «terroristi», uno svizzero quarantatreenne di nome Jean Louis Nater, mentre quell’altro, Samuel Wampfler, un altro svizzero con tanti passaporti e trascorsi rocamboleschi, fu arrestato. Nel 1990 viene condannato a 10 anni, ma non sconta nulla, e sparisce. Si pensò che il colpevole fosse l’allora babau globale Gheddafi, che non aveva lesinato aiuti al terrorismo su ogni latitudine. Qualche giorno prima, il colonnello aveva rivendicato il possesso delle Tremiti, asserendo che lì vi erano i discendenti dei libici deportati dal governo Giolitti (1911), un’idea la cosa risultò totalmente priva di fondamento quando tutta la popolazione si sottopose ad un test del DNA nel 2008.
Tuttavia, nel 1996 Corriere della Sera scrive che non si trattava di Gheddafi, ma di una sorta di vendetta, di Parigi. Un avvertimento – diretto contro le nostre forze armate. Terrorismo… dello Stato francese? In Italia?
Ben Alì, come noto, fu scacciato solo decenni dopo, nel 2011, all’insorgere della maledetta «Primavera Araba», che iniziò guarda caso proprio da casa sua, con le proteste tunisine scaturite in seguito al suicidio incendiario di un commerciante – con ogni probabilità, un grande piano di Washington e dei suoi satelliti per mettere al potere ovunque, dall’Egitto alla Siria, i Fratelli Musulmani, il primo vero grande prototipo di movimento islamico estremista, ma che nel profondo, come tutto l’islamismo radicale, poteva essere controllato…
Pochi mesi dopo, sappiamo cosa accadde a poca distanza dalla Tunisia, in quella Libia che aveva ritrovato l’armonia con l’Italia, con tanto di immagine di Berlusconi e Gheddafi che si danno la mano finita stampata sui passaporti libici.
Il regime fu spodestato dalla combinazione di USA (non dimenticate, mai, le sataniche risa di Hillary Clinton informata della morte del rais tripolino), Gran Bretagna e, soprattutto, Francia, dove ancora circola la voce che il presidente dell’epoca, Sarkozy, avesse ricevuto fondi da Gheddafi. L’Italia, controsenso solo per chi non capisce come vanno davvero le cose, gettò all’aria decenni di lavoro di normalizzazione dei rapporti con la nostra ex colonia, dove l’ENI tira fuori tanto petrolio e gas: ecco che Napolitano, lui, sembra appoggiare l’intervento per detronizzare Muhammar.
Gheddafi finì trucidato per linciaggio. Voci dei vari siti complottisti, anche ben informati, dicono che in alcuni video si può sentire che tra la folla del massacro qualcuno parla in francese – non siamo in grado di verificare questa voce.
Il colonello libico è centrale in questa storia, non solo perché, secondo la pista più nota, il missile francese contro il DC9 in realtà avrebbe voluto colpire un aeromobile su cui viaggiava l’allora uomo nero della comunità internazionale, lo sponsor del terrorismo internazionale, dalle bombe di Lockerbie a quelle di Mandela.
Gheddafi, dice una teoria che circolava già all’epoca, sarebbe stato eliminato perché, risolte le sue pendenze con il mondo occidentale (e accettando, stupidamente, la denuclearizzazione totale dello Stato libico) avrebbe avuto in cuore di lanciare una nuova valuta panafricana, in grado di sostituire il franco CFA, la moneta che Parigi distribuisce tra le ex colonie dell’Africa francofona – cioè quello che l’arrogante generale dei servizi parigini chiamava «l’impero francese».
La questione del franco CFA tenne banco nel 2018, durante le prime effervescenze «sovraniste» del governo Lega-M5S, il Conte-1. Giorgia Meloni, che pure era all’opposizione, poco tempo dopo ci saltò sopra, e fece show pubblici sulla storia del franco africano di Macron, sventolato a dovere nei talk show televisivi.
La Meloni aveva l’obiettivo del PD – il partito zeppo di «legionari d’onore» gallici – era ancora forte l’eco del trattato di Caen dell’era del governo Gentiloni, nel quale, si disse, l’Italia avrebbe ceduto acque territoriali alla Francia.
E quindi, Amato e Repubblica voglio riaprire le ferite tra la Meloni e l’Eliseo?
Oppure si tratta degli effetti di un movimento tellurico più vasto?
Perché, lo abbiamo visto in Niger e ora anche in Gabon, e prima ancora in Mali e Burkina Faso, l’«impero francese» è davvero in putrefazione – e bisogna guardare, oltre al caos nelle ex colonie che ripudiano Parigi, anche alla guerriglia nelle banlieue francesi dello scorso luglio, dove il problema è, autenticamente, africano, o afro-islamico.
Come riportato della Renovatio 21, nostalgici articoli su giornali internazionali importanti, hanno fatto capire come, a godere della fine dell’impero, ci sia un altro impero finito, quello britannico, che con Parigi si era spartito un bel pezzo dell’Africa. Che chi ora punta il dito contro l’Ustica francese, lo faccia per affiliazione con un mondo che, nei secoli, in fondo non è riuscito a seppellire la rivalità, nemmeno nell’era della catastrofica illusione post-coloniale?
Tuttavia, la fine dell’Africa francese non è arrivata d’improvviso.
Da anni i francesi sono accusati dai Paesi africani di addestrare le bande di terroristi islamici che dicono di voler combattere con missioni militari come l’operazione Barkhane, a cui ha partecipato anche l’Italia. Lo spostamento verso la Russia, che sull’Africa sta investendo il futuro della geopolitica globale post-occidentale si è così sedimentato. Le accuse più infamanti sono volate, le ONG francesi sono state cacciate, i golpe anti-Parigi si sono moltiplicati.
Questo ci riporta al giorno di oggi.
La politica francese sta per essere espulsa del tutto dalle ex colonie africane, tuttavia, grazie al Trattato del Quirinale, non da quella italiana: grazie all’accordo siglato da Macron e Mattarella, ai Consigli dei Ministri italiani può presenziare un ministro francese.
Eh? Ma perché?
È solo un esempio del contenuto del Trattato, che doveva segnare un tentativo di far finire l’egemonia tedesca sull’Europa del dopo-Merkel, e in realtà indica solo l’incredibile meccanica di vassallaggio che l’élite al potere infligge all’Italia.
E allora, più che la verità su Ustica, vogliamo dire una verità ancora più grande: la Francia non è nostra amica.
Possono essere considerati alleati nella NATO, vicini di casa, cugini d’Oltralpe, «italiani di cattivo umore», quel che volete: ma i francesi delle élite parigine, imbevute da secoli di massoneria, mai faranno un piacere all’Italia. Mai.
Anzi, ci chiediamo: che siano magari anche capaci di ammazzarci Gheddafi, mettere una bomba alle Tremiti e sparare, forse per isbaglio, su un aereo civile carico di turisti?
Roberto Dal Bosco
Immagine di Fabio Di Francesco via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0); immagine modificata
Geopolitica
Attacco israeliano in Qatar. La condanna di Trump

Israele ha condotto un «attacco di precisione» contro «i vertici di Hamas», hanno annunciato martedì le Forze di difesa israeliane (IDF), poco dopo che numerose esplosioni hanno scosso il quartier generale del gruppo militante palestinese a Doha, in Qatar.
Da parte delle forze dello Stato Ebraico, si tratta di una violazione territoriale inedita, perché – a differenza di casi analoghi in Libano e Iran – condotta in uno Stato «alleato» di Washington e dell’Occidente, cui fornisce capitale e gas. L’attacco pare essere stato diretto ai negoziatori di Hamas, i quali avevano ricevuto dal presidente americano Trump un invito al tavolo della pace poco prima.
L’esercito israeliano ha dichiarato di aver condotto l’operazione in coordinamento con l’agenzia di sicurezza Shin Bet (ISA). Le IDF non hanno indicato il luogo esatto preso di mira dall’attacco.
«L’IDF e l’ISA hanno condotto un attacco mirato contro i vertici dell’organizzazione terroristica Hamas», ha dichiarato l’IDF in una nota. «Prima dell’attacco, sono state adottate misure per mitigare i danni ai civili, tra cui l’uso di munizioni di precisione e di intelligence aggiuntiva».
L’annuncio è arrivato dopo che almeno dieci esplosioni avrebbero scosso il quartier generale di Hamas a Doha. I filmati che circolano online mostrano che l’edificio è stato gravemente danneggiato. Secondo diversi resoconti dei media che citano fonti di Hamas, l’attacco ha preso di mira il team negoziale del gruppo, che stava discutendo l’ultima proposta statunitense sulla cessazione delle ostilità con Israele.
Il Qatar ha condannato il «vile attacco israeliano», descrivendo il luogo interessato dall’attacco come «edifici residenziali che ospitano diversi membri dell’ufficio politico del movimento Hamas».
#Qatar / #Palestine / #Israel 🇶🇦🇵🇸🇮🇱: Israeli Air Forces carried out air strikes to assassinate Senior officials of #HAMAS in the city of #Doha.
Reportedly HAMAS negotiation team was targeted with Air-To-Surface Missiles while discussing the ceasefire in the capital of Qatar. pic.twitter.com/WdWuqY6rXq
— War Noir (@war_noir) September 9, 2025
🚨🇮🇱🇶🇦🇵🇸 BREAKING: ISRAEL just AIRSTRIKED Hamas’s negotiation team in DOHA, QATAR pic.twitter.com/cTdA5fT4gP
— Jackson Hinkle 🇺🇸 (@jacksonhinklle) September 9, 2025
BREAKING:
Israeli fighter jets struck Qatar’s capital, Doha.
An Israeli airstrike in Doha killed Hamas leader in Gaza, Khalil al-Hayya, and three senior members of the group’s leadership, Al Arabiya reports, citing sources.
Al Hadath states those in the targeted building… pic.twitter.com/03rwdUbvZ5
— Visegrád 24 (@visegrad24) September 9, 2025
Sostieni Renovatio 21
L’attacco israeliano a Doha è stato un «momento cruciale» per l’intera regione, ha affermato il primo ministro del Qatar, lo sceicco Mohammed bin Abdulrahman al-Thani, condannando l’attacco come «terrorismo di Stato».
L’attacco a sorpresa non sarà «ignorato» e il Qatar «si riserva il diritto di rispondere a questo attacco palese», ha dichiarato il primo ministro in una conferenza stampa. «Oggi abbiamo raggiunto un punto di svolta affinché l’intera regione dia una risposta a una condotta così barbara».
NEW: Qatar reserves the right to retaliate for the Israeli attack against Doha, Qatari PM says
“We’ve reached a decisive moment; There should be retaliation from the whole region”
— Ragıp Soylu (@ragipsoylu) September 9, 2025
Iscriviti al canale Telegram
Al-Thani ha attaccato duramente il suo omologo israeliano, Benjamin Netanyahu, accusandolo di compromettere la stabilità regionale in nome di «deliri narcisistici» e interessi personali. Il Qatar continuerà il suo impegno di mediazione per risolvere le persistenti ostilità con Hamas, ha affermato.
Il primo ministro quatarino ha ammesso che lo spazio per la diplomazia è ormai diventato molto ristretto e che l’attacco ha probabilmente fatto deragliare il ciclo di negoziati dedicato all’ultima proposta avanzata dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
«Per quanto riguarda i colloqui in corso, non credo che ci sia nulla di valido dopo aver assistito a un attacco del genere», ha affermato.
L’attacco israeliano è avvenuto due giorni dopo che il presidente degli Stati Uniti aveva lanciato un altro «ultimo avvertimento» ad Hamas, sostenendo che Israele aveva già accettato termini non specificati di un accordo da lui proposto e chiedendo al gruppo di rilasciare gli ostaggi israeliani ancora detenuti a Gaza. Poco dopo, anche il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha dato al gruppo un “ultimo avvertimento”, minacciando Hamas di annientamento e intimando ai militanti di deporre le armi. In seguito alle minacce, Hamas aveva dichiarato di essere pronta a «sedersi immediatamente al tavolo delle trattative» dopo aver ascoltato quelle che ha descritto come «alcune idee da parte americana volte a raggiungere un accordo di cessate il fuoco».
Tuttavia nelle ultime ore è emersa la condanna del presidente statunitense contro l’attacco israeliano. In una dichiarazione pubblicata martedì su Truth Social, Trump ha criticato l’attacco aereo di Israele contro un complesso di Hamas a Doha, sottolineando che la decisione di portare a termine l’operazione all’interno del Qatar è stata presa unilateralmente dal primo ministro Benjamin Netanyahu e non da Washington.
( @realDonaldTrump – Truth Social Post )
( Donald J. Trump – Sep 09, 2025, 4:20 PM ET )This morning, the Trump Administration was notified by the United States Military that Israel was attacking Hamas which, very unfortunately, was located in a section of Doha, the Capital of… pic.twitter.com/axQSlL46gW
— Fan Donald J. Trump 🇺🇸 TRUTH POSTS (@TruthTrumpPosts) September 9, 2025
Nel suo post Trump ha affermato che il bombardamento israeliano all’interno di «una nazione sovrana e stretto alleato degli Stati Uniti» non ha «favorito gli obiettivi di Israele o dell’America».
«Considero il Qatar un forte alleato e amico degli Stati Uniti e mi dispiace molto per il luogo dell’attacco», ha scritto, sottolineando che l’attacco è stato «una decisione presa dal primo ministro Netanyahu, non una decisione presa da me».
Trump ha affermato che, non appena informato dell’operazione, ha incaricato l’inviato speciale statunitense Steve Witkoff di avvertire i funzionari del Qatar, ma ha osservato che l’allerta è arrivata «troppo tardi per fermare l’attacco». Il presidente ha affermato che eliminare Hamas era un «obiettivo degno», ma ha espresso la speranza che «questo sfortunato incidente possa servire come un’opportunità per la PACE».
Da allora Trump ha parlato con Netanyahu, che gli ha detto di voler fare la pace, e con i leader del Qatar, che ha ringraziato per il loro sostegno e ha assicurato che «una cosa del genere non accadrà più sul loro territorio».
La Casa Bianca ha definito l’attacco un incidente «sfortunato». Trump ha dichiarato di aver incaricato il Segretario di Stato Marco Rubio di finalizzare un accordo di cooperazione per la difesa con il Qatar, designato come «importante alleato non NATO».
“The president views Qatar as a strong ally and friend of the United States and feels very badly about the location of this attack.”
White House press sec. Karoline Leavitt read a statement after Israel’s strike on Hamas leadership in Doha. https://t.co/X3EkiIHoZ7 pic.twitter.com/OdDyR4QcgF
— ABC News (@ABC) September 9, 2025
Aiuta Renovatio 21
Nell’operazione circa 15 aerei da guerra israeliani hanno sparato almeno dieci munizioni durante l’operazione di martedì, uccidendo diversi membri di Hamas, tra cui il figlio dell’alto funzionario Khalil al-Hayya. Hamas ha affermato che i suoi vertici sono sopravvissuti all’attacco, descritto come un tentativo di assassinare i negoziatori impegnati a raggiungere un possibile accordo.
L’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha insistito sul fatto che l’attacco ad Hamas in Qatar è stato un’azione unilaterale e che nessun altro paese è stato coinvolto nell’operazione.
«L’azione odierna contro i principali capi terroristi di Hamas è stata un’operazione israeliana del tutto indipendente. Israele l’ha avviata, Israele l’ha condotta e Israele si assume la piena responsabilità», si legge in una nota.
Il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha condannato l’attacco israeliano definendolo una «flagrante violazione della sovranità e dell’integrità territoriale del Qatar». «Tutte le parti devono impegnarsi per raggiungere un cessate il fuoco permanente, non per distruggerlo», ha detto ai giornalisti.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine da Twitter
Geopolitica
Lavrov: la Russia non ha voglia di vendetta

Sostieni Renovatio 21
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Geopolitica
Museo dell’Olocausto ritira post perché leggibile come filo-Gaza

Un museo dell’Olocausto di Los Angeles ha cancellato un post sui social media contenente uno slogan da tempo associato all’Olocausto, dopo che alcune persone hanno affermato che alludeva alla guerra di Gaza.
Il messaggio, condiviso con i 24.000 follower su Instagram dell’Holocaust Museum di Los Angeles nel fine settimana, mostrava un’immagine di mani e avambracci di diverse tonalità di pelle – tra cui una con un tatuaggio dell’Olocausto – uniti in un cerchio. La didascalia recitava: «Mai più non può significare solo mai più per gli ebrei».
Speechless. No words for this. pic.twitter.com/pc3GRui6G4
— Ryan Grim (@ryangrim) September 6, 2025
Sostieni Renovatio 21
Sebbene inizialmente alcuni abbiano elogiato il post come un riconoscimento delle sofferenze dei palestinesi, esso ha subito suscitato reazioni negative da parte dei gruppi ebraici, spingendone alla sua rimozione.
In seguito il museo ha affermato che il post faceva parte di una campagna pianificata in precedenza «intesa a promuovere l’inclusività e la comunità», non «una dichiarazione politica che riflette la situazione attuale in Medio Oriente».
Sebbene il post non menzionasse Gaza, alcuni commentatori filo-israeliani hanno esortato i donatori a tagliare i finanziamenti all’istituzione. La rimozione del post, a sua volta, ha portato voci filo-palestinesi ad accusare il museo di fare marcia indietro su un principio universale anti-genocidio.
Visualizza questo post su Instagram
Aiuta Renovatio 21
Il museo di Los Angeles, fondato nel 1961 dai sopravvissuti all’Olocausto, è attualmente chiuso per ristrutturazione fino a giugno 2026. Si è impegnato a «fare meglio» e a garantire che i post futuri siano «progettati in modo più attento».
Si tratta di un caso di fulminea rieducazione infraebraica non dissimile a quello capitato, alle nostre latitudini, allo storico universitario Ariel Toaff, figlio del notissimo rabbino romano Elio Toaff, il cui libro sul sacrificio rituale ebraico fu ritirato rapidamente dalle librerie per uscire in una versione «potata».
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine di Lamoth via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
-
Spirito2 settimane fa
Vescovo messicano «concelebra» la messa con una «sacerdotessa» lesbica anglicana «sposata» che ha ricevuto l’Eucaristia
-
Armi biologiche1 settimana fa
I vaccini COVID «sono armi biologiche» che «hanno provocato danni profondi»: nuovo studio
-
Spirito1 settimana fa
Leone punisca l’omoeresia: mons. Viganò sull’udienza papale concessa a padre Martin
-
Vaccini7 giorni fa
Vaccino COVID, mentre Reuters faceva «fact-cheking sulla «disinformazione» il suo CEO faceva anche parte del CdA di Pfizer
-
Spirito2 settimane fa
Don Giussani, errori ed misteri di Comunione e Liberazione. Una vecchia intervista con Don Ennio Innocenti
-
Gender2 settimane fa
Transessuale fa strage in chiesa in una scuola cattolica: nichilismo, psicofarmaci o possessione demoniaca?
-
Salute2 settimane fa
I malori della 35ª settimana 2025
-
Geopolitica2 settimane fa
Mosca conferma attacchi missilistici ipersonici contro l’Ucraina